
Difficile descrivere un romanzo che non accetta schemi in una società ormai senza schemi. Lo stesso titolo – poco chiaro per un italiano – rimanda a un nuoto non costretto da strutture e limiti. Una trama comunque c’è, più memoir che novel: l’autrice si descrive in prima persona e senza pregiudizi. Vive a Londra e lavora nel mondo dell’editoria e dell’università, è queer e si muove con disinvoltura tra amanti, amiche, concerti e mostre, ripensando tutte le sue azioni in funzione delle sue estese letture, “usando le opere per parlare di noi” (pag.61). Nata in Veneto, l’autrice ha studiato a Bologna e ha seguito la strada dello studio e del lavoro all’estero, ed è ora ben inserita a Londra nella professione accademica e nel mondo dell’editoria. La sua vita non è trasgressiva, nel senso che nella metropoli londinese quello che lei fa è ampiamente permesso, almeno in certi ambienti dove si può vivere senza uscire dalla “comfort zone”. Frequenti anche i viaggi, nello stile letterario che io chiamo (con ironia) internazionale: si prende l’aereo da una capitale all’altra solo per seguire un concerto, vedere un amico o vivere una notte d’amore. Ma se ormai niente e nessuno si oppone ai tuoi desideri e alle tue aspettative è difficile creare il dramma. L’autrice lo sa e fin dalla prima pagina crea l’evento: entra in scena J., di cui non sappiamo nulla; si sono conosciute su un sito di incontri e arriva a Londra dal Canada, dove ha una ragazza che in quel momento però è in Costa Rica. Ma ha anche un compagno in Inghilterra e vuole incontrare a tutti i costi l’autrice, con cui quasi subito andrà a letto. Quest’ultima si lascia trasportare dal flusso degli eventi, ma vive su diversi piani: quello della realtà, quello letterario e quello della diplopìa, vale a dire immagina di continuo una storia parallela a quella che sta vivendo. Non andrò oltre per non far spoiler, ma tutto il libro è costruito per mondi paralleli, dove i piani si confondono e si sovrappongono: evidente il tentativo di dar senso a una narrazione che procede da una serie di appunti orchestrati in modo razionale, ma senza schemi fissi: “ho sempre preferito le cose indefinite e prive di confini” (pag. 116) dice l’io narrante, a cui fa eco J. , la quale “non pianificava mai niente, ha risposto. Non pianificava più niente”. Tutto dunque è possibile, e poche cose sono prive di confini come l’immaginazione personale, specie se amplificata da quella realtà aumentata chiamata letteratura. E non per niente l’elemento più citato nel libro è l’acqua, materia profonda e pervasiva ma dalla forma indefinita, natabile in superficie come in profondità. E’ la fluidità come dasein, esserci. E qui a metà libro scopriamo Waterlog di Roger Deakin (1), dove impariamo che significa traversare “a nuoto libero” un paese per vie d’acqua e raccontarne i rituali. L’autrice rievoca la laguna veneta e persino l’Istria, ma è Londra ad esser descritta come città d’acqua. E qui mi vengono in mente l’inizio di Cuore di tenebra, quando i legionari romani risalgono il Tamigi, e – perché no? Tre uomini in barca di Jerome K. Jerome.
Altra riflessione frequente nel romanzo è il rapporto con una cultura diversa: identità della diaspora, essere altrove e sentirsi allo stesso tempo estranei e familiari, sforzarsi di capire una società dove non sarai mai accettato del tutto e di cui ti sfuggono alcuni parametri perché sottintesi o espressi con parole per te intraducibili. Chi studia le lingue sa bene che dietro grammatica e lessico vive una civiltà diversa dalla tua, e presto s’impara cosa significa vivere lontano dal proprio paese ma saperlo anche vedere dall’esterno. E qui sono inseriti i ricordi personali: la vita con la nonna, le piccole esperienze di bambina che lasciano il segno, la più aperta realtà bolognese. A far da catalizzatore è sempre il momento di crisi, stupendo termine greco e latino che sta per “giudicare, decidere” e indica il momento della scelta nella fase discendente a seguito della rottura di un equilibrio, in previsione di un nuovo equilibrio temporaneo. E il sottofondo risuona sempre di citazioni letterarie, appena accennate ma capaci di dare un senso più esteso alla propria esperienza e soprattutto a dilatarla oltre i confini della realtà tangibile. La definirei un’esaltazione delle zone fluide. L’autrice ha il tocco leggero, quasi minimalista: i capitoli sono brevi, agile la sintassi, i continui riferimenti letterari non pesano sul ritmo e la narrazione scorre rapida anche quando certe riflessioni sembrano uscite da un corso di strutturalismo. Alcune letture -Virginia Woolf, Flaubert, Orwell, Eliot, Proust – sono scontate, altre meno: Anne Carson, Cortazàr, Annie Ernaux, Stuart Hall, Derek Jarman, Deborah Levy, Zadie Smith, W.G. Sebald, Saidya Hartman e altri. In ogni caso l’elenco completo dei testi e degli autori citati è in fondo al libro, come le coordinate filmografiche e soprattutto musicali.
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Note:
- In italiano: Diario d’acqua : viaggio a nuoto attraverso la Gran Bretagna / Roger Deakin ; traduzione di Elisa Comito. Torino, EDT, 2011
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Wild Swimming / Giorgia Tolfo. Giunti / Bompiani, 2025. 297 pag., prezzo 18 euro
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