Il nuovo esecutivo egiziano è stato il risultato di equilibrismi politici, cominciando con la scelta che il presidente Mohammed Morsi ha fatto affidando l’incarico di premier a Hisham Kandil, un tecnico già gradito ai militari, nel formare il governo, proseguendo con l’accettare due donne di cui una cristiana e cercando di limitare la presenza dei Fratelli musulmani.
L’Egitto sembrava avviato verso una convivenza di non belligeranza tra il potere politico e quello militare in una forma di reciproco controllo affidando il ministero della Difesa al federmaresciallo Hussein Tantawi, responsabile del Consiglio Supremo delle Forze Armate (Scaf), ma l’armonia tra l’anima religiosa e quella laica sembra finita.
In pochi giorni Tantawi passa da ministro a pensionato e sostituito dal generale Abdel Fattah Al-Sisi ed anche il capo di stato maggiore Sami Anan viene messo a riposo e rimpiazzato dal generale Sidki Sobhi; ad entrambi è stato affidato l’incarico di consiglieri presidenziali.
Un avvicendamento all’interno delle Forze armate senza riuscire a capire se sono state delle punizioni o delle ricompense, ma forse Mohammed Morsi ha semplicemente applicato l’antico adagio che consiglia di tener vicini gli amici ma ancora di più i nemici, facendosi più audace con la cancellazione delle limitazioni che l’Esercito aveva posto ai poteri del presidente.
Destituzioni e destinazioni a nuovo incarico sono caldeggiate dall’incapacità di fronteggiare i continui scontri tra egiziani musulmani e quelli cristiani copti. Uno degli ultimi scontri, scatenato da una camicia rovinata in una lavanderia, ha portato all’uccisione di una decina di poliziotti al posto di frontiera Kerem Shalom con Israele.
L’effetto reale di queste scelte si potra’ soppesare solo nei prossimi giorni, ma di sicuro nel Governo non ha trovato posto chi è sceso in piazza Tahrir.
Ora l’Egitto deve affrontare la situazione economica e garantire sicurezza al turismo, sua maggiore fonte d’introito, portando Morsi a rispondere con risolutezza alle scorrerie jihadiste nel Sinai e interrompe il contrabbando e il transito di terroristi attraverso i centinaia di tunnel che collegano la zona di Rafah e Gaza. Il controllo del transito è stato uno dei tanti fallimenti dell’autoritario Mubarak che giocava sull’ambiguità, tenendo l’Occidente sotto “ricatto”. Morsi sembra che non debba fare questi giochetti: l’Egitto riceve finanziamenti europei e statunitensi oltre a quelli sauditi e questo facilita una via pragmatica nel governare, almeno sino a quando non troverà altre fonti di aiuto economico.
Un pragmatismo che sembra mancare alla nuova classe politica che sta impostando il futuro della Tunisia con delle scelte impopolari del partito islamista Ennahda (al-Nahda) di governo sulla messa in discussione dello status delle donne. Nella metà degli anni ’50 grazie alla visione modernista di modello sociale Habib Bourguiba adottò un testo progressista per il mondo arabo di allora come d’oggi con il Codice sullo status personale (Code du statut personnel – CSP). Una scelta che aveva rivoluzionato i rapporti familiari e che ora viene messa in discussione con modifiche costituzionali, trasformando la parità tra donna e uomo in “complementarietà”, ribadendo sia il ruolo dello Stato come garante dei diritti e sia le pari opportunità delle donne, ma “all’interno della famiglia”. Un’incongruenza dialettica nel controverso articolo 28 che ha portato a manifestare per le strade di Tunisi come a Sidi Bouzid, la culla della rivoluzione, per non trasformare la parità in complementarietà.