Greta Thunberg ha indubbiamente spiazzato tutti, a cominciare dai partiti politici, e il movimento giovanile nato dalla sua caparbia protesta è l’unica novità positiva nel deprimente panorama politico europeo. Detto questo, quello che profondamente mi ha colpito è stato sentire “Bella ciao” rinverdita con un nuovo testo e divenuta inno ufficiale della Green Revolution. Anche chi non ha partecipato a uno dei tanti cortei può vedere in rete il bel video della canzone, con tanti volti di giovani sorridenti.
Bella ciao l’abbiamo cantata quasi tutti almeno una volta a scuola o durante una manifestazione, ed è così popolare da essere stata anche oggetto di studio. Senza dilungarmi troppo (trovate tutto su Wikipedia), dirò che è stata adattata dai partigiani italiani emiliani o comunque del nord Italia a partire da un canto popolare, forse un canto di lavoro. In realtà la sua popolarità si è ampliata assai più nel dopoguerra, diffusa nelle varie adunate giovanili europee e tradotta in varie lingue. A suo favore c’è un testo universale – si parla di un invasore, senza specificare quale, anche se il riferimento storico era chiarissimo. E soprattutto, la musica ha tutte le caratteristiche del canto popolare: facile, orecchiabile, corale: esattamente quello che non capiscono i nostri parroci quando stampano i loro astrusi canzonieri liturgici da proporre all’assemblea dei fedeli. Ma tornando a Bella ciao, ora ricompare sulla scena un cugino lontano: nel repertorio tradizionale di un musicista ebreo errante è stata registrata una melodia che, sia pur orientaleggiante – nel classico stile “klezmer” – nelle prime battute e anche in alcune altre somiglia molto alla nostra amata canzone partigiana. Ascoltare per credere.
Che dire? E’ forse ozioso chiedersi se quella canzone è stata creata dai musicanti yiddish o dai rom o piuttosto non siano stati loro a diffonderla in giro dopo averla ascoltata magari in Friuli. Ricordo ancora a memoria una melodia che quando ero bambino sentii da qualche parte in quel di Bolzano: un musicista ambulante tirolese l’aveva suonata al clarinetto per ore a una festa campestre e alla fine mi era entrata dentro per sempre. Certo, analizzandolo con un minimo di orecchio musicale, il motivo di Bella ciao è impostato in modo minore, tipico di tanta musica dell’Europa orientale, e risente più delle scale modali (tradizionali) che della musica tonale (più moderna). Ma quello che trovo più importante è la sua vitalità: rimane anche ora un inno al futuro che vorremmo.