È desolante passeggiare per il lungotevere e vedere l’incuria che regna nel più assoluto disinteresse dell’Amministrazione capitolina e dell’Autorità del bacino fluviale.
Se questa incuria è imperante al centro si può immaginare in quale condizione si possono trovare gli argini nella periferia romana.
Il biondo Tevere è lasciato senza l’ordinaria manutenzione per un continuo rimpallo di competenze e la cronica carenza di fondi.
Una situazione che il fiume subisce da decenni, non trova una soluzione, e che in occasione di una pioggia più consistente si trasforma da placido a pericoloso, lasciando, con il ritirarsi delle acque, testimonianze dell’evento sui rigogliosi alberi e sulle sponde.
Questo è quello che si vede: sono tronchi e tavolame che trovano anche nell’esuberante e spontanea vegetazione un ostacolo al loro defluire verso il mare, ma non è difficile immaginarsi quale discarica si cela sotto quelle torbide acque.
Un mondezzaio di carcasse di auto e di elettrodomestici, e se le prime potrebbero essere vittime delle periodiche esondazioni i secondi rimangono testimoni della maleducazione del cittadino, per un fiume che si vorrebbe navigabile, con una spesa di 100milioni di euro, entro il 2015.
Il Tevere non potrà mai essere la Senna o il Tamigi immaginato dal Sindaco Marino, ma forse potrà assomigliare meno ad una cloaca.