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Traiano: Optimus Princeps

Marco Ulpio Traiano nacque nel 53 d.C. ad Italica in Spagna da famiglia umbra, con cittadinanza romana, trasferitasi forse per motivi di commercio o di servizio. Il padre fu alto ufficiale dell’esercito romano ed anche Marco scelse la carriera militare giungendo a grado elevato anche se non abbiamo notizia delle campagne a cui avrebbe partecipato.
Nel 96 d.C. fu adottato dal vecchio senatore Cocceio Nerva, appena eletto imperatore dopo l’uccisione di Domiziano, che lo scelse come successore inaugurando la serie degli imperatori adottivi che fecero di gran parte del II° secolo d.C. il periodo più prospero della lunga storia dell’Impero Romano. Divenne a sua volta imperatore nell’anno 98 ed iniziò una frenetica attività in vari campi: fu grande costruttore ed a lui sono attribuiti i porti di Fiumicino, Ancona, Civitavecchia, Terracina, una sostanziale variante della via Appia, l’Arco di Benevento, l’acquedotto proveniente da Bracciano e riattivato 1500 anni dopo da Papa Paolo V Borghese.
Altre opere furono realizzate nelle province ma la sua massima fu fatta a Roma, il Foro, la Basilica Ulpia e la Colonna, completata dal suo successore e destinata alla sepoltura sua e della moglie, con la storia scolpita delle sue guerre vittoriose. Fu amorevole benefattore fondando “l’istitutio alimentaria” a favore di bambini e giovani bisognosi e curando mantenimento e istruzione degli orfani dei soldati. Ma la sua fama maggiore viene dalla sua vittoriosa attività militare; all’epoca l’impero, a parte piccole rivolte e razzie ai confini, subiva due aggressioni, da una parte i Daci premevano sul limes del Danubio, dall’altra, in Oriente, i Parti tentavano di invadere le province asiatiche.
Contro i Daci Traiano condusse due lunghe e difficili campagne che portarono alla conquista della regione e alla morte del re Decebalo; i Parti furono più volte sconfitti e Traiano occupò i territori corrispondenti all’odierno Iraq. Le conquiste orientali furono poi abbandonate dal successore Adriano che le giudicò difficilmente difendibili. Durante il viaggio di ritorno a Roma per celebrare il suo trionfo Traiano morì in Cilicia nel 117 d.C.; il trionfo fu fatto comunque celebrare in effige da Adriano. L’Optimus Princeps godette di grandissima fama sia ai suoi tempi che successivamente, nel Medioevo si disse che Papa Gregorio avesse ottenuto una sua temporanea resurrezione per battezzarlo in modo che potesse accedere al Paradiso, anche Dante lo cita nella Divina Commedia rifacendosi alla leggenda secondo la quale l’imperatore avrebbe interrotto la partenza per una impresa militare per rendere giustizia ad una vedova che l’aveva richiesta.
Per ricordare i 1900 anni trascorsi dalla morte dell’imperatore Roma Capitale e Zetema Progetto Cultura con l’intervento di numerosi e qualificati sponsor hanno organizzato, presso i Mercati Traianei, la mostra “Traiano. Costruire l’impero, creare l’Europa” che con l’ausilio di numerosi reperti provenienti da sedi della Sovrintendenza Capitolina e da musei italiani e stranieri esamina la vita e le opere dell’imperatore da più punti di vista. Nei suggestivi ambienti dei Mercati sono ospitati statue, busti, stucchi, monete e gioielli, modelli in scala, filmati ed alcuni calchi, provenienti dal Museo della Civiltà Romana, di parti della Colonna Traiana.
La mostra si articola su varie sezioni che ripercorrono gli aspetti dell’opera dell’imperatore; si comincia, stranamente, dalla sua morte entrando in una riproduzione del basamento della Colonna che ospita un filmato sulla sua vita, si prosegue con la sua carriera militare culminante con l’apoteosi delle guerre Daciche per giungere alla organizzazione dell’impero dal punto di vista amministrativo e assistenziale. In questa sezione viene anche esaminata l’attività benefica e commerciale delle donne che gravitavano nella corte imperiale, in particolare la moglie Plotina e la nipote Matidia che fu poi suocera di Adriano; le due donne molto si spesero per agevolarne la successione riuscendo ad imporne la nomina al Senato e alle Legioni. La quarta sezione espone reperti provenienti dalla grande villa imperiale recentemente sistemata ed aperta al pubblico ad Arcinazzo. Seguono sezioni che esaminano la fortuna dell’imperatore nei secoli e la sua grande attività di costruttore attraverso numerosi plastici e filmati che illustrano luoghi traianei inaccessibili al pubblico come l’interno dell’acquedotto dell’Acqua Traiana, i sotterranei delle Terme sul Colle Oppio le stanze affrescate della Privata Traiani sull’Aventino.
La mostra è ricchissima di reperti ed ha caratteri di grandiosità ben confacenti alla fama dell’Imperatore. Una avvertenza tecnica, le opere esposte sono spesso frammiste con quelle della dotazione abituale del museo dei Mercati ed è necessario distinguerle dal colore del cartellino esplicativo che è nero per i reperti della mostra e bianco per gli altri. La mostra è arricchita da istallazioni multimediali e iniziative sul Foro di Traiano.

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Traiano.
Costruire l’Impero – Creare l’Europa
Dal 29 novembre 2017 al 16 settembre 2018

Mercati di Traiano. Museo dei Fori Imperiali
Roma

Orario:
tutti i giorni 9,30- 19,30
chiuso 1 gennaio, 1 maggio, 25 dicembre

Informazioni:
tel. 060608
(tutti i giorni ore 9.00 – 19.00)

Catalogo:
De Luca Editori d’Arte

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Campo de’ Fiori: La Movida (2)

Una sera a casa di amici, ormai quasi tutti in età di pensione. Ognuno di noi abita all’altro capo di Roma – ma è ancora Roma? – e ogni tanto si organizza una rimpatriata; ormai i figli son grandi e vanno per conto loro. Stasera anche gente nuova, un paio di amiche di un’amica di mia moglie. Si chiacchiera, si commenta la cronaca. Si parla anche dei due carabinieri coglioni che a Firenze si sono approfittati delle due studentesse americane ubriache. Questa signora si ricorda pure di aver sentito da un’amica la storia di due ragazze canadesi che trent’anni anni prima si erano fatte sbattere a una festa da qualche parte a Campo de’ Fiori. E qui drizzo le orecchie: al Campo ci ho vissuto per anni prima di sposarmi. In più, sapendo bene l’inglese, ho spesso lavorato proprio con studenti americani. Brutta storia: le avevano fatte bere o molto probabilmente quelle avevano alzato il gomito da sole, ma c’era pure qualche canna di mezzo. La voce narrante quella serata se la ricordava benissimo: sul tardi era sconfinata in un “mezzo” stupro. Anche lei aveva bevuto, ma certo meno delle due straniere. Tanto per capirci, in genere sono brave ragazze, spesso figlie di professionisti, ma quando arrivano in Italia scoprono che possono bere tutto l’alcool che vogliono a qualsiasi ora e in qualsiasi quantità, col risultato di mettersi spesso nei guai.

E quella sera da Jane si era bevuto: sangrìa per la precisione, ma fatta in casa sul momento, quindi mescolando senza controllo. Jane era una brava giornalista inglese che viveva dietro ai Giubbonari, in un appartamento a stanzoni dove transitava di tutto: ospiti, amanti, più i colleghi della stampa estera. Di quella sera ricordo anche un paio di canne: se le passava un gruppo sbracato sul divano, mentre uno di noi cambiava i dischi. Quanto alle due canadesi, una delle due di certo si era già appartata con il fico di turno, li avevamo visti andare verso un’altra stanza. Ma l’amico non aveva perso tempo: afferrata per un braccio l’altra ragazza mentre era seduta a chiacchierare con uno studente italiano, la invitava a seguirlo. Quella non oppose resistenza, sia perché mezza ubriaca, sia per non lasciare l’amica da sola. Sparirono quindi nella stanza di cui sopra e chiusero la porta. Si sentivano voci e rumori, ma nessuno ci badava, complice anche un disco dei Led Zeppelin a volume alto. Chi raccontava questa storia ancora ricordava la faccia dell’italiano rimasto di merda quando gli avevano soffiato la “sua” canadese. Si ricordava persino i nomi. Anne era quella salita per prima, Juliette era invece quella sfilata sotto il naso allo studente. I due compari erano rimorchiatori navigati, lui sapeva parlar francese ma era troppo timido per farcela. Ovvero, forse gli poteva pure andar bene se non fosse salita altra gente, il che era improbabile: all’epoca gli stranieri residenti al Campo e a Trastevere – soprattutto americani, inglesi e australiani – il dollaro era alto – ma anche tedeschi, olandesi e qualche sudamericano – avevano casa sempre aperta, era normale sentir suonare alla porta alle ore più disparate: amici di passaggio, italiani in caccia, cinematografari, mezzi giornalisti e scrittori, gente che andava a cena con gli amici o ne ritornava. A questa fauna si aggiungevano mezzi artisti e morti di fame vari, spesso fidanzati con straniere, chi per un mese, chi da anni. Quelli che avevano suonato alla porta erano i classici italiani che piacciono alle straniere: belli (per loro), simpatici e un po’ mascalzoni. Né sfuggiva a un osservatore esterno la profonda attrazione che certe ragazze provavano per quel tipo di uomini.

Quella storia e soprattutto i dettagli non li avevo mai raccontati a nessuno: il timido studente rimasto in bianco ovviamente ero io. Ormai non lego più con le americane, forse proprio perché ci ho lavorato per anni: sono superficiali e trovo insopportabile il loro modo di parlare sguaiato e tanto simile ai cartoni animati. Ma all’epoca stavo dietro alle straniere mie coetanee, senza badare al passaporto: erano più libere delle compagne di scuola, non è come adesso. Ma torniamo indietro: una volta sentite le urla al piano di sopra e il trambusto che ne seguiva – più che altro una gran piazzata – me la filai all’inglese, temendo che un vicino chiamasse la polizia o che le due ragazze denunciassero tutti quanti. Ricordo ancora la frase idiota di una che stava in salotto: “che vai via?”. Che se la vedessero tra di loro: ero più deluso che incazzato e ormai la cosa non mi riguardava. La mia uscita di scena non la notò nessuno: nel frattempo chi si era accoppiato, chi sentiva la musica, chi fumava. Del resto a quei tempi era normale che i gruppi fossero molto mobili, stavo per dire liquidi, anche se poi qualcuno metteva pure su famiglia, come un calabrese che tenacemente otteneva dal governo danese l’ennesima borsa di studio. Era regolarmente fidanzato con una ragazzona bionda e anche simpatica e so che in seguito hanno avuto due figli. Ma da quel giorno divenni prudente: evitai per qualche tempo quella casa né parlai mai con alcuno di quella serata. Juliette poi che andasse aff.. : con me faceva la sostenuta e poi si era fatta sbattere da un altro. Neanche mi venne in mente che quella sera era stata violentata. Per tanti anni ho anche cercato di immaginare il giorno in cui qualcuno avrebbe rievocato quella storia, e quella persona ora stava davanti a me. Quella notte dunque era presente pure lei ma ora non mi aveva riconosciuto: col tempo un uomo perde i capelli e si veste in modo diverso. Ma neanche lei era riconoscibile, salvo far caso al tono della voce e a certe sue movenze ormai fuori moda, ma tipiche dei nostri bei tempi. Delle due canadesi aveva perso anche lei le tracce: erano poi ripartite, si erano scritte un paio di lettere e poi basta, nessun contatto.

A questo punto incrocio lo sguardo di mia moglie: capisce che le avevo nascosto qualcosa. A casa faremo i conti, anzi già in macchina.

Il ritorno di Leonardo

Leonardo da Vinci probabilmente non amò Roma e la corte pontificia, lavorò per lo più a Firenze e a Milano ma ora è tornato nell’Urbe. Non lui di persona, non il suo corpo scomparso in Francia, dove era morto, durante le guerre di religione della metà del ‘500 ma il suo famoso autoritratto disegnato in sanguigna rossa che è ospite dei Musei Capitolini sino al 3 agosto prossimo.
E’ un disegno dalla storia misteriosa, con una scritta in grafia non leonardesca Leonardus Vincius ritratto di se stesso assai vecchio aggiunta non si sa quando e da chi; si ritiene sia stato donato dall’artista al suo discepolo Francesco Melzi e venduto successivamente dai suoi eredi. Riapparve nei primi decenni dell’800 nella collezione di Giovanni Volpato che nel 1839 vendette la sua raccolta al Re di Sardegna Carlo Alberto che destinò il disegno insieme a numerosi altri d’insigni artisti alla Biblioteca Reale di Torino.
Recentemente è stato oggetto di ricerche da parte dell’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Artistico e Librario intese ad accertare lo stato di conservazione e studiare tecniche d’intervento restaurativo non invasivo. Si ritiene che il disegno sia databile agli ultimi anni di vita di Leonardo, anche se qualche studioso lo anticipa e qualche altro pensa sia solo un ritratto di vecchio e non un autoritratto, ma è comunemente ritenuto sua opera autografa sia in riferimento ad altre immagini conosciute che a concordanze stilistiche con altre opere.
L’artista fu uomo complesso e controverso, si dedicò a un gran numero di interessi, fu pittore, scultore, ingegnere militare, inventore, studioso di anatomia, di chimica; si cimentò in molteplici attività che in molti casi non concluse lasciando interrogativi sui suoi progetti. Nacque nel 1452, figlio illegittimo di un giovane notaio, e forse questa sua posizione influì sulla formazione della personalità. Entrò da ragazzo nella bottega del Verrocchio e verso gli anni ’70 iniziò ad avere commissioni. Nel 1482 si recò a Milano stringendo una solida relazione con i Duchi Sforza e per loro eseguì numerose opere, la più celebre del suo soggiorno milanese è senza dubbio l’Ultima Cena che tanti problemi continua a dare per l’uso di tecniche di pittura sperimentali rivelatisi poi non idonee. Dopo l’occupazione francese di Milano peregrinò tra Mantova, Venezia e Firenze e all’inizio del ‘500 fu ingegnere militare di Cesare Borgia. Nel 1514 giunse a Roma accolto dalla corte pontificia gravitante intorno al Papa Leone X Medici ma in città dominavano Raffaello e Michelangelo per cui Leonardo accettò l’invito del Re Francesco I a recarsi in Francia dove fu ospitato nel castello di Amboise e qui morì nel 1519.

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Mostre leonardo da vinciLeonardo da Vinci:
Autoritratto
Dal 23 giugno al 3 agosto 2015

Roma
Musei Capitolini

Orario:
tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.30

Ingresso:
Euro 5 (ridotto 4)
anche nella prima domenica del mese

Informazioni:
http://www.museicapitolini.org

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Barocco “trucido”

Si è aperta a Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia a Roma, una mostra singolare per il nome ed il contenuto: si chiama I bassifondi del Barocco. La Roma del vizio e della miseria ed espone una cinquantina di quadri dipinti nell’arco del XVI secolo.
Generalmente quando si osserva un’opera d’arte antica si valutano la bellezza dei volti, l’eleganza delle figure, il paesaggio, il colore. il chiaroscuro, nel caso della nostra mostra invece ciò che collega i quadri esposti, di svariati autori, è il crimine, la violenza, il furto, la prostituzione, la mendicità ed altri momenti della vita sordida della Roma del ‘600, aspetti che spesso non si colgono al primo sguardo sui dipinti.
Secondo quanto dichiarano le curatrici la mostra esamina “il lato oscuro e indecoroso della Roma barocca” e attraverso le opere dipinte da artisti, anche di grande fama come Lanfranco, Bartolomeo Manfredi, Dirck Van Baburen, Peter Van Lear, Simon Vouet, Jan Miel, passa in rassegna vizi, perdizioni, malefatte della Roma barocca ben lontana dalla Roma della Controriforma, della Chiesa trionfante, della magnificenza delle grandi famiglie principesche.
Il percorso espositivo è articolato in varie sezioni che analizzano il mondo del vizio, della miseria, delle taverne, dei tanti artisti, specie di origine nordica, che facevano della trasgressione la loro bandiera come i Bamboccianti, specialisti nella pittura di genere di ambienti piccoli e poveri, e i Bentvueghels, artisti del Nord Europa riuniti in una sorta di associazione che si contrapponeva alla paludata Accademia di San Luca e si articolava su riti di iniziazione e di appartenenza basati su allegre bisbocce ad alta gradazione alcolica.
La mostra si apre con “il soffio di Bacco” che espone quadri che coinvolgono mitologia, attualità e vino; un dipinto desta in particolare grande curiosità, è del Lanfranco e rappresenta un uomo quasi nudo sdraiato su un letto con un gatto. Quale ne è il significato? Cosa voleva esprimere un pittore certamente non alternativo come il Lanfranco?. “Bacco, tabacco e Venere” mostra le immagini di alcuni pittori Bentvueghels, “La taverna dissoluta” svela interni di taverne con bari, cortigiane, spadaccini” e così pure “Divertimenti e inganni” con la “Buona Ventura” di Simon Vouet. “disordini e violenze” parla di risse e assalti con quadri opera dei Bamboccianti. “i ritratti dei margini” mostra mendicanti e zingare dipinti con mirabile realismo.
L’esposizione si chiude con “la taverna melanconica: meditare sui piaceri” e “Roma insolentita” con altre scene di taverna con avventori che fanno musica con vari strumenti e paesaggi con piccole figure che solo ad un esame attento rivelano persone intente ad attività eufemisticamente definibili scorrette.
E’ una mostra molto originale che fa pensare in quanto espone dipinti in gran parte noti ma li esamina con un occhio particolare inteso a svelare vizi e miserie dell’umanità dei bassifondi della Roma del ‘600. In occasione della mostra si può anche visitare la Villa costruita a metà ‘500 per il Cardinale Ricci da Montepulciano e passata poi ai Granduchi di Toscana Medici e Lorena e nel 1803 acquisita da Napoleone con uno scambio con la Granduchessa Elisa, sua sorella, con il Palazzo Mancini al Corso allora sede dell’Accademia di Francia fondata nel 1666 da Luigi XIV e dal Colbert.

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Mostre Barocco Trucido anonyme-homme_faisant_le_geste_de_la_fica-2-150dpiI BASSIFONDI DEL BAROCCO
La Roma del vizio e della miseria
Dal 7 ottobre 2014 al 18 gennaio 2015

Roma
Accademia di Francia a Roma – Villa Medici

Informazioni:
tel. 06/67611
sito web

Orario:
da martedì a domenica
11,00/19,00

Ingresso:
Euro 12 (ridotto 6)
comprensivo di visita guidata alla Villa e ai giardini

Catalogo:
Officina Libraria in italiano e francese

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Mostre Barocco Trucido 01