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Girando per le chiese tra Caravaggio e i suoi seguaci

Per chi rimane in città e vuole godersi il fresco delle chiese romane, cercando contemporaneamente di approfondire stimoli e curiosità artistiche dimenticate durante l’inverno, proponiamo un lungo itinerario per conoscere le opere più famose del Caravaggio e del suoi seguaci.

Un viaggio pittorico, che arriva fino a Giovanni Serodine e si snoda attraverso i luoghi per cui le tele erano state ideate: le chiese. Non parleremo quindi — per brevità —delle opere conservate nei musei, in quanto luoghi estranei al contesto dell’opera e legati all’obbligatorietà del biglietto d’ingresso.

Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, giunge a Roma verso il 1593; la sua prima commissione pubblica lo impegnava a completare la Cappella Contarelli a san Luigi dei Francesi, iniziata dal Cavalier D’Arpino. Tre tele ispirate alla vita di san Matteo che esprimono la «filosofia» della pittura notturna come unica situazione per evidenziare la vita, la fantasia. Tagli di luce che mettono in risalto, facendole uscire dall’oscurità del fondo, le figure umane che si muovono sulla scena pittorica.

Dopo il san Matteo realizza la «Conversione di san Paolo» e la «Crocifissione di san Pietro» per santa Maria del Popolo, cimentandosi con i soggetti che Michelangelo Buonarroti realizzò poco meno di un secolo prima per la Cappella Paolina in Vaticano.

Nei primi anni del 1600 realizza per la chiesa di santa Maria della Concezione, detta dei Cappuccini, il «san Francesco in meditazione», situato nella sacrestia. Un’altra versione dell’opera era nella chiesa di San Pietro a Carpineto Romano e ora in deposito alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini di Roma e messi in mostra, in questo mese di luglio 2017, insieme alla doppia proposta del Caravaggio «La Flagellazione di Cristo», proveniente da Napoli, per festeggiare i 30 della F.E.C., Fondo Edifici Culto, proprietaria dei quattro dipinti.

Per la chiesa di sant’Agostino, poco lontana da san Luigi dei Francesi, dipinge tra il 1603 e il 1605 la «Madonna dei pellegrini» con l’esaltazione dei volumi per mezzo di un fascio di luce che taglia obliquo la tela da sinistra a destra.

Queste sono alcune delle opere del Caravaggio conservate a Roma che si possono vedere senza obbligo di biglietto, più elencate che descritte, ma le tele del Merisi sono da osservare dal vivo nelle chiese, per le penombre, per i primi piani delle mani e dei piedi, per le figure popolaresche che danno vita a santi, madonne e angeli in una resa «brutale» della realtà e la presenza della luce come apparizione simbolica della vita; la luce della notte che si contrappone alla pittura dell’alba (la morte) e a quella del sole (la rassegnazione).

Questa lezione nel trattare la materia pittorica in un campo contrastato di luci e ombre fece numerosi seguaci e ammiratori tra i quali Orazio Gentileschi e sua figlia Artemisia. Di Orazio Gentileschi si può vedere nella chiesa di san Silvestro in Capite (piazza San Silvestro) nella seconda cappella a destra, la pala d’altare dedicata a san Francesco; nella stesa chiesa sono presenti anche due tele attribuite a Orazio Borgiani, il quale è presente con «san Carlo che adora la santissima Trinità» nella chiesa di san Carlino alle Quattro Fontane.

Il «Battesimo di Gesù», nella cappella a destra dell’altare maggiore della chiesa di santa Maria della Pace, è di Orazio Gentileschi. La chiesa è possibile visitarla grazie ai volontari del Servizio civile che provvedono a tenerla aperta dalle ore 9.00 alle 18.00 dal lunedì al sabato.

Non lontano, verso piazza Navona, ecco Carlo Saraceni, nella chiesa di santa Maria dell’Anima, con i «Miracoli di San Bennone che riceve le chiavi» e «Il martirio di san Lamberto».

Proseguendo verso santa Maria sopra Minerva si trova la «Coronazione di spine» attribuita a Carlo Saraceni.

In santa Maria alla Scala la «Morte della Vergine» di Carlo Saraceni ha sostituito l’analogo quadro del Caravaggio, rifiutato dai Carmelitani in quanto ritenuto poco decoroso per come era rappresentata la Vergine, si trova in compagnia del fiammingo Gerrit Van Honthorst, noto anche come Gherardo delle Notti, con la «Decollazione del Battista».

La lezione della notte ritorna con il soprannome Gherardo delle Notti che il fiammingo Van Honthorst si guadagnò forse per la sua bravura nel dipingere i notturni o forse perché la sua ambizione lo portò a dover dipingere anche di notte, cosa non rara in quell’epoca, per avere maggiori guadagni.

Dopo il Gentileschi molti furono i seguaci del Merisi, italiani e stranieri, che lasciarono nelle chiese romane testimonianze del loro amore per la pittura caravaggesca come Giovanni Baglione, meglio affermatosi come scrittore di storia artistica, lasciò ai santi Cosma e Damiano (via dei Fori Imperiali l) la cappella della vergine Maria e di S. Giovanni e «Sant’Antonio da Padova con Gesù Bambino» di Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino.

Il Baglione è anche presente nell’altare di sinistra della chiesa fortificata dei santi Quattro Coronati con il «san Sebastiano» e a santa Maria della Consolazione con le «Storie di Gesù e della Vergine».

Nella chiesa di santa Maria in Aquiro (piazza Capranica) sono presenti due tele di Carlo Saraceni, «Nascita della Vergine» e «Presentazione al Tempio», nella terza cappella di destra, a Gherardo delle Notti viene attribuita la «Coronazione di Spine», al francese Trophine Bigot la «Flagellazione», mentre la «Deposizione» ad un ignoto caravaggesco.

Altre opere del Saraceni sono nella chiesa di santa Maria dell’Orto di san Lorenzo in Lucina, dove troviamo un altro caravaggesco, il francese Simone Vouet, cappella Alaleona, con due opere dedicate a san Francesco, mentre nella chiesa di san Francesco a Ripa Vouet è presente, nella prima cappella a sinistra e raramente illuminata, con la «Natività di Maria».

L’itinerario, forse un po’ schizofrenico e che non elenca tutti i tesori di ogni singola chiesa citata, si conclude con il quadro di Giovanni Serodine la «Decollazione del Battista» in San Lorenzo fuori le mura, dove la lezione caravaggesca viene assimilata e fatta propria precorrendo, per il suo originale modo di intendere la luce, Vermeer.

Un rimaneggiamento e aggiornamento
di luglio 2017
da il manifesto – cronaca romana
del 13 agosto 1988

 

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Qualcosa di più:

Doppi Caravaggio

La Finestra del Caravaggio

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Pigna: Il Restauro di una fontana

E’ stato appena presentato il restauro della fontana della Pigna situata in un angolo di Piazza San Marco, è stato finanziato, con la spesa di 19.000 euro, dal Rotary Club Roma e compiuto dal Consorzio R.O.M.A.. Il manufatto si presentava in stato di degrado dovuto alle concrezioni calcaree per il tipo di acqua in uso a Roma ed anche all’utilizzazione massiccia; infatti, data la sua posizione, è  un “abbeveratore” per torme di turisti e a volte luogo di abluzioni per “migranti” che affluiscono alla mensa dei Gesuiti nella vicina via degli Astalli. La fontana fa parte di un lotto di fontanelle rionali commissionate nel 1925 dal Governatorato di Roma allo scultore Pietro Lombardi e inaugurate il 28 ottobre 1927, data simbolica all’epoca. Le fontanelle dovevano ispirarsi al nome o alle attività del Rione in cui erano collocate; abbiamo così quelle delle Anfore a Testaccio, una con Palle di Cannone a Borgo, vicino a Castel Sant’Angelo, una con Tavole e Pennelli a Via Margutta, una con una catasta di Libri a Sant’Eustachio nei pressi dell’ antica Università “ La Sapienza”. Nel nostro caso ripete il nome del Rione, IX Pigna, ed il suo più celebre monumento antico: una pigna di bronzo alta 4 metri situata in epoca romana più o meno nelle vicinanze del Pantheon ed ora nell’omonimo cortile in Vaticano dopo essere stata per secoli in Piazza San Pietro dove fu vista e citata da Dante. La fontana del Lombardi è in travertino ed è composta da una pigna posta sopra un calice formato da foglie a sua volta sovrastante una serie di vaschette, sui lati del pilastro che regge il tutto da una parte uno stemma abraso con la scritta R. IX, dall’altra si intuiscono resti di un fascio scalpellato e la scritta  A(nno) V (E.F); l’area è delimitata da quattro colonnotti. E’ un’opera, come le sue consorelle, graziosa e simbolica,  fa pensare con nostalgia, esclusivamente artistica, ai tempi del Governatorato che ordinava e faceva eseguire celermente mentre ora il Comune in molti casi deve ringraziare generosi mecenati che a lui si sostituiscono.

Roma: Tor di Valle, lo Stadio, l’Urbanista e il Mibac

Roma Tor di Valle stadioViviamo in un’epoca di ingenui, per lo più falsi, e di cinici, in gran parte reali, dove la deontologia in ogni campo sembra essere un optional.

Il precario giornalista del quotidiano torinese forse non ha riflettuto delle conseguenze o è stato lo strumento in mani altrui per interessi, oltre a fare un pessimo servizio all’informazione, mettendo alla berlina la “fonte”.

Sono ben lontani i tempi dove il giornalista difendeva la fonte, sino a rischiare il carcere, ma nei fatti romani di rilevante c’è la considerazione che solamente conferma  ciò che molti sospettavano da tempo: “Raggi impreparata, circondata da una banda”. Il resto è pettegolezzo, un sentito dire che non ha nulla di rilevante per il recupero e la crescita di Roma.

Tra una Sindaca Serena e una Giunta Incredula c’è una Cittadinanza Ingenua davanti ad una Situazione Bollente, ma tutto si riduce alla questione dello Stadio a Tor di Valle.

Ogni Sindaco deve confrontarsi con la cementificazione e con la lobby dei palazzinari e la nostra Sindaca è davanti alla possibilità di dover sconfessare la promessa fatta come candidata al Campidoglio del M5S : «Se divento sindaco, ritirerò la delibera per l’impianto di Tor di Valle» o di limitarsi a puntare i piedi su di una riduzione della colata di cemento, ma prima sarà necessario prevedere un radicale intervento alla viabilità, perché la via del Mare è troppo stretta per far circolare convogli di camion e betoniere per intervenire sull’area dell’ex ippodromo.

È da escludere che la Sindaca voglia approvare il mega progetto come vuole la società sportiva, ora che si è indebolita la posizione dell’Assessore-Urbanista e, prima di essere cacciato, sbatte la porta e se ne va’.

Google Maps

È angusta l’area scelta per lo stadio giallorosso, con un complesso residenziale composto anche da tre grattacieli, a Tor di Valle, stretto tra una via del Mare e il Tevere, inserendosi nel delicato equilibrio ambientale della zona, e del resto i problemi delle periferie non si risolvono con una cementificazione sulle rive del Tevere.

I vari organi d’informazione, in questa kermesse di stadio si o stadio no, sembra non dare spazio al pensiero ambientalista. Un silenzio tombale dove un lieve sibilo proviene da un comunicato diffuso da Italia Nostra e ripreso dal sito Forza Roma, dove si ricorda alla Sindaca il programma elettorale per il quale è stata eletta.

studio-daniel-libeskind-towers-rome-tor-di-valle-designboom-051Ma su tutto c’è la spada di Damocle che Margherita Eichberg, responsabile della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma, aveva cominciato ad agitare già nel novembre del 2016 sulla testa dello Stadio, per non aver preso in considerazione dell’impatto ambientale del complesso la Soprintendenza «ha individuato come criticità della proposta la presenza di edifici di notevole altezza oltre che di opere infrastrutturali che vanno ad interferire con i beni monumentali e paesaggistici».

Il Mibac, per voce della Soprintendente arch. Margherita Eichberg, rincara la dose con «l’avvio di dichiarazione di interesse particolarmente importante» dell’impianto di Tor di Valle, in quanto rappresenta «un esempio rilevante di architettura contemporanea» per le «soluzione tecnico-ingegneristica e di applicazione tecnica industriale in fase di realizzazione» progettato dall’architetto spagnolo Julio Garcia Lafuente (scomparso l’11 giugno 2013).

Ma è soprattutto i costi delle infrastrutture a spese dell’Amministrazione capitolina che l’ex assessore Berdini aveva messo in evidenza, durante l’audizione alla Commissione regionale Urbanistica, da non non permettere di far ritenere lo Stadio d’interesse pubblico e non è solo la necessità di realizzare un sistema d’idrovore «che il Comune dovrà gestire dall’apertura dello stadio fino all’eternità», con una spesa di 9,6 milioni di euro, per lo smaltimento delle acque piovane, un ponte, duplicato di quello dei Congressi (Eur-Magliana) già in progetto dal 2001 (seconda Giunta Rutelli) e ora nuovamente in discussione, con svincoli per collegare la zona con la Roma-Fiumicino.

Un intervento che potrebbe facilitare la viabilità, ma che Roma, con i suoi 13,5 miliardi di deficit, non può sopportare, soprattutto per un’area che ha ben altre necessità che non sia uno Stadio.

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Qualcosa di più:

Roma: Tre incoerenze iperboliche
Un Sindaco di buone intenzioni
Viae Publicae Romanae
Campidoglio: ed ora cosa succede?
Un nuovo decoro adiacente alle Mura
C’è Ponte e Ponte
Un’altra Roma non solo di propositi
Sindaco nuovo vecchi problemi
Altro cemento sull’Ostiense
Infrastrutture in cambio di cemento

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Marche: Arte e battaglie a suon di fisarmonica

Richiamano alla memoria i pergolati e le tavolate delle trattorie di campagna, le feste nelle piazze di paese con piadine e ballo liscio, i cori stonati dai “giri” di buon vino. È la fisarmonica: strumento che in Italia, a Castelfidardo, nelle Marche, viene prodotto ancora artigianalmente. Seguiamone le note lungo un itinerario di gran pregio.

La cittadina marchigiana dl Castelfidardo è entrata nella storia per la battaglia che in quel luogo si consumò tra le truppe piemontesi e quelle pontificie nel 1860, uno scontro di modeste proporzioni che permise alle truppe regie di avere aperta la via per Napoli, ma per i cultori italiani, e non solo, della musica popolare è la patria della fisarmonica.

Di origine viennese [di Damian, 1829], appartenendo alla famiglia degli armonium, la fisarmonica ha trovato una patria adottiva in quel di Castelfidardo, come si suol dire una ridente cittadina della provincia anconitana, in posizione panoramica, protesa verso la costa Adriatica. Della battaglia resta per la memoria dei posteri la grande opera bronzea di Vito Pardo, raffigurante il generale Cialdini a cavallo che guida i piemontesi all’assalto di un roccione, della fisarmonica le diverse fabbriche e attività artigianali per la richiesta nazionale e per quella estera. Ben presto questo strumento, che si diffuse nei vari paesi compresa l’Italia, dove è nota anche con il nome di organetto, trovò nel popolo cultori appassionati e valenti suonatori. La fisarmonica infatti si presta moltissimo alle danze popolari o per riprodurre canzonette, arie di ballo; un raro esempio nella cosiddetta musica colta si ha nel secondo atto del Wozzeck di Alban Berg.

Il più conosciuto tra i virtuosi italiani di questo strumento è stato negli anni ‘60 – ‘70 Gorni Kramer. La fisarmonica è composta di un mantice a soffietto che, azionato dal movimento delle braccia del suonatore, si riempie d’aria. Alle estremità vi sono le tastiere, così a destra come a sinistra.

Alla fisarmonica, Castelfidardo ha dedicato un museo con oltre 150 esemplari collocati in un godibile allestimento presso il Palazzo Comunale. Sono di diversa grandezza e variano anche nella forma esterna; il loro timbro è molto simile a quello dell’armonium comune. Presso il Palazzo Mordini trova invece collocazione il Museo Risorgimentale con i cimeli della battaglia. Ma Castelfidardo non è solo fisarmonica e Risorgimento. È luogo di villeggiatura e di cura, ma anche di testimonianze culturali e artistiche nel territorio. Collocata nella valletta dell’Aspio, in vista del Monte Conero, è la piccola stazione termale di Aspio Terme, con le sue quattro sorgenti di acque fredde salso-bromoiodiche, variamente mineralizzate.

Una visita a Recanati si impone, soprattutto per la Pinacoteca  dove sono conservati alcuni dipinti di Lorenzo Lotto. La cittadina è anche il luogo nativo sia di Giacomo Leopardi che del tenore Beniamino Gigli e come Castelfidardo a Recanati nascono delle “scatole della musica”, gli organetti meno ingombranti delle maestose fisarmoniche.. A pochi chilometri da Castelfidardo, verso sud-est, Loreto con il santuario mariano costruito intorno alla Casa Santa, considerata la casa di Nazareth dove Maria era nata e Gesù visse fino al trentesimo anno. Nel Museo-Pinacoteca un gruppo di opere di Lorenzo Lotto e la collezione di ceramiche da farmacia. Verso nord-ovest, Osimo con il suo duomo in romanico-gotico del sec. VIII, con il presbiterio sopraelevato e il pavimento in mosaico di tipo cosmatesco del sec. XII. Molti albi sono gli esempi ben conservati di architettura ecclesiale romanico-gotica presenti nelle Marche. 1982-marche-santurbano-bn-esterno-retro-sxA ovest di Castelfidardo c’è l’abbazia di Sant’Urbano ad Apiro, isolata sulla sponda sinistra del torrente Esitante, affluente del fiume Esino. Ancora un passo verso la Ss. 76 e si arriva alla chiesa di Sant’Elena a Serra S. Quirico, una delle più importanti abbazie sorte lungo il corso del fiume Esino. Saltuariamente utilizzata, per visitarla occorre chiedere alla famiglia che abita a fianco.

In questo 1995, anno delle celebrazioni federiciane, è d’obbligo concludere il viaggio nella medioevale Jesi, dove Federico II venne alla luce nella piazza del Duomo. In posizione dominante, con la sua cinta muraria del ‘300, Jesi riveste il ruolo di guardiana della vallata del fiume Esino.

Gianleonardo Latini
da GAMBERO ROSSO n. 44
settembre 1995 pagina 18

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Aggiornamento:

1982-marche-santurbano-portaleOra le abbazie di sant’Elena e di sant’Urbano non offrono solo due importanti testimonianze della architettura religiosa dell’XI secolo, ma anche una struttura ricettiva, proponendo un pacchetto completo per chi organizza matrimoni.

Il complesso di Sant’Urbano è da alcuni decenni di proprietà del Comune di Apiro e comprende, oltre all’abbazia, vari fabbricati, sparsi su 162 ettari, come la casa di riposo e una country house a gestione familiare che garantisce una piccola struttura ricettiva e di ristorazione, non solo per matrimoni della suggestiva chiesa.

italia-itinerari-marche-arte-1977-08-13-marche-6x6-frati-bianchi-04-ieri-oggi-copiaAnche l’eremo dei Frati Bianchi, o delle Grotte, è un luogo ristrutturato, dopo secoli di abbandono e saccheggio, tra le vittime la ricca biblioteca e l’altare di maiolica della scuola Della Robbia, trasformato in un’imponente struttura per ospitare congressi, eventi culturali, mostre e cerimonie di prestigio.

 

 

La tomba del Tasso

img_20161223_084109-gianicolo-s-onofrioTorquato Tasso fu un grande poeta, scrittore e drammaturgo vissuto nella seconda metà del ‘500 e celebre per essere stato l’autore della “Gerusalemme Liberata”. E’ sepolto a Roma nella chiesa di Sant’Onofrio dopo aver vissuto gli ultimi giorni della sua vita tormentata nell’adiacente monastero.

La chiesa ora ricade nel territorio del Rione Trastevere mentre un tempo era situata in un’area extraurbana in quanto le mura Aureliane recingevano il rione secondo il percorso Porta Settimiana, Porta San Pancrazio, Porta Portese; la zona tra il Gianicolo e il Tevere era fuori delle mura finché nel ‘600 Papa Urbano VIII Barberini ampliò la cinta muraria collegando Trastevere a Borgo con una serie di bastioni lungo il crinale del Gianicolo; furono inglobate nella città tutte le abitazioni che nel frattempo si erano estese lungo la via della Lungara, che collega la Porta Settimiana in Trastevere con la Porta Santo Spirito in Borgo, e che si era arricchita di chiese, monasteri e di due palazzi principeschi alle estremità, Palazzo Salviati e Palazzo Riario poi Corsini.

L’edificio religioso nacque nel 1419 come eremo fondato dal Beato Nicolò da Forca Palena e fu trasformato in chiesa con lavori che iniziarono nel 1439 e che durarono per anni specialmente per quanto riguarda l’arredamento interno che contiene opere prodotte tra il ‘500 e l’800.

Alla chiesa, che è adiacente all’ospedale Banbino Gesù, si accede con img_20161223_084355-gianicolo-s-onofriouna scalinata che porta ad un prato con una fontana, su due lati si svolge un portico con lunette decorate ritenute opera giovanile del Domenichino; in fondo al portico sorge una piccola cappella intitolata alla Madonna del Rosario, sul davanti una lunetta con “Sibille” dipinte da Agostino Tassi, all’interno pitture settecentesche con finti sfondi architettonici e sull’altar maggiore una “Natività” di Francesco Bassano il Giovane.

L’interno della chiesa è a navata unica con cinque cappelle laterali, l’abside è interamente coperto di affreschi spartiti in tre registri e attribuiti al Peruzzi forse in collaborazione con il Ripanda.

La prima cappella a destra contiene una “Annunciazione” di Antoniazzo Romano, nella seconda affreschi di G.B. Ricci da Novara e sull’altare una “Madonna di Loreto” assegnata ad Annibale Carracci o alla sua scuola, nella terza a sinistra un dipinto del Domenichino nel monumento funebre del Cardinal Sega; nella prima, ampliata durante il pontificato di Pio IX, la tomba del Tasso, opera ottecentesca di Giuseppe Fabris, con ritratto del 1608 e arricchita da una lampada votiva di Duilio Cambellotti.

img_20161223_084026-gianicolo-s-onofrioDovunque nella chiesa lapidi e sepolcri di varie epoche, tra loro anche la lastra tombale del fondatore Beato Nicola; anche la sacrestia è ricca di dipinti ed affreschi. Per un piccolo andito si passa in un chiostro rettangolare, della metà del XV secolo, a doppio ordine con colonnine antiche ed archi a tutto sesto, le lunette rappresentano scene di vita di Sant’Onofrio e sono state dipinte in occasione del Giubileo del 1600; quattro sono opera del Cavalier d’Arpino le altre dello Strada e del Ridolfi.

Nel convento ha sede il Museo Tassiano con cimeli e ricordi del poeta. Proseguendo sulla strada che porta al Gianicolo si incontra, sulla sinistra, la “Quercia del Tasso” resti di un albero sotto il quale soleva riposare il poeta.

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Chiesa di Sant’Onofrio al Gianicolo
piazza di Sant’Onofrio, 2
Roma (Trastevere)

Informazioni:
tel. 06/6864498

Apertura della Chiesa
Lunedì-Venerdì / ore 9:00 — 13:00
Domenica / ore 9:00 — 12:00
Chiesa chiusa nel pomeriggio

Orari Santa Messa
Domenica e giorni di precetto
ore 12:00 celebrazione eucaristica

Gli orari possono subire cambiamenti. Si suggerisce di verificare contattando la chiesa

Nota | Note
In questa Chiesa
non si celebrano i matrimoni
Marriages are not celebrated
in this Church

La Chiesa è chiusa in agosto
The Church is closed in August

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