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Russia: Dalle sanzioni al tintinnar di sciabole

Mosca ha perso in pochi decenni l’impero sovietico, le nazioni satelliti, gli stati cuscinetto e il Patto di Varsavia ed è difficile abituarsi ad avere al di la dei propri confini delle nazioni che prima erano degli alleati se non addirittura dei sudditi ed ora sono degli antagonisti.
È difficile da digerire per una potenza che non aveva bisogno di democrazia per gridare il riscatto del proletariato, offrendo un socialismo per pochi, dover rinunciare al ruolo di protettore della gran parte delle nazioni africane e latinoamericane.
Una potenza militare sorretta da un’economia di Stato dopata e che improvvisamente si è trovata davanti alle proprie debolezze e dover competere con l’economia capitalista e arginare la selvaggia monopolizzazione dei nuovi ricchi che con i rubli degli affari dubbi e convertiti in dollari, si sono aggiudicati fabbriche e società sovietiche messe in vendita dallo Stato in cerca di soldi.
Ora la Russia ha superato ogni “trasparenza”, con una democrazia estremamente autoritaria, e un leader che riesce a consolidare la sua popolarità con giochi d’illusione.
Un Putin che è riuscito ha catturare l’attenzione dei russi sulla necessità di fare soldi e sul nazionalismo più sfrenato, rafforza il suo elogio della Nazione forte, facendo dichiarazioni in difesa delle popolazioni russofone nei paesi baltici e nell’Ucraina, annettendo la Crimea.

Un’apologia che necessita di nemici interni ed esterni da combattere ed ecco che si distrae il popolo nei suoi disagi, con nuovi armamenti e dichiarazioni altisonanti sulla difesa dei confini. Se l’Occidente ha un certo islam come avversario, la Russia ha l’Occidente che mostra ostilità con le sanzioni economiche per la crisi ucraina.

Una crisi quella ucraina nella quale l’Occidente è intervenuto impulsivamente, mentre Putin ha dimostrato di apparire un pacato diplomatico che fa vedere i muscoli, ma sa usare le parole, operando dietro le quinte, riuscendo a “vendere” l’immagine di Russia vittima e non aggressore – è la Nato che si allarga ad Est, avvicinandosi alle nostre frontiere mentre noi non ci muoviamo da nessuna parte -, una capacità di illusione trasformistica che il leader russo deve alla sua capacità “diplomatica e al suo passato di agente del Kgb.

Se gli Stati uniti collaborano con la Russia non solo sul programma nucleare iraniano, ma anche sul controllo sulla-proliferazione delle armi di distruzione di massa e nella lotta contro il terrorismo, perché non cooperare in altri campi, trovando una soluzione alle sanzioni?

Sanzioni che hanno messo in difficoltà la Russia, ma in Europa, insieme alla Svizzera, sono a rischio due milioni di posti di lavoro e circa 100 miliardi di euro in valore aggiunto nell’export di beni e servizi, è ciò che si evince dallo studio condotto in esclusiva per il Lena (Leading European Newspaper Alliance) dal Wifo (Osterreichisches Institutfur Wirtschaftsforschung, Istituto austriaco per la ricerca economica), è l’inchiesta che ha coinvolto i giornalisti del Lena (La Repubblica, Die Welt, El Pais, Le Figaro, Le Soir, Tages-Anzeiger e Tribune de Genève).

Se dal 2013 sono in corso dei negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, per un accordo commerciale di libero scambio Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), con l’obiettivo di ridurre i dazi doganali e omologare le norme sul cibo, perché non discutere la proposta russa sulla creazione di uno spazio economico unico da Lisbona a Vladivostok?

È facile e opportuno dedurre che ogni conflitto viene tenuto lontano dove le nazioni sono legate da accordi economici reciprocamente convenienti.

Le limitazioni agli scambi economici non fanno altro che acutizzare i già difficili rapporti con Putin. Dopo e continue provocazioni aeree dei russi in prossimità di aerei e navi dell’Occidente, i russi hanno sfoggiato i nuovi carri amati T-14, dal designer molto accattivante, durante la parata per le celebrazioni della vittoria russo-sovietica nella Seconda Guerra Mondiale, mentre la Nato annuncia un rafforzamento dello schieramento militare nel Baltico.

La mossa successiva è quella russa con il potenziamento del suo arsenale nucleare con 40 nuovi missili balistici intercontinentali, ammonendo la Svezia a non aderire alla Nato, altrimenti i missili saranno puntati su Stoccolma, oltre a chi osa “minacciare” Putin.

Dai tronfi annunci allo sferragliare di sciabole, così prende l’avvio una grave escalation modello guerra fredda che farà la felicità delle industrie belliche di entrambi gli schieramenti, oltre ai gruppi e gruppuscoli che guerreggiano in Medio oriente e in Africa.

È sconsigliabile ritornare alla Guerra Fredda ed è impensabile isolare la Russia, anche se non può contare più sul Patto di Varsavia, impegnata a intrecciare nuove alleanze con gli aderenti del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), dando vita a una propria strutturazione finanziaria autonoma (New Development Bank), con sede a Shangai, e alternativa al Fondo monetario internazionale (FMI).

Una Banca questa contro le sanzioni e gli embarghi imposti ai paesi che non si attengono alle direttive occidentali nel governo del Mondo.

Una rigidità quella dell’Ue incomprensibile che non lascia spazio al dialogo, alla possibilità di trovare un compromesso di pacifica convivenza, senza precipitare in una costosa e pericolosa escalation, perché quello di Putin è un nazionalismo più economico che una conquista russofona.

Un’escalation da far pagare agli europei e che ha facilitato l’intesa russo-greca sul gasdotto che aggira l’Ucraina e continuerà ha punire più l’Occidente nella mancata esportazione di beni e tecnologie che la Russia ricca di materie prime.

Non si può lasciare Putin nella convinzione che «la Russia ha due soli alleati: il suo esercito e la sua flotta», come affermava lo zar Alessandro III.00 OlO Nato Russia Il tintinnar di sciabole europe-lose-100-billion 00 OlO Nato Russia Il tintinnar di sciabole Parata Seconda Guerra Mondiale parata-mosca-670x274

Roma: Sulle tracce architettoniche del potere fascista

Camminare per Roma e non vedere i luoghi come sono oggi, come ce li hanno consegnati il cinema prima e poi la televisione; vederli invece com’erano negli anni venti, feriti e sanguinanti, scovarne le tracce nascoste: è questo l’obiettivo degli itinerari ricostruiti in questa guida da Anthony Majanlahti e Amedeo Osti Guerrazzi, la cui ricerca non ha lasciato inesplorato alcun palazzo, vicolo, quartiere. La Prima guerra mondiale non fu gentile con l’Italia. E con Roma in particolare. Esaurita la disponibilità di case popolari, gli immigrati e i poveri che affluivano ogni giorno nella capitale, già sovraffollata e irrequieta, costruirono baracche accanto agli acquedotti e alle vecchie torri fuori le mura. Erano agglomerati miseri, squallidi, pericolosi ai quali il governo e la nuova classe media guardavano con sospetto. L’indolente e soleggiata città dei cesari e dei papi si scrollò di dosso secoli di immobilismo con un sussulto violento, e ne risultarono spaccature profonde. La disillusione generata dalla pace di Parigi, incarnata dal mito dannunziano della «vittoria mutilata», non fece che esacerbare le divisioni e i contrasti – fra ricca borghesia e indigenti, fra studenti e forze dell’ordine –, finché nel 1919 una nuova, dolorosa lacerazione si aprì nel tessuto sociale urbano: quella del fascismo. Eppure la Storia sembra aver dimenticato le ferite che lo squadrismo inferse a Roma: non c’è traccia degli scontri che insanguinarono i rioni popolari di San Lorenzo e del Trionfale, nessun monumento ricorda i massacri perpetrati dalle Camicie nere, nessuna targa commemora i nomi delle vittime. A recuperare questa memoria dolorosa ma essenziale interviene Roma divisa. I suoi dettagliati percorsi ci conducono nei luoghi da cui il tempo e la negligenza hanno lavato via i segni di quegli anni tumultuosi e contraddittori, come la sede del sindacato dei fornaciai su via Tolemaide, dove si concentrarono – subito dopo la Marcia su Roma – gli attacchi dei fascisti che volevano «dare una lezione» ai lavoratori; o come il caffè Aragno, animato centro culturale frequentato fra gli altri da Vincenzo Cardarelli, Filippo Tommaso Marinetti e Leonardo Sinisgalli, dove nel 1921 l’onorevole socialista Alceste Della Seta fu bastonato duramente da alcuni irriducibili mussoliniani. O ancora come largo Chigi, a pochi metri da dove fu orchestrato il delitto di Giacomo Matteotti. Una guida per non dimenticare, ancora una volta, che il fascismo non avrebbe mai potuto stroncare l’opposizione popolare senza un alleato quanto mai fedele, lo Stato italiano, e per vedere Roma con occhi diversi.

Un libro che segue quello dedicato da Rino Bianchi e Igiaba Scego alla Roma negata (Editore Ediesse, 2014) di Passeggiate coloniali.

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Il libro verrà presentato
Giovedì 27 novembre 2014
Presso i Musei Capitolini

Invito_Roma divisa_Roma

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Invito_Roma divisa_Roma coverROMA DIVISA 1919 – 1925
Itinerari, storie, immagini
di Anthony Majanlahti e Amedeo Osti Guerrazzi

Editore: Il Saggiatore, 2014
Pagine: 320
Prezzo: € 19,50
ISBN 9788842820109
EAN:9788842820109
E-book € 10,99

 

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Anthony Majanlahti (Montréal, 1968) è docente universitario di Storia e urbanistica di Roma e associato dell’Accademia Britannica. Nel 2007 ha pubblicato Guida alle grandi famiglie che fecero Roma (Vallardi, 2007), tradotto in diversi paesi.

Amedeo Osti Guerrazzi (Roma, 1967) collabora con l’Istituto storico germanico di Roma. Tra le sue ultime opere ricordiamo: Noi non sappiamo odiare. L’esercito italiano tra fascismo e democrazia (Utet, 2010), L’esercito italiano in Slovenia, 1941-1943. Strategie di repressione antipartigiana (Viella, 2011) e Storia della Repubblica sociale italiana (Carocci, 2012).

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