Archivi categoria: Proposte Editoriali

Relazione di Moscovia

In questi giorni drammatici sentiamo il bisogno di capire la vera natura della Russia e del suo sistema di potere. Per curiosità consiglio di leggere la relazione che nel 1565 Raffaello Barberini, rampollo della nota famiglia romana, scrisse dopo aver percorso per un anno le vaste lande di quella che all’epoca era chiamata Moscovia, nazione dai confini indefiniti, più Oriente che Occidente, governata da un sovrano dispotico e imprevedibile e da una classe di antiquati proprietari terrieri. Raffaello parte dal porto di Anversa, il suo è un viaggio di affari, né deve stupirci: in quei paesi remoti si andava per motivi diplomatici o per sviluppare commercio dove abbondavano le materie prime ma non le attività produttive. Le lettere patenti del nostro Raffaello sono firmate dal re d’Inghilterra, il quale sviluppa il commercio navigando sopra la Norvegia ed evita così i pedaggi anseatici sul Baltico. I nomi dei viaggiatori italiani oggi dicono poco: Francesco da Collo (1518-19), Paolo Cantelli Centurione (1520, 1523), Gian Francesco Citus (1525), Giovanni Tedaldi (1550). L’ultimo era un mercante e agrario toscano, il primo era un diplomatico veneto al servizio di Massimiliano I d’Asburgo, con la missione di coalizzare Polacchi e Moscoviti contro la minaccia ottomana. La Moscovia si collocava infatti in una posizione strategica nelle lotta contro la Sublime Porta, ma l’annoso conflitto con la Polonia era ovviamente d’intralcio. In più – da geografo – doveva verificare la veridicità delle affermazioni di Maciejz Miechowa che nel suo Tractatus de duabus Sarmatiis (1517) dava una descrizione dell’Europa Orientale assai diversa da quanto riportava a suo tempo Claudio Tolomeo. Paolo Cantelli centurione era invece un mercante genovese interessato a trovare una via commerciale che aggirasse l’Impero Ottomano: dall’Indo al Mar Caspio, di qui, risalendo il Volga e i suoi affluenti, a Mosca e poi a Riga per giungere definitivamente nei porti dell’Europa settentrionale attraverso il Mar Baltico. Non era un diplomatico, anche se aveva lettere di presentazione firmate da papa Leone X. Gian Francesco da Potenza o Citus era invece un ecclesiastico d’alto rango e riveste un ruolo di primo piano nello scambio diplomatico, che porterà alla missione a Roma del negoziatore russo Dmitri Guérasimov (omonimo del generale di Putin). Le questioni sono complesse: i Polacchi contendono Smolensk ai Russi, ma i Veneziani vedono nel clero ortodosso un alleato nei Balcani, mentre papa Clemente VII appoggia i Polacchi (cattolici, ovvio) di Sigismondo, ma spera in un’alleanza con lo Zar contro i Turchi e nel primato di Roma, ma come sempre la Chiesa russa diffida dei Latini e i Polacchi temono i loro vicini Russi. Tutto poi si complica per le varie pretese dinastiche europee, del tutto estranee al potere assoluto del Gran Principe, sovrano di un paese enorme e dai fluidi confini. Nelle carte geografiche la Moscovia non ha mai contorni precisi e alcune zone in prossimità con Tatari e Mongoli non si capisce bene chi è suddito dell’altro e a chi si devono pagare le tasse. Nella relazione del Barberini – scritta a titolo personale e curata ora da una sua discendente, nota storica dell’arte – viene descritta in modo brillante una struttura di potere priva di strutture intermedie: clero a parte, c’è il Gran Principe (in questo caso era Ivan il Terribile) e intorno a lui i Boiari, a metà tra il proprietario terriero e l’alto funzionario di burocrazia. Orientale è il protocollo di corte, umiliante l’anticamera degli ambasciatori stranieri, di fatto segregati dai contatti con l’esterno e costretti a lunghe attese. Assolutamente arbitraria la giustizia, rapida la capacità di mobilitazione della cavalleria (cosacca?), efficienti le comunicazioni di stato tramite corrieri e cavalli e stazioni di posta. Ma se il Palazzo del Cremlino è bello e fortificato (anche con l’aiuto di italiani), le case della gente sono di legno e povere. In più, in occasione di feste, tutti sono ubriachi. Le strade poi non sono praticabili in tutte le stagioni, ma gran parte del traffico e delle comunicazioni avviene lungo i grandi fiumi…. Pur nella lontananza storica, nelle descrizioni di Raffaello Barberini sentiamo ancora qualcosa di familiare: diffidenza verso gli stranieri, potere autocratico, spazi enormi. In più, se al posto di “Boiari” mettiamo “Oligarchi”, cosa cambia?


Relazione di Moscovia scritta da Raffaello Barberini (1565)
di Maria Giulia Barberini
Editore: Sellerio, 1996, pp. 111
Prezzo: 6,00 €

EAN: 2561744009783


La Luna di Kiev

Molto opportunamente l’editore Einaudi ha ristampato una filastrocca creata dall’indimenticabile Gianni Rodari e pubblicata per la prima volta nel 1960 nelle Filastrocche in cielo e in terra, popolarissimo libro noto a tanti bambini. Come si chiama la filastrocca in questione? La luna di Kiev! L’intero ricavato dalla vendita di questo libro sarà devoluto ai profughi dall’Ucraina.

Chissà se la luna
di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…

“Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
non sono mica
un berretto da notte
sulla tua testa!

Viaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall’India al Perù,
dal Tevere al Mar Morto,
e i miei raggi viaggiano
senza passaporto”.


La luna di Kiev
di Gianni Rodari
Beatrice Alemagna (Illustratore)
Einaudi Ragazzi, 2022, pp. 32
Euro 8,00
EAN 9788866567738


La vita al tempo del Barocco

Questa scorrevole opera di Ottavia Niccoli ci riporta nella Bologna e contado nel ‘600, ma potrebbe descrivere allo stesso modo la vita di una grande città italiana del Barocco, Roma compresa. La memoria mi riporta infatti a un’opera del 1990, Carriere e clientele nella Roma barocca, scritta da Renata Ago per i tipi di Laterza. Anche la Ago ricostruiva la vita sociale del tempo attraverso atti giudiziari (lei tra l’altro proveniva da una famiglia di giuristi), ma sinceramente trovo il libro della Niccoli ben più leggibile e intrigante. Attraverso i verbali dei processi non conosciamo tanto i “buoni” , ma piuttosto chi non rispetta le regole: padroni che mettono incinte le domestiche, preti che cantano e suonano la chitarra, altri preti che hanno il vizietto, agricoltori che sparano al bestiame del vicino se rovina i campi, povere donne che delinquono per miseria, vagabondi, orfani e ragazzi di strada sfuggiti alla pubblica assistenza o maltrattati in orfanatrofio. Ne viene fuori un affresco che è coerente con l’arte figurativa del tempo, penso ai Bamboccianti, alle scene di genere, ma anche alle nature morte, il cui vero significato è esibire abbondanza alimentare in una società dove, per vari motivi frequenti erano le carestie. Ci sorprende la vita di Sabbatina, vedova di un contadino che aveva già perso due mogli e la metà dei figli, addetta a una serie di lavori agricoli anche nei giorni festivi. Siamo infatti in piena Controriforma e la Chiesa cerca intanto di metter ordine nel clero secolare e in certi suoi stili di vita ormai intollerabili (vino, amanti, musica secolare) ma legati in fondo agli usi e costumi della comunità. Ma l’operazione si estende anche a regolare la vita dei fedeli secondo le nuove indicazioni del Concilio Tridentino, formalizzando p.es. il matrimonio come sacramento, mettendo il naso nel privato attraverso l’istituto della confessione, ma anche disponendo una sistematica anagrafe parrocchiale. Era comunque un mondo già cristiano di suo: il tempo si scandiva da sempre secondo le ore liturgiche, le feste comandate e i rituali della vita sociale (battesimo, matrimonio) e la gente certe volte neanche conosceva bene i nomi dei mesi né aveva orologi, tanto c’erano campane e campanili. Vengono poi descritti arti e mestieri, rapporti sociali e immagini di vita quotidiana, legate all’onore, al rango, alle differenze sociali, a preoccupazioni per noi ignote: la rivoluzione industriale ci ha affrancato dalla necessità e troviamo tutto in negozio, ma per una ragazza da marito non saper cucire sarebbe stato grave, e infatti le scuole per ragazze (povere o meno) insegnavano di fatto i lavori domestici e le piccole attività (allevamento del baco da seta, p.es.), mentre i lavori maschili erano legati a corporazioni, gilde e confraternite fortemente strutturate. Il libro è corredato da molte illustrazioni puntualmente riferite a quanto orchestrato nel libro.


Storie di ogni giorno
in una città del Seicento
Ottavia Niccoli
Officina Libraria, 2021, pp. 310, 77 in b/n
Prezzo: € 22,00
ISBN: 9788833671536


Il Milite Ignoto cent’anni dopo

Il sottotitolo recita: “Centenario del Milite Ignoto da Bolzano a Siracusa / Pasquale Trabucco in cammino per l’Italia”. Conosco benissimo l’autore, tra l’altro mi cita nel libro. In quasi 50 giorni dal 22 maggio all’8 luglio 2018 ha percorso da nord a sud l’Italia, zaino in spalla e bandiera tricolore per 1750 km di cui 1400 a piedi a una media di 35 km al giorno, passando per11 regioni e 43 comuni più una serie infinita di piccoli centri, e peccato che manchi una mappa allegata. L’autore (classe 1960) non è uno sprovveduto ma un ex-ufficiale di fanteria ben addestrato, né il lato sportivo dell’impresa è privo di interesse, ma l’anima del libro è un’altra: nel centenario del Milite Ignoto ha voluto rendere omaggio e rinverdire la memoria dei soldati che hanno combattuto e sono caduti durante la Grande Guerra, e riproporre il 4 novembre come Festa Nazionale (derubricata nel 1977). Ogni famiglia italiana ha almeno un familiare morto nel 15-18 e la memoria collettiva è tutto sommato ancora forte, anche se alle giovani generazioni manca quel rapporto diretto che noi avevamo ascoltando i racconti del nonno. Trabucco ha visitato e reso omaggio a una serie sorprendente di sacrari, monumenti ai Caduti e cimiteri militari, ha parlato con sindaci, amministratori e uomini politici di ogni livello, con i rappresentanti delle Associazioni d’Arma, ma anche con la gente comune che per strada l’ha riconosciuto o con cui stava in contatto sui social. Sono proprio questi Italiani comuni ad aver condiviso con l’autore lo spirito dell’impresa e ad aver rivitalizzato la memoria di un secolo prima, quando l’Italia attraverso il sacrificio di migliaia di soldati e civili è storicamente diventata una Nazione, completando un processo unitario in seguito messo in discussione da forze centrifughe o locali. Trabucco ha un talento particolare per le pubbliche relazioni: ha organizzato una pagina Facebook dedicata al suo viaggio, è rimasto in contatto continuo con tutti, ha fondato un comitato civico per il 4 novembre Festa Nazionale, ha partecipato a tutte le cerimonie nazionali per il centenario del viaggio del Milite Ignoto fino a Roma e ha organizzato ogni mese una manifestazione statica davanti Montecitorio per ribadire la volontà collettiva di ripristinare il 4 novembre come Festa Nazionale. Molti sono i parlamentari che l’hanno ascoltato e tanti i sindaci che hanno apposto la propria firma sulla bandiera, anche se il Milite Ignoto ancora aspetta.


L’ ombra della vittoria. Il fante tradito
Autore:Pasquale Trabucco
Editore:Gruppo Albatros Il Filo, 2021, pp. 222
EAN: 9788830642560
Prezzo: € 15,50


Afghanistan: Sentendo l’altra campana

Anche se le delegazioni talebane e le istituzioni umanitarie occidentali stanno negoziando per alleviare le sofferenze del popolo afghano, ormai l’Afghanistan è uscito dai media, anche perché siamo ora pressati dalla crisi Ucraina, la quale ci coinvolge assai più della sorte di un popolo povero, lontano ed estraneo. Ed è proprio il concetto di estraneità a guidare un libro appena uscito, di cui ho avuto notizia dal sito italiano di cultura islamica https://www.laluce.news/, dove è presente anche una scheda dell’autore, Sabri ben Rommane, attivista dei diritti musulmani ed editorialista. Il libro si può acquistare via Amazon. L’autore parte dal lavoro di inchiesta del giornalista del Washington Post Craig Whitlock, che negli Afghanistan Papers “rivelano la portata del terrorismo neo-colonialista occidentale”. Si analizzano dunque gli episodi cruciali dell’invasione dell’Afghanistan, rievocandone fatti e protagonisti. Di noi italiani si parla comunque solo in due punti: quando ci è stato affidato il compito di costruire un moderno sistema giudiziario (pag. 13) e a pag. 36, dove si parla della cattura nel 2011 di un esponente di Al-Qaeda da parte dei nostri incursori, episodio già noto (nome a parte) perché descritto in Caimano 69, un libro scritto da un nostro incursore e che ho analizzato su questa rivista nell’ottobre 2020.
Tornando al libro: Islam a parte, sembra di rileggere quei volumetti di controinformazione degli anni ’70 del secolo scorso, dove il “vero” terrorismo era quello dello Stato e del neocolonialismo. Ma a parte questo, il vero limite del libro è di analizzare soltanto documenti americani peraltro già noti (correttamente elencati da pagina 131 a 138), Interessante sarebbe stato leggere anche la documentazione prodotta dai talebani e dalle altre forze di resistenza afghana, che sicuramente esiste e sarà anche accessibile a chi conosce quella gente e ne condivide lingua e religione. Certo, in vent’anni niente ha funzionato: troppi civili uccisi per sbaglio, faide interne sfruttate con cinismo, un fiume di soldi finito nelle mani sbagliate, una ricostruzione civile condotta con criteri estranei alla mentalità locale, la pretesa di governare dal centro un paese enorme e arretrato, tollerare abusi di ogni genere, creare dal nulla un sistema giuridico in una tradizione tribale, investire miliardi in quello che si è dimostrato in assoluto l’esercito peggiore del mondo, costruire infrastrutture delegandone ad altri la realizzazione, appoggiare una classe dirigente corrotta e in fondo pronta quanto i Signori della guerra a venire prima o poi a patti coi talebani. Che tutto questo nel libro sia filtrato e analizzato attraverso una visione islamica può aiutarci ad entrare nel cervello degli altri, ma in fondo poco aggiunge alla realtà dei fatti: quando l’obiettivo è poco chiaro o viene cambiato in corso d’opera e a tutto questo si somma l’ignoranza culturale, i risultati sono comunque impossibili. L’autore giustamente nota che l’Afghanistan è comunque un paese islamico e che per loro saremo sempre degli Infedeli che non capiscono la cultura e la mentalità locale. Su questo argomento è difficile dargli torto. Ma è improprio persino parlare di colonialismo: almeno quello tradizionale gestiva in proprio le risorse, le operazioni militari e la costruzione delle infrastrutture, mentre in Afghanistan (ma anche in Africa) si è alla fine appoggiata una classe di potere lontana dalla gente, corrotta e incapace ma indispensabile per garantire un equilibrio in realtà precario. E i risultati si sono visti: anche se l’autore sembra considerare i talebani “compagni che esagerano”, essi non venivano considerati degli estranei dagli afghani.


Dalla rabbia e l’orgoglio all’umiliazione e la sconfitta. Come gli Afghanistan papers di Craig whitlock rivelano la portata del terrorismo neo-colonialista occidentale
Sabri Ben Rommane
Autopubblicato
Prezzo online: 9,99 €
EAN:9791221001150
ISBN:1221001159