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“IL TRIP DI DON CHISCIOTTE”

IMROVVISAZIONE FANTASTICOVISIONARIA
DEL CAPOLAVORO DI CERVANTES
DIRETTO DA DARIO D’AMBROSI.
GRANDE SUCCESSO DEL “TEATRO PATOLOGICO
PASSATO COME METEORA SETTEMBRINA AL QUIRINO DI ROMA.

Quattordici attori e otto attrici coinvolti gioiosamente

nel gioco più festoso e liberatorio del mondo.

Un mondo grande quanto la passione e la bravura di Dario D’Ambrosi:

Attore autore regista che già dal tempo di Villa Maraini

avevamo stimato e applaudito come professionista  generoso

e come persona eccezionalmente impegnata..

Oggi, mentre l’idiozia mostruosa della guerra

continua ad imperversare nel mondo dell’uomo,

questo intelligente e liberatorio Don Chisciotte ci ha ridato speranza e fiducia

dimostrando che qualche cosa di buono e di bello può ancora  accadere.

E alla fine eravamo felici ed emozionati quanto gli attori

tutto un pubblico numerosissimo travolto in una festa d’amore.

Ma dato che una festa o un sogno, come un bel gioco durano poco,

solo per tre sere, al Teatro Quirino di Roma è andata in  scena la Gioia:

un mare spumeggiante di diversità detta impropriamente disabilità

dove bambini grandi,  allievi e professionisti, hanno confermato la forza del Teatro:

antico rito liberatorio che realmente… salva!

Grazie Dario e grazie a voi tutti bravi attori.

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teatro-atto-damore-senza-intervallo-locandinaIl trip di Don Chisciotte

Produzione Teatro Patologico, In collaborazione con l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

regia Dario D’Ambrosi
allestimento Dario D’Ambrosi e Mauro Cardinali
assistente all’allestimento Samantha Biferale e Chiara Laureti

Interpretato dagli attori diversamente abili del corso universitario di “Teatro Integrato dell’Emozione”

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musiche originali Francesco Santalucia
direzione coro Papaceccio
scenografia Francesco Bronzi
assistente scenografia Luca Giordano e Sara Bellodi
costumi  Nicoletta Taranta
disegno luci Danilo Facco
organizzazione Valeria Gaveglia

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Bernini disegnatore

Il Bernini fu un genio polivalente, scultore, architetto, pittore, creatore di apparati scenici per feste ed esequie, di macchine pirotecniche, di sceneggiature teatrali; ma alla base di tutto c’era una grande pratica del disegno, una capacità di accennare una scena o una figura con pochi tratti, un senso innato delle proporzioni e del movimento.
All’intenso rapporto tra il Bernini ed il disegno è dedicata una mostra che si tiene a Palazzo Barberini in collaborazione tra la Soprintendenza al Polo Museale Romano e il Museum der bildenden Kunste di Lipsia detentore di buona parte dei disegni esposti; il resto proviene da raccolte italiane ed estere.
Precedentemente erano in esposizione a Lipsia nella mostra “Bernini, Erfinder des barocken Rom”. I disegni sono giunti nella città tedesca nel 1713, acquistati a Roma dall’antiquario Renzi a cui, a sua volta, erano pervenuti da vendite degli eredi di Cristina di Svezia. Sono opere eseguite con tecniche diverse: a matita, a sanguigna, a penna, a volte sono schizzi sommari, a volte disegni rifiniti in ogni parte. In alcuni casi ci sono più versioni dello stesso soggetto che indicano le successive varianti delle intenzioni dell’artista o interventi della committenza.
Ci sono disegni per la Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, per la statua di Santa Teresa in Santa Maria della Vittoria, per la Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona. Sono presenti anche disegni non collegabili ad alcuna opera nota, forse eseguiti solo per divertimento personale, studi di nudo di tipo accademico nonché ritratti e autoritratti. Questi appaiono nella prima delle sei sale in cui si articola la mostra che è aperta da uno splendido ritratto del Bernini anziano dipinto da Pietro da Cortona, seguono autoritratti dell’artista in varie età, ritratti di noti ed ignoti ed alcune gustose caricature.
Nelle sale seguenti sono esposti disegni relativi a cappelle, fontane ed obelischi, studi relativi alla Basilica di San Pietro, al colonnato e alla teoria di Santi che lo coronano, tutti disegnati dal Bernini che li fece scolpire dalla sua bottega.
Sono presenti alcuni disegni del Borromini relativi a sue proposte per i campanili della Basilica in sostituzione di quelli fatti costruire dal Bernini e demoliti, con sua grande vergogna, per motivi statici. L’ultima sala contiene schizzi preparatori per un reliquiario della Vera Croce che in originale è stato recentemente identificato nella Cattedrale di Osimo.
La visita alla mostra si rivela un interessante percorso in quella attività del Bernini che è alla base di tutta la sua molteplice e variegata opera successiva.

 

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IL LABORATORIO DEL GENIO
Bernini disegnatore
Dal 10 marzo al 24 maggio 2015

Roma
Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini
via delle Quattro Fontane, 13

Sito web

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La gloria dei vinti

Rendere omaggio al valore dei vinti è un concetto di grande generosità purtroppo poco tenuto in considerazione sia in passato che nel presente; c’è stata comunque qualche eccezione una delle quali riguarda un antico re, Attalo I di Pergamo. Era il sovrano di un piccolo regno dell’Asia Minore originatosi dallo sfaldamento dell’impero di Alessandro Magno e nel 240 a.C. sconfisse i Galati, una popolazione di origine celtica stanziata al centro dell’attuale Anatolia, che imperversava con sanguinose razzie nelle regioni vicine.

La vittoria ebbe grande risonanza nel mondo ellenistico ed Attalo la sfruttò commissionando due grandi opere bronzee che lo celebravano. La prima, nota come “il Grande Donario”, era costituita da una base circolare che ospitava, a detta di Plinio e Pausania, tre grandi statue, di misura superiore al vero, rappresentanti Galati sconfitti e morenti; opera dello scultore Epigonos era collocata nell’acropoli di Pergamo vicino al tempio di Atena Nikeforos (apportatrice di vittoria). L’altra, conosciuta come “il Piccolo Donario”, fu donata da Attalo ad Atene e posta sull’acropoli su una base a forma rettangolare, era insieme a altri gruppi simili rappresentanti l’Amazzonomachia, la Gigantomachia e la Medomachia; la donazione aveva sicuramente lo scopo di creare un gemellaggio tra Atene e Pergamo sia culturale che politico.

Le statue poste sulla base, di cui rimangono i resti, elevata di quasi due metri, erano circa una quarantina alte un po’ meno di un metro. Si ignora che fine abbiano fatto i due donari bronzei, si ritiene che durante il periodo imperiale siano stati portati a Roma da Nerone per la Domus Aurea e in seguito spostati da Vespasiano nel Templum Pacis dopodiché non ne abbiamo più notizie; due statue, il Galata morente ed il Galata suicida, appartenenti ad una copia  in marmo, forse di origine pergamena della seconda metà del I secolo a.C., furono rinvenute nel ‘600 nella Villa Ludovisi in una zona dove nell’antichità erano gli Horti Sallustiani precedentemente appartenuti a Giulio Cesare, forse il gruppo statuario fu un omaggio dei maggiorenti di Pergamo. Ora fanno parte la prima delle raccolte dei Musei Capitolini, la seconda di quella di Palazzo Altemps; secondo il professor Coarelli, in base a quanto descritto da Plinio, dovrebbe essere aggiunta al gruppo la statua, ora non più esistente, di una donna morta con un bambino.

Il Coarelli ha anche studiato il Piccolo Donario e ha curato una mostra, promossa dalla Soprintendenza e da Electa, che si tiene a Palazzo Altemps e che ha permesso la parziale ricostruzione del complesso artistico utilizzando statue provenienti da vari musei.

La storia moderna del Piccolo Donario inizia nel 1514 quando, da una lettera inviata da Filippo Strozzi a Lorenzo de’ Medici, nipote del Magnifico, apprendiamo che durante alcuni  scavi in un convento femminile, forse l’attuale Sant’Ambrogio della Massima, furono trovate cinque statue, di misura minore del vero, rappresentanti guerrieri morti o feriti; poco dopo ne furono trovate altre due. Conservate originariamente in Palazzo Medici, ora Madama, quattro statue passarono ai Farnese e poi ai Borbone di Napoli che le assegnarono all’attuale Museo Archeologico; altre tre finirono nella raccolta Grimani che ha costituito il nucleo del Museo Archeologico di Venezia.

Tre statue, forse pertinenti al Donario, sono conservate nei Musei Vaticani, al Louvre ed ad un museo ad Aix en Provence, questa con poca probabilità in quanto di dimensioni leggermente superiori alle altre. Dalla località del ritrovamento si può pensare che le statue ornassero il Portico di Ottavia o quello di Filippo; dato che dallo stile sembrano essere databili al II secolo d.C. potrebbero appartenere ad un grande restauro dei portici avvenuto all’epoca di Settimio Severo. La mostra curata dal Coarelli espone otto immagini di barbari  morti o feriti, una è una donna, poste in una posizione forse corrispondente all’originale unitamente ad un frammento del basamento proveniente da Atene. Nella stessa sala il gruppo del Galata suicida ed un grande sarcofago di epoca severiana che rappresenta una convulsa battaglia tra Romani e barbari; fanno parte dell’ordinario arredo museale ma sono idealmente collegati alla mostra. Il titolo di questa La Gloria dei Vinti vuole significare una concezione umana e generosa del rapporto tra vincitori e vinti; i Galati sconfitti sono ammirati e rispettati, il capo che si suicida, dopo aver ucciso la moglie, si volge con sguardo di sfida verso il vincitore mentre si immerge la spada nel petto; i due Donari mostrano solo i vinti non i vincitori che infieriscono contrariamente al grande sarcofago che presenta i barbari come selvaggi che meritano di essere distrutti senza pietà. Questa differenza di sensibilità è chiaramente visibile anche confrontando la Colonna Traiana con l’Antonina, tra le due corrono poco più di sessanta anni ma lo scenario politico e militare era molto cambiato: Traiano vincitore senza problemi può permettersi di rispettare ed ammirare il vinto Decebalo, l’impero è tranquillo, il nemico è lontano, il barbaro è ostile ma non fa paura. Marco Aurelio invece ha i barbari vicini, combatte ma non vince i Marcomanni, nell’impero c’è peste e carestia, il nemico terrorizza, mette in discussione gli equilibri faticosamente raggiunti, va annientato senza pietà e considerazione.

La mostra è una esposizione accurata del Piccolo Donario corredata da cartelli esplicativi ed esibisce anche una piccola ricostruzione del Grande Donario con le esatte posizioni delle due statue esistenti e quella probabile della terza.

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06 Mostre Piccolo Donario fotonews1LA GLORIA DEI VINTI

Pergamo, Atene, Roma

Dal 18 aprile al 7 settembre 2014

Roma

Museo Nazionale Romano – Palazzo Altemps

Orario:

da martedì a domenica dalle 9,00 alle 19,45

Curatore Filippo Coarelli

Catalogo:

Electa

Informazioni e prenotazioni:

tel. 06/39967700

tel. 06/56358003

Sito web

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Centomila in Uno

La fantasia non ha limiti e questo è un dato di fatto, ma la creatività che certi scrittori sono in grado di sfoderare è talvolta disarmante. Nora K. Jemisin dà credito a questa tesi scrivendo un romanzo intitolato “I Centomila Regni” dove a sorprendere non solo è la trama avvincente, ma anche le capacità descrittive di questa esordiente autrice che tra personaggi, ambientazioni e colpi di scena ha dato vita ad un nuovo universo fantasy di alto livello. Centomila regni tutti amministrati da un’unica capitale chiamata Sky o meglio, dal palazzo sito nella capitale, che la protagonista Yeine Darr descrive in questo modo:

“Sopra la città, più piccolo ma anche più luminoso, con il colore perlaceo dei suoi livelli oscurato a tratti da nuvole di passaggio, c’era il palazzo, chiamato anch’esso Sky.”

Questa lucente e “celestiale” costruzione che, dalle accurate descrizioni fornite, piccola non sembra affatto, è anche il luogo dove si svolgono quasi tutti gli avvicendamenti che vedono coinvolti i protagonisti e per sottolineare quanto bello esso può apparire nella mente del lettore l’aggettivo “celestiale” non può essere più azzeccato. Tanto grande e tanto ricco di misteri. E qui si arriva alla storia. Yeine Darr è una giovane capo clan orfana di entrambi i genitori che, un bel giorno (non tanto bello per lei), viene invitata a raggiungere il grande Sky dal nonno Dekarta Arameri, niente meno che il re dei Centomila regni, per informarla che è stata scelta come erede al trono. Eredità che dovrà conquistarsi in una lotta senza esclusione di colpi con i due cugini Scimina e Relad, anch’essi designati per la successione. Altri nemici però si annidano nell’ombra perché dentro quella mura si nascondono i segreti sulla morte di sua madre, oltre ad una miriade di sorprese celate dietro ad ogni angolo, come ad esempio certi soggetti alquanto “divini” che abitano il palazzo e con cui Yeine entrerà in contatto. La giovane e indifesa ereditiera verrà messa alla prova con emozioni mai provate prima e fino ad allora inimmaginabili, e scoprirà delle verità su sé stessa che sconvolgeranno molte sue convinzioni ma, soprattutto, la sua vita futura.

Romanzo d’esordio per la scrittrice americana N.K. Jemisin, primo di una trilogia intitolata “The Inheritance Trilogy”. Prima parte il cui finale fortunatamente non lascia grandi quesiti tali da creare una dolorosa attesa per il seguito, offrendo ai lettori l’opportunità di godersi la prima storia nella sua integrità. Notevole come anticipato è l’ambientazione creata che offre immagini mozzafiato di una palazzo nel cielo e di personaggi talmente ben descritti da poterne quasi vedere i lineamenti del volto, per chi un volto ce l’ha… Il profilo caratteriale dei protagonisti è un altro punto di forza della storia, laddove personalità forti si alternano ad altre più deboli o meglio, più ambigue, in un susseguirsi di scambi di battute che portano il lettore ad un coinvolgimento pressoché reale (o ultraterreno).

Nel panorama editoriale attuale, dove il genere Fantasy è ormai tra i più venduti grazie anche alle innumerevoli trasposizioni televisive che molti romanzi hanno la fortuna di ottenere, è piacevole trovare in mezzo ai “Best sellers” e ai volti noti di altri autori opere di artisti nuovi come N.K. Jemisin. La scrittrice americana, dopo una lunga gavetta fatta di racconti brevi raccolti in antologie multi-autore, è riuscita a raggiungere il mercato che conta con un romanzo ricco di buoni contenuti che ha tutte le prerogative per aprire la strada all’autrice verso uno stabile successo, come dimostrano le candidature a premi come il Nebula e l’Hugo, e i premi già ottenuti come il Locus Award e il Romantic Times Reviewers’ Choice Award. La porta per i Centomila è aperta, non resta che vedere se, anche in Italia, il romanzo sarà in grado di ottenere il successo avuto oltre oceano confermando le buone aspettative. La parola ai lettori.

 

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I Centomila Regni Cover_Icentomila_WEBTitolo: I Centomila Regni Autore: Nora K. Jemisin Anno: 2014 Traduttore: Maccotta S. Casa editrice: Gargoyle (Collana Extra) http://www.gargoylebooks.it/24-prossima-uscita/313-i-centomila-regni

P. 382 Prezzo: € 18,00 Sito ufficiale dell’autrice:

http://nkjemisin.com/

Leonardo in una particolare esposizione

In altri miei scritti ho invitato chi mi leggeva a visitare questa o quella mostra perché era un’occasione da non perdere. Ancora di più, in questa esposizione, è il caso di non tralasciare il consiglio. Si, certo, Leonardo da Vinci, le sue pitture, i suoi disegni, li conosciamo bene dal momento che siamo nel periodo de “l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” di benjamiana memoria. Ma l’esposizione alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, Leonardo da Vinci, l’uomo universale, va assolutisticamente vista.

Una delle tantissime ragioni e non certo l’ultima, è che questi fogli che contengono i disegni originali (anche se conosciuti) del genio toscano, escono dai caveau (almeno una parte di quelli esposti) dal Gabinetto dei Disegni e Stampe dell’Accademia, dopo trent’anni dall’ultima esposizione. Il motivo è che secondo i protocolli internazionali, i disegni più antichi e fragili, vanno custoditi ventiquattro ore su ventiquattro al buio più assoluto, in un ambiente dove l’umidità sia costante al cinquanta per cento e la temperatura dell’ambiente deve oscillare dai diciotto ai venti gradi centigradi. Ogni quattro o cinque anni possono essere esposti, ma certamente non oltre tre mesi, visto e considerato i danni che può provocare la luce. Ho visionato l’interessante mostra dove il disegno raffigurante l’Uomo vitruviano, nei suoi ventiquattro centimetri per trentaquattro la fa da padrone. Ma in questa mostra ci sono ben cinquantadue disegni che sono compresi nei venticinque fogli del fondo dell’Accademia.

A coronamento dei disegni di Leonardo, ce ne sono altri che arrivano dalla Royal Collection di Windsor, dal British Museum, profili di uomini dalla Biblioteca Reale di Torino. E ancora: armi e carri armati dal Louvre, cavalli e carri armati dagli Uffizi e dalla Galleria Nazionale di Parma infine da Oxford. In mostra c’è anche la sezione dedicata alla proporzione del corpo umano, del volto e molti disegni fronte-retro fino al foglio di proporzioni della testa con accanto i bozzetti della Battaglia di Anghiari in matita rossa.

C’è la sezione della botanica con il foglio dei fiori, progetti di studi geometrici, ritratti di uomini e di nuvole. Poi la stanza della Battaglia di Anghiari, disegni certo, perché il dipinto è andato perduto, con grovigli di uomini e cavalli. In ultimo le stanze dedicate alla Francia. Come afferma Giovanna Damiani in catalogo: “All’ampia rassegna grafica si affianca una selezionata scelta di volumi a stampa […] e una sezione […] con una trentina di disegni […], da Cesare da Sesto, Giovanni Agostino da Lodi, Francesco Melzi, Andrea Solario […]. Infine capolavori pittorici come La Tempesta di Giorgione e altri.

Il catalogo delle edizioni Giunti, dopo la presentazione della mostra, ospita un interessantissimo scritto di Annalisa Perissa Torrini sulla storia della raccolta grafica delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, che firma (tra gli altri) anche lo scritto sulle caricature e ritratti Certe teste bizzarre, quello anche sulla Battaglia di Anghiari. Sempre nel catalogo, sono poi compresi, con ampie immagini fotografiche e riproduzione dei disegni, diversi scritti di studiosi che analizzano l’opera variegata di Leonardo.

Tra questi scritti è da sottolineare quello sugli studi del corpo umano di Paola Salvi e verso la fine del catalogo è presente l’interessante testimonianza di Maria Agnese Chiari Moretto Wiel: Leonardo nelle stampe: esempi di una vicenda singolare.

Insomma tanti scritti e tante riproduzioni di Leonardo.

Interessantissima visione a tutti voi.

 

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06 Mostre I Disegni di Leonardo a Venezia catalogoLeonardo da Vinci:

l’uomo universale

Dall’1 settembre al 1 dicembre 2013

 

Venezia

Gallerie dell’Accademia

 

Orario:

dal martedì alla domenica

dalle 8.15 alle 19.15

lunedì dalle 8,15 alle 14,00

Ingresso:

intero 15€, ridotto 12€

Informazioni:

tel. 0415222247

Sito

http://www.gallerieaccademia.it/leonardo-da-vinci-luomo-universale

http://www.gallerieaccademia.org/news/leonardo-da-vinci-luomo-universale/

 

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 06 Mostre I Disegni di Leonardo a Venezia uomo V. 06 Mostre I Disegni di Leonardo a Venezia l.