Molto opportunamente l’editore Einaudi ha ristampato una filastrocca creata dall’indimenticabile Gianni Rodari e pubblicata per la prima volta nel 1960 nelle Filastrocche in cielo e in terra, popolarissimo libro noto a tanti bambini. Come si chiama la filastrocca in questione? La luna di Kiev! L’intero ricavato dalla vendita di questo libro sarà devoluto ai profughi dall’Ucraina.
Chissà se la luna di Kiev è bella come la luna di Roma, chissà se è la stessa o soltanto sua sorella…
“Ma son sempre quella! – la luna protesta – non sono mica un berretto da notte sulla tua testa!
Viaggiando quassù faccio lume a tutti quanti, dall’India al Perù, dal Tevere al Mar Morto, e i miei raggi viaggiano senza passaporto”.
La luna di Kiev di Gianni Rodari Beatrice Alemagna (Illustratore) Einaudi Ragazzi, 2022, pp. 32 Euro 8,00 EAN 9788866567738
Questa scorrevole opera di Ottavia Niccoli ci riporta nella Bologna e contado nel ‘600, ma potrebbe descrivere allo stesso modo la vita di una grande città italiana del Barocco, Roma compresa. La memoria mi riporta infatti a un’opera del 1990, Carriere e clientele nella Roma barocca, scritta da Renata Ago per i tipi di Laterza. Anche la Ago ricostruiva la vita sociale del tempo attraverso atti giudiziari (lei tra l’altro proveniva da una famiglia di giuristi), ma sinceramente trovo il libro della Niccoli ben più leggibile e intrigante. Attraverso i verbali dei processi non conosciamo tanto i “buoni” , ma piuttosto chi non rispetta le regole: padroni che mettono incinte le domestiche, preti che cantano e suonano la chitarra, altri preti che hanno il vizietto, agricoltori che sparano al bestiame del vicino se rovina i campi, povere donne che delinquono per miseria, vagabondi, orfani e ragazzi di strada sfuggiti alla pubblica assistenza o maltrattati in orfanatrofio. Ne viene fuori un affresco che è coerente con l’arte figurativa del tempo, penso ai Bamboccianti, alle scene di genere, ma anche alle nature morte, il cui vero significato è esibire abbondanza alimentare in una società dove, per vari motivi frequenti erano le carestie. Ci sorprende la vita di Sabbatina, vedova di un contadino che aveva già perso due mogli e la metà dei figli, addetta a una serie di lavori agricoli anche nei giorni festivi. Siamo infatti in piena Controriforma e la Chiesa cerca intanto di metter ordine nel clero secolare e in certi suoi stili di vita ormai intollerabili (vino, amanti, musica secolare) ma legati in fondo agli usi e costumi della comunità. Ma l’operazione si estende anche a regolare la vita dei fedeli secondo le nuove indicazioni del Concilio Tridentino, formalizzando p.es. il matrimonio come sacramento, mettendo il naso nel privato attraverso l’istituto della confessione, ma anche disponendo una sistematica anagrafe parrocchiale. Era comunque un mondo già cristiano di suo: il tempo si scandiva da sempre secondo le ore liturgiche, le feste comandate e i rituali della vita sociale (battesimo, matrimonio) e la gente certe volte neanche conosceva bene i nomi dei mesi né aveva orologi, tanto c’erano campane e campanili. Vengono poi descritti arti e mestieri, rapporti sociali e immagini di vita quotidiana, legate all’onore, al rango, alle differenze sociali, a preoccupazioni per noi ignote: la rivoluzione industriale ci ha affrancato dalla necessità e troviamo tutto in negozio, ma per una ragazza da marito non saper cucire sarebbe stato grave, e infatti le scuole per ragazze (povere o meno) insegnavano di fatto i lavori domestici e le piccole attività (allevamento del baco da seta, p.es.), mentre i lavori maschili erano legati a corporazioni, gilde e confraternite fortemente strutturate. Il libro è corredato da molte illustrazioni puntualmente riferite a quanto orchestrato nel libro.
Storie di ogni giorno in una città del Seicento Ottavia Niccoli Officina Libraria, 2021, pp. 310, 77 in b/n Prezzo: € 22,00 ISBN: 9788833671536
Il sottotitolo recita: “Centenario del Milite Ignoto da Bolzano a Siracusa / Pasquale Trabucco in cammino per l’Italia”. Conosco benissimo l’autore, tra l’altro mi cita nel libro. In quasi 50 giorni dal 22 maggio all’8 luglio 2018 ha percorso da nord a sud l’Italia, zaino in spalla e bandiera tricolore per 1750 km di cui 1400 a piedi a una media di 35 km al giorno, passando per11 regioni e 43 comuni più una serie infinita di piccoli centri, e peccato che manchi una mappa allegata. L’autore (classe 1960) non è uno sprovveduto ma un ex-ufficiale di fanteria ben addestrato, né il lato sportivo dell’impresa è privo di interesse, ma l’anima del libro è un’altra: nel centenario del Milite Ignoto ha voluto rendere omaggio e rinverdire la memoria dei soldati che hanno combattuto e sono caduti durante la Grande Guerra, e riproporre il 4 novembre come Festa Nazionale (derubricata nel 1977). Ogni famiglia italiana ha almeno un familiare morto nel 15-18 e la memoria collettiva è tutto sommato ancora forte, anche se alle giovani generazioni manca quel rapporto diretto che noi avevamo ascoltando i racconti del nonno. Trabucco ha visitato e reso omaggio a una serie sorprendente di sacrari, monumenti ai Caduti e cimiteri militari, ha parlato con sindaci, amministratori e uomini politici di ogni livello, con i rappresentanti delle Associazioni d’Arma, ma anche con la gente comune che per strada l’ha riconosciuto o con cui stava in contatto sui social. Sono proprio questi Italiani comuni ad aver condiviso con l’autore lo spirito dell’impresa e ad aver rivitalizzato la memoria di un secolo prima, quando l’Italia attraverso il sacrificio di migliaia di soldati e civili è storicamente diventata una Nazione, completando un processo unitario in seguito messo in discussione da forze centrifughe o locali. Trabucco ha un talento particolare per le pubbliche relazioni: ha organizzato una pagina Facebook dedicata al suo viaggio, è rimasto in contatto continuo con tutti, ha fondato un comitato civico per il 4 novembre Festa Nazionale, ha partecipato a tutte le cerimonie nazionali per il centenario del viaggio del Milite Ignoto fino a Roma e ha organizzato ogni mese una manifestazione statica davanti Montecitorio per ribadire la volontà collettiva di ripristinare il 4 novembre come Festa Nazionale. Molti sono i parlamentari che l’hanno ascoltato e tanti i sindaci che hanno apposto la propria firma sulla bandiera, anche se il Milite Ignoto ancora aspetta.
L’ ombra della vittoria. Il fante tradito Autore:Pasquale Trabucco Editore:Gruppo Albatros Il Filo, 2021, pp. 222 EAN: 9788830642560 Prezzo: € 15,50
Anche se le delegazioni talebane e le istituzioni umanitarie occidentali stanno negoziando per alleviare le sofferenze del popolo afghano, ormai l’Afghanistan è uscito dai media, anche perché siamo ora pressati dalla crisi Ucraina, la quale ci coinvolge assai più della sorte di un popolo povero, lontano ed estraneo. Ed è proprio il concetto di estraneità a guidare un libro appena uscito, di cui ho avuto notizia dal sito italiano di cultura islamica https://www.laluce.news/, dove è presente anche una scheda dell’autore, Sabri ben Rommane, attivista dei diritti musulmani ed editorialista. Il libro si può acquistare via Amazon. L’autore parte dal lavoro di inchiesta del giornalista del Washington Post Craig Whitlock, che negli Afghanistan Papers “rivelano la portata del terrorismo neo-colonialista occidentale”. Si analizzano dunque gli episodi cruciali dell’invasione dell’Afghanistan, rievocandone fatti e protagonisti. Di noi italiani si parla comunque solo in due punti: quando ci è stato affidato il compito di costruire un moderno sistema giudiziario (pag. 13) e a pag. 36, dove si parla della cattura nel 2011 di un esponente di Al-Qaeda da parte dei nostri incursori, episodio già noto (nome a parte) perché descritto in Caimano 69, un libro scritto da un nostro incursore e che ho analizzato su questa rivista nell’ottobre 2020. Tornando al libro: Islam a parte, sembra di rileggere quei volumetti di controinformazione degli anni ’70 del secolo scorso, dove il “vero” terrorismo era quello dello Stato e del neocolonialismo. Ma a parte questo, il vero limite del libro è di analizzare soltanto documenti americani peraltro già noti (correttamente elencati da pagina 131 a 138), Interessante sarebbe stato leggere anche la documentazione prodotta dai talebani e dalle altre forze di resistenza afghana, che sicuramente esiste e sarà anche accessibile a chi conosce quella gente e ne condivide lingua e religione. Certo, in vent’anni niente ha funzionato: troppi civili uccisi per sbaglio, faide interne sfruttate con cinismo, un fiume di soldi finito nelle mani sbagliate, una ricostruzione civile condotta con criteri estranei alla mentalità locale, la pretesa di governare dal centro un paese enorme e arretrato, tollerare abusi di ogni genere, creare dal nulla un sistema giuridico in una tradizione tribale, investire miliardi in quello che si è dimostrato in assoluto l’esercito peggiore del mondo, costruire infrastrutture delegandone ad altri la realizzazione, appoggiare una classe dirigente corrotta e in fondo pronta quanto i Signori della guerra a venire prima o poi a patti coi talebani. Che tutto questo nel libro sia filtrato e analizzato attraverso una visione islamica può aiutarci ad entrare nel cervello degli altri, ma in fondo poco aggiunge alla realtà dei fatti: quando l’obiettivo è poco chiaro o viene cambiato in corso d’opera e a tutto questo si somma l’ignoranza culturale, i risultati sono comunque impossibili. L’autore giustamente nota che l’Afghanistan è comunque un paese islamico e che per loro saremo sempre degli Infedeli che non capiscono la cultura e la mentalità locale. Su questo argomento è difficile dargli torto. Ma è improprio persino parlare di colonialismo: almeno quello tradizionale gestiva in proprio le risorse, le operazioni militari e la costruzione delle infrastrutture, mentre in Afghanistan (ma anche in Africa) si è alla fine appoggiata una classe di potere lontana dalla gente, corrotta e incapace ma indispensabile per garantire un equilibrio in realtà precario. E i risultati si sono visti: anche se l’autore sembra considerare i talebani “compagni che esagerano”, essi non venivano considerati degli estranei dagli afghani.
Dalla rabbia e l’orgoglio all’umiliazione e la sconfitta. Come gli Afghanistan papers di Craig whitlock rivelano la portata del terrorismo neo-colonialista occidentale Sabri Ben Rommane Autopubblicato Prezzo online: 9,99 € EAN:9791221001150 ISBN:1221001159
Esattamente. Fabio Isman, noto giornalista, non è nuovo all’rgomento (1) e qui fa un’impietosa storia dei furti d’arte nei secoli e attuali. E’ un libro pieno di immagini e si legge come un poliziesco: la repressione del traffico di opere d’arte e il recupero richiedono specialisti e noi abbiamo il Nucleo patrimonio artistico dei Carabinieri. Il problema è che l’Italia ha un patrimonio artistico e archeologico immenso, distribuito in tutto il territorio nazionale fra musei, collezioni private, chiese, aree archeologiche e quant’altro. L’autore però fa una doverosa distinzione tra saccheggio e furto: le opere d’arte di una cultura superiore sono spesso state distrutte da un invasore meno colto, oppure saccheggiate per arricchire le collezioni nazionali. Conservo il catalogo del Museo di Mosul, le cui statue sono state distrutte dall’ISIS o rivendute sul mercato nero via Siria o Libano. Ma già Cicerone difese i siciliani nel processo contro Verre, un rapace governatore che aveva spogliato la ricca provincia da tutte le opere d’arte – statue e altro, in quello pari a Napoleone o al gerarca nazista Hermann Goering. Non che i Romani non riportassero dalla Grecia statue di marmo e di bronzo: le tante copie nei nostri musei suggeriscono una grande disponibilità di opere originali. Ma c’è differenza tra l’uso pubblico del maltolto, che va ad arricchire musei e opere pubbliche stranieri, e invece l’arricchimento personale, spesso maniacale. In più un mercato alla ricerca continua di opere d’arte su cui speculare sviluppa da sempre l’ingegno e l’abilità dei falsari, alcuni dei quali si sono dimostrati veri artisti. Come è oggi più difficile aggirare i sistemi di allarme di un grande museo, è ancora più difficile spacciare un falso: la tecnologia fornisce strumenti che prima non esistevano (raggi X, termoluminescenza, microscopio a scansione). Eppure qualcuno ci casca sempre, complice l’avidità, la segretezza delle trattative e l’intermediario consapevole dell’ignoranza del cliente. E parliamo anche di grandi musei!
Detto questo, i capitoli si dipanano secondo temi emblematici: il senatore giamaicano e le copie del marmista, le conquiste militari e l’antico, i feticci: la Gioconda e Caravaggio, all’estero: da Oslo a Dresda, il diario di un tombarolo… ogni pagina narra di ruberie, alcune facili – le opere nelle chiese, le necropoli etrusche – e altre dovute a chi doveva invece proteggere il patrimonio affidato. E qui basta citare la Biblioteca dei Gerolimini a Napoli, il più sfacciato dei furti di libri antichi. Ma spesso la motivazione non è economica: l’italiano che rubò la Gioconda (ne fecero anche un film) lo fece per riportarla in Italia, ignorando persino che Leonardo stesso la portò con sé in Francia. C’è verso alcuni autori un vero e proprio feticismo di massa (pensiamo a Picasso o a Bansky) e naturalmente salgono quotazioni, falsi e furti. Alcuni mercanti d’arte sono se non ricettatori, perlomeno ambigui: penso a Hildebrand e Cornelius Gurlitt (padre e figlio), i quali comprarono in svendita sia opere di ricchi ebrei “spariti” che opere di “arte degenerata”, come veniva definita dai Nazisti l’Avanguardia (2), forse anche per rivenderle all’estero per conto di Goering. Il gran finale? La collezione di Gurlitt figlio (morto nel 2014) fu scoperta quasi per caso – 1700 opere, alcune inedite – e il proprietario alla sua morte le ha donate al museo di Berna, con la clausola di restituire le opere ai legittimi proprietari o discendenti, sempre che ve ne fossero ancora. E qui va eretto un monumento a tutti quelli che – storici dell’arte, direttori di museo, collezionisti onesti, Carabinieri e Finanzieri – silenziosamente fanno ogni giorno indagini e mantengono discreti contatti con intermediari, mercanti d’arte e polizie locali, pronti pazientemente a chiudere le maglie delle loro reti al momento opportuno. Purtroppo ci vuole invece un esercito di funzionari e avvocati per farsi restituire le opere di provenienza non registrata presenti p.es. nel Museo Getty, anche se abbiamo avuto funzionari del calibro di Rodolfo Siviero e del colonnello Conforti. Purtroppo per anni le leggi di Svizzera e Regno Unito erano molto generose con il traffico di opere d’arte (da noi il principio della tutela risale al 1939) e le vie del contrabbando sono infinite, senza parlare dello strano interesse delle mafie per alcuni capolavori (un Caravaggio rubato in Sicilia potrebbe non aver mai lasciato l’isola). Quadri ritrovati magari in Ucraina, dove erano stati spediti per posta (!) prima di essere acquistati dai mafiosi russi. Si scopre magari che i ladri non erano professionisti, come sicuramente non erano quelli che rubarono anni fa il Bambinello dalla basilica romana dell’Ara Coeli; un vero peccato, perché per paura l’hanno sicuramente distrutto. Ma se si pensa alla facilità di uno scavo clandestino e alla mancanza di buoni allarmi fino a pochi decenni fa, si capisce che spesso non serviva grande professionalità criminale. Alcuni musei (Oslo, p.es.) sono stati depredati a mano armata, tecnica insolita nel mondo dell’arte. In più abbiamo le new entries: i cinesi sembrano interessati a riprendersi (illegalmente) le opere d’arte che appartengono alla loro cultura; lo suggerisce l’aumento di furti di arte orientale in tutta Europa. Ma il vero problema è che molte opere sono immesse nel mercato nero prima di essere registrate, o perché frutto di scavi clandestini (sui tombaroli c’è un intero capitolo), come la Triade Capitolina, o perché molti musei hanno nei depositi molto materiale (magari frutto di donazioni private) non ancora catalogato, quindi più facile da rivendere. E se un quadro viene schedato in modo sommario come “Madonna con bambino” , il rischio aumenta. Ricordiamocelo: in Italia vengono rubate ogni giorno opere d’arte, un’emorragia continua. Il libro di Fabio Isman – ripeto – si legge d’un fiato come un libro di investigazione. Ma purtroppo è tutto vero.
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Note:
https://it.wikipedia.org/wiki/Fabio_Isman , vedi Opere
Quando l’arte va a ruba. Furti e saccheggi, nel mondo e nei secoli Fabio Isman Editore:Giunti, 2021, pp. 224 p.
EAN: 9788809958746
Prezzo: € 29,00
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