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Attenti agli sgambetti

La discriminazione è un male che di generazione in generazione non ha mai abbandonato l’uomo nel suo lato più malvagio. Una delle peggiori è quella nei confronti di coloro che a causa di evidenti difetti fisici vengono ritenuti da molti “diversi” e per questo molto spesso maltrattati. Può capitare però che siano persone con questi difetti le prime a discriminarsi senza pensare che non tutti vedono diversità in loro.
E’ questo il caso di Germain, il protagonista del romanzo di Vincent Maston che, afflitto da balbuzie fin dalla nascita, è convinto di essere discriminato da tutti e gode nello sfogare il suo rancore nei confronti delle persone che ai suoi occhi risultano normali, come per punirli della loro indifferenza.
Seppur il suo modus operandi in questo senso non sia particolarmente nocivo per gli altri, visto che egli si limita solamente ad urtarli “accidentalmente” all’interno dei treni nella metro di Parigi, il rischio è che alla lunga questa abitudine gli si rivolti contro mettendolo nei guai. Ed è ovviamente ciò che gli succede quando, dopo una serie di eventi tutto sommato positivi, si ritrova a far parte di un gruppo di persone che fanno il suo stesso gioco per puro svago ma, come è ben noto, non si gioca col fuoco e infatti la situazione degenera quando uno dei suoi compari dà di matto arrivando a fare del male agli ignari passeggeri, mettendo così Germain in una situazione molto scomoda che lo obbligherà a ricominciare tutto daccapo.

Trama semplice nel suo svolgimento come semplice ma profonda è la morale che vuole trasmettere: accettare ed accettarsi. Una morale sentita e risentita, ma che mai si ascolta o si comprende abbastanza come la società di oggi ci ricorda ogni giorno per i continui atti di discriminazione, di bullismo o di maltrattamenti nei confronti di altri.
Germain balbetta ma questo non gli vieta di avere degli amici o una donna oppure di divertirsi e a voler guardare ciò che lui definisce un difetto non è poi così limitativo nella vita di tutti i giorni. Ciò che accadrà al protagonista sarà utile ad insegnarli il rispetto verso gli altri e la salvaguardia di se stessi, partendo proprio dall’accettarsi come strumento utile per vedere che ci sono persone che sono più in difficoltà di noi che, invece di essere maltrattate, meritano più aiuto di quanto loro sembrano chiederne.

Romanzo d’esordio di Vincent Maston che decide di iniziare la sua carriera letteraria con un libro non troppo impegnativo ma con un risultato tutto sommato soddisfacente, che offre una lettura piacevole e senza troppe pretese, una commedia utile a ricordare che il rispetto per la vita di tutti è il comune denominatore per una convivenza pacifica con se stessi e con gli altri.

00 Libri io te ela vita degli altri

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Titolo: Io, te e la vita degli altri
Titolo originale: Germain dans le métro
Autore: Vincent Maston
Traduttore: Michela Finassi Parolo
Disponibile in ebook

Editore: Salani, 2014
Prezzo: € 13,90
EAN:9788867158577

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Islamia: Tattiche e metodi di combattimento

Uscito dieci anni fa, questo libro resta forse l’unico studio organico in argomento; non so se i militari italiani lo conoscono, ma comunque farebbero bene a studiarlo. Scritto da un colonnello dei Marines con lunga esperienza operativa dal Vietnam in poi, analizza il modo di combattere della guerriglia islamista, non necessariamente formata solo da terroristi. Può infatti sorprendere la rapidità con cui non solo l’ISIS ha sconfitto l’esercito regolare iracheno, ma ha creato una vera e propria entità statale, il Califfato, che ora si espande a macchia d’olio fra Siria e Iraq e di fatto ricompone gli equilibri geopolitici fissati un secolo fa da Francia e Gran Bretagna dopo la dissoluzione dell’Impero Ottomano. L’autore è un militare di carriera e analizza esclusivamente il campo di sua competenza, per dedurne che la risposta militare data nel corso del tempo dagli eserciti occidentali non tiene conto proprio degli elementi di base del modo di combattere tipico delle società islamiche, il quale è basato essenzialmente sull’azione coordinata di milizie tribali o semitribali fedeli al proprio capo, armate in modo leggero ma capaci di grande mobilità e adatte quindi alla guerriglia. L’addestramento si adatta alla situazione e la tattica pure. In più conta molto la motivazione: per l’Islam la guerra è un valore e da sempre questo tiene alto il morale dei guerrieri. Mobilità, addestramento e motivazione sono quindi i fattori vincenti di queste forze.

Due parole sul metodo seguito dall’autore. Le tattiche e il modo di combattere della guerriglia islamica vengono analizzati con una serie di esempi storici o attuali ma ben documentati, che vanno dal Libano alla Cecenia, dall’Iraq all’Afghanistan. E’ il classico esempio NATO di “case study”: invece di discutere dei massimi sistemi, si prendono in esame fatti reali documentati, si analizzano e poi si discutono insieme. Queste dunque le conclusioni:
• Il combattente islamico ha una forte motivazione legata alla fede religiosa.
• Il legame gerarchico con il proprio capo tribale è molto forte.
• L’addestramento è strutturato in modo poco accademico ma efficace.
• Viene lasciato ampio margine all’iniziativa personale.
• Armi ed equipaggiamento sono di regola leggeri e la logistica semplificata.
• In attacco si dà la massima importanza alla velocità e alla sorpresa.
• Raramente si attacca in campo aperto un nemico superiore per forze.
• E’ normale ritirarsi momentaneamente per riorganizzarsi dietro le linee.
• Anche storicamente si è spesso registrata la migrazione di guerrieri da un fronte all’altro in nome della Jihad. I “foreign fighters” non sono una novità, la vera novità è che usano l’internet, vivono in Europa e prendono l’aereo.
• La risposta tattica può essere solo l’uso della fanteria leggera.
Viceversa, gli eserciti occidentali – ma sarebbe più giusto definirli “strutturati” – hanno nel loro insieme una mancanza di elasticità mentale e addestrativa e un sovraccarico logistico che li rende poco adatti a combattere unità irregolari mobili. La NATO e il Patto di Varsavia si sono confrontati per anni in maniera simmetrica e le rispettive strutture militari erano state organizzate per un certo tipo di guerra e solo quella. Il problema è che un carro armato da 52 tonnellate e un munizionamento buono per demolire un quartiere risultano poco efficaci o addirittura controproducenti in un ambiente di guerriglia dove risiede anche la popolazione civile o dove l’obiettivo è limitato. E se invece che sulla potenza di fuoco ci si vuole basare sulla sorpresa, difficilmente i nostri eserciti passano inosservati. Per non parlare dei costi di una moderna operazione militare, rispetto ai mezzi tutto sommato modesti usati dall’insorgenza. Mandare un aereo a bombardare una jeep con una mitragliera montata sul cassone costa cento volte più dell’obiettivo distrutto e facilmente rimpiazzabile E infatti l’autore insiste sulla necessità di una fanteria leggera.

Il problema è capire cosa s’intende per fanteria leggera. La US Army sostanzialmente non ne ha. La stessa 7th Light Infantry Division è tale per gli Americani, ma non lo sarebbe per noi italiani. Non ha carri pesanti, ma la sua motorizzazione è ben al di sopra dei nostri standard e la logistica è complessa. Ma non si può considerare fanteria leggera nemmeno l’insieme dei corpi speciali dei vari eserciti: gli incursori possono fare rapidi colpi di mano, ma non sono in grado di tenere il terreno. In più, sono costretti a portare a spalla anche trenta chili di equipaggiamento, il che contraddice lo stesso concetto di leggerezza. Né la fanteria può essere composta solo dagli elementi migliori sottratti ai reparti, col risultato di indebolirne la capacità tattica. Quello che penalizza gli eserciti occidentali in realtà è la loro struttura complessa, organizzata per un conflitto convenzionale e simmetrico. Sui monti dell’Afghanistan i carri armati servono a poco e nei centri abitati è facile uccidere i civili innocenti. D’altro canto, un fucile pensato per sviluppare un alto volume di fuoco sulle brevi distanze (come l’M16 americano) in Afghanistan risulta inferiore a un vecchio Kalashnikov, di calibro superiore e quindi adatto a impegnare il combattimento da un chilometro. In più, a trattare con i civili i nostri Carabinieri sicuramente se la cavano meglio dei Marines. Come si vede, il conflitto asimmetrico richiede una buona capacità di adattamento, diversamente dalla routine dell’addestramento di caserma. Questo è evidente p.es. in un video di Al-Jazeera girato a fine 2014 da un operatore “embedded” tra i guerrieri che assediano Kobane: si vede benissimo come essi siano capaci di abbandonare una posizione dopo il contrattacco curdo, salvo riorganizzarsi mezz’ora dopo. Da notare però che proprio a Kobane i peshmerga curdi stanno realmente tenendo testa ai guerrieri dell’ISIS perché li ricambiano con la stessa moneta, il che dovrebbe dare un’indicazione precisa per il futuro: le milizie tribali vanno combattute da formazioni a loro simili e noi occidentali dovremmo limitarci a fornir loro il contributo della tecnologia, ovvero quelle funzioni di supporto elettronico, sanitario, di fuoco e di comunicazioni che loro non hanno, senza mandare sul terreno fanterie inadatte a quel tipo di guerra. Un’intuizione del genere la ebbe il gen. Petraeus in Iraq quando affidò il controllo del territorio alle milizie tribali sunnite invece che allo scoordinato esercito iracheno.

Infine, un aspetto che sfugge invece totalmente all’autore ma non al lettore italiano è l’affinità tra la guerriglia islamista e la mafia. Per carità, non fraintendete: le motivazioni sono ovviamente diverse, ma abbiamo una struttura piramidale e spesso segreta, più quell’insieme di connivenza, onore, affiliazione familiare, maschilismo e uso della violenza e dell’intimidazione per convincere gli indecisi e creare così una zona di sicurezza interna che rafforza il controllo del territorio. Questo non significa che la guerriglia islamica sia formata da delinquenti, ma solo che strutture e modalità di azione possono essere simili a quelle mafiose e per questo difficili da combattere. Ma purtroppo l’autore, un militare di carriera, poco ne capisce di politica. Il problema è che l’insorgenza si combatte solo con l’appoggio della popolazione locale, per cui bisogna anche essere capaci di capire un’ideologia.

 

00 Lbri Tactics of the Crescent Moon cover

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TACTICS OF THE CRESCENT MOON:
Militant Muslim combat methods
by H. John Poole
Publisher: Posterity Press (NC)
Date published: 2005
Price: $14.95

ISBN-13: 9780963869579 ISBN: 0963869574

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Le ferite della Grecia

Per capire la Grecia politica attuale è uscito un libro che riporta la memoria indietro di oltre mezzo secolo. Pochi sanno che in Grecia la guerra partigiana è durata fino al 1949. Come in tutti i paesi occupati dai nazifascisti si sviluppò la Resistenza, ma nel 1944 Churchill decise di appoggiare con decisione i partigiani filo monarchici e moderati a danno di quelli comunisti dell’ELA (Esercito Popolare Greco di Liberazione) poi riorganizzati come DSE (Esercito partigiano greco), componente militare del Fronte nazionale di liberazione greco (EAM). Facendo male i calcoli, i comunisti non accettarono le elezioni (diversamente da Togliatti in Italia) né riconobbero la legittimità della monarchia ellenica, compromessa col parafascismo del generale Metaxàs (che invece dovette affrontare l’invasione voluta da Mussolini) e in fondo estranea al popolo: nella casa reale ellenica non è mai scorsa una goccia di sangue greco, ma solo tedesco o scandinavo. Nelle fasi iniziali della Guerra Fredda, la Grecia non poté quindi scegliere il proprio governo, ma divenne il campo di battaglia tra i partigiani comunisti appoggiati esternamente dalla Jugoslavia di Tito e dall’Unione Sovietica contro l’esercito regolare finanziato dagli Inglesi e poi dagli Stati Uniti.
La guerra civile durò fino al 1949, rovinò un paese già povero di suo, causò almeno 80.000 morti, migliaia di profughi e internati e si concluse con la restaurazione della monarchia. Ma per anni la Grecia rimase una nazione divisa e il suo fragile sistema politico ed economico fatica tuttora a trovare un equilibrio. Solo dal 1981 il governo socialista del PASOK consentì agli ex-partigiani del DSE di rientrare in patria, avere una pensione ed essere riconosciuti come combattenti. Dal 1989 quel tragico triennio è definito ufficialmente Emfylios (pòlemon), guerra civile. Esso rivive ora attraverso il diario di un partigiano del DSE, Sotiris Kanellopoulos, che operava nel Peloponneso dove era nato. Copre solo due mesi e mezzo del 1949, ma è un documento di un’intensità incredibile. Man mano che l’esercito regolare chiudeva la morsa, le bande partigiane che operavano a nord in Tessaglia e in Epiro potevano anche ritirarsi in Jugoslavia, ma quelle del Peloponneso si erano messe in un vicolo cieco. Fu così che Sotiris Kanellopoulos e i suoi si asserragliarono – novelli spartani – sul monte Taigeto, la cima più alta della zona, tutta forre e dirupi, dove però alla fine furono accerchiati e annientati. Si vive in condizioni estreme, eppure il nostro guerriero braccato e affamato trova il tempo di scrivere un diario. Si cambia spesso rifugio, spesso un vero buco nella roccia, si parla di neve, di freddo, di fame, di compagni morti o dispersi, ma c’è persino spazio per ben altro: ora si canta o si recitano poesie, oppure leggiamo testualmente: “le pastorelle cantano come sempre, si sente anche il suono di un piffero”. Siamo realmente in Arcadia, ma sorprende l’eterna capacità poetica degli Elleni.
Il diario è stato scoperto in Italia dalla giornalista Silvia Calamati ed ora è disponibile al lettore italiano. Il libro è completato da un’opportuna analisi del periodo 1936-1949 dell’inglese Richard Clogg, studioso di storia greca moderna e contemporanea. Il ruolo svolto dal DSE durante la Guerra civile è invece l’oggetto del saggio di Polymeris Voglis, del Dipartimento di Storia dell’Università della Tessaglia, arricchito dall’introduzione di Caterina Carpinato, professore associato di Lingua e letteratura neogreca all’Università Ca’ Foscari di Venezia.

 

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NEVE E FANGO PER DISSETARMI
Diario di Sotiris Kanellopoulos, partigiano della Guerra civile greca (1° marzo – 17 maggio 1949)
A cura di Silvia Calamati

Edizioni: Socrates, 2014
Scheda del libro
Pagine: 208
Prezzo: 14,00€
Ebook: € 7,49
ISBN: 978-88-7202-067-8

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00 Libro Neve e fango per dissetarmi Diario di Sotiris Kanellopoulos a cura di Silvia Calamati 01 00 Libro Neve e fango per dissetarmi Diario di Sotiris Kanellopoulos a cura di Silvia Calamati 02

 

 

Alla ricerca delle radici

RossoAcero di Marika Guerrini
E’ un romanzo tragicamente attuale frutto di sapienza storica
che affronta e rivive l’eterna falsa tragedia della diversità.
Esploso da un drammatico incontro nato e vissuto d’impulso,
è un libro vero, scritto tutto di un fiato
che ci costringe a leggerlo con lo stesso ritmo impetuoso
nel quale è vissuto-raccontato da Marika, autrice-protagonista
quanto da Oriana, l’antagonista scomparsa
che improvvisamente rivive in lei.
Due donne che combattono in un incontro metafisico:
due volti simili stravolti in uno specchio
che li deforma in opposte passioni
a la lettura contagia sensazioni inquietanti
come il ripetersi di un sogno già sognato.
Accade infatti di riconoscere, in uno scontro passionale tra due donne
metafore del tragico conflitto tra oriente ed occidente:
due mondi apparentemente lontani che…
oltre la follia di assurde convenzioni
indotte ad arte da un potere mostruoso,
potrebbero armoniosamente completarsi.
Ma ancor prima di conoscere e comprendere la storia,
e prima di incontrare “ i personaggi “
(creature reali che Marika disegna palpitanti
per cui ci appaiono famigliari e care come la dolcissima Melì)
prima di tutto questo, troviamo già nell’inizio semplice e perfetto
qualcosa che già esisteva dentro di noi, qualcosa che ci coinvolge
e che misteriosamente ci lega e ci appartiene.
Non a caso tutto nasce da un amore, un grande amore a prima vista
che avvolge l’autrice conducendola, come per incantamento,
attraverso le ineffabili “magie” di Istanbul misteriosa e famigliare.
Ed è nei luoghi fantastici e reali di questa città sorprendente
che tornano ricordi impetuosi: parole e frasi di quel monologo
concitato e palpitante che affronta e coinvolge Oriana,
la seconda – Prima donna – della storia.

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Marika Guerrini, indologa, storica dell’Afghanistan,
studiosa di antropologia culturale e pedagogica
e del pensiero filosofico di Rudolf Steiner, sembra concentrare,
in questo ultimo romanzo, l’essenza del suo essere donna.
E per quanto mi riguarda, la lettura suggestiva delle 116 pagine
dove Lei coniuga passione, capacità di analisi e bella scrittura,
mi ha suggerito la ripresa di uno spettacolo quanto mai necessario:
“Poeti arabi di Sicilia dell’Anno Mille.”

00 Libri RossoAcero di Marika Guerrini cover

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Titolo: RossoAcero. Conosco il canto del muezzin
Autore: Marika Guerrini
Prezzo: € 13,00)
Editore: Città del Sole Edizioni (collana La vita narrata), 2013, p. 120

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Scomode Letture

Una delle sensazioni più belle che può donare un libro è quella di sentirsi parte di esso, avvolto dall’ambiente che circonda i protagonisti fino a percepirne i profumi e i sapori che la terra emana. Bene, si dà il caso che questo romanzo, intitolato “I cacciatori di libri”, faccia proprio quest’effetto e che la terra in questione, tra le tante che i protagonisti calpesteranno, sia la Terrasanta che Raphaël Jerusalmy, l’autore, descrive così:

“E’ la patria dei profeti e dei cantori di salmi, dei villani e degli angeli decaduti, delle peggiori disperazioni e dei sogni più folli”.

Ma tra le tante caratteristiche che rendono questo romanzo così particolare quella che senza dubbio più spicca è il protagonista della storia ovvero tale François Villon, un poeta francese vissuto sotto il regno di Luigi XI. La sua biografia dice che egli fu un poeta molto scomodo alle alte sfere del potere tanto che più volte venne condannato a morte e poi graziato fino all’esilio definitivo avvenuto agli inizi del 1463 quando fu costretto a lasciare la Francia. E dopo? Dopo non si sa… Non si sa dove andò come non si sa dove, come e quando morì.
E qui interviene Raphaël Jerusalmy che, in mancanza di documenti certi in merito a ciò che il poeta fece o non fece da quell’anno in poi, decide di ipotizzare una storia verosimile su quello che Villon avrebbe potuto fare visti il suo animo focoso e la sua vena poetica, come ad esempio inserirlo in un complotto religioso orchestrato dalla Corona francese e dai Medici di Firenze con l’appoggio di una confraternita formata da ebrei e da cristiani che agiscono in clandestinità da Gerusalemme. Tale complotto è stato ordito con lo scopo di minare il potere del Vaticano e della Parola che esso diffonde, sfruttando agenti della confraternita che, sfuggendo dall’Inquisizione, vagano per le terre conosciute a caccia di libri, pergamene e testi persi o dimenticati che al loro interno nascondono delle scomode verità che minaccerebbero gravemente la Chiesa di Roma, testi come, tra gli altri, il vero testamento di Cristo.
Ma François Villon non è un uomo facile da adescare e ci vogliono ben più che semplici parole o evidenti fatti per convincerlo ad appoggiare una simile cospirazione. Fortunatamente per la confraternita nel viaggio che lo porterà da Parigi a Gerusalemme passando per Genova e Roma il poeta avrà modo di scoprire meglio se stesso fino a trovare il suo vero scopo nella vita. Uno scopo che le terre aride e misteriose della Terrasanta gli sussurrano all’orecchio e gli mostrano ai suoi occhi ancora ciechi dinanzi alla verità; il tutto mescolato all’amore inseguito e goduto in ogni suo sospiro con la bellissima Aisha, la donna che ruberà il suo cuore per legarlo definitivamente al suolo sacro.

Raphaël Jerusalmy ha pensato proprio a tutto, creando un romanzo molto descrittivo in ogni sua parte che si addentra nei misteri della fede, nell’animo umano e in quelle terre che ancora oggi nascondono segreti che probabilmente mai nessuno svelerà. Ma, come sempre, con la fantasia si arriva ovunque e grazie ad essa e con l’ausilio dei testi storici si possono creare storie che molto si avvicinano alla realtà.
Ciò che è certo e vero è che François Villon ha lasciato ai posteri delle opere di infinito valore che da molti vengono considerate le basi della lingua francese moderna, ma ancor più sicuro è che la Terrasanta non finirà mai di essere, “grazie” alla sua storia e ai suoi misteri, un teatro di guerre ideologiche che purtroppo non vengono combattute a suon di libri ma, bensì, a suon di bombe.

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Libri i cacciatori di libri arton67106Titolo: I cacciatori di libri
Titolo originale: La Confrérie des chasseurs de livres
Autore: Raphaël Jerusalmy
Traduzione: Federica Alba
Editore: E/O (collana Dal mondo), 2014
Pagine: 272
Disponibile anche in Ebook

ISBN: 9788866325321
ISBN Ebook: 9788866325833

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Nota sull’autore

Raphaël Jerusalmy, ex agente del Mossad, si è dedicato ad azioni umanitarie e al commercia in libri antichi a Tel Aviv. Un’attività quest’ultima da cui probabilmente è nata l’ispirazione per questo romanzo, il secondo pubblicato in Italia dopo “Salvare Mozart”, edito dalla medesima Casa Editrice.

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