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Il Gran Teatro dei Cartelami ovvero l’importanza di un catalogo

Al Palazzo Ducale di Genova, tra l’11 maggio e 25 agosto del 2013, si è svolta un’interessantissima (quanto unica e originale) esposizione.

Il sottotitolo della mostra recitava: Scenografie tra mistero e meraviglia. Sto parlando esattamente di quelle particolari scenografie, chiamate in Liguria Cartelami perché costruite con il cartone. Un insieme di arte ‘povera’, costruita, infatti, con materiali come il cartone appunto, oltre a tele di spessore anche leggero per consentire la retroilluminazione con effetto di trasparenza, legno, latta o lastre metalliche, tavole sagomate comprendenti materiali come ferri, carte colorate, cartoni, stoffe, drappi, tavole, colla, chiodi, colori, gesso, corde, incenso, cere, candele, fiaccole e tanto altro.

Ma se mi fermassi qui, oltre a dare lo ‘strillo’ di una notizia, farei torto non solo agli organizzatori dell’evento e ai curatori del prezioso catalogo, ma agli stessi Cartelami.

Mi spiego meglio. Tali scenografie, che vengono anche dette décors o monumentos e che in altre regioni dell’Europa mediterranea vengono chiamati anche pavillons (Corsica), servivano per le rappresentazioni sacre o rimanevano in permanenza per l’abbellimento di altari. E per la loro particolare costruzione, una volta realizzati, sembra che vivano di vita propria. Vengono definiti allestimenti effimeri, anche se di effimero hanno ben poco dal momento che appartengono piuttosto alla categoria del riutilizzabile, in quanto allestimento ricorrente. Così, essendomi perso l’esposizione, posso parlarvene solo attraverso la lettura del catalogo. Quando più volte invito chi mi legge ad avere il catalogo di un’esposizione è perché sono convinto, sempre di più, quanto possa essere utile (prima, durante e dopo una mostra) avere una testimonianza ‘cartacea’ di quanto siamo andati a vedere. Figuriamoci poi se quella mostra ci è sfuggita per svariate ragioni. È, per me questo, il caso dell’esposizione di cui vi sto parlando, a mio parere durata poco per l’importanza del tema che ha trattato. Mi auguro, infatti, che venga replicata e perché no anche ampliata. La bella esposizione si è basata, non solo sui cartelami liguri ma anche di altre aree europee per un totale di circa cento apparati, commentati attraverso una serie di suoni e rumori, ricreando specifici riti pasquali con strumenti originali come bàttole (tola – battola), un particolare strumento composto da un asse di legno con imperniati due battenti di metallo, e raganelle (tric e trac), corni, trombe di corteccia e strépiti in rapporto ai singoli set. Una mostra ben articolata che è arrivata dopo più di dieci anni attraverso la condivisione di storici dell’arte, etnoantropologi e restauratori di diversi paesi. Così dopo un convegno internazionale avvenuto nel 2006 tenutosi a Perpignan Premières rencontres méditerranéens sur les décors de la Semaine Sainte e dopo la pubblicazione del volume degli atti del 2009, si sono avviati restauri specifici consentendo la creazione poi dell’esposizione avvenuta a Genova.

E ora di tutto questo, potendo solo immaginare cosa può essere stata la mostra, rimane il catalogo che come ogni catalogo che si rispetti, (ormai sono alcuni anni che questi supporti cartacei vengono confezionati a regola d’arte), della Silvana editoriale dispone di schede ricalcando il percorso di visita ed è arricchito da un Regesto documentale in cui sono ordinati cronologicamente i dati emersi da ricerche d’archivio.

Si avvale di contributi stuzzicanti come quello di Marcello Fagiolo: “La cultura dei cartelami nell’Europa delle Feste: tra arte, effimero e scenografia”, o quello di Franco Boggero: “Perché effimeri non sono”, quello anche di Alfonso Sista: “Il teatro dei cartelami. Storie di stupore, devozione e meraviglia”.

Nel ripetermi, non posso che augurarmi e augurare a chi, come chi scrive, non ha potuto vedere la mostra, l’allestimento di una nuova esposizione, anche tra pochi anni.

Buona lettura.

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04 Libri Il Gran Teatro dei CartelamiTitolo: IL GRAN TEATRO DEI CARTELAMI

scenografie tra mistero e meraviglia

Curatore: Franco Boggero; Alfonso Sista

Editore: Silvana (collana Cataloghi di mostre)

Dati: 2013, 216 p., ill., brossura

Prezzo: € 28,00

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Una sceneggiatura in stile post-post-romantico-surreale

Pare che certe remote scritture celassero, nelle parole sibilline del titolo,

il senso profondo e complessivo dell’opera.

Nelle quattro parole, che compongono il titolo di questa nuova sceneggiatura

l’autrice cela e svela due concetti indicativi.

Enigma: prima parola, terminologicamente e concettualmente arcaica e desueta. 

Sinonimo di mistero che promette climi inquietanti, atmosfere metafisiche

e attese dense di domande poeticamente sospese:

Enigma dunque che non si scioglie? Non è semplice a dirsi.

Questo è l’elemento inquietante, segreto e insolito della storia, che poi storia non è:

– L’enigma delle anime gemelle – potrebbe essere un sogno,

un sogno particolare che il risveglio non dissolve.

Probabilmente non tutti coglieranno questo essenziale dettaglio

dell’arcaica fiaba post-post romantica e attualissima di Lucia Gilli.

Ma non vorrei dire troppo e… passiamo al secondo concetto:

Anime gemelle. Utopica fantasia sempre più post romantica.

Chi mai oggi crederebbe di poter trovare l’anima gemella?

Chi mai la cercherebbe? In questo mondo ladro,

dove il valore di ogni cosa si misura e quantifica

in base al denaro che produce, si cerca ben altro.

Eppure l’autrice ci crede, ci crede davvero e lo si legge tra le righe.

Questa è la forza di Lucia Gilli, giovane donna fragile e fortissima,

candida, intraprendente, incredibilmente combattuta tra astratto e concreto

e forse… inconsapevolmente spregiudicata.

Creatura lieve che vediamo sintetizzarsi in un fumetto emblematico del nostro tempo.

Similmente, nella stesura, troviamo divertenti contrasti

che funzionano ritmicamente come piccoli colpi di scena.

Ad esempio, dopo un tenero dialogo, due innamorati,

guardandosi intensamente, si separano e mentre Lei si allontana…

lui, seguendola teneramente con lo sguardo fino all’ultimo istante, sussurra:

“E adesso come glielo dico che sono appena andato a letto con Morena?”

Altra particolarità di questa sceneggiatura fresca di stampa

è l’intenzione di offrirsi inizialmente ad un vasto pubblico in forma di lettura.

Il volume infatti, dietro misteriosa e bella copertina

vuole presentarsi anche come opera di narrativa, in una prosa molto stringata,

giocata tra veloci dialoghi, intense scene erotiche senza veli

ed asciutte descrizioni essenziali in forma didascalica.

In sintesi si tratta una storia irreale ma non impossibile che appare ed evolve

tra magici fondali teatrali e  sofisticati inganni da set cinematografico.

Luoghi o climi effimeri ed illusori dove tutto può accadere

e dove infine tra incubi, atroci dubbi, amplessi amorosi e allucinate attese,

il bene trionferà sul male, in un roseo e dorato lieto fine.

 

Lieto fine che come vedremo…non dissolve il sogno

né scioglie l’enigma inquietante della favola:

“La favola bella che ieri ti illuse, che oggi mi illude o Ermione”

così cantava cento anni fa Gabriele D’Annunzio

e sempre ritorna la fiaba in cui in fondo vogliamo ancora credere.

E dunque leggiamola questa candida storia intitolata:

L’Enigma delle anime gemelle: scritta con tanto amore da Lucia Gilli.

Su questo amore della scrivente…non ho dubbi e aggiungo che…

il clima fiabesco e innocente della storia mi ha ricordato

un incredibile successo editoriale del secolo scorso.

Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, a Milano,

i fratelli Del Duca, proprietari della già antica Casa Editrice Universo,

idearono e realizzarono un nuovo settimanale di “favole moderne”

che dopo aver attraversato trionfalmente varie generazioni

continua tuttora a stupire scettici intellettuali.

Lo chiamarono: GRAND HOTEL.

Non resta che augurare altrettanta fortuna al nuovo lavoro di Lucia Gilli

 

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Titolo: L’enigma delle anime gemelle

Autore: Lucia Gilli

Prezzo: € 12,00

Dati: 2013, 160 p.

Editore: Progetto Cultura

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Un gigante di marmo

Percorrendo il lungotevere in uno slargo intitolato, ironia della sorte, all’antifascista Lauro De Bosis si erge un obelisco di marmo alto più di 40 metri con una cuspide dorata; sulla sua faccia rivolta alla strada appare scolpita in grandi lettere la scritta “MUSSOLINI DUX”. È curioso pensare a come l’opera sia riuscita a sopravvivere alle varie epurazioni di simboli del Fascismo iniziate il 25 luglio 1943, forse si è salvata per le dimensioni ma è da notare come anche la scritta non sia stata intaccata da scalpellature o riempimento delle lettere. Comunque il monolite è sopravvissuto come gli edifici che lo circondano, ora Foro Italico, un tempo Foro Mussolini.

Il complesso ideato con finalità sportive ed educative venne progettato verso la fine degli anni Venti del ‘900 dall’architetto Del Debbio per incoraggiare i giovani alla pratica sportiva e militare legata agli ideali del regime e sin dai primi progetti era prevista l’erezione di uno o più obelischi.

La circostanza determinante avvenne nel 1927 allorché a Carrara, nella Cava Carbonera, venne rinvenuto un blocco di marmo, senza venature né fratture, di dimensioni non comuni, oltre 17 metri, ed il Consorzio dei marmi di Carrara propose di offrirlo al Capo del Governo; la proposta fu appoggiata da Renato Ricci, carrarese, responsabile dell’Opera Nazionale Balilla, reduce decorato della I Guerra Mondiale, importante gerarca e, come si diceva allora, squadrista della “prima ora”. L’ O.N.B. curava l’indottrinamento e la cultura fisica dei bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni articolati in varie fasce d’età: figli della lupa, balilla, avanguardisti, piccole italiane; aveva una salda e capillare organizzazione e molto seguito tra i giovani. Ricci decise di dedicare, a nome dell’O.N.B., il grande blocco trasformato in obelisco a Mussolini a decorazione del Foro allora in costruzione. L’opera era improba e tecnicamente complessa in quanto mai dalle cave era stato estratto un masso di tale misura, comunque fu isolato e tagliato con filo elicoidale, squadrato e preparato per il trasporto. Questo avvenne per una distanza di circa 10 Km. in discesa dalla cava al mare attraverso la “lizzatura”, termine tecnico che indica la discesa del blocco di marmo, inserito in una armatura di legno, trascinato da decine di buoi e trattenuto con funi da decine di operai; giunto al mare il monolite fu caricato su una specie di grande chiatta chiamata l’Apuano, progettata dall’Ammiraglio Pugliese e costruita dalla Regia Marina; dopo un complicato carico fu trainato da rimorchiatori a Fiumicino dove dovette attendere il massimo livello del Tevere in inverno per risalire il fiume fino alla Farnesina e qui rimase tre anni. Incaricati dell’erezione dell’obelisco furono gli architetti Costantini e Pintonello che iniziarono gli studi consultando anche la relazione di Domenico Fontana che per ordine di Sisto V innalzò l’obelisco su Piazza San Pietro.

Infine fu deciso di costruire una grande rampa in cemento e legno su cui fu fatto scorrere il monolite spinto da martinetti idraulici poi ruotandolo e depositandolo sul basamento nel frattempo costruito.

Le operazioni di montaggio si svolsero regolarmente poi intervennero squadre di operai per sistemare la cuspide in bronzo dorato, rifinire gli angoli e le facciate, intagliare la scritta, coprire il basamento con lastre di marmo. Il 4 novembre 1932, alla presenza di Mussolini, Balbo, De Bono, Ricci e di una folla di gerarchi, militari, autorità ed esponenti dell’ O.N.B., l’obelisco fu inaugurato insieme a parte del Foro.

Questa è la storia sommaria dell’obelisco di Mussolini ma per chi desidera una documentazione più approfondita è disponibile il libro di Maria Grazia D’Amelio dal pudico titolo L’Obelisco marmoreo del Foro Italico. Storia, immagini e note tecniche pubblicato da Palombi Editori.

Questa casa editrice, ormai pressoché centenaria, sin dall’inizio ha privilegiato la pubblicazione di opere relative alla città di Roma, alla sua storia, ai suoi costumi, ai suoi monumenti.

Il libro, di bella veste grafica e di circa 190 pagine, esamina in dettaglio le vicende dell’obelisco partendo dalla localizzazione e dall’inizio della costruzione del Foro, passa poi alla scoperta del grande masso, alla sua lavorazione in cava, al trasporto in terra, in mare, lungo il fiume fino all’erezione, anni dopo. Ogni passaggio è descritto con puntuale esattezza e grande professionalità dall’autrice che esamina, con dovizia di particolari, i dettagli tecnici delle varie fasi della lavorazione.

Circa metà del libro è costituita dall’Album Fotografico dell’Obelisco che fu commissionato all’Istituto Luce dall’ O.N.B e che in 83 foto b/n ripercorre la storia del monolite; l’album che appartiene all’archivio privato di Renato Ricci è costituito da 44 cartoncini e porta nella copertina il titolo “monolite mussolini anno X opera balilla”; altre immagini sono contenute negli archivi di persone od enti a diverso titolo coinvolti nell’operazione. Il libro è corredato da una ampia raccolta di carte d’archivio relative a vari carteggi, da una larga indicazione di fonti audiovisive, soprattutto di origine Luce, e da una amplissima bibliografia. Sono trascorsi più di ottanta anni, sono passati Mussolini, Ricci, Del Debbio, Costantini, l’O.N.B., il Fascismo; l’area circostante, molto degradata, non è più frequentata dai balilla ma dai tifosi diretti allo stadio ma l’obelisco, bianco ed imponente, sta sempre li, sopravvissuto agli eventi e consegnato alla storia.

 

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L’Obelisco marmoreo del Foro Italico a Roma

Storia, immagini e note tecniche

Maria Grazia D’Amelio

Editore: Palombi

Pagine: 209, 196 ill.

ISBN 978-88-6060-232-9

€ 34.00

http://www.palombieditori.it

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Preludio inverso – a sfatar leggende in poesia

Incontrare per la prima volta Mario Sandro Panico

dopo aver esplorato il suo mondo poetico iper-real-fantastico,

è sorpresa misteriosa in divenire.

Se leggere – PRELUDIO INVERSO – è uno spettacolo,

azione drammatica in cui l’autore è protagonista e narratore,

è perché Mario Sandro è essenzialmente un attore:

attore nato che rappresenta se stesso con arte passionale

in quella storia tragica e felice che, con qualche variante…

È STORIA UNIVERSALE.

La “visione” di questo libro è affidata all’estro di chi legge,

può colpire come dramma accecante della memoria

o materializzarsi in forma tragica barocca

scatenata in sequenza di scene tempestose

che sfumeranno poi in minore ai lati della storia.

Se un lettore per sua natura è attratto dal mistero.

leggerà facilmente nell’opera mariana

climi e drammi inquietanti in giallo e nero.

E mentre l’artista, in corsa senza freni,

esorcizza valanghe di dolore, di gioia e di follia

mettendo in gioco caparbiamente se stesso,

colpisce una innata eleganza narrativa che,

in assoluta libertà di parola,volge la tragedia in poesia.

Vivendo questa sfida all’ultimo sangue,

avventura catartica…in forma di lettura,

noi riusciremo con stupore a realizzar prodigi

a comprendere…e infine a disvelar l’arcano:

Questo – PRELUDIO INVERSO –

che si veste d’azzurro e si completa nell’opera dipinta

di Mario Sandro Panico da Recale

è il canto scatenato e giocoso di un artista felice…extrasensoriale.

 

04 Libri preludio in scheda copia 1

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Mario Sandro Panico

Preludio inverSo

Presentazione di Paolo Di Paolo

Edizioni libreria Croce

Collana StilNovo

pag. 126

Euro 14,00

ISBN: 978-88-6402-000-0

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04 Libri preludio in foto MARIO SANDRO web

Hai troppi nomi

Ieri sera a Campo de’ Fiori ti sei voltata dall’altra parte. Mi hai fissato per un attimo, ma solo per voltarti subito dopo. Il mio volto lo conoscevi, di mie foto in jpg nei hai almeno tre, scaricabili dal mio blog. Tu invece sempre a far la misteriosa, solo ora ti ho visto in faccia. Ma quello sguardo ti ha tradito: era paura. Potevo trattenerti, ma non l’ho fatto. Non ti ho chiamato per nome perché non sapevo quale scegliere: Pennie_Lane, Lucy sognatrice, Giulia, Isabelle… ed è come Isabelle che hai interrotto il contatto.

Kveta, hai imparato l’italiano per non scrivermi più? Buffa che sei, mi scrivi da Praga per un anno e mezzo in inglese, poi ti segni ai corsi dell’ambasciata italiana. Imparo un po’ di cèco da un mio amico sposato con una di Bratislava, poi ti invito d’estate ma dici di non avere i soldi. Non ti pago il viaggio, né tu mi chiedi denaro ma io ti assicuro di essere solo un amico e di non provarci. Da quel giorno mi scrivevi sempre meno, ora neanche una riga. La tua foto la conservo: è un bel bianco/nero. Te ne ho mandata anch’io una mia, naturalmente in bianco e nero.

So come ti chiami e dove lavori. No, non dove mi hai detto tu: in quell’ufficio non ti conoscono, a Venezia eri solo ospite di Nicolò, tuo padre non fa l’avvocato e quel pub non esiste, né a Roma né a Treviso. Celeste è un bel nome, ma non è il tuo. A Bari tuo padre vende abbigliamento e tua sorella ora ha aperto un nuovo negozio, dove forse darai anche una mano. Come lo so? Lasci tracce dappertutto. Parli sempre da un ricaricabile, ma una sera ti è scappata una chiamata da un fisso di Venezia, forse avevi finito il credito. Non hai quarantadue anni. Quanti? Troppi per amare Nikki Sudden, pochi per amare Rudolf Steiner. In chat mi racconti quaranta storie diverse, sei stata con tutti e con nessuno. Adieu.

Aurora, il tuo nome è stato riassegnato: era così bello che non potevo sciuparlo. Mi hai tempestato di sms per mesi dalla provincia dove vivi. Ti son stato vicino quando l’Etna ha tremato, ed ora mi scrivi dicendo che il tuo nuovo fidanzato – da buon siciliano – è geloso. Con i tuoi lunghi sms potrei riempire un libro e forse lo farò. Al ritmo di una tessera al giorno ho ricostruito un mosaico bizantino ed ora so chi sei: dammi un frammento per volta e ti decoro un’abside,. Ma ormai non ho più voglia di prendere il treno e raggiungerti, non m’interessa più. La tua anima di donna, sensuale e mediterranea emanava amore, ma non aveva corpo.

Nuvoletta, Sissi, … man mano che si entrava nell’intimità mi svelavi un nome diverso, come fossero diversi gradi di iniziazione. Ma non volevi che venissi da te, in paese ti conoscono. Quindi mi hai chiesto subito non solo se ti ospitavo o potevo offrirti l’albergo, ma se potevo pagarti anche il viaggio in treno da Bari: studentessa furbastra con pochi soldi, ma tanta voglia di vivere e di visitar Roma per un lungo week-end. Può darsi. Ho ancora le foto che mi hai mandato: niente male, gli occhi penetrano nel corpo. Ma la terza foto – al mare, nuda di spalle – non era la tua. Mai barare con gli internauti!

Ludovica o Annamaria? Quando ti sei presentata a un party assieme al tuo uomo di turno una mia amica ti ha chiesto perché le avevi negato l’amicizia su Facebook. Fatti vostri, solo che mi ha incuriosito la tua fama: divorziata con un figlio, quando vuoi un uomo non hai problemi ad andarci a letto. Ma su Facebook hai due profili, nomi diversi ma stessa foto al mare. “Quella non sono io”, hai detto a tutti. Ma almeno potevi cambiare bikini e far spostare la barca sullo sfondo.

Tatjana, ma quando la smetti di vendere le tue foto alle agenzie matrimoniali russe e italiane? Sei una fotomodella e ti fai pagare per pubblicare le tue foto. Che dire? Quindici nomi diversi in due anni, due o tre foto in posa in studio da un fotografo, più una in giardino e una sul divano a casa tua, col tappeto al muro alla maniera russa. Belle foto, distribuite in almeno cinque cataloghi in linea. L’età non è aggiornata – ormai dovresti avere trentacinque anni – ma sei sempre sola. Sei carina, laureata, intelligente, sportiva; ti curi nell’abbigliamento e nel trucco. Vivi pure a San Pietroburgo, mica a Krasnoiarsk o a Novosibirsk. Ma allora perché sei sempre sola?