Quando gli artisti sopperiscono al peggio

Accade raramente, ma accade, che il lavoro di eterogenei operatori del visivo vengono raccolti per stimolare l’invisibile in uno spazio misteriosamente claustrofobico di un rifugio antiaereo, coinvolgendo il visitatore nell’atmosfera che devastava la mente non tanto per il susseguirsi delle esplosioni ma per lo spasmodico attenderne l’arrivo e la inevitabile conclusione.

Diciannove artisti che si propongono, con tanti monologhi, per dar vita a una corale di tormenti in cerca di salvezza nel sottosuolo di dostoevskiana memoria, superando l’arroganza di essere unici, per trasformarsi in un malessere collettivo. Quello che era per Dostoevskij una critica all’ottimismo della ragione, perché umano desiderio anelare alla sofferenza, si trasforma in un’eterna espiazione. Racconti, con emozioni e sentimenti di oggi, di un passato che fu, proprio in quei luoghi tragici.

Non si può considerare una presunzione designare un rifugio antiaereo come spazio dell’arte, ma un’occasione per riflettere sul contemporaneo attraverso le immagini e i suoni, allontanati dalla luce del sole e della luna. Un’arte esiliata in un contesto di meditazione per effettuare una sorta di archeologia dei sentimenti, evitando prevaricazioni passionali, per dare spazio all’umanità nei suoi momenti più difficili, estromettendo l’esagitazione brutale della sopravvivenza.

Pitture, volumi e immagini per evocare la memoria di un luogo, ma anche quello che potrebbero essere oggi i rifugi nei paesi che godono della Pace, come per i migranti che cercano un posto dove sottrarsi allo sguardo delle autorità. Un luogo che in alcune realtà sono stati trasformati in attrazioni turistiche e in altri lasciati nel buio del degrado, ma che può diventare un’occasione per i numerosi artisti che non hanno un pieno riconoscimento del loro prezioso lavoro.

Un buio che esalta i sensi incorporei, rendendo timido il tatto, perché troppo legato alla realtà, e dare sfogo all’immaginazione. L’oscurità che esalta la “virtualità” dell’arte, offrendo l’occasione di essere risucchiati in un buco nero e poi emergere dal buio del pavimento, tra suoni evocativi di un’epoca, una serie di facce invocanti al cielo e dalle pareti emergono volti come ectoplasmi, come in una tantum, dell’intervento Parlami d’amore Mariù di KalhyBelloxi.

Immagini in trasparenza, fluttuanti come fantasmi, sono le presenze che avvolgono il visitatore proposte da Giorgio Fiume con Una Sola Moltitudine nell’interpretare il passare del tempo attraverso una folla vagante. Venera Finocchiaro testimonia con Senza Passi il transito di un’umanità sofferente, costretta a intraprendere strade diverse da quelle che avrebbe voluto, attraverso la definizione di una serie di “calzature”, modello gambaletto di gesso, per coniugare il cammino dolorante e la mancanza di orme caratteristiche dei singoli passi. Due rappresentazioni sul tema passaggio di una moltitudine anonima su questa Terra, costretta a migrare per guerra, persecuzione, carestia.

L’artista genovese Virginia Monteverde pone la donna al centro della sua opera Catarsi: un’istallazione di 5 pannelli in plexiglass, collocati in modo da ricomporre la Pietà di Michelangelo, restituendogli un’esistenza “liquida”. Alla base dei pannelli il visitatore potrà prendere delle cartoline speciali, raffiguranti la criptografia QR-CODE. Dei “francobolli” capaci di tramutarsi in suoni e immagini, attraverso la lettura di smartphone e iPad, che il visitatore potrà portare via con sé, per ascoltare e vedere l’opera anche fuori dal contesto espositivo. Crittogrammi che racchiudono non solo le immagini dell’opera, ma anche la voce di cinque donne che leggono delle frasi scelte da vari libri per rappresentare le proprie paure (autoidentificazione) e affermare la propria liberazione (affermazione). Un processo di liberazione che Catarsi riesce ad amplificare maggiormente se perseguito in luogo ossessivo e claustrofobico come il sotterraneo ad oltre 40 metri di profondità nella terra, un generatore di paure ancestrali e l’occasione di rinascita al tempo stesso, ma anche un luogo, per la sua valenza storica, di rifugio e di speranza, in cui può compiersi perfettamente il processo catartico insito nell’operazione artistica.

Giancarlo Cecchetti non si limita a essere il promotore dell’iniziativa, ma presenta l’installazione Pensierino della sera: quando tornerò a giocare in giardino? Un’opera che enuncia tutte le speranze dei bambini di ogni parte del Mondo ad avere un’infanzia lontano dagli orrori della guerra e il pensiero va ai conflitti balcani e al più recente siriano con le immagini di ragazzi che giocano tra le macerie

Emarginare la realtà in un’atmosfera onirica, farsi avvolgere dalla penombra, non avere paura dell’incognito nascosto dietro l’angolo, andargli incontro, affogare i propri tormenti nell’oscurità, allontanare i rumori esplosivi della malvagia realtà che vuole vinti e vincitori, carnefici e vittime.

Un luogo per salvaguardare l’umanità dalla brutalità dei quotidiani conflitti, affidando le proprie speranze ad una realtà che sia evoluzione dei propri sogni e non l’imposizione delle altrui volontà.

Sfumature di colore che si trasformano in tonalità di grigio per perdersi in un viaggio mentale nelle sensazioni degli autori delle opere nel momento della loro realizzazione.

I rifugi dagli eventi bellici dovrebbero essere salvaguardati non solo come testimonianza di un passato, ma anche come possibilità di spazi culturali isolati dal contesto per rileggerne la quotidianità.

Si può avere delle antipatie per uno o più artisti, ma i politici e gli amministratori dovrebbero andare di là del loro naso, superando i limiti di un’ottusa banalità e dare la giusta rilevanza a un evento ben più importante di una qualsiasi Arte Fiera, e non segregarlo a due misere settimane di “vita”, perché la mostra va oltre il trionfo dell’ovvietà del testo di presentazione, mostrando un panorama eclettico dell’arte.

L’iniziativa di Giancarlo Cecchetti offre ai visitatori delle opere di artisti (Antonella Aversa, Claudia Bellocchi e Carlos Mendes – in questa occasione in collaborazione con il nome KalhyBelloxi -, Cati Briganti, Marina Buening, Giancarlo Cecchetti, Venera Finocchiaro, Giorgio Fiume, Fabio Fontana, Ester Hueting, Pina Inferrera, Luisa Mazza, Debora Mondovì, Virginia Monteverde, Isabella Nurigiani, Alessio Paolone, Pasquale Pazzaglia, Valter Vari, Marilena Vita) che danno il meglio, per sopperire al peggio del quotidiano, e non propone delle parole di buoni propositi.

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06 Mostre Colleferro Rifugi Giancarlo Cecchetti pensierino della sera 1IMMAGINAZIONI DAL SOTTOSUOLO

Luci e ombre della memoria

Collettiva d’Arte Contemporanea

Dal 25 gennaio al 9 febbraio 2014

Colleferro (Roma)

Rifugi di via Roma

Informazioni:

Tel. 06/97203204

Orario:

dal lunedì al venerdì

dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19

il sabato e domenica

dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19

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 06 Mostre Colleferro Rifugi Immaginazioni dal sottosuolo Luci e ombre della memoria Venera Finocchiaro-SENZA PASSI- 06 Mostre Colleferro Rifugi Immaginazioni dal sottosuolo Luci e ombre della memoria GF-Install-Colleferro-Allestim 06 Mostre Colleferro Rifugi Immaginazioni dal sottosuolo Luci e ombre della memoria KalhyBelloxi panor

Un pensiero su “Quando gli artisti sopperiscono al peggio”

  1. condivido in pieno il testo e la richiesta di prolungare il tempo per poter vedere e sicuramente rivedere questo luogo particolarissimo, ricco di storia e di sottostorie.
    credo che questa operazione sul lav0orare sul significato, sulla sensazioni che questi rifugi antaerei trasmettomno già dal momento di esistere..sia forse una cosa unica in questo ovvio panorama artistico..
    conoscendo poi gli artisti partecipanti posso già capire l’uso dei suoni, delle immagini delle evocazioni che si possono respirare vivere toccare.
    per problemi di tempo anche io non potrò venire a visitare questa mostra…chiedo pertanto al sindaco e ai curatori di voler allungare i tempi dell’esposizione di altre 2 settimane dalla fine prevista…..
    Cordiali saluti
    eleonora del brocco

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