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La realtà del falso

“Una cosa sola è vera: che è tutto falso” (da La storia vera, di Luciano di Samosata)

Falsi e falsari nella Storia, a cura di Paolo Preto. Sono più di 600 pagine – vere – sui falsi. Nulla si salva: documenti, opere d’arte, diplomi, opere politiche, monete, letteratura, merci, immagini… non si capisce se è più geniale il falsario o più ingenuo il cliente di turno, che può essere anche un colto direttore di museo, un nobile in cerca di certificazione, un ricco collezionista, un critico letterario. Totò si vende la Fontana di Trevi, ma i musei americani di arte antica sono stati ben più incauti del turista nel film. E questo per gareggiare con i musei della vecchia Europa, ricchi di reperti ma povere di fondi. E qui la prima legge del falso: si produce quello che il mercato richiede, giocando sull’avidità del cliente e la riservatezza dei contatti. Negli anni del Nazismo furono trovate tante, troppe antiche iscrizioni in caratteri runici, ma era proprio quello che i gerarchi volevano per giustificare l’antichità della pura razza ariana (un falso anche quello, ma politico). E qui è difficile credere a quanti documenti rivendichino l’antichità di una casata, di un popolo, di un culto: fabbricati in scala industriale da monasteri, eruditi e notai, furono scremati dal Rinascimento in poi, quando si perfezionarono l’analisi linguistica e lo studio delle scritture e dei sigilli. Molte statue romane sono copie di copie, ma lo erano anche in epoca antica. Più raffinati, i Romantici s’inventarono falsi poemi antichi (ossianici o meno), ritrovato falsi manoscritti da loro tradotti, al punto che ormai quello del manoscritto antico è diventato un cosciente gioco di società fra scrittore e lettore. Presi sul serio invece i Libri di Mormon, che l’angelo Moroni dettò a un predicatore americano per poi riprenderseli a copia finita. Presi sul serio anche I protocolli dei Sette Savi di Sion, un falso antiebraico ancora oggi ristampato e validato persino da un politico italiano. E’ infatti in politica che i danni del falso si rivelano più pericolosi: falsa propaganda, falsi processi, false biografie, revisione storiografica. Orwell quando immaginava il “Ministero della Verità” nel suo noto romanzo 1984 sicuramente pensava ai regimi totalitari del suo tempo, ma non poteva prevedere l’internet e il suo attuale sviluppo.

Ma parliamo dei falsi meno letali. Un falso De Chirico è un “bidone”, ma in fondo non manda nessuno in Siberia. Van Megeren – falsario olandese – fu accusato di collaborazionismo per aver venduto quadri fiamminghi ai nazisti, ma divenne quasi un eroe quando per salvare la pelle dimostrò di averli dipinti lui. Troppo lungo sarebbe spiegare le varie tecniche di contraffazione e invecchiamento dei materiali, come un capitolo a parte sono i moderni mezzi di analisi (microscopio a scansione, spettroscopia, termoluminescenza). Sicuramente un falsario di pittura contemporanea compra tele e colori negli stessi negozi dei suoi nobili modelli, e infatti non c’è artista contemporaneo che non sia stato falsificato, qualche volta consenziente l’originale, vuoi per beffa o altro. “Un falso Picasso saprei farlo meglio io”, diceva… Picasso.

Questo l’aneddoto. La realtà è più complessa, ma così semplificabile: esiste la triade, composta dal falsario, dal mercante d’arte o antiquario, e infine c’è il critico d’arte come garante. Quest’ultimo può essere anche un uomo molto stimato nel suo ambiente (p.es. Berenson), ma per ottenere un quadro a prezzo scontato diventa il complice del mercante d’arte. Il falsario vero è proprio è invece un bravo artista o artigiano (come il leggendario Dossena), dotato di una sensibilità particolare quanto della piena padronanza dello strumento. A tradire il falsario è in genere la necessità di un modello o più modelli mixati insieme. Il falso diventa reato quando l’opera prodotta “di maniera” viene spacciata per originale o attribuita a un artista diverso o più famoso. La molla è la solita: il denaro. Quanto al mercato, segue le mode del momento. I quadri senesi e “primitivi” furono p.es. l’ossessione di fine ‘800 e inizio ‘900, ed è impressionante la bravura degli artigiani italiani che li confezionavano.

Un paio di righe infine sui falsi letterari. Si potrebbe fare un’antologia di scrittori mai esistiti, con tanto di bibliografia. Spesso era un mezzo per evitare la censura (spesso sono falsi anche i luoghi di stampa) o per scrivere collettivamente opere di consumo, ma non mancano diari di viaggio scritti da avventurieri di ogni genere, scherzi tra accademie e false prime edizioni per collezionisti. Qualche volta il falsario lascia l’indizio, la sua firma: per orgoglio. Ma anche per scherzo: che pensereste di un libro moderno che garantisce nel colophon “stampato a Magonza presso Gutemberg?”


Falsi e falsari nella storia. Dal mondo antico a oggi
Paolo Preto
Curatore: Walter Panciera, Andrea Savio
Editore: Viella, 2020, pp. 624
Prezo: € 32,00

EAN: 9788833132891