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Dove porta il dolore

Commentare questo romanzo non è semplice perché c’è il rischio di trasformare il vero senso del libro in banali commiserazioni nei confronti dell’autore/protagonista, forse inutili in questo contesto.

Lorenzo Amurri, l’autore appunto, è tetraplegico dall’età di ventisette anni (oggi ne ha quarantadue) in seguito ad un grave incidente accadutogli durante una sciata con la fidanzata Johanna, quando un pilone si è materializzato sul suo percorso in un momento di distrazione causandogli gravissimi danni alla colonna vertebrale e paralizzandolo dal petto in giù.

Egli ci racconta in queste pagine autobiografiche la sua “seconda vita” iniziata quella tragica mattina. Dal dolore fisico patito inevitabilmente al risveglio a quello psicologico che è sopraggiunto nel momento di presa coscienza di ciò che è avvenuto, Amurri ci espone per filo e per segno ogni suo più intimo pensiero avuto in quel primo lungo periodo, compresa una cronaca dettagliata della fase di riabilitazione e di reinserimento nella società al termine del ricovero.

Il fiume di parole che egli riversa nel romanzo è travolgente, non tanto per il possibile coinvolgimento emotivo che può crearsi in quanto esseri umani (tendenzialmente sensibili), ma soprattutto per la carica che si cela dietro quelle parole e in chi le ha scritte. Le pagine sono piene di scoperte ovvie o di cose logiche sulla vita di un tetraplegico che però difficilmente balzano alla mente di chi non ci è dentro veramente, cose che l’autore dipinge perfettamente senza tralasciare nulla.

Come detto in precedenza oltre al dolore fisico l’altro grosso trauma di Lorenzo è stato quello psicologico, dovuto alla graduale consapevolezza di tutte quelle cose a cui egli si è visto costretto a dover rinunciare, sopratutto ad alcune passioni che, per alcuni impedimenti fisici inguaribili, non potrà più praticare. Un uomo di mondo abituato a viaggiare, girare e scoprire luoghi lontani, come lui racconta di essere stato fino a quel momento, si ritrova nella posizione di dover rivedere la sua vita partendo dal presupposto, o forse più dalla convinzione, di non poter far più nulla di tutto ciò che aveva fatto prima.

Amurri non ha dovuto intraprendere solo una lotta per superare le barriere fisiche, ma anche una dura battaglia contro se stesso, unico vero ostacolo da superare, per prendere ciò che di meglio gli stava intorno e da li ricominciare a vivere.

Molti di questi aspetti erano però difficili da accettare per il protagonista, che si ritrovò molto spesso dinanzi a quel pensiero che mai si dovrebbe fare, ma che nella sua situazione egli vedeva scioccamente come unica via d’uscita, nonostante gli aiuti ricevuti dalle persone a lui più vicine, prima tra tutti la fidanzata.

Egli oggi è qui per raccontarci tutta quella traumatica esperienza vissuta di cui ancora porta segni incancellabili, e di come è riuscito a superare le difficoltà e a ritrovare se stesso. Trattenere il respiro come è accennato nel titolo è inevitabile perché il sorprendente carisma artistico di Amurri ci porta a condividere tutti quei momenti insieme a lui.

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Libro Dove porta il dolore

Titolo: Apnea

 

Autore: Lorenzo Amurri

 

Editore: Fandango libri

 

Anno: 2013

 

Pag. 251

 

Disponibile anche in ebook

 

 

 

Libro d’esordio per l’autore che per il momento non dispone di un sito ufficiale. E’ però disponibile

 

un blog all’indirizzo http://tetrahi.blogspot.it/ e un’intervista fatta da Daria Bignardi durante la sua

 

trasmissione all’indirizzo http://www.la7.it/invasionibarbariche/pvideo-stream?id=i657017 che

 

suggerisco di vedere a lettura conclusa.

 

 

Il punto di vista dello scrittore

La storia di Emanuela Orlandi, la ragazza sparita a Roma trent’anni fa (2 giugno 1983), continua a far parlare di sé e qui la ricostruiamo in breve: la ragazza esce da una lezione di musica e da quel momento non se ne saprà più niente. Essendo cittadina del Vaticano – di cui il padre è un funzionario – il caso diventa un intrigo internazionale, che vede messi in causa la Curia, la banda della Magliana, i Servizi segreti, il KGB e i c.d. Lupi Grigi. Gli appelli di papa Wojtila, le indagini a tutto campo e il risalto sui media non risolvono nulla. Emanuela non tornerà mai a casa e tutte le testimonianze anche recenti si rivelano aleatorie. Pochi i giornalisti che abbiano verificato le fonti o svolto indagini personali; tra questi citiamo Pino Nicotri dell’Espresso, autore de Emanuela Orlandi. La verità. Dai lupi grigi alla banda della Magliana (2008).

Questa storia proviamo ora a vederla con gli occhi di uno scrittore. Camilleri difficilmente metterebbe insieme un racconto che non si tiene in piedi: l’impianto di un romanzo si regge su un equilibrio strutturale simile a quello di un palazzo o di una nave, mentre invece qui tutto fa acqua, scricchiola. Scrivere un romanzo richiede razionalità e nessun romanzo di spionaggio o criminale può basarsi su un delirio. Non parlo certo della ricostruzione fatta dal giornalista Pino Nicotri, che perlomeno ha parlato con testimoni, magistrati e parenti della ragazza. Alludo piuttosto alla serie di rivelazioni fatte da testimoni e supertestimoni usciti dal nulla, incoerenti e ambigui; penso alle inconcludenti conclusioni di strani poliziotti e di inquirenti privi di metodo, ma tutti ritenuti attendibili. A intervalli precisi il supertestimone di turno ha dato un’informazione buona per ogni dieci balle a cui non crederebbe neanche un ragazzino e che sono state invece prese sul serio. Infine, un editore impone sempre allo scrittore chiarezza sul genere letterario, mentre qui passiamo allegramente dal Noir allo Spionaggio, dai Misteri del Vaticano al Romanzo Criminale, senza escludere Lolita di Nabokov. Mettendo un po’ d’ordine, le trame seguono almeno tre filoni diversi, che riassumo per poi lavorarci sopra:

1)        La pista interna al Vaticano e a certi suoi ambienti.

2)        La pista legata allo IOR e alla Banda della Magliana

3)        L’intrigo internazionale, gestito dai Lupi Grigi e dal KGB

1.         La prima ricostruzione si basa su dati reali e su altri ipotetici se non assurdi. La ragazza (d’ora in poi abbreviata EO) viene attirata con la proposta di un lavoro – presentatrice di cosmetici Avon – e il giorno dopo, all’uscita della lezione di flauto presso la scuola di musica del S.Apollinare, accompagna un’amica di corso alla fermata dell’autobus e telefona alla sorella maggiore per dirle che farà tardi per via di quell’ingaggio. Sono le ore 19. Quest’ultima l’aveva sconsigliata dall’accettare quel lavoro troppo ben pagato (trent’anni fa, 375mila lire, pari a uno stipendio). Fin qui le informazioni ufficiali. Il resto è così ricostruito: EO è stata fatta salire a corso Rinascimento su una grossa macchina, una BMW verde metallizzata guidata da un adulto, sulla quale avrebbe poi indagato in proprio – ma l’informazione non è verificabile, anzi è poco credibile -un agente segreto poi rimproverato e trasferito . Si fa una prima tappa sotto le mura gianicolensi, col cambio di macchina e il passaggio di consegne a un giro di ecclesiastici pedofili, genere umano tutt’altro che leggendario. Fatto sta che la ragazza sparisce. Ora, visti da uno scrittore, troppi elementi non reggono e vanno scartati. A parte la storia dell’agente segreto (?) che sa tanto di depistaggio, si è detto che: EO è stata avvicinata per strada il giorno prima da un adulto che le ha proposto il lavoro per la Avon. E perché mai una quindicenne dovrebbe fidarsi? Avon è una ditta di cosmetici ed è più logico che EO sia stata avvicinata invece da una donna o da un’amica che già lo faceva. Seconda incoerenza: il giorno dopo EO telefona alla sorella dicendo che farà tardi per via di un lavoro pagato 375mila lire. Forse aveva capito male, ma perché non proibirle subito di accettare l’offerta? Sono le 19, quindi neanche è presto; da corso Rinascimento al Vaticano ci vogliono due autobus (70 e 64) e si sta a casa verso le ore 20.. E se è vero che EO è uscita dalla lezione con un’amica, perché non aspettare con lei l’uomo – uno sconosciuto – che doveva passare a prenderla? E non finisce qui: chi conosce Roma sa benissimo che vicino al Senato è impossibile che una ragazzina venga fatta salire su una BMW guidata da un adulto senz’esser notata dai carabinieri, poliziotti e vigili di guardia intorno a Palazzo Madama. Fatevi invece un giro intorno all’Apollinare: il fabbricato ha almeno tre vie di fuga: ingressi di servizio neanche tanto piccoli, da cui si può entrare senz’esser notati o scantonare per vicoli senza dare nell’occhio. Traffici illeciti possono svolgersi quindi all’interno dell’Apollinare – il corpo di fabbrica è immenso e pieno di passaggi –  e visto che “Renatino” è stato ivi sepolto come benefattore della chiesa (riciclaggio?), in quelle stanze poteva succedere di tutto. Immaginiamo p.es. che EO entri (o rientri) nel palazzo dell’Apollinare e lì succede qualcosa: di sua volontà o costretta, incontra qualcuno o viene dirottata in un’altra stanza o fatta uscire da una porta secondaria. Notare che, se strani giri esistevano davvero, neanche c’era bisogno di andar lontano: essi potevano essere gestiti all’interno dell’Apollinare. Ammettiamo invece che da quegli ingressi di servizio sia uscita anche EO: sfilando per vicoli si arriva tranquillamente davanti al Museo Napoleonico e lì sul lungotevere si sale in macchina. Per andar dove? E’ sempre corsa voce che una prima tappa sia stata fatta sotto le mura gianicolensi. Quasi nascosta c’è in effetti una pompa di benzina del Vaticano con l’ingresso – un cancello di ferro – accessibile ai soli tesserati. Ora un sedicente testimone parla anche di un pensionato gestito dalle suore di Villa Lante sotto il Gianicolo, dove la ragazza sarebbe stata ospite tre giorni, accompagnata da un ecclesiastico e da un’altra ragazza. Per andare in macchina alle pendici delle mura gianicolensi (lato esterno) e poi ridiscendere ai piedi del Gianicolo dalla parte di Trastevere si impiegano al massimo quindici minuti. Con chi era uscita EO dall’Apollinare? Era consenziente? Chi guidava la macchina? Più facile capire il motivo del cambio alla pompa di benzina: EO sarebbe stata presa in carico da un ecclesiastico, il quale avrebbe accompagnato la ragazza (o le due ragazze) fino alla casa alloggio delle suore. Questo edificio ha l’ingresso alla fine di una via chiusa ed è il massimo della discrezione. L’ecclesiastico era il garante e quelle ragazze potevano esser spacciate per nipoti o figlie di una conoscente a lui affidate. Tutto filerebbe. Non convincono invece alcuni dettagli raccontati dal c.d. supertestimone: a EO fu detto che i suoi genitori erano d’accordo, e che nei tre giorni successivi EO si divertì a girare per Trastevere travisata con parrucca e occhiali scuri. Intanto, perché rischiare? E poi qual è la ragazzina che nemmeno chiede di telefonare a casa per verificare le frasi di uno sconosciuto? Infine, perché assentarsi da scuola per tre giorni, col rischio magari di perdere un anno di liceo? Se EO fosse stata narcotizzata e l’altra ragazza era la sua compagna di stanza e amica-custode, qual’era la sua identità? Forse Mirella Gregori, l’altra ragazza scomparsa un mese prima, che aveva una relazione con un giovane della gendarmeria pontificia? Qui le cose sono due: se EO era cosciente vuol dire che si fidava delle persone con cui si era allontanata (sempre che sia uscita dall’Apollinare), e forse neanche era la prima volta. Chi erano le sue amiche (ora 45enni) e soprattutto chi era realmente lei? Fosse stata invece costretta, allora era stata drogata o simili. Si è poi parlato molto e spesso di un giro di preti pedofili in Vaticano. Che EO sia finita in un giro del genere? Sull’argomento ci sono articoli e libri. Già, ma come convincere una ragazzina a stare al gioco? Il reclutamento è in genere fatto da una donna che riesce a conquistare la fiducia della vittima e la raccomanda a un uomo adulto, con cui si fissa un incontro di lavoro. L’esperienza dice di accettare di vedersi solo in locali pubblici, ma qualcuna ci casca sempre. Oppure a far entrare nel giro la ragazza è un uomo con cui lei ha una relazione o è l’uomo di una sua amica. Che ruolo ha p.es. il gendarme pontificio che stava con Mirella Gregori? Ma senza andare troppo avanti con la fantasia, sta di fatto che  Avon è una ditta di cosmetici che da sempre organizza incontri invitando gruppi di donne alla presentazione dei prodotti e questi incontri avvengono sia in grandi alberghi che in case private.. Ma la promessa di tanti soldi non basta: la vittima da prostituire si deve fidare – magari una sua amica già lo fa – e spesso sa di giocare col fuoco, anche se non immagina l’ustione che l’aspetta. Se lo fa di nascosto dei genitori, gli orari devono quadrare: può anche marinare la scuola, ma per cena dev’essere puntuale, a meno che la sua famiglia sia una di quelle che non chiedono niente ai figli, ma nell’ambiente vaticano questo è meno frequente. La nostra EO si è allontanata alle 19, tardi per una quindicenne dell’epoca. Né vogliamo immaginare una complicità della famiglia, anche se non è assurdo pensarlo. Immaginiamo invece un imprevisto, un incidente sul lavoro: EO è morta durante un incontro sessuale il giorno stesso della sua scomparsa. Non stava al gioco oppure è morta di overdose o è rimasta soffocata in un gioco erotico. Statisticamente le ragazze ritrovate morte sono sempre state uccise a poche ore dalla scomparsa e l’uccisione è sempre avvenuta entro un raggio di cinque chilometri dal luogo in cui sono state viste per l’ultima volta. Il quadro sarebbe dunque coerente. Il resto è sovrastruttura. Secondo questa ricostruzione, sarebbero spiegabili gli strani comportamenti della famiglia Orlandi, rassegnata sì, ma tacitata da influenti personaggi di Curia. Il padre di EO prima parla coi giornalisti e poi sembra quasi ridotto alla clausura; la sorella di EO invece di attaccare diventa la segretaria del funzionario vaticano che ha bloccato la rogatoria del governo italiano per far chiarezza sulla scomparsa di EO. Tutto questo avviene in un ambiente ristretto come quello Vaticano, dove è facile incontrarsi ogni giorno. Ma cosa direbbe Montalbano? Purtroppo lui lavora bene in Sicilia, mentre in Vaticano ci vuol ben altro tipo di investigatore: legato agli ambienti che deve scandagliare, discreto, non digiuno di studi teologici e amico di un alto prelato. Magari ex gendarme pontificio, a sua volta ex carabiniere. Con una moglie che lavora in Vaticano e amicizie nel mondo dell’alto clero… peccato che questo detective ancora non sia stato creato dalla penna di nessuno.

2.         Trama seconda. In questa versione il gioco si fa duro. Per lo IOR passano tanti soldi, e anche sporchi: papa Wojtila ne ha bisogno per aiutare la sua Polonia a uscire dal controllo sovietico e il card. Marcinkus è l’anima nera di questi traffici,. Il padre di EO lavora nell’amministrazione e ha visto o scoperto qualche illecito amministrativo o finanziario. “Renatino”, benefattore e riciclatore di denaro sporco rivuole indietro i soldi anticipati e ripuliti tramite lo IOR. La ragazza viene rapita per ricattare il padre e anche forse parte della gendarmeria vaticana. Viene aumentata infatti la sorveglianza delle famiglie di alcuni gendarmi. La ragazza sparita un mese prima se la faceva tra l’altro proprio con un di loro. La ragazza EO viene attirata con l’inganno e sequestrata, forse tenuta in un appartamento di Monteverde vecchio (attiguo al Gianicolo). L’ostaggio viene eliminato quando la storia diventa di dominio pubblico internazionale e non si riesce più a gestire il contatto con la famiglia. Un ufficiale dei Carabinieri mi disse che per gestire un sequestro di persona (in Italia, almeno cinquecento in venti anni) servono quasi venti persone e bisogna sempre avere discrezione. Esattamente il contrario di quanto è avvenuto: il Papa stesso chiede davanti alla folla riunita per l’Angelus domenicale la liberazione di EO, quando nessuno aveva parlato di rapimento. Eppure non è un ingenuo! Nel frattempo tutti i giornalisti da strapazzo si danno da fare e le indagini di polizia non risolvono niente: il Vaticano non collabora e il resto è un castello di carte. Ci sono punti fermi? Sicuramente le voci dei vari telefonisti, anche se artefatte (l’americano è un ecclesiastico dell’est, “Mario” era un romano della banda e l’ultimo che ha parlato adesso è un mezzo regista). Come prova della prigionia di EO arriva solo la fotocopia della tessera della scuola di musica (roba di segreteria), ma null’altro. Come non pensare che EO è in realtà già morta? Eppure la presenza della ragazza verrà tuttora proiettata in almeno cinque paesi diversi, dalla Francia al Libano, dalla Germania alla Turchia, in un manicomio vicino Londra (dove non esistono più. Ndr.). e le saranno attribuiti un numero di figli variabile da due a cinque e anche una conversione all’Islam. Il giudice Imposimato garantisce alla famiglia il ritorno a casa, che avverrà molto presto. Il resto lo sappiamo, almeno su questo argomento. Anni dopo, le testimonianze di una donna vicina all’ambiente di Renatino si rivelano un’altra bufala: la donna è distrutta dalla droga e non si capisce perché uno dovrebbe credere ad alcuni dettagli e non ad altri. Il suo racconto è incoerente, ma dà per certo che EO è stata uccisa alla fine della detenzione. In realtà questo sequestro e questa detenzione potrebbero non esserci mai stati: sapendo che la ragazza era morta in seguito a quanto ricostruito nella versione n.1, si ricatta lo IOR minacciando di dire a tutti com’erano andate veramente le cose e mettendo in mezzo Marcinkus e i suoi traffici e l’ambiente vaticano pedofilo. Tutti sanno che EO è morta il primo giorno, ma tutti fanno finta che sia ancora viva perché fa comodo. La banda al massimo ha fatto sparire il corpo e non parlerà semplicemente perché il Vaticano paga e la banda si riprende i soldi ripuliti. Questa seconda versione è una sovrastruttura della prima: come se una banda criminale non si comportasse da protagonista ma da parassita.

3.         Trama terza, ovvero Intrigo Internazionale. E’ la più assurda. Vada per lo IOR, ma poi ci sono invischiati servizi segreti di mezzo mondo, KGB compreso, più Alì Agca, un terrorista turco millantatore che cerca di coprirsi le spalle e ritarda la sua estradizione nelle patrie galere turche mentre tutti credono alle sue deliranti fandonie. Ora il nuovo supertestimone  – quello del mediocre flauto Rampone&Cazzani anziché Yamaha – s’inventa che il rapimento di EO è stato studiato come rapimento-farsa per “incoraggiare il dialogo est – ovest”, che non significa niente. La zia di EO è stata spacciata per figlia di papa Pacelli, che avrebbe poi avuto EO da Marcinkus, anche se un’altra versione vuole EO figlia dell’allora cardinal Wojtila. Un editore serio butterebbe tutto nel cestino. Dan Brown è un gran pasticcione, ma almeno sa costruire un intreccio credibile, anche se persino manieristico. Qui invece ognuno racconta balle e neanche si perita di renderle coerenti, tanto tutti ci credono. Uno scrittore seguirebbe trame simili soltanto se volesse vendere tante copie del libro. E si è visto che scrittori simili esistono.

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Libro Emanuela Orlandi la verità. Dai Lupi Grigi alla banda della Magliana

Titolo: Emanuela Orlandi: la verità. Dai Lupi Grigi alla banda della Magliana

Autore: Nicotri Pino

Prezzo: € 10,90

Pagine: 267 p.

Editore Dalai, 2011

 

Non ti sfiora neppure

Composizione brillante che si legge tutta d’un fiato,
non solo in virtù di ritmi veloci e disinvolto fraseggio
ma per sapiente agilità di tocco e insolito montaggio.
Una forma spregiudicata che coinvolge dall’inizio
sfuggendo a consuete classificazioni … e anche questo ci piace.
All’apparenza infatti l’opera non si presenta come romanzo
e neppure come sceneggiatura cinematografica,
malgrado costruisca una storia attraverso 279 pagine di dialoghi
ai quali si alternano brani di narrativa: belle pause di grande respiro.
Né si tratta di un poema, pur avendo spesso l’essenzialità spezzata
e certe cadenze della sintesi poetica, struggente quando parla delle voci.
E nemmeno si presenta come saggio, lasciando tuttavia trasparire qualcosa…
di oggettivo e razionale, che porta a riflessione attraverso detto e non detto.
Allora ci sovviene che la Conti è anche saggista, come informa la quarta di copertina.
Si potrebbe perfino presentare il libro come una fiaba,
avendone apparentemente l’innocenza e nascostamente la saggezza…
comunque si tratta di un Giallo, come ogni storia d’amore a vasto raggio.
E dunque non sveleremo più di tanto, però usando una chiave a doppio senso,
possiamo ben dire di Carla Conti: ”Suo pane…è la musica”.
Ma oltre la coppia di eterni innamorati che cerca, vive e rivive avidamente l’istante,
tra un fugace 20 agosto e un imprevedibile 17 aprile da gran finale in minore,
oltre i nomi celati tra innocenti sigle di strumenti musicali in controcanto,
climi e passioni condivise, flash che richiamano attimi folgoranti del genio:
brividi sublimi della creazione mai disgiunti dal linguaggio d’amore…
oltre pagine e pagine di bellezza che Lei e Lui ricreano nel sogno:
alfabeto cifrato dell’inconscio, evocazioni galeotte, attese d’amorosi amplessi,
a ritardare, come nota sospesa, l’incontro carnale degli amanti…
oltre il dramma della parola impotente a tradurre cosmiche armonie,
ritmi e melodie dell’anima e oltre la verità folgorante del colpo di scena…
trionfa ancora e sempre l’ARTE : protagonista assoluta, tra suono, forma e colore, 
Dea d’ineffabile bellezza che ci supera e ci continua,
voce incredibile, dove l’umano si perde e si ritrova… all’infinito.

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Libro Non ti sfiora neppureTitolo: Non ti sfiora neppure
Autore: Carla Conti
Introduzione di Valery Voskobojnikov

Editore: Homo Scrivens, 2013
ISBN: 8897905153
ISBN-13: 9788897905158
Pagine: 280

Passeggiate romane con Dante e Mikołajewski

La commedia Romana non è una guida ordinaria di Roma, secondo me si dovrebbe considerarla più come un diario, un racconto personale della città, ma anche dell’autore stesso. Jarosław Mikołajeswki, autore già ben conosciuto come scrittore, poeta e traduttore (i suoi libri sono tradotti in varie lingue straniere come italiano, tedesco ebreo e greco). Nella “Commedia Romana” prova a rendere omaggio a Roma raccontando del grande legame tra un uomo e una città.

L’autore stesso confessa, che parlando di una città come Roma anzitutto non si sa neanche da dove iniziare il racconto, quale percorso, quale punto d’inizio scegliere. Ha scelto la Divina Commedia di Dante, perché la stessa Roma, come il suddetto libro, comprende un po’ di tutto: paradiso, purgatorio, ma anche l’inferno. Come Virgilio diviene guida di Dante nella Commedia, Mikołajewski segue le tracce di Pasolini e Caravaggio. Il libro è composto (come quello di Dante) di cento brevi capitoli, dei quali ognuno racconta l’altra storia, tuttavia l’unico tratto comune rimane sempre la città. A volte succede, che il collegamento tra concreti capitoli della Commedia Divina e Romana sembra appena visibile; pero in quei momenti viene in aiuto l’ingegnosità e perspicacia dell’autore, che sempre sa trovare un legame tra soggetti apparentemente diversi.

“La commedia Romana” non è una guida turistica con la lista dei punti “must see”, quindi sicuramente non sarebbe utile per qualcuno che viene a Roma per un weekend e non sente e non vuole sentire il fascino della storia e cultura, che accompagnano la città da secoli. Storia e cultura, ma anche l’arte, la mentalità della gente, buoni e cattivi ricordi, le leggende locali, le strade sconosciute o conosciute troppo bene, le persone quasi dimenticate o troppo famose, tutti questi elementi riuniti costruiscono un mosaico piena di colori ed emozioni che diventa la chiave per scoprire il carattere vero (ovviamente non privo dei difetti) della Città Eterna. Mikołajewski cammina per le strade, si ferma per un attimo o forse più a lungo osservando l’ambiente (à un osservatore attento, ma anche sensibile alla bellezza) spesso stabilendo un dialogo con le persone che fanno la parte del grande mosaico e creando il suo percorso personale, composto da piccoli ricordi.

Non si può dimenticare dell’altro elemento onnipresente- la poesia. La commedia romana, tranne che essere un diario e la guida eccezionale, è anche un’espressione d’amore, l’occasione per ringraziare la città in un modo particolare, affettuoso, comprendente le frasi commoventi, impressionanti, a mio parere sempre caratterizzate della verità.

Il libro è anche un modo di dire “arrivederci”. Mikołajewski, dopo tanti anni passati a Roma, è finalmente tornato a Varsavia e lui stesso dice, che non poteva immaginarsi di lasciare una città come Roma senza scrivere in anticipo.

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Jarosław Mikołajewski

La commedia romana

Presentato il 14 maggio all’Accademia Polacca delle Scienze

Passeggiate romane con Dante e Jarosław Mikołajewski

Rzymska komedia
Autor: Jarosław Mikołajewski
Wydawnictwo: Agora , Listopad 2011
ISBN: 978-83-268-0635-3
Kategorie: proza polska

L’infelicità araba

Per la Siria questi ultimi due anni di morti e distruzione sono stati non solo il superamento di quella linea che delimitava la protesta di una parte della popolazione verso un regime in guerra civile, tra chi è stanca di essere la vittima e chi vuol solo vivere, ma la trasformazione di una nazione in un campo di esercitazione di varie componenti islamiste. Gli Hezbollah schierati contro gli insorti, le brigate qaediste impegnate in una jihiad contro tutti, un’opposizione laica dalle mille tonalità e islamici moderati che sono incerti nel voler del tutto destituire Bashar al-Assad.

È una Siria lontana dalla sua Primavera quella immolata sull’altare delle incertezze occidentali e dall’incapacità dell’opposizione a presentasi unita.

L’Occidente si domanda se è il caso di armare i ribelli, è una di quelle cose che non si dicono ma si fanno, anche se la presenza sempre più considerevole degli islamisti rende i governi europei e quello statunitense titubanti in tale senso, mentre Israele, senza prendere posizione per l’uno o per l’altro schieramento, si limita ad osservare e intervenire con raid aerei per impedire le forniture di armi agli Hezbollah in Libano come nel caso di convogli o di depositi di stoccaggio soprattutto dei razzi iraniani Fateh 110.

Le numerose pubblicazioni dedicate alla cosiddetta Primavera Araba o forse più indicata come Rinascita, si sono concentrate sulla trasformazione del crescente scontento in ribellione, per sfociare nell’insurrezione che destituisce i regimi oppressivi della Tunisia, Egitto e Libia, ma che non ha coinvolto altri paesi del mondo arabo e che in Siria non trova sbocchi.

Diversamente da ciò che è accaduto i Tunisia, Egitto e Libia, dove le formazioni islamiste più o meno estremiste sono apparse dopo la caduta dei vari regimi, in Siria i combattenti che si possono definire fodamentalisti sono già all’opera da tempo e provengono dalle diverse aree del medio oriente, trasformando la richiesta di libertà e democrazia in guerra non solo civile, ma anche religiosa per procura tra l’Arabia Saudita e l’Iran, ponendo i sunniti contro i sciiti alawiti. Una contrapposizione che coinvolge anche la Turchia nella sua anima alawita che porta alcuni medici turchi impegnati negli ospedali in Antiochia a praticare una medicina poco compassionevole, estrema, che dagli abusi verbali passa alle amputazioni superflue per vendicare i loro cooreligiosi oltre confine sui ribelli medicati in Turchia, mentre il governo turco cerca di fare pressioni per una soluzione del conflitto.

Una situazione complessa che fa risalire l’attuale tragedia siriana alle angherie subite da una parte del popolo per lungo tempo, con decenni di mancate insurrezioni e da feroci repressioni.

Un dramma che viene da lontano e che Shady Hamadi cerca di ripercorrere, in parte attraverso la storia della sua famiglia, nel libro La felicità araba che descrive le sofferenze di tre generazioni di una famiglia siriana sotto un regime dittatoriale e i racconti di molti ragazzi che si trovano a vivere la rivolta siriana nelle sue atrocità quotidiane e come informare il Mondo e le speranze affidate all’Occidente per riscattare un paese schiavo della propria infelicità.

Se il libro di Antonella Appiano – Clandestina a Damasco (2011) – descriveva un paese sull’orlo della guerra civile, quello di Shady Hamadi è una storia che parte dal ‘900 per giungere alla guerra civile nelle strade e sul web dei nostri giorni.

Un libro che cattura il lettore nel suo alternare la storia della famiglia dell’autore con le vicissitudini odierne, attraverso i racconti dei vari protagonisti e quelli vissuti in prima persona, in un esercizio della Memoria per non dimenticare i vari tentativi di cambiamento e le successive azioni repressive come l’insurrezione organizzata dai Fratelli Musulmani e “conseguente” massacro di Ḥamā del 1982 del quale ancora oggi il numero dei caduti è impreciso e varia, secondo le fonti, dalle 7 alle 40mila vittime.

Per “poter diventare coscienti di ciò che accade in questo piccolo grande mondo”, come scrive nella prefazione Dario Fo per il libro di Shady Hamadi, può essere utile soffermarsi anche sulle immagini di Fabio Bucciarelli, che per il suo fotoreportage “Battle to death” da Aleppo è stato premiato con il Robert Capa Gold Medal 2013, visibili su sito della The Overseas Press Club of America e accorgerci che le atrocità delle persone verso altre persone è difficile da immaginare, come è difficile prevedere le conseguenze di una infanzia che da due anni ha smesso di giocare e i più fortunati si trovano smarriti nei campi profughi libanesi o turchi intenti a chiedere l’elemosina.

Una tragedia quella siriana che si può ripercorre attraverso storie pubblicate sull’Osservatorio Italo-Siriano.

Chi potrà ricostruire la Siria del domani se le generazioni future non vedono un diverso futuro che non sia nascondersi tra le macerie delle proprie dimore o vivere nelle tende?

La Siria e i suoi quotidiani morti appare e scompare dalle pagine dell’informazione come un fiume carsico e molti altri sono i drammi sparsi per il pianeta che non trovano spazio sui media.

Riccardo Noury di Amnesty International Italia afferma che “Dare spazio ad autori come Shady Hamadi significa ripristinare un circuito d’informazione corretta su cosa sta accadendo in Siria.”

Forse certificare un testo come informazione corretta può apparire eccessivo, è sempre una narrazione da un punto di vista parziale, ma sicuramente un’occasione di riflessione sulle meschinità e atrocità che l’umanità è capace di perpetrare nei confronti del prossimo.

Una disumanità che crea gabbie come il poeta siriano Adonis, pseudonimo di Alī Ahmad Sa’īd Isbir, che mette in risalto con “Pur viaggiando, ovunque, entro i confini arabi, / non vedrai altro che gabbie. Perfino i giardini / sono l’immagine di gabbie interne.” Poche righe riportate all’inizio del libro da Shady Hamadi, per gabbie insite in noi, gabbie che altri hanno costruito per soggiogare il desiderio di libertà.

Probabilmente la poesia di Adonis più indicata per descrivere il nostro futuro, senza alcune acrobazie chiaroveggenti, può essere:

 

Oriente e Occidente

Una cosa si era distesa nel cunicolo della storia

una cosa adorna, esplosiva

che trasporta il proprio figlio di nafta avvelenato

al quale il mercante avvelenato intona una canzone

esisteva un Oriente simile a un bambino che implora,

chiede aiuto

e l’Occidente era il suo infallibile signore.

Questa mappa è mutata

l’universo è un fuoco

l’Oriente e l’Occidente sono una tomba

sola

raccolta dalle sue ceneri.

 

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Libri Siria La felicità araba Shady Hamadi webAutore: Shady Hamadi

Titolo: La felicità araba. Storia della mia famiglia e della rivoluzione siriana

Prezzo: € 15,00

Dati: 2013, 256 p., brossura

Editore            ADD Editore (collana ADD#)