Archivi categoria: Italia che vivi

Fiamme di Povertà

Nella prima metà di aprile si è notato, da un edificio nei pressi di san Paolo, alzarsi una colonna di fumo sull’Ostiense in direzione Ostia.

Una nuvola di fumo nero che proveniva dall’incendio di un piccolo accampamento abusivo, stretto tra la via Ostiense e via del Cappellaccio, a pochi passi dalla stazione metropolitana di Eur-Magliana e all’ombra della basilica dei santi Pietro e Paolo.

Una decina di baracche, celate dalla vegetazione, fatte di materiali recuperati, in gran parte pezzi di legno e teloni di plastica, nei cantieri e nelle discariche, perché un gruppo di povera gente, una piccola parte di quel miliardo di poveri che sono presenti nel mondo, potevasse proteggersi dalla pioggia e dal vento.

Persone che fanno parte di quell’umanità che ogni giorno, dalle prime ore, è facile incontrare, con i loro carrelli e carrozzelle, intenta a raccogliere quello che la società scarta e ora un incendio, oltre aver cancellato anche quel poco che avevano, ha preso anche una vita di quel campo, un ragazzo ventisettenne che forse era intento a bruciare quei rifiuti che neanche l’estrema povertà per metteva di riusare.

La diffidenza verso le istituzioni non ha permesso a nessuno dei cittadini del campo di chiamare i soccorsi e soprattutto perché ci sono volute dieci ore prima di scoprire il corpo di un ragazzo che nessuno aveva segnalato come scomparso, ma poi riconosciuto dal padre e dalla mogle.

La polizia indagherà sulle cause dell’incendio e se la vittima è da inserirla nella colonna degli omicidi, degli incidenti o tra i casi che rimarranno irrisolti.

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Come ti trasformo le scarpe in suolo

Le scarpe in materiale sintetico e tessuto, alla fine dei loro giorni, sono delle letali armi biologiche, tanto più se sono state utilizzate per praticare lo sport.

Allora come non rendere le discariche ancor più fetide? L’idea è sgorgata dall’Assessorato alle scuole di Roma Capitale, grazie all’iperattività dell’assessore Paolo Masini  che ha proposto di riciclarle per realizzare piste di atletica.

Un’iniziativa denominata “La pista di Pietro”, presentata alla scuola media Cattaneo di Testaccio, insieme all’Acea e all’associazione Gogreen onlus, per trasformare le vecchie sneakers non solo in piste di atletica, ma anche in pavimentazione anti caduta per le aree giochi dei bambini.

Le scarpe, non solo per lo sport, ma anche per il tempo libero, ormai esauste, potranno essere lasciate in 100 scuole di Roma e nel periodo estivo anche negli stabilimenti balneari del nostro litorale.

L’iniziativa consente di rafforzare il legame virtuoso tra sport e buone pratiche ambientali come il riciclo e il riuso e i ragazzi delle nostre scuole potranno così contribuire alla realizzazione di nuove strutture, con un gesto intelligente e orientato alla sostenibilità ambientale, minimizzando nel contempo l’accumulo di materiale in discarica. Nel pensare a questa iniziativa ci siamo ispirati a Pietro Mennea, campione olimpico dei 200 metri piani a Mosca 1980 e detentore del primato mondiale per 17 anni.
Al progetto ha aderito la moglie, Manuela Olivieri Mennea che ha donato alla campagna le scarpe da corsa del corridore: da esse proverrà una piccola porzione di materiale che, come lievito madre, sarà impiegato per la pavimentazione di ciascuna “pista di Pietro”.

Il progetto “La pista di Pietro” si affianca a “Il Giardino di Betty”, iniziativa in memoria di Elisabetta Salvioni Meletiou, lanciata negli anni scorsi da esosport. Gli impianti sportivi e le scuole che vorranno raccogliere le scarpe per riqualificare o realizzare una propria pista di atletica o la propria area giochi potranno scrivere agli indirizzi: lapistadipietro@comune.roma.it e ilgiardinodibetty@comune.roma.it.

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00 Roma Scarpe da ginnastica usate per fare piste di atletica fotohome3T1Roma Scarpe da ginnastica usate per fare piste di atletica image_thumb[4] Roma Scarpe da ginnastica usate per fare piste di atletica mennea-scarpe2

Street Art: Ostiense District

Il quartiere Ostiense nasce all’inizio del XX secolo come quartiere della modernità. Qui viene collocata la prima centrale elettrica di Roma, il gazometro, le fabbriche e gli opifici che proietteranno la città eterna nell’era moderna e proprio in quest’area, in forma spontanea, una delle più importanti espressioni della creatività contemporanea ha trovato la sua sede ideale in quella cornice postindustriale che, in tutta Europa, sta rappresentando il territorio ideale per queste iniziative. Come Brick Lane a Londra, Belleville a Parigi e Wynwood a Miami, il quartiere Ostiense è stato definito dalla stampa internazionale l’Ostiense District:

il luogo dove si può partecipare, vedere e respirare il fermento creativo, artistico e culturale della città. Una Roma ultracontemporanea inedita e inaspettata.

Nel corso degli anni l’attività di arte pubblica (nella sua forma conosciuta come street art) sulla città di Roma si è concentrata nell’area dell’VIII Municipio ed in particolare nella zona Ostiense, in un quadrante che va da Piramide a San Paolo con un risultato

Sito web

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Vivere e Morire a Roma: Due piccole storie romane

LAZZARO

Gioco da anni al lotto, sempre un ambo di un euro su una sola ruota. La ricevitoria è sempre la stessa, in via dell’Aracoeli e la gestisce un ragazzone soprappeso. Qualche mese fa subentra un sostituto, dal quale vengo a sapere che l’amico era stato ricoverato in ospedale per una broncopolmonite. Una settimana dopo, la saracinesca della storica ricevitoria è abbassata e il giorno dopo leggo: chiuso per lutto. Quel ragazzone di cui neanche so il nome dunque non ce l’ha fatta e la cosa mi dispiace. Al suo posto subentra un tipo di poche parole, un quarantenne, non saprei dire se italiano o maghrebino, al quale non faccio domande.
Continuo a giocare il mio ambo come sempre prima di entrare in ufficio, quando dopo due settimane dietro al banco rivedo il ragazzone. Non credo ai fantasmi, ma sgrano comunque gli occhi. “No, non sono resuscitato”, mi fa l’amico. E allora? E allora il collega che doveva giustificare la saracinesca chiusa non sapeva che scriverci e gli è venuta in mente la malsana idea di inventarsi quella scritta assurda.
Da quel giorno io lo chiamo Lazzaro.

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00 Due piccole storie romane Marco Pasquali RIP webGIRANDOLA AZZURRA

Roma è piena di lapidi e altarini nati dalla devozione privata. Purtroppo ricordano sempre vittime di incidenti stradali e stanno un po’ dappertutto, ora visibili, ora seminascosti dalla vegetazione o dalle loro stesse ridotte dimensioni. Un fotografo dovrebbe andare in giro, pubblicarne le immagini e scrivere le storie che ogni altarino racconta. Ci sono ragazzi caduti dal motorino o schiantati su un albero, signore romane o romene falciate mentre attraversavano la strada, pensionati e bambini, tutti ricordati da modeste immagini dove non manca mai un fiore, ma che risultano spesso poco leggibili.
Nomi e date sono sempre scritti su una piccola lapide o su una tavoletta di ceramica, c’è magari una breve dedica che, posta nel punto esatto dell’incidente, non è sempre igienico leggere.
Per sapere il nome della ragazza morta sulla tangenziale est sotto il cavalcavia della Nomentana in direzione San Giovanni ho dovuto cercare in rete. Si chiamava Elisa, aveva vent’anni e si è schiantata il 16 gennaio del 2012 addosso a un cartello stradale all’altezza della Batteria Nomentana, passeggera sbalzata da una moto andata addosso a un blocco di cemento del cantiere. Faccio quella strada ogni giorno e per mesi c’era in effetti quella pericolosa strettoia. Oggi nel punto esatto c’è l’altarino con la foto di Elisa, ma non consiglio a nessuno di fermarsi per vederla da vicino: le lapidi diventerebbero due.
Quello che si nota dalla macchina è però una girandola azzurra, una di quelle girandole con le pale di cellofan che si comprano dai cinesi. Anche quando non c’è vento gira lo stesso, alimentata dall’aria mossa dalle macchine che corrono sulla tangenziale. Se per un giorno è ferma è solo perché le pale si sono spostate. Ebbene, il giorno dopo le ritrovi sempre inclinate verso il vento, segno che qualcuno si preoccupa di risistemarle. Anche questo è un modo di mantenere la memoria di Elisa

 

Roma meglio di Copenaghen

Cittadini che si autorganizzano, commercianti che chiedono la pedonalizzazione, confronti/sopralluoghi in strada con l’assessora alla mobilità: la pedonalizzazione di via Urbana, centro storico di Roma, è diventata una notizia ma anche una lente di ingrandimento. Che mostra pezzi di città immersi in paure, “tranquillità” e luoghi comuni (“Roma non è Copenaghen”, insomma non sarà mai accogliente per pedoni e ciclisti), ma anche gruppi di cittadini che rifiutano il dominio del “Voglio la macchina sotto casa”, per sperimantare un modo diverso di vivere il quartiere

L’ARTICOLO COMPLETO DI ROTA FIXA E UN APPUNTAMENTO

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Appuntamento:

Il 4 gennaio 2015 in via Urbana
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Roma non è Copenhagen_o