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Un diverso modo di concepire la fotografia

Si è conclusa l’interessante esposizione di fotografie del contemporaneo moscovita Joseph Badalov.
La mostra si è svolta a Palazzo Ferrajoli, in Piazza Colonna a Roma, dal primo al quindici novembre duemiladodici.
Difficile è nel ventunesimo secolo dire non solo qualcosa di nuovo, ma di particolarmente costruttivo nel fantastico mondo delle arti. Nell’ambito della fotografia, a me sembra, che Badalov ci sia riuscito benissimo, creando scene visionarie attraverso ritratti e composizioni ‘nude’. Infatti, essendo entusiasta del metodo delle ‘casualità fondamentali’, Badalov applica alla propria opera quella forza intima della suggestione.
Suggestioni e visioni che guidano da sempre ogni artista nella sua ricerca del raccontare le emozioni dell’anima. Tutto questo, viene avvalorato dal fatto che il fotografo moscovita crea in quella sfera del visibile, che non essendo più comprensibile diventa semplicemente riconoscibile. Vale a dire il fisico limite tra realtà e “non realtà”.
Lo splendido catalogo documenta ampiamente l’esposizione appena conclusasi con fotografie e l’inserimento di Sonetti di Shakespeare che fanno da particolare cornice ad una mostra particolare.
Serena continuazione a tutti.

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Sonnet CXIX
JOSEPH BADALOV
Dal 1 al 15 Novembre 2012

Roma
Palazzo Ferrajoli
Piazza Colonna 335

 

 

 

 

 

 

 

 

CentoCage

FESTIVAL DI NUOVA CONSONANZA 2012

Associazione Nuova Consonanza

da domenica 18 novembre al venerdì 14 dicembre 2012

Roma

I luoghi della manifestazione

American Academy – Villa Aurelia – largo di Porta S. Pancrazio, 1, Roma
Conservatorio di Santa Cecilia – via dei Greci 18, Roma
Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi – via M. Caetani 32, Roma
Galleria d’Arte “Monty & Company” – via Madonna dei Monti 69, Roma
Goethe-Institut Rom – via Savoia 15, Roma
Fondazione Isabella Scelsi – via di San Teodoro 8, Roma
Fondazione Giorgio Cini – Isola di San Giorgio, Venezia

Cage viene ricordato nella Festa d’Autunno – Inaugurazione dal titolo CentoCage, alla Villa Aurelia il 18 novembre; un omaggio ad un grande pensatore che ha sostanzialmente stabilito la partirà dei diritti tra suono e rumore, un ricordo attraverso i suoi lavori per i vari pianoforti (preparato, toy, gran coda) nei concerti di Giancarlo Simonacci e Daniele Lombardi mentre l’Ars Ludi Laboratorio eseguirà lavori per percussioni del primo periodo nel concerto serale Cage e altri rumori. Di rilievo l’esecuzione del già citato Quintetto d’archi di Clementi che testimonia un’anticipazione dei quattro concerti a lui dedicati.

L’interesse attuale per quell’americano che amava affermare “Tutto quello che so l´ho imparato dai funghi”, si esprime con lavori eseguiti in prima esecuzione assoluta per Lui. Avremo Onde un’operina di teatro musicale su testo e regia di Idalberto Fei con la musica del giovane Domenico Turi, che impiega tecniche compositive dall´alea al collage con spunti motivici tratti dalla Suite for toy piano; cinque composizioni in prima assoluta tra cui una rivisitazione a cura di Maurizio Gabrieli del lavoro Atlas Eclipticalis; otto lavori radiofonici, prodotti da diverse emittenti europee e selezionati dalla European Broadcasting Union ispirati al brano radiofonico del 1942 The city wears a slouch hat di Cage su testo di Kenneth Patchen; un’esposizione di artisti americani residenti all’Accademia Americana fra cui un’installazione a cura di Nicholas Blechman, Art Director del New York Times Book Review, e Leonardo Sonnoli, importante grafico italiano e nel 2002 direttore artistico della 50esima esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia ed infine tre video di Roberto Masotti.

ARTISTI PER PASOLINI

Ventidue artisti, undici poesie, per tentare di rendere omaggio, attraverso la comunione fra poesia e arte, alla figura di uno fra i più grandi intellettuali del novecento europeo: Pier Paolo Pasolini.
L’obiettivo è quello di attivare, per il fruitore, uno spazio virtuoso intorno al cui asse ruoteranno l’ispirazione poetica e la creatività artistica in un continuo rimando di suggestioni, simboli, concetti e creazioni estetizzanti che si fanno impressione e visione.

Al centro del progetto l’opera poetica di Pasolini, undici componimenti in versi tratti da Le ceneri di Gramsci, La religione del mio tempo, Poesia in forma di rosa, Trasumanar e organizzar, saranno rielaborati creativamente da due generazioni diverse di artisti, alcuni fra i più importanti pittori, scultori e fotografi operanti nel panorama italiano e internazionale: Claudio Abate, Carla Accardi, Gianfranco Baruchello, Matteo Basilé, Veronica Botticelli, Laura Canali, Giuseppe Capitano, Gianni Dessì, Mauro Di Silvestre, Rocco Dubbini, Giosetta Fioroni, Nino Giammarco, Franco Gulino, Jannis Kounellis, Elena Nonnis, Nunzio, Giuseppe Pietroniro, Michelangelo Pistoletto, Oliviero Rainaldi, Pietro Ruffo, Maurizio Savini, Sten & Lex.

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PPP UNA POLEMICA INVERSA
Mostra d’arte contemporanea ispirata alla poesia di Pier Paolo Pasolini
Dal 30 ottobre al 23 dicembre 2012

Roma
Palazzo Incontro
via dei Prefetti 22

Informazioni:
Tel. 392.2984.600

TeoremaCultura

Provincia di Roma

L’ingresso è gratuito
dalle 10 alle 19; lunedì chiuso

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ICONE “DE NOANTRI”

Icona, dal greco antico “eikon”, immagine, è un’opera pittorica eseguita su supporto mobile, generalmente ligneo, che raffigura un soggetto sacro. L’origine di questa espressione artistica risale al VI/VII secolo in ambito siriaco e da qui si diffuse per tutti i territori facenti parte dell’Impero Bizantino. Lo stile rimase costante per secoli fino ai giorni nostri nelle nazioni dove è diffusala religione Greco Ortodossama oltre che in Oriente le icone e lo stile artistico bizantino giunsero anche a Venezia per i suoi rapporti con il Mediterraneo orientale e nell’Italia Centro-Meridionale soggetta in gran parte sino all’anno 1000 circa all’Impero d’Oriente. L’arte bizantina mantenne il suo predominio finché in Occidente si iniziò a dipingere “alla moderna” grazie a Giotto che inventò un nuovo stile artistico che si diffuse in Europa.

A Roma sono presenti nelle chiese e nei musei diverse icone, gran parte di produzione locale o meridionale databili dall’ XI al XIII secolo mentre alcune sono di origine orientale portate a Roma da fuggiaschi dalla persecuzione iconoclasta. Questa avvenne in Oriente tra l’VIII e il IX secolo allorché gli imperatori della dinastia Isaurica forse per suggestione delle religioni mussulmana ed ebraica stabilirono che il culto delle immagini era “idolatria” e lo vietarono ordinando di distruggere le icone e vietando di continuare a dipingerle; privati e comunità religiose fuggirono spesso a Roma per porsi sotto la protezione del Pontefice portando con se veneratissime immagini che esposero nelle loro nuove sedi. Alcune di queste icone unitamente ad altre di origine locale sono presenti in chiese che fanno parte del patrimonio del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno e dalla sinergia fra il FEC e la Soprintendenza per il Patrimonio Artistico è nata una mostra che si tiene nella Sala Regia del Museo di Palazzo Venezia. Il FEC è entrato in possesso delle icone insieme a chiese, monasteri, edifici sacri ed ad una rilevante quantità di opere d’arte mobili in seguito alle leggi post-unitarie che decretarono la soppressione di molte organizzazioni religiose confiscandone il patrimonio.

Le opere esposte sono 14 e molte di esse per secoli sono state ritenute miracolose dal popolo romano e oggetto di vivo culto devozionale che spesso ha danneggiato gli antichi dipinti con ridipinture e apposizioni di corone auree ora rimosse.

La prima icona che apre la mostra è la più antica ed ha una storia intrigante: ritenuta della seconda metà del VI secolo e di origine locale si trovava nella chiesa di Santa  Maria Antiqua al Foro Romana, ora esistente al livello di rudere con interessantissimi resti di pitture parietali; fu trasferita poi in Santa Maria Nova, ora più nota come Santa Francesca Romana, sempre al Foro Romano dove a seguito di danneggiamenti forse per incendio fu restaurata nel XIII secolo ponendo  sull’originale pittura a tipo encausto una tela su cui fu dipinta una nuova immagine molto simile alla precedente e che divenne presto nota come “Madonna del Conforto”.

Durante un restauro nella metà del ‘900 il restauratore Pico Cellini scoprì le due immagini sovrapposte riuscendo a separarle ed ora ambedue sono in mostra una accanto all’altra; la più antica è stata appena restaurata a cura dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro. Seguono sulle pareti lunghe dalla Sala Regia altre 11 icone, 8 romane e 3 delle immediate vicinanze, sono tutte di origine locale trannela “Madonna Advocatadi San Sisto Vecchio”, ora a Santa Maria del Rosario a Monte Mario, portata a Roma da monache orientali in fuga dalla persecuzione iconoclasta. Seguonola “Madonnadell’Ara Coeli”la “Madonnadel Sorbo” di Campagnano,la “Madonnadella Catena” dalla chiesa di San Silvestro al Quirinale,la “Madonnadi Edessa” dalla chiesa dei Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino,la  Madonna Advocata” dalla chiesa di Santa Maria della Concezione a Campo Marzio,la “Madonnadi San Gregorio” dalla chiesa dei Santi Cosma e Damiano,la “Madonnadi San Luca” da Santa Maria del Popolo,la “Madonnadi Farfa” proveniente dall’omonima abbazia ela “Madonnadelle Grazie” dalla chiesa di Santa Maria Maggiore a Tivoli.

Tutte queste icone sono generalmente attribuite al XIII secolo sia pure in decenni differenti mentre gli storici hanno contrastanti valutazioni sulle icone di Farfa e Tivoli in quanto alcuni le ritengono parziali o totali rifacimenti di epoca posteriore.

Chiudono l’esposizione la ritenuta prima immagine di San Francesco d’Assisi fatta dipingere a cura della devota Iacopa Frangipani de’ Settesoli, forse di mano di Margaritone d’Arezzo, da sempre nel Convento di San Francesco a Ripa e datata a fine XIII secolo ed un altarolo detto di San Gregorio Magno conservato nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme composto di un Cristo in mosaico minuto contornato da una serie di minuscole cavità contenenti reliquie, sul retro un piccolo dipinto fondo oro rappresentante una santa; l’insieme costituito da elementi forse di periodi diversi dovrebbe essere stato assemblato nella prima metà del XIV secolo. Il suggestivo allestimento con illuminazione delle sole tavole suggerisce un’aura di misticismo che ben si accorda al duplice significato dell’icona immagine sacra e oggetto di devozione.

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TAVOLE MIRACOLOSE:
Icone medioevali di Roma e del Lazio del Fondo Edifici di Culto

Dal 13 novembre al 15 dicembre 2012

Roma

Palazzo di Venezia (Sala Regia)

Orario:
9.00–19.00
lunedì chiuso

Catalogo:
L’ERMA di Bretschneider

 

PEGGY GUGGENHEIM OVVERO TUTTO PER BENE

Il titolo di una famosa commedia di Luigi Pirandello, ‘Tutto per bene’, è possibile unirlo alla Figura di Peggy Guggenheim, che diceva essere suo dovere proteggere l’arte del suo tempo.
Parte da questo basilare concetto l’idea di creare un museo d’arte contemporanea all’insegna della ‘determinazione ed immaginazione’, qualità queste che ereditò dal nonno Meyer. La fortuna di Meyer proveniva da investimenti fatti nel campo manifatturiero e dalle importazioni, sfruttando particolarmente le miniere di metalli.
Ma pur non possedendo abbastanza denaro, la giovane Peggy studiava il modo di ridurre le spese personali, anche per evitare di interrompere gli impegni che aveva preso con diversi amici di vecchia data e con artisti che manteneva da anni.
Nata nel 1898, inaugurò la prima galleria dopo quaranta anni, a Londra. Marcel Duchamp le insegnò la differenza tra arte astratta e surrealista. Da allora, con consigli dello stesso Duchamp e di altri artisti, inaugurò una serie di mostre e acquistò, anche, diverse opere. Ma stanca di inaugurare mostre, decise di aprire un museo di arte contemporanea arricchito dagli acquisti fatti nel frattempo. Incoraggiata da Duchamp e da Herbert Read iniziò a collezionare arte cubista, astratta e surrealista.
Nel frattempo dopo Londra, approdò a Parigi per poi arrivare a New York, sempre organizzando mostre. Ritornata in Europa nel 1947, andò a cercare casa a Venezia e nel 1949 acquistò l’incompiuto Palazzo Venier dei Leoni, sul Canal Grande nei pressi della Salute. La denominazione ‘dei Leoni’ è dovuta alle grandi teste di leone scolpite in pietra e poste lungo la facciata.
Dopo la partecipazione alla Biennale del 1948 dove espose, per la prima volta in Europa, opere di Gorky, Pollock e Rothko, Peggy fu invitata a presentare la sua collezione a Palazzo Strozzi a Firenze, e a Palazzo Reale a Milano.
Nel 1950 espose l’intera collezione di 18 quadri di Pollock al Museo Correr di Venezia. Peggy, trascorse così il resto della vita a Venezia dove potè realizzare il museo d’arte contemporanea. Acquistò anche opere di pittori astratti veneziani come Tancredi.
Ma negli anni ’60, il costo sempre più alto dell’arte contemporanea la portò ad interrompere la collezione. Pur avendo donato, sia il Palazzo che la collezione alla Fondazione Solomon R. Guggenheim creata dallo zio, ottenne che rimanesse a Venezia.
Allo spettacolo indiscusso di Venezia e del Canal Grande, che ho già descritto in altri articoli, si unisce anche quello del Museo d’Arte Contemporanea della Collezione Peggy Guggenheim.
È una tappa obbligata per chi viene a Venezia, perché oltre al fascino dell’aura che emana la storia del Museo, c’è quello di poter vedere le opere di tanti artisti non solo astratti, si passa da Karel Appel ad Alexander Archipenko, da Arman a Jean Arp, a Bacon, a Baj, a Balla fino a Boccioni. E poi Brancusi, Braque, Calder, Campigli, Chagall, Dalì, De Chirico, Duchamp, Ernst e Giacometti. E poi ancora Gorky, Klee, Malevich, Marino Marini, Mirò, Moore, Ricasso, Pollock, Rothko e Severini. C’è anche Tancredi, Vedova fino a Villon e tanti tanti altri. Ci sono, poi, le sculture dall’Africa, dall’Oceania, dalle Americhe, dal Giappone, da Corfù.
Mi sembra che ci siano validissimi motivi per venire a guardare un certo tipo di Arte.

Gioiosa e creativa visita.

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Collezione Peggy Guggenheim

Venezia
Palazzo Venier dei Leoni
Dorsoduro 701

Orario:
10-18 tutti i giorni
chiuso il martedì, il 9 gennaio, il 20 febbraio e il 25 dicembre
aperto nelle altre festività, 1 maggio incluso.

Informazioni:
tel. 041/2405.411

http://www.guggenheim-venice.it/default.html