Archivi categoria: SCAFFALE DEGLI OZIOSI

I pensieri del corpo

Ridere, piangere, riflettere, analizzare, scoprire, valutare, sorprendere e chi più ne ha più ne metta, sono tutte le reazioni a cui dovrete far fronte qualora decideste di leggere questo libro, o forse è meglio dire questo diario? Perché è di questo che si tratta in realtà, delle memorie di un anonimo personaggio che, in seguito ad un “banale” trauma infantile, dall’età di dodici anni decide di tenere un diario molto particolare dove annotare tutto ciò che riguarda il suo corpo. Badate bene, “il suo corpo”, da non confondere con quei diari dove si annotano i propri pensieri o i propri ricordi intesi come momenti da non dimenticare. Perché di ricordi ce ne sono sicuramente, tutti però legati al corpo umano, al suo funzionamento e alla sua evoluzione. Nessuno sconfino quindi nei pensieri più personali o, come dice il protagonista, in quelli più intimi laddove il diario in questione perderebbe il suo senso.

Le capacità letterarie di Daniel Pennac, autore del libro, sono ben note a molti grazie anche alla lunga lista di romanzi nati dalle sue mani, a cui si aggiunge il presente. Questa volta però egli decide di farsi estraneo alla stesura dell’opera, assumendo il ruolo di portavoce.

L’autore lascia infatti il compito della narrazione al suo misterioso protagonista, il padre di una cara amica (immaginaria?) che in punto di morte dona alla figlia il diario da lui scritto per il motivo sopra menzionato, contenente stralci di giornate documentate nel corso degli anni. L’uomo vive in prima persona ogni tipo di esperienza che il ventesimo secolo è in grado di offrirgli, tutte analizzate dal punto di vista del corpo, valutando le reazioni che esso ha dinanzi a determinate situazioni e sottolineando alcuni particolari a cui molto spesso non si fa caso, o per pudore si evita di menzionare.

Notevole è la cura che Pennac ha avuto di tutti i particolari legati al percorso generazionale che il corpo intraprende, o molto più semplicemente delle varie fasce d’età che esso attraversa. Il punto di partenza sono quei dodici anni che rappresentano il periodo in cui si prende sempre più coscienza di se stessi e delle proprie capacità, raccontati con l’entusiasmo che ne consegue. Li inizia il tempo delle grandi scoperte e di quei traguardi che sembrano grandi trionfi, ma che tali sono soltanto nell’istante in cui si ottengono, per poi trasformarsi in normali abitudini giornaliere, in attesa di un altro successo da godere con quell’ingenuità tipicamente infantile. Ma così come la giovane età è caratterizzata dalla curiosità di vivere cose nuove, la fine dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta sono segnate dalle grandi delusioni d’amore, dai primi impegni lavorativi e dall’inserimento in una società che a fatica si comprende; e come aumentano le dure realtà, c’è sempre meno tempo per dar sfogo alle proprie analisi corporee all’interno di questi ambiti, che si riducono sempre più ad appunti sporadici. La fase finale poi, quella dell’anzinità, sortisce il medesimo effetto ma per ben altri motivi, facilmente comprensibili certo, ma che se colti nel corso della lettura colpiscono molto più a fondo.

Altro punto a favore del romanzo è la ricchezza dei temi affrontati. I legami con la famiglia e con gli amici innanzitutto e quelli a essi legati come l’amore e il rapporto (a volte difficile) tra genitori e figli, a cui si aggiungono poi l’adulterio, la sessualità, la malattia, le guerre e tanto altro ancora. Il corpo viene proiettato all’interno di queste tematiche non come coinvolgimento sentimentale ma come invece questo reagisce rapportato ad esse.

Tutto ciò è raccontato con quell’ironia schietta che fa di Pennac un maestro nel suo genere letterario.

Non per niente la prima reazione sopracitata è proprio “ridere”, non risate banali, ma quelle genuine che a volte vengono fuori anche dalle cose più semplici, o da quelle persone in grado di esorcizzare il dolore e la sofferenza nei momenti più impensabili esaltando la gioia di vivere, cosa che senza dubbio il protagonista ed alcuni personaggi che lo circondano sono in grado di fare.

Pennac ci regala un diario d’autore coperto dall’anonimato, ma che senza dubbio raccoglie molti dei suoi pensieri. Non fatevi ingannare dal fatto che le memorie scritte sono tutte di parte maschile, perché i contenuti sono indirizzati indistintamente a tutti, o meglio, come è scritto nella quarta di copertina: “a tutti quelli che hanno un corpo”, e questo è assolutamente vero, provare per credere.

***************************************

Libri I pensieri del corpo Daniel PennacTitolo: Storia di un corpo

Autore: Daniel Pennac

Editore: Feltrinelli

Traduttore: Y. Mèlaouah

Pagine: 341

Anno: 2012

Disponibile anche in ebook

 

Daniel Pennac è uno scrittore francese autore di numerosi romanzi, per ragazzi e non. Famosa è la serie dedicata al personaggio Benjamin Malaussène e alla sua bizzarra famiglia.

http://it.wikipedia.org/wiki/Daniel_Pennac per una sua breve biografia e per l’elenco completo di tutte le sue opere.

La collina degli Eroi

Da quando il cinema esiste centinaia e centinaia di libri sono stati la fonte di ispirazione per numerosi film e la maggior parte di essi sono diventati anche ottime trasposizioni cinematografiche.

Ma vi è mai capitato di leggere un libro e di pensare sempre più insistentemente che per una volta sia un film a trasformarsi in un romanzo? E’ una sensazione strana da immaginare ma con The Heroes può accadere. Non esiste alcuna pellicola a cui si è ispirato Joe Abercrombie ovviamente, ma, più che un libro, a volte sembra di avere in mano una sceneggiatura. Il ritmo è incalzante, i dialoghi semplici e le descrizioni brevi e concise, poco è lo spazio per i viaggi interiori dei personaggi e tanta è invece l’azione.

Di eccellente fattura senza dubbio, questo romanzo si presenta come spin-off di una trilogia scritta dallo stesso autore, intitolata The First Law, non ancora edita in Italia.

L’idea di iniziare la lettura di una “saga” partendo da un derivato di essa è alquanto inusuale, ma lo stile vivace di Abercrombie fa si che questa perplessità passi subito in secondo piano. I numerosi riferimenti alla trilogia principale non influiscono in nessun modo sulla comprensione di The Heroes, anche perchè ciò che di importante c’è da sapere sui romanzi precedenti è tutto presente nel libro.

Ma di cosa parla questo romanzo? Di una guerra, un’epica guerra a suon di spade e scudi di cui non si capisce bene il “casus belli” e che nemmeno i protagonisti aiutano a capire, ma, a quanto pare, per l’autore anche questo è di poco conto. Gli unici dettagli forniti a riguardo sono la sua durata, tre giorni, e il luogo dove si svolge, una collina chiamata “la collina degli eroi”, punto strategico di fondamentale importanza.

Arrivati a questo punto può sembrare che quest’opera non abbia corpo, ma il bello sta proprio nel suo essere assolutamente atipica. Un altro esempio? Nella battaglia che si svolge, dove le forze in campo che vanno a scontrarsi sono i “Guerrieri del Nord” da una parte e “l’Alleanza del Sud” dall’altra, la scelta di chi sono i buoni e chi i cattivi spetta solo e soltanto al lettore. Questo è dovuto al gran numero di personaggi presenti, ad alcuni dei quali l’autore ha affidato la narrazione delle loro gesta in prima persona. Guerrieri che combattono per il solo senso del dovere, senza alcun motivo personale diverso da quello di servire il loro padrone, focalizzando quindi l’affinità che si crea con essi in base solamente al carattere che l’autore ha delineato per loro. C’è spazio per tutti, combattenti valorosi, eroi, codardi, disonorati, pazzi, giovani, vecchi, donne guerriere e non, o un misto di alcune di queste. Dei narratori sopra citati, tre sono quelli che spiccano di più rispetto ad altri o perlomeno sono quelli a cui è stato riservato un ruolo di maggiore importanza. Tre armigeri completamente diversi tra loro, due per il nord e uno per il sud, ognuno con un motivo del tutto personale per essere presente alla battaglia. Ve li presento: Curden detto “lo Strozzato”, luogotenente e fedele consigliere del protettore del Nord; il principe Calder, sorvegliato speciale in quanto molto incline alla corruzione e al tradimento; e infine Bremer Dan Gorst, ex Primo Cavaliere del Re ora Osservatore Reale, caduto in disgrazia per motivi non ben definiti ma in grado di distinguersi in battaglia per la sua forza e il suo valore ineguagliabili.

Parlare quindi di un vero e proprio protagonista è impossibile visto che tra i personaggi principali nessuno prevale nettamente sugli altri, senza contare gli altri narratori minori a cui comunque vengono dedicati anche interi capitoli.

Tornando alla guerra, è interessante il modo in cui Abercrombie rende affascinanti tutti i fattori di cui essa si compone. Innanzitutto l’accuratezza dei dettagli nel corso degli scontri corpo a corpo che sono in grado di rendere al lettore un’immagine chiara e coinvolgente di ciò che succede, non meno lodevoli sono però i momenti di calma apparente, nel quale i due Stati Maggiori preparano le strategie o gli esploratori cercano il miglior punto di osservazione sul nemico. Da non tralsciare poi gli stati d’animo delle truppe o delle “dozzine” come le chiama lo scrittore, per nulla abbandonate ad un ruolo secondario come spesso accade in questo genere di romanzi, a meno che il protagonista non ne faccia parte ovviamente.

I colpi di scena sono quindi assicurati fino all’ultimissima pagina, laddove potrebbe sorgere il dispiacere di essere giunti al termine di questi tre intensi giorni di battaglia, dove non mancano gli amori, i sotterfugi e i dissapori anche all’interno delle due fazioni, come anche un pizzico di misticismo che in questi romanzi non fa mai male.

C’è un quesito però con cui val la pena di concludere ma soprattutto al quale vi incito a trovare risposta, ovvero, chi sono veramente questi “Heroes”? A voi il gusto di scoprirlo.

*************************************

Libri The heroes2

Titolo: The Heroes

Autore: Joe Abercrombie

Editore: Gargoyle

Traduttore: C. Costantini, S. Vischi

Anno: 2012

Pagine: 716

Joe Abercrombie è uno scrittore britannico. Dopo aver lavorato in televisone come produttore e nel cinema come montatore delle scene, si è dedicato alla scrittura. 

In Italia, le opere di Abercrombie sono pubblicate dall’editore Gargoyle che ha in catalogo, oltre che The Heroes, i primi due capitoli della trilogia “The First Law”, Il Richiamo delle Spade e Non prima che siano impiccati; è d’imminente uscita il volume conclusivo L’ultima Ragione dei Re.

 

Sito ufficiale dell’autore: http://www.joeabercrombie.com/

 

 

 

Un sogno lungo un porno

Le italiche luci rosse hanno una storia tutta loro: sdoganate con la rivoluzione sessuale e il rilassamento della censura ma subito sfruttate dai mercanti, sono state per anni la pietra filosofale che trasformava in oro i vili metalli di discarica. Oggi è l’epoca del porno in rete fai-da-te, ma per almeno vent’anni le piccole produzioni hanno girato a basso costo e rivenduto in VHS l’orgia (esattamente) dell’immaginario erotico maschile. Ma si è arrivati anche – anomalia tutta italiana – a promuovere Cicciolina in Parlamento col Partito dell’Amore e a ricevere Moana nei salotti buoni televisivi. E mentre nascevano nuovi eroi nazionali o immigrati, come Rocco Siffredi ed Eva Henger, negli anni ‘90 l’industria hard aprì le porte agli aspiranti per abbattere i costi di produzione e sfruttare in nero la manodopera specializzata. Questo libro infatti raccoglie un’antologia di lettere di autopresentazione di italici stalloni o sedicenti tali. Le donne – italiane e straniere – lo fanno per soldi, gli uomini sognano invece l’affermazione sociale e sperano di far l’amore gratis con donne bellissime. Rocco Siffredi è un eroe nazionale e- a giudicare dall’entusiasmo con cui ne parlano – Eva Henger ha forse lavorato oltre le cinque ore e mezza dichiarate in pubblico. E se l’italico porno è caratterizzato da cattivo gusto e bizzarra cura formale, l’immagine del suo fan club è speculare: le lettere sono deliranti, piene di strafalcioni, squilibrate tra il rozzo e il barocco:

“Scrivo questa lettera tenendo in considerazione il mio alto interesse per l’arte pornografica”

“Il sottoscritto 23nne, nubile, alto,  simpatico ed eloquace…

“Vorrei suggerire alcuni titoli di film: Ce l’ho di 28 e mi vien duro come un lingotto, Capo d’ano

“Cara Eva, non limitarti a soli 5 ragazzi , arriva almeno a 10  o  12 sarebbe stupendo” < !!  >

“Siamo 6 amici e purtroppo siamo nani, sarebbe bello se interpretassi un film tipo Biancaneve”

“Siamo disposti a trasferirci subito a Roma io e la mia ragazza, non vedo l’ora di fartela scopare”

“Rocco, scegli sempre le migliori donne belle, sia Interne che Isterni”

“Ho anche un tatuaggio vicino al pisello e uno dietro la spalla”

“Se avessi la fortuna di poter fare questo mestiere  sarei fiero di dire ‘sono un attore porno’ ”

“Trombarsi delle splendide ragazze ed essere anche pagati per farlo!”

“Ho visto tutti i tuoi film operati proprio a opere d’arte. La mia preferita è La conchiglia violata

“Mi interessa partecipare. So’ solo che farò un sacco di Miliardi e sarò un uomo Ricco”

“Ti allego una mia foto formato tessera che potrete farla vedere alle vostre delizie amiche”

“Ti stò scrivendo mentre guardo un tuo film Ti presento mia moglie

“La donna dovrebbe essere vestita elegante e non da puttana poi la diventa mentre scopa”

In appendice a questa spassosa antologia di sognatori, uno studio grafologico sul loro modo di scrivere. Operazione in fondo superflua: che gli aspiranti stalloni fossero frustrati repressi o fanatici l’avrebbe capito anche un bambino: tra le righe salta sempre fuori il desiderio di autoaffermazione sociale o semplicemente la speranza di pareggiare il conto con le ragazze mai avute prima o con la propria moglie o fidanzata, inadeguata alla propria libido e al Nuovo Mondo preconizzato dalla rivoluzione sessuale e mai realizzato se non in certi ambienti o per classi di età. Quello che è peggio, in Italia non è mai decollata una vera educazione sessuale – ma neanche un’istruzione scolastica di anatomia e fisiologia – col risultato che il porno è stato per molti la prima o unica fonte di conoscenza del corpo femminile e delle molteplici pratiche sessuali. Sorta di teatro sperimentale del sesso, se vogliamo, ma spesso irrealizzabile in privato, il sesso senza la cultura del sesso ha portato a risultati diversi: consumo sessuale delle donne, prostituzione a basso prezzo, club per coppie scambiste, prossimità con ambienti malavitosi, ma anche una certa creatività e disinvoltura nei comportamenti sociali. Sorprende però la relativa povertà degli studi su una cultura di massa ormai stabilizzata. La pornografia è dilagata senza che la società crollasse per questo, eppure l’accanimento contro la rappresentazione del sesso esplicito ha marcato decenni di censura cinematografica, trascurando invece rappresentazioni simboliche molto più pericolose, come quella della violenza. Lo scrivo a ragion veduta, avendo fatto parte per quattro anni di una commissione di revisione del Ministero e avendo a suo tempo seguito o curato i convegni cattolici in argomento, dai quali non usciva mai un rapporto diretto tra pornografia e crimine sessuale. In sostanza, la violenza sulle donne esiste solo laddove i rapporti sociali sono improntati alla violenza, il porno essendo piuttosto vissuto e rielaborato dal singolo in una dimensione tutta mentale, onirica, su cui torneremo.

E qui veniamo a studi più seri. .Consiglio intanto il pratico Luci rosse: guida ragionata ai porno film, del critico cinematografico Daniele Soffiati (Nuovi Equilibri, 1998). Ogni scheda descrive e commenta un film rappresentativo di un periodo o di un genere. Anche se massificato, il porno ha avuto una continua evoluzione ed essendo il mercato ormai molto segmentato, doveroso era distinguerne le varie e spesso curiose articolazioni. Un altro libro ormai vecchiotto si deve allo studioso americano Robert J. Stoller, Il porno: miti per il XX secolo, (Feltrinelli, 1993). che ha intervistato i suoi protagonisti, partendo dall’idea che, pur a livello intuitivo, fossero loro gli unici a conoscere nel profondo i fantasmi del loro pubblico. A metà tra la sociologia e la psicologia, il libro è una lettura interessante quanto amara: attori e attrici sono e si sentono sfruttati: la recitazione passa sempre per il corpo dell’attore, ma qui il rapporto è diretto, brutale; si lavora a ritmi serrati e senz’andare per il sottile (esattamente). Estrema la specializzazione: gli uomini esistono e si proiettano esclusivamente come energia pura, come falli, quasi non esistesse il resto del corpo o si concentrasse in un punto solo. Le donne dal canto loro non sono ‘puttane’, quanto piuttosto esibizioniste: con la prostituzione in effetti guadagnerebbero molto di più, anche se è frequente il doppio lavoro. Piuttosto, sono donne precoci che tendono morbosamente a farsi notare, ammirare, accettare. Apparentemente ricettive (!), hanno in realtà bisogno di attrarre su di sé lo sguardo di un pubblico maschile. Questa tendenza esibizionistica e narcisistica è ora passata anche ai nostri adolescenti, almeno a giudicare dalla fotomania dilagante in rete e difficilmente compresa dai genitori. Ma tornando alle luci rosse: sia uomini che donne sono in realtà fragili: a parte la mancanza di contratti e coperture sindacali e sanitarie, i maschi sanno benissimo che verranno rottamati esaurito il vigore fisico, mentre per le donne c’è una fortissima concorrenza dall’Est e dal Sud del mondo. In più incombe lo spettro dell’AIDS, col risultato che le trasgressioni “extrafamiliari” sono rare. Sembra strano, ma pare ci sia molto più rispetto nell’ambiente del porno che in certi uffici privati. Dico sembra, perché parliamo di un mondo chiuso e reticente a dare informazioni, al punto che è difficile analizzarne costi e fatturato. Almeno in due occasioni ha però elaborato una riflessione su se stesso. Parlo di due film, Il Pornografo (1974) e Boogie Nights – L’altra Hollywood (1997) (1). Nel primo, ambientato negli anni ’30, un attore del muto ormai in crisi accetta di lavorare nel porno, mentre il secondo racconta l’ascesa e declino di un giovane stallone tra gli anni ’70 e ’80. Non mancano accenni espliciti a cocaina e delinquenza, tipici di quell’ambiente borderline che in entrambi i film si rivela per l’altra faccia della fabbrica dei sogni.

E passiamo alla psicoanalisi. Stranamente pochi gli studi specifici, anche se il porno – proiezione in senso assoluto – è un vero e proprio magazzino dell’inconscio collettivo e di tutti gli archetipi possibili. Vedi: Psicoanalisi e femminalità. Gyné, la creatura che crea , di Antonio Imbasciati e altri (Franco Angeli, 1979 e ristampe). Inconscio ora modificato o piuttosto espanso e globalizzato dai mass-media e dalla Rete. Riferendosi al passaggio dalla dura società neolitica e pastorale alle prime forme di benessere, così scrive l’analista Alessandro Zannella:

Sodoma e Gomorra rappresentano le icone mitiche di questo nuovo mondo, per certi aspetti simile a quanto si va verificando oggi con il nuovo salto in avanti delle tecnologie e del tenore di vita. Si direbbe quasi che lo sviluppo della civiltà sia una condizione necessaria per una maggiore espressione dei desideri preconsci inconsci di origine utero infantile, desideri aggressivo-sessuali onto e filogenetici che passano dallo stato onirico a quello dell’attuazione concreta grazie alle migliorate condizioni di vita che consentono tempo spazio e agio per questa espressività. “Mutatis mutandis” anche oggi internet, ad esempio, insieme alle condizioni di disponibilità di tempo e di relativa sicurezza, serve anche da veicolatore e attuatore di desideri sessuali, come dimostrano i numerosi siti porno, le communities e le chat spesso usate come mezzo per conoscere nuovi partner o per fare sesso on line. Internet è quindi la moderna riedizione di Sodoma e di Gomorra, nel senso ora spiegato. (2)

I simboli? Sempre quelli da quando esiste il mondo. In più, fin troppo facile è accostare lo spettatore al bambino che assiste dall’esterno alla c.d. scena primaria, ovvero l’accoppiamento dei suoi genitori. E se la coazione a ripetere è un altro elemento delle teorie freudiane, il pubblico del porno risulta recidivo: insiste a vedere un prodotto strutturalmente ripetitivo. Comunque, proprio perché legato ad archetipi, il porno può fare a meno della scrittura, né più né meno come il genere Fantasy: nel processo di riduzione simbolica, uomini e donne sono infatti ridotti a mere funzioni. C’è poi la trasgressione che – come nell’Avanguardia – diventa ripetizione se non è capace di ricrearsi, di trovare un limite successivo. C’è infine una continua, infantile esagerazione nelle dimensioni, nelle prestazioni, nel linguaggio. Le orge sembrano invece un continuo rito di fertilità… sterile: nessuno viene mai dentro e le uniche donne incinte sono quelle relegate nell’immaginario fetish, quel sottogenere fortemente ritualizzato dove al posto dei sogni si scatenano gli incubi e il suo pubblico andrebbe protetto dai propri fantasmi invece che incoraggiato. Incubi diversi da cultura a cultura: nei film giapponesi, p.es., c’è un incredibile sadismo formalizzato, unito a fobie tutte nipponiche: il mostro tentacolare, l’inadeguatezza del maschio, compensata nella figura del Samurai che protegge (?) le bambine indifese. Non che l’angoscia di castrazione sia una fobia orientale; tutt’altro: è ovunque, compensata dalla passività della donna, domata anche quando sembra aggressiva o impegna cinque uomini insieme. Basterebbe solo questo per classificare il porno come mitologia: una forma d’arte che nel profondo non descrive la realtà ma la compensa. Ed è proprio la psicoanalisi a chiarire che quel mondo fantastico dove tutti fanno sesso con tutti è in realtà una risposta ad angosce profonde. Chiaro a questo punto che, se le cose andassero come nel porno, non si comprenderebbe la necessità di produrne. Detto in maniera più scientifica:

“Il cammino che porta dal sesso all’intelligenza, dall’Eros al Logos. è lungo e tortuoso: è costellato d’angoscia, vi si insinua l’istinto di morte; di qui la colpa, e gli aspetti sordidi, la pornografia e la violenza, la “pregenitalità”; da questo l’irriverenza e la satira, con cui spesso l’uomo, soprattutto se maschio, ha dovuto rivestire il suo interesse per le donne, come difesa contro ansie profonde”(3).

Note:

(1)  Il Pornografo (orig: The Inserts), 1974, regia di John Byrum con Richard Dreyfuss. Boogie Nights, 1997. Scritto e diretto da Thomas Paul Anderson.

(2)   Fonte http://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/osservatorio/articoli/osserva1138.htm

(3)   Dalla prefazione di Psicoanalisi e femminalità. Gyné, la creatura che crea , citato.

 

**************************************

Libri Porno subito io-speriamo-che-me-la-chiavoIO SPERIAMO CHE ME LA CHIAVO

(I fans scrivono alle pornostar)

80144 Edizioni, Roma, 2013

pp. 144

€ 9,90

ISBN:9788897203124

Un dizionario tutto da scoprire

Nel rione del Celio c’era l’Asino fritto (faceta insegna d’osteria); nel rione di Trastevere (invece) c’era il vicolo baciadonne; nel rione Trevi risultava esserci uno spazio denominato Campo scellerato. Invece nel quartiere Appio Latino c’è via dei Cessati spiriti, mentre nella zona dell’Agro romano è ancora lì via di Femminamorta e via del Fico una volta era al femminile.
Avrete, in parte, capito di cosa stia parlando. Sto parlando di uno splendido volume dal titolo: “Dizionario delle strade curiose di Roma ovvero toponimi strani, difficili, incompleti, ripetuti, sbagliati di ieri e di oggi”. L’autore è quel tal Willy Pocino, giornalista e fondatore della rivista mensile “Lazio ieri e oggi” e poi tanto altro.
Ma l’interesse per questo testo, oltre alla scontata curiosità di come si chiamassero alcune vie o piazze di Roma o l’origine di come si chiamino ora è che Willy Pocino non va tanto per il sottile, non si crea problemi, e a ragione, di tirar le orecchie al competente ufficio capitolino, per richiamare gli addetti a sciogliere quei dubbi e quegli errori trovati. Così a pagina 133 risulta esserci vicolo della Frusta nel rione Trastevere, dove l’autore spiega che il toponimo deriva da un’insegna di locanda frequentata da carrettieri; andando avanti si trova via Leccosa nel rione Campo Marzio per arrivare nella zona di Lunghezza e trovare via Meglio di niente che ha cambiato nome nel 2011. A pagina 186 troviamo vicolo di Montecacato nel rione Borgo e poi circa novanta pagine dopo si trova piazza della Sedia del Diavolo per arrivare a pagina 290 e trovare via Tiradiavoli nel quartiere Aurelio e nel quartiere Trionfale invece c’è la località Valle dell’Inferno.
Mi sono divertito nell’andare a cercare le vie o le piazze dal nome fuori dal comune. Tutti i nomi sono accompagnati da un esaustivo commento pieno di informazioni circa l’origine del nome o giù di lì e il perché si chiamasse in quella maniera.
Lavoro veramente approfondito perché il Pocino ha corredato ogni via di una esauriente bibliografia. Un volume utile per chi è di Roma o vive a Roma ma non solo, infatti il libro è un concentrato di curiosità della Capitale d’Italia e può essere utile anche a chi viene a visitare la Città eterna.

Prelibata lettura a tutti.

Libro Volume di Pocino CopertinaTitolo: Dizionario delle strade curiose di Roma.
Toponimi strani, difficili, incompleti, ripetuti, sbagliati di ieri e di oggi
Autore: Willy Pocino
Editore: Edilazio
Data di Pubblicazione: 2012
ISBN: 8898135092
ISBN-13: 9788898135097
Pagine: 360
Prezzo: € 22.00

Numeri e misteri

Cosa ci fanno un genetista e una filologa in uno sperduto paese sui monti toscani chiamato Montesodi Marittimo, nato dall’immaginazione di Marco Malvaldi?

La risposta si trova nel DNA dei suoi abitanti, famosi in tutto il mondo per la loro eccezionale forza fisica, tanto forti da spingere un’università toscana ad inviare due esperti per scoprirne la provenienza.

Certo è che al loro arrivo in paese, i due protagonisti Piergiorgio e Margherita, non si aspettavano di ritrovarsi in un luogo che, definire “bizzarro”, è dir poco, a partire dalla curiosa genealogia che accomuna gli abitanti.

Tre negozi, una sola strada, meno di un migliaio di abitanti superati, in numero, dalle loro galline, ma soprattutto milioni di milioni di fiocchi di neve che isolano il paesino dal resto del mondo per qualche giorno. Così come “Milioni di milioni” è il titolo di questo romanzo caratterizzato (come potete notare) da un frequente utilizzo dei numeri da parte dell’autore, che su di essi sembra averlo costruito, in un numero ristretto di pagine.

“Breve ma intenso” come si dice, perché i contenuti non lasciano affatto delusi. Al breve elenco di cifre sopra fornito, va infatti aggiunto un misterioso omicidio avvenuto nella notte dell’incredibile nevicata, quando tutti gli abitanti erano protetti da un alibi inattaccabile, o almeno così sembra, tutti meno Piergiorgio che, malauguratamente, era ospite proprio della vittima. La caccia al colpevole è aperta e le ipotesi sono limitate dal momento che, visto il totale e temporaneo isolamento dovuto alla neve, l’omicida non può essere scappato da nessuna parte, e ciò implica che egli sia, niente meno, uno degli abitanti di Montesodi.

Nonostante questo tragico evento, il romanzo non perde comunque la vena ironica che lo caratterizza fin dalla prima pagina, trasformandosi in un piacevole e simpatico giallo, condito dall’autore con frequenti utilizzi del dialetto toscano, con tanto di accento aspirato. Tra i personaggi presenti, ognuno ottimamente costruito dallo scrittore, non è facile individuare il colpevole, grazie anche agli indizi forniti a piccole dosi da Malvaldi, che costringono il lettore a spingersi fino all’ultima pagina per trovare la soluzione del mistero.

Se Montesodi Marittimo esistesse, sicuramente verrebbe voglia di visitarlo, anche se, senza dubbio, le fonti di ispirazione sono ben immaginabili in una regione come la Toscana, che può sfoggiare ancora oggi notevoli paesaggi e interessanti paesini sparsi tra le sue montagne. A tal proposito l’autore per chiudere in bellezza ci lascia con un epilogo cifrato e con una piacevole immagine della cittadina.

“Milioni di milioni: il numero di stelle che si vedono in cielo dalla collina del paese.”

 

Libri Numeri e misteri Milioni di Milioni 2945-3Titolo: Milioni di Milioni

Autore: Marco Malvaldi

Editore: Sellerio Editore Palermo

Anno: 2012

P. 196

Disponibile anche in ebook

 

Marco Malvaldi è uno scrittore italiano nato a Pisa dove tutt’ora risiede. Tra le sue opere, le più note

sono senza dubbio quelle della serie del BarLume, pubblicate dallo stesso editore.

Per maggiori informazioni a riguardo potete trovare una sua breve biografia al seguente link:

http://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Malvaldi