Roma. Città antica di inenarrabili glorie. Archi di trionfo, teatri, circhi, templi. E poi lo scorrere dei secoli nell’alternarsi di novità e rinnovamenti: paleocristiano, romanico, gotico, bizantino e poi il succedersi luminoso della Rinascita, e il Manierismo, i tormenti del Barocco, il Seicento, il Settecento, fino ai rifacimenti dell’ altro ieri, dal Liberty al Razionalismo. E ogni volta l’antica e nobile Signora a rifarsi il trucco, accogliere generosa le nuove rivoluzioni, e di buon grado rifarle sue e farsene ornamento. Questa città non è certo la più antica del mondo ma è certo la più ricca in sé di stili, motivi, gusti, tendenze, in cui tutte le civiltà o mistiche o guerriere o barbare o raffinate, han portato i ricchi doni delle loro tradizioni, ogni volta accettate e fatte proprie dall’universale metropoli. Stile antico che si rifà ai tempi dell’Impero in cui razze, tradizioni, fedi, si inurbavano comodamente nell’esaltazione cosmopolita dell’Alma Mater. Ma forse più commuove e affascina, lasciati i trionfi e le glorie scoprire nei vicoli nascosti, nelle dimenticate penombre, nelle pieghe trascurate dal rumoroso e superficiale turista, i frammenti, le tracce che chi ama questa città va amorosamente indagando.
Porticine misteriose murate e quasi invisibili nel corpo delle maestose mura Aureliane, o fontanelle ormai mute, sorelle minori delle pompose scenografie acquatiche, o teste di sconosciuti senatori o condottieri ridotti a far da silenziosi custodi negli angoli bùi, come a mendicare perdute nobiltà. Così chi si allontana per un tratto dalla trafficatissima Porta Pinciana e si dirige, seguendo all’interno le mura verso piazza Fiume, s’imbatte tra anditi e architravi inglobati nel laterizio, nella discreta fontanella detta “Fons Ludovisia” come detta l’inciso della pietra: tre rustiche lesene a far da corona allo sgocciolare della semplice cannella e una rudimentale vaschetta in cui s’accoglie la nobile Acqua Marcia. Essa fu posta là a decorare uno dei primi squarci del tratto murario, necessità della nuova città e del nuovo traffico, ma prima ancora, addossata alla cinta Aureliana, faceva parte scenografica della vasta e perduta villa Ludovisi, oggi scomparsa o ridotta e arretrata fino al limite di via Boncompagni. Alcuni frammenti marmorei la decorano modestamente se non fosse per l’architrave quasi pomposo addossato alla nicchia più antica. Quasi non vista, come discreta, muta testimone di un tempo remoto, di piccole glorie nell’accavallarsi senza tregua di innumerevoli stagioni, essa rimane a parlarci di questa straordinaria città in cui tutto si perde e si ritrova, in cui i fasti marmorei s’accompagnano al rude laterizio e al frammento sconosciuto. Più in là, in un nicchione, campeggia un busto enorme in stile alessandrino cioè somigliante all’iconografia del mitico condottiero macedone, o forse di un dimenticato generale romano (Ezio? Belisario?), anch’esso una volta a far da fondale glorioso della perduta villa Ludovisi.
Una piccola avventura, una affettuosa indagine, per chi ama cercar piccoli tesori nell’ esplorare l’infinita ricchezza che a tutti dispensa la Città delle Città