Archivi categoria: Proposte Editoriali

Maigret fa le pulci al suo autore

Parigi, una rapina in banca a mano armata. Il commissario Maigret arriva sul posto, massiccio e impenetrabile, fumando la pipa e mangiando birra e panini: i detective sono sempre tipi tranquilli e amanti della buona tavola, come Poirot e Montalbano. Seguiamo poi Maigret per una settimana fra bistrot, vicoli, case e alberghetti. Finché, fra una fumata di pipa e l’altra, poggia la mano sulla spalla di un tipo e gli dice: “Sei fregato, bello mio!”. Ebbene, nella realtà il lavoro del poliziotto è diverso. A scriverlo è proprio Georges Simenon, ironico sul suo personaggio. In realtà fu il suo editore a spingerlo a frequentare Quai d’Orfèvres – la mitica Questura centrale di Parigi – per rendere realistici i romanzi polizieschi che Simenon già iniziava a scrivere. Ne nacquero “dritte” , appunti e articoli che rendono vivida la Parigi degli anni Trenta, divisa per quartieri e classi sociali e organizzata in modo diverso da oggi, ma brulicante di socialità. In questi appunti rivediamo sulla carta tanti film di Jean Renoir, di Julien Duvivier, di René Clair. Gli uffici di Quai des Orfèvres sono pieni di faldoni e schedari, ispettori e commissari sono gran fumatori ma per il resto si comportano e si vestono da impiegati. Informatica e videocamere sono al di là da venire e tutto si basa sulla memoria del commissario e del vice questore, sul giro del giovane ispettore per alberghetti, bistrot e locali del “milieu”, sulle soffiate dei vari informatori, sui ricatti alle corse dei cavalli, sulla familiarità con le prostitute. Gli interrogatori dei pregiudicati così come descritti negli anni Trenta oggi forse non sarebbero possibili – i questurini qui non vanno troppo  per il sottile – ma quei sistemi sbrigativi in genere funzionano e i casi irrisolti sono pochi: quando non è l’intuito e l’esperienza del commissario, c’è ampio margine per le “soffiate” o magari per i banali errori dei delinquenti, tutto sommato descritti come stupidi e abitudinari. Si descrivono assassini occasionali incapaci di nascondere un cadavere come invece delinquenti abituali schedati ognuno con le proprie manie o rituali fissi. Si distinguono quelli che crollano al primo interrogatorio e gli spavaldi fino alla condanna definitiva. Ognuno ha il suo stile ma anche il proprio tallone d’Achille e i questurini vecchio stile hanno una memoria di ferro e associano il crimine a un nome o a un ambiente preciso, che conoscono come i parenti. A leggere queste pagine piene di tenaci commissari aiutati da altrettanto tenaci ispettori e sistematici archivisti si riapre un mondo dove tutto è basato ancora sull’umana intelligenza, sulla pratica di strada. Simenon stesso ritiene che presto non ci saranno più confessioni “spontanee” e che magistrati e tecnici di laboratorio metteranno in ombra il giornaliero lavoro dei poliziotti che consumano letteralmente le scarpe per andare a cercare uomini, donne e indizi per vie e vicoli, ma hanno un controllo del territorio che oggi ci sogniamo ma che comunque è supportato dalla tecnologia. Nulla di romantico o avventuroso o atletico in questi questurini con la sigaretta in bocca, annoiati dalla routine delle coltellate tra algerini ma capaci di capire a volo nome cognome e indirizzo di un malavitoso e beccarlo in flagranza o entro due giorni dal reato commesso. Il libro è un vero affresco della Parigi degli anni Trenta e si legge tutto d’un fiato. In fondo abbiamo nostalgia anche di quel mondo ancora descrivibile.


Dietro le quinte della polizia Condividi
di Georges Simenon (Autore)
Traduttore: Lorenza Di Lella, Maria Laura Vanorio
Editore: Adelphi, 2022, pp. 281
EAN: 9788845937361
Prezzo: € 16,00


Viaggiando in casa per scoprire la storia

Bill Bryson, in “Breve storia della vita privata”, non si limita a narrare la sua dimora, un’ex canonica vittoriana situata in uno sperduto villaggio del Norfolk, ma intraprende un viaggio, prendendo spunto dai diversi ambienti, nel tempo e nello spazio.

Partendo dall’Esposizione universale del 1851 a Londra e dalla superba architettura in ferro e vetro del Crystal Palace, per poi andare indietro nei secoli all’abbandono delle isole britanniche da parte dei romani e poi in avanti agli attriti tra l’Europa e gli Stati d’America per la produzione dell’acciaio e in mezzo la cosiddetta rivoluzione industriale e le condizioni delle persone e i loro scarsi diritti.

Un excursus che conduce il lettore ad una disarmante conclusione: “Oggi il cittadino medio della Tanzania impiega quasi un anno a generare lo stesso volume di emissioni di carbonio che un europeo produce senza alcuna fatica in due giorni e mezzo o un americano in ventotto ore. In breve, siamo in grado di vivere come viviamo perché usiamo una quantità di energia cento volte superiore a quella sfruttata dalla totalità degli abitanti del pianeta. Un giorno (e non crediate che sia troppo lontano) molti di quei sei miliardi di individui meno privilegiati pretenderanno di avere quello che abbiamo noi, e di ottenerlo con la stessa facilità, e questo richiederà più risorse di quante il nostro pianeta possa plausibilmente fornirci.
L’estremo paradosso sarebbe aver creato, nella nostra eterna ricerca dell’agio e della felicità, un mondo privo di entrambi. Ma questo, ovviamente, sarebbe un altro libro.


Breve storia della vita privata
di Bill Bryson
Stefano Bortolussi (Traduttore)
Guanda, 2011, pp.200
Prezzo: 20,00 €
ISBN 9788860884152


Un libro per scoprire l’Islanda

Ѐ stato recentemente presentato in alcune biblioteche di Milano il libro Sulle strade d’Islanda, un libro fotografico, che illustra i viaggi intrapresi nella isola nordica da due viaggiatori milanesi, Mauro Colella e Rita Colombo.

Mauro Colella è un fotografo le cui immagini appaiono spesso in pubblicazioni e rassegne fotografiche, sia in iniziative del comune di Milano, come BookCity, sia in altre a livello nazionale e internazionale (un suo scatto rappresenta l’Italia nella rassegna fotografica edita negli Stati Uniti  sulle iniziative per la pace nel mondo alla vigilia della seconda guerra del golfo).

Rita Colombo invece presta il suo tempo in una associazione di volontariato che si propone di promuovere l’integrazione degli immigrati attraverso l’insegnamento dell’italiano tramite la scrittura creativa e il teatro.

I due autori, che si autodefiniscono viaggiatori seriali, sono accomunati dalla passione per i viaggi, in genere autogestiti, alla scoperta dei luoghi meno frequentati dal turismo di massa, una passione che li ha portati a combinare le foto, per lo più di Colella, e i testi di Colombo in un libro, pubblicato dalla giovane casa editrice Librarsi, che illustra i loro due viaggi in Islanda: il primo consistito nel classico ring intorno all’isola, il secondo dedicato all’esplorazione dei fiordi occidentali.

Ma perché di tanti viaggi proprio un libro sull’Islanda? Gli autori hanno spiegato come appena messo piede sul suolo islandese sia stato per loro amore a prima vista, un vero colpo di fulmine.

Perché l’Islanda, pur facendo parte del continente europeo, e pur essendo anche politicamente fortemente integrata nell’Europa, risulta in tutto distante e diversa dall’Europa.

Tutti gli elementi naturali, Acqua, Aria, Terra, Fuoco, sono in questa isola sorprendenti e accentuati.

Volutamente, il libro è stato diviso non in regioni ma proprio nei quattro elementi della Natura.

Così, scorrendo le pagine nel capitolo Acqua scopriamo immagini di imponenti cascate, come quella di Gullfoss, già cent’anni fa a rischio di scomparsa per la smania di industrializzazione, poi salvata da una battagliera contadina del posto, una delle prime ambientaliste europee; o la impressionante immagine della cascata di Dettifoss, che detiene il record della maggior portata d’acqua d’Europa. Ma troviamo anche acqua sotto forma di ghiaccio, come l’enorme ghiacciaio Vatnajӧkull, il più grande d’Europa, grande quasi quanto la Corsica, perché tutto qui è smisurato.

Nella sezione Aria ritroviamo ancora cascate, questa volta di nuvole, cascate di aria bianca che scendono dai pendii, e soprattutto scopriamo le immagini degli abitanti dell’aria, gli uccelli, che a decine di milioni e in diverse varietà vivono sull’isola, dalle sterne, a volte molto aggressive coi visitatori tanto da far ricordare un famoso film di Hitchcock, ai buffi puffin, i pulcinella di mare che si avvicinano al visitatore senza timore.

Il capitolo dedicato alla Terra rivela immagini di un mondo primordiale quasi disabitato, privo di aree boschive, disegnato da spaccature e colature di lava, da impervi canyon dove si dice sopravvivano gli ultimi Troll, un mondo colorato di inattesi pendii viola/blu, come provenzali campi di lavanda, mentre si tratta, in realtà, di fioriture di lupini: seminati negli anni ’70 del novecento per limitare l’erosione del suolo, sono diventati ormai infestanti.

Scopriamo che camminare sui sentieri del vulcano Krafla vuol dire letteralmente sentire la terra respirare, muoversi come un corpo vivo. E la terra si muove veramente, come ci mostrano anche le immagini del ponticello sulla faglia che divide la zolla euroasiatica e quella americana, che si allontanano di 2 cm all’anno.

L’ultimo elemento è il Fuoco, il fuoco dei vulcani (del cui numero naturalmente l’Islanda detiene il record in Europa), che hanno modellato e continuano a modellare e modificare questa terra, plasmando il terreno, creando tunnel, pavimenti e colonne di basalto.

La maggior parte dei geyser d’Europa si trovano qui, e l’antichissima area geotermica di Geysir ha dato il nome a tutti geyser del mondo. Alcune di queste sorgenti bollenti esplodono in fiotti di fango che per una frazione di secondo formano effimere sculture astratte, immortalate negli scatti di Mauro Colella.

Non bisogna però dimenticare che l’Islanda resta una terra meravigliosa quanto difficile.  Gli elementi della Natura combinandosi tra di loro possono creare scenari ancora più meravigliosi ma anche disastrosi: una eruzione vulcanica può sciogliere i ghiacci e causare anche catastrofiche alluvioni.

Il libro contiene anche una piccola appendice riguardante la parte antropizzata dell’Islanda. Alcune foto mostrano microscopici villaggi, insediamenti isolati di due o tre case, a volte una sola. Le foto di Reiykjavik rivelano una città elegante, ricca di deliziosi caffè accoglienti come case, in alcune zone una città anche molto colorata, con edifici dipinti a colori vivaci e murales di buona qualità. Chi cercherà borghi medievali, chiese gotiche e romaniche, resterà a bocca asciutta. Non troverà nemmeno monumenti equestri, ma un monumento stilizzato alla Nave del sole, una chiesa che ricorda le slanciate colonne di basalto, e il monumento al primo europeo sbarcato in America, il vichingo Leifur Eirìksson.

Perché come si è detto all’inizio, l’Islanda è differente. Sempre che riesca a mantenere la sua tipicità. Mauro Colella e Rita Colombo hanno già notato differenze tra il viaggio di dieci anni fa e quello di tre anni fa: il picco di turisti ha superato la cifra di 2.300.000 presenze su un totale di 360.000 abitanti. L’auspicio è che la sempre più numerosa presenza turistica non stravolga la peculiarità del luogo. Lo scopriremo forse al resoconto del loro prossimo viaggio in Islanda, alla scoperta delle terre centrali, ancora più disabitate e selvagge…


Sulle strade d’Islanda Condividi
di Mauro Colella, Rita Colombo
Curatore: Claudio Di Vincenzo
Editore: Librarsi (Milano), 2018, pp. 148
Prezzo: €18,90

EAN: 9788894295979


Una premiazione Spatriata di note

Siamo in Puglia, a Martina Franca. Claudia e Francesco (“Frankie”) si conoscono da ragazzi e quasi sono parenti, visto che il padre di Claudia – un medico di ospedale – ha una relazione con la madre di Francesco, infermiera. E’ un classico: facciata perbene, ipocrisia di provincia, dove i rituali familiari vengono comunque rigorosamente rispettati in una sorta di cosciente recita teatrale. Francesco prova per Claudia un’attrazione esclusiva che rimarrà costante negli anni, mentre lei, di famiglia agiata, è ribelle e proiettata verso esperienze sempre nuove ed estreme: la metropoli è l’altro da sé e lei andrà prima a Londra, poi a studiare a Milano, dove troverà un buon lavoro come consulente. Irrequieta, si trasferirà a Berlino dove cambierà due volte lavoro, passando dalle consulenze aziendali all’assistenza agli anziani e infine fonda una start-up per il catering creativo. Altrettanto variata la sua vita privata: in paese evita di legarsi troppo a un uomo possessivo e più grande di lei, mentre a Milano passa da una relazione all’altra e a Berlino si concede trasgressioni che vanno ben oltre la musica tecno amata a Londra e i rave party (1). Francesco invece è la parte diciamo sedentaria dell’inquieta provincia pugliese: studia a Bari e corteggia le fuorisede, inizia un lavoro in paese e poi, quando si sviluppa il turismo, mette su un’agenzia immobiliare che specula su trulli e masserie. In sostanza, rimane ancorato alla sua terra e a Claudia, al punto da non legarsi con nessuna altra donna. Se Claudia ha una personalità irrequieta ma duttile, Francesco invece non è mai sicuro della propria identità e solo a Berlino – dopo duecento pagine – ha il coraggio di mettersi insieme a un uomo, un giovane georgiano peraltro amante anche di Claudia, la quale ha pure una burrascosa convivenza con Erika, una mezza tossica che alla fine avrà una bambina e anche.. due zii. Niente paura, siamo a Berlino, libera patria della trasgressione e dei locali estremi ma con precisi codici, peraltro ben descritti con dovizia di particolari: le scene cult sono così tante che alla fine ti sembra tutto normale. Nel finale lui torna in Puglia e si dedicherà a un fondo agricolo ereditato dai nonni, mentre le famiglie si ritroveranno quasi unite, anche se nel frattempo gli accoppiamenti continuano in una sorta di Beautiful in salsa pugliese. E Claudia? Il finale è aperto, visto che lei non si fa ingabbiare da nessun legame e da nessuna tradizione. Per lei anche gli oggetti perdono quasi sempre significato dopo un certo periodo di tempo e infatti li butta o non se ne cura o li sotterra addirittura; diversamente da Claudio, attaccato alle pietre, alla sua terra, agli scrittori pugliesi (che cita e valorizza uno per uno) e anche alla religione, i cui rituali qui sono descritti in maniera molto sentita se non sofferta. Ma entrambi i protagonisti si sentiranno sempre due disadattati, per l’appunto “spatrièti”.
Detto questo, l’impressione (non solo mia) è che l’autore, pur vincitore del Premio Strega, ha scritto un libro sul quale avrebbe dovuto lavorare di più. A parte alcuni stereotipi (la ragazza ribelle ha i capelli rossi, i preti sono pervertiti e a Berlino sono tutti gay), è un classico romanzo di formazione e tutti i personaggi sono ben scavati, ma i dialoghi – provocatori ma scarni – sembrano scritti da Snoopy e alcuni spunti narrativi sono lasciati a metà: penso alla comunità dei somali immigrati o alle infiltrazioni malavitose nel mercato immobiliare. Francesco chiude l’agenzia e va a Berlino perché taglieggiato o solo per riunirsi a Claudia? Non si capisce. L’azione poi si sposta troppo spesso da un posto all’altro, quasi senza una vera continuità. Altra osservazione: il libro è trasgressivo quanto può esserlo uno sceneggiato televisivo, nel senso che tutto quello di cui lo scrittore parla è ormai stabilizzato nella società, dal mondo gay alla musica tecno, dalle coppie aperte alla perdita dei valori tradizionali. Quanto invece ai locali di tendenza berlinesi, l’autore arriva tardi: ci aveva già pensato lo scrittore gay Tony Green con Banged Up in Berlin (2014), anche se il più grande romanziere gay resta per me Hubert Fichte (1935-1986), di cui in italiano è stato pubblicato solo Pubertà (1974, ed. it. 1977), ma la cui produzione letteraria è notevole sia per quantità che qualità.

Note

  1. Tutto il libro è permeato di musica, soprattutto quando si parla di Londra, Milano e Berlino, e tutti i brani citati sono elencati nella postfazione. Propongo il libro per la rubrica di RadioRai3 “La musica fra le righe”.

Spatriati
di Mario Desiati
Einaudi, 2021, pp. 288

Prezzo: 20,00 €

EAN: 9788806247416


Non chiedermi chi sono

Un romanzo di formazione da non perdere di cui non accennerò minimamente alla trama  che non renderebbe giustizia delle continue invenzioni, degli inserti musicali o filosofici (Il Gran Consiglio dell’Archipianta), degli oggetti che assumono un significato nuovo secondo la persona (le bambole di Alice, la spazzola per capelli di Amanda, il coltello e la katana di Frankie); della Memoria sotto forma di epifania (citiamo Joyce?); della lenta presa di coscienza dell’identità di genere e del proprio corpo da parte ella protagonista, che scopre di valere qualcosa nel momento le chiedono il suo nome (Frankie risponde lei, perché ha letto Frankenstein, come ha preso coscienza di sé leggendo Piccole donne). Conosce l’amore quasi per caso, come casuali sono i suoi incontri in ambienti di frontiera, con personaggi che per fortuna la proteggono – almeno alcuni lo fanno. Impara a difendersi, a scrivere poesie, a organizzare in modo responsabile la propria vita. Il romanzo per fortuna lascia al lettore ampio margine per immaginare luoghi e ambienti secondo la propria fantasia. Il ritmo è quello dei romanzi picareschi e infatti il libro si legge tutto d’un fiato, visto che non sappiamo proprio cosa troveremo nella pagina successiva. Aspettiamo anzi un regista che prenda spunto dal libro e lo traduca in immagini. Immagini già presenti nel libro a mo’ di storyboard. Noi abbiamo visto le tavole originali e sono stupende. Del resto l’autrice si esprime da anni non solo con la scrittura di racconti, anche con la pittura, la radiofonia, le performance teatrali e qui scrittura e immagine si compenetrano a vicenda. Questo è il suo primo romanzo e pare davvero che la storia non finisce qui.


Non chiedermi chi sono
di Claudia Bellocchi
Editore: Robin, 2022, pp. 256
Prezzo 14,00 €
EAN: 9791254672914
ISBN: 1254672915