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Il lungo viaggio dell’istruzione

I protagonisti involontari dell’ultimo lungometraggio di Pascal Plisson, senza conoscere Antonio Gramsci o Don Lorenzo Milani, nel teorizzare e praticare l’importanza dell’istruzione, appaiono consapevoli della rilevanza che ha la conoscenza per migliorare la vita.

Il regista francese, nel preparare un film, si è trovato davanti ai sacrifici che i ragazzi devono affrontare in vari luoghi del Mondo per andare a scuola. Una realtà che ignorava quella di intraprendere un periglioso viaggio che portavano i coraggiosi scolari da casa a scuola e viceversa, perdendo, lungo la strada, un po’ d’infanzia ogni giorno.

Dall’Africa, Asia e America Latina, per raccontare quattro storie in climi avversi e in un ambiente sfavorevole, tra animali ostili e malfattori, mentre in Italia, ma anche in altre parti del Mondo dove tutto è più facile e basta prendere il bus o il treno per ricevere un’istruzione, l’abbandono scolastico è sempre presente.

Il film narra le storie di quattro bambini, provenienti da differenti angoli del pianeta, ma uniti dalla stessa sete di conoscenza. Dalle savane sterminate del Kenya, ai sentieri tortuosi delle montagne dell’Atlante in Marocco, dal caldo soffocante del sud dell’India, ai vertiginosi altopiani della Patagonia, i quattro protagonisti, Jackson, Zahira, Samuel e Carlito sanno che la loro sopravvivenza, dipenderà dalla conoscenza e dall’istruzione scolastica, l’unico modo per salvarsi, tanto più se si è una bambina.

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06 Cinema Vado a scuola locandinaVado a scuola

(Sur le chemin de l’école)

Regia: Pascal Plisson

Sceneggiatura: Marie-Claire Javoy, Pascal Plisson

Fotografia: Simon Watel

Montaggio: Sarah Anderson, Sylvie Lager

Musiche: Laurent Ferlet

Produzione: Winds, Ymagis, Wild Bunch

Distribuzione: Academy Two

http://www.academytwo.com/film.php

Paese: Francia, 2012

Anno uscita: 2013

Durata: 1 h 15 min.

Formato: Colore

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Un’epoca di documentari

Il 1945 fu un anno cruciale nella storia della Gran Bretagna. Il senso di unità che aveva guidato il paese attraverso la Seconda Guerra Mondiale mescolato ai ricordi amari del periodo tra i due conflitti indusse gli inglesi a immaginare una società migliore. Lo spirito di quegli anni sarebbe diventato il nume tutelare dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Utilizzando filmati tratti dagli archivi regionali e nazionali, registrazioni sonore e interviste dell’epoca, Ken Loach tesse un racconto ricco di contenuti politici e sociali.

THE SPIRIT OF ’45 vuole illustrare e celebrare un periodo di coesione e spirito comunitario senza precedenti nel Regno Unito, il cui impatto è perdurato per molti anni e che vale la pena di riscoprire oggi.

Il regista inglese Ken Loach usa filmati d’archivio della Gran Bretagna, registrazioni sonore e interviste attuali, per creare una narrazione politica e sociale sugli anni successivi alla Seconda guerra mondiale. Soffermandosi sui cambiamenti affrontati dal suo paese, Loach mette in evidenza come i risultati del governo laburista del 1945 abbiano gettato le basi per la costruzione del futuro della Gran Bretagna.

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06 Cinema The Spirit of '45 S45_image_3_copyright_AP_ARCHIVE_MOVIETONE partThe Spirit of ’45

Ken Loach ricostruisce, in chiave politica e sociale, la storia del secondo dopoguerra in Gran Bretagna

Regia di Ken Loach. Genere Documentario, produzione Gran Bretagna, 2013. Durata 94 minuti circa. Da giovedì 12 settembre 2013 al cinema.

Regia                                      Ken Loach

Produttori                               Rebecca O’brian, Kate Ogborn, Lisa Marie Russo

Direttore di Produzione         Eimhear Mcmahon

Montaggio                             Jonathan Morris

Ricerche                                 Izzy Charman

Archivi cinematografici        Jim Anderson

Musiche originali                  George Fenton

Fotografia                              Steven Standen

Suono                                     Paul Parsons, Kevin Brazier, Ian Tapp

Colorista                                Gareth Spensley

THE SPIRIT OF ’45 è prodotto da Sixteen Films e Fly Film.

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Terra e Libertà: La storia siamo noi

Qualcuno disse: “Chi dimentica la storia merita di riviverla”. Forse la storia non è maestra di vita perché in fondo rifacciamo sempre gli stessi errori, ma è la nostra memoria, quel che siamo stati e perché. Ken Loach girò nel ‘95 Terra e libertà con l’entusiasmo e la commozione di rievocare i dimenticati di una guerra perduta (la guerra civile spagnola: 1936—1939). Nonostante sia un film propriamente “storico” nel rievocare temperie emotive e sociali, confusioni e speranze di un determinato periodo Terra e libertà è un film di sentimenti e di scoperte sopratutto individuali: l’amore, il valore dell’amicizia, la delusione, la crescita, la terribile abitudine d’avere la morte al fianco. Crescita di un uomo alla ricerca di sé stesso attraverso la prova cruenta e dolorosa della sua generazione.

Generazione utopicamente illusa e generosa che crebbe nell’entusiasmo e nella splendida confusione di uno straordinario crogiuolo: i primi trent’anni del ‘900. E’ un po’ lo stesso percorso estetico del grande romanzo storico. Come in Guerra e pace di Tolstoj la complicata e trascinante fatalità degli eventi è l’affascinante proscenio per i personaggi che subiscono, ma in un certo senso determinano, una serie di conseguenze esistenziali.

Questo per un inalienabile procedimento che è radicato nell’artista e nell’opera d’arte che vuole comunque nell’individuo, nell’”eroe” il fulcro e il senso d’ogni movente fatale, eroe in cui riconoscersi e immedesimarsi. Non esiste guerra o tragedia collettiva che in un’opera drammatica scavalchi e annienti i protagonisti, di nessuna importanza nella effettiva realtà storica, ma fondamentali nella resa artistica di un dramma che senza di essi sarebbe solo cronaca, documento. E’ legge eterna che vuole nel coinvolgerci nel pathos riconoscerci in una storia singolare che ci riassume e ci spiega. Ecco il perché del paradosso che in arte l’individuo è più importante della storia che lo contiene e nella quale agisce. Ecco perché Pietro e Natascia, in “Guerra e pace” sono più importanti della campagna napoleonica di Russia, perché Renzo e Lucia sono più importanti della peste secentesca, perché Ettore e Achille sono più importanti dell’assedio di Troia.

Così anche in Terra e libertà il protagonista è l’uomo, la donna, che in quella terribile fatalità si determinarono fino ad assumere statura tragica e a spiegarci la ragione, se ragione c’è nell’orrore di una guerra spietata,degli eventi che portarono a tanto generoso spreco di vite e di ideali. In questo senso la loro umanità, commovente esempio di quella generazione sacrificata, pur se sconfitta e delusa, trova ragione della sua esistenza, resta e si afferma umanamente. Così come nella vita gli sconfitti in nome della civiltà non sono mai perdenti, semente gettata e nascosta pur capace sempre di dar frutto, prima o poi.

Cinema loach-terra-e-libertàCinema Terra e Libertà La storia siamo noi

Finché c’è vita c’è stage

Billy (Vince Vaughn) e Nick (Owen Wilson) sono due commercianti la cui carriera è stata letteralmente stroncata dal mondo digitale.

Nel tentativo di dimostrare che non sono proprio da buttare, sfidano l’impossibile e riescono ad essere ammessi ad un ambito stage alla Google, insieme ad una schiera di brillanti studenti universitari. Tuttavia, dopo essere entrati a far parte del gruppo di stagisti, sono solo a metà dell’opera. A quel punto dovranno infatti competere con un’elite di esperti, un gruppo di geni della tecnologia, e riuscire a dimostrare che necessità fa virtù.

Billy e Nick scoprono che il segreto del successo è la ricerca. Un motore di ricerca che si chiama Google, un luogo in cui i sogni diventano realtà.

Per riuscire ad entrare in questo mondo, Billy e Nick sfrutteranno la loro eccellente abilità di venditori per reinventarsi come stagisti (o Nooglers, secondo il linguaggio di Google). Circondati da enfants prodiges che hanno la metà dei loro anni, questi due professionisti della persuasione attingeranno alla propria esperienza di vita e si daranno da fare per condurre la loro squadra di stagisti al meritato successo.

Cercando di colmare il gap generazionale e di trasformarsi da Noogler in Googler (così vengono chiamati gli impiegati a tempo pieno di Google). Billy, Nick, e i loro giovani compagni di squadra scoprono che la vittoria è legata alle lezioni della vita, che qualche volta vincere non significa arrivare primi e che anche loro possiedono la “Googliness”, il desiderio cioè di continuare a cercare …

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Cinema Gli stagisti the_internship_posterGli stagisti

(The Internship)

Genere: Commedia

Regia: Shawn Levy

Attori: Vince Vaughn, Owen Wilson, Rose Byrne, Max Minghella, Josh Brener, Josh Gad, Dylan O’Brien, Tobit Raphael, Tiya Sircar, Aasif Mandvi.

Durata: 119 min.

Prodotto nel 2013 in USA

distribuito in Italia da 20th Century Fox

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06 Cinema Gli-stagisti-featurette-in-italiano-clip-poster-e-immagini-della-commedia-con-Owen-Wilson-e-Vince-Vaughn

 06 Cinema Gli-stagisti-nuovo-trailer-per-la-commedia-con-Owen-Wilson-e-Vince-Vaughn-620x350

La bellezza della libertà. Il sogno della bellezza e l’incubo di non averla.

Quanto amiamo i titoli semplici ed evocativi! ed anche quelli monchi di una parte di significato, sia per pudicizia, per errore o altro

Ma procediamo con ordine.

Si sa, quando c’è Toni Servillo al cinema corriamo a staccare il biglietto; perché è l’unico “giovane” a saper esprimere la complessità di un artista. Ed è stato così anche per Viva la libertà e per La grande bellezza.

Ne hanno parlato tutti, del secondo – tra amici, sulla stampa, su quelle cose meravigliose che sono i social network, dove la gente si parla ma non si capisce – mentre del primo … poca cosa, forse l’avranno ritenuto banale, mah!

Il lamento generale, ormai almeno trentennale, è che “non ci sono più storie per il cinema”; chissà poi che storie si devono cercare, tutto sommato sono le stesse da millenni, sono i particolari ad essere diversi, i particolari e la sensibilità del tempo che cambiano, e che possono far cambiare storie uguali.

Qui c’era un validissimo esempio di storia diversa, anzi inversa, e ci riferiamo a Viva la libertà, ma non abbiamo visto in giro nessun accenno che lo sottolineasse; ed invece ce n’era un gran bisogno, perché non è usuale invertire un destino. Da Caino a Samonà, il fratello o è stato ammazzato o era pazzo, o è stato ammazzato perché era pazzo. Forse si ritiene banale uscire dal seminato, fare la figura dello scrittore di favole, uscire dal recinto degli “Autori”, forse qualcos’altro, ma in genere le storie millenarie sono intoccabili; ed invece abbiamo amato l’inversione “favolistica” che Andò ha usato facendo resuscitare il fratello pazzo, che pazzo non era per niente; se poi fosse il fratello, se fosse lui stesso, se fosse chissà chi, a noi non interessa; ci piace il coraggio dell’Autore di rischiare il banale, anche quando la scusa per l’emergere della figura nascosta avviene quando si va a ricercare il vecchio amore. Teniamo a mente il particolare, il ricordo del vecchio amore fa succedere qualcosa, lo ritroveremo anche di là.

Tra i due fratelli, Servillo ci stupisce per l’ennesima volta, e ci chiediamo quale possa essere il limite di quest’attore; giacché su registri tesi come corde di violino il nostro si muove agilmente quasi prendendosi gioco di noi, con sorrisi a volte ineffabili come quello della Gioconda, creando quello spessore che, solo, può riscattare da qualsivoglia accusa di “favolismo”. Anche gli altri attori, tutti molto bene orchestrati, sono più di semplici figure minori, diremmo che sono comprimari (la Bonaiuto, Mastandrea e gli altri); si sente attraverso di loro la tensione che origina da Servillo; ovvero, la tensione di cui Servillo è strumento, che origina da Andò quando candidamente mostra una soluzione che è più semplice e molto meno traumatica di quello che si è portati a credere, ovvero il cambiamento di un pensiero storico millenario sul mors tua-vita mea, sulla derivazione darwiniana della morale umana. Non è una cosa da poco, né cosa che può essere trattata né qui né da un dilettante critico cinematografico.

Una cosa chiediamo ad Andò, magari per il prossimo lavoro, che attendiamo, ed è un pari coraggio nella costruzione delle immagini di quanto ne abbia avuto nella costruzione della storia; totali-campi-controcampi descrivono bene, diremmo scolasticamente, quello che c’è, ma non aggiungono nulla; gli rivolgiamo qui un invito a ché le prossime volte ci stringa e ci trascini, più che farci solamente vedere gli attori.

E’ sempre Servillo che ci imbambola ne La grande bellezza, la quale però non c’è per niente, da qualsiasi parte si osservi la cosa. Ma qui ci piace il suo mestiere, il suo giggioneggiare, col quale passa quasi tutto il film, a parte qualche momento di grandezza tipica sua. Ma non è di lui la colpa, è il copione ad essere asfittico; la storia è banale, ma banale sul serio; il giovane scrittore di grande successo si vende per un pugno di denari alla società, che lo fa diventare famoso a prezzo della conquistata mediocrità, finché una vecchia suora gli fa balenare l’idea di ritrovare il suo giovanile amore (coincidenza, anche nell’altro la crisi dell’uomo lo spinge a ricercare il vecchio amore, solo che poi lì scappa fuori il fratello).

Quello che ci ha fatto ridere, leggendo un po’ in giro le recensioni e sentendo i pareri di persone colte, in genere di sinistra, è stato il coraggioso, al limite del voluto sacrilegio, con cui molti fieramente hanno scomodato Fellini e La dolce vita; come se nessuno di loro l’abbia vista, perché nel capolavoro si descriveva una Roma nei suoi interni, attraverso i suoi sguardi, una Roma misteriosa come una donna senza una parte del corpo in mostra (infatti nessun esterno romano viene in mente); al limite il tentativo di “imitazione”, se di questo si tratta, Sorrentino lo rivolge semmai a Satyricon, per noi un obbrobrio, un film per truccatori; con la presunzione però di descrivere un certo mondo, romano, altolocato e di potere; e di dare su questo una parola definitiva, un giudizio morale. La superficialità di tutto, dialoghi, ambientazione, caratteri, è resa paradossalmente ancor più banale dalle splendide interpretazioni degli attori, anche della Ferilli (a parte ovviamente la Ferrari) con un cammeo da storia del cinema, alla Giovanna Ralli, conferma una volta in più l’adagio in base al quale non esistono piccole parti, ma piccoli attori.

Ma non siamo poi così sicuri che la triade storiella banale-serate del potere- cartoline di Roma, sia una miscela con errori nelle dosi; siamo più convinti che dietro ci sia una idea dell’oggi, una Weltanshauung come direbbero alcuni tizi istruiti che conosco, molto radicata. La religione come metodo di conoscenza, la vecchia suora. Il circolo del potere come luogo- specchio della società, non è così per niente, ormai da tanti anni; ci sono tanti circoli, ed il potere non è più assieme alle avanguardie, alla cultura, come negli anni 50 e 60, l’ha detto La Porta su Left. Certo, si descrive quello che si vede, che si conosce, che si è in grado di conoscere. La bellezza di Roma, la Bellezza, che si contrapporrebbe al potere che corrompe, descritta con piattissime immagini da cartolina, che pure ci rimandano ai ricordi di una Bellezza che aiuta a vivere.

In verità ne esce un incubo, un labirinto dal quale scappare; per ultimo atto di complicità ritrattiamo però tutto, e vogliamo credere che la Bellezza ci serva come l’aria, che il Potere la distrugga, che dobbiamo darci da fare per ricostruirla.

Ma sarà poi vero? Oppure quella che dobbiamo ricostruirci è la Libertà, e la Bellezza sarà inevitabilmente parte di questa?

Non è un quesito da poco; invertire i termini potrebbe essere mortale.

 

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06 Cinema Viva la libertà locandina

 

Viva la libertà

Un film di Roberto Andò

Con Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Michela Cescon, Anna Bonaiuto, Eric Trung Nguyen, Judith Davis, Andrea Renzi, Gianrico Tedeschi, Massimo De Francovich, Renato Scarpa, Lucia Mascino, Giulia Andò, Stella Kent, Federico Torre

 

Drammatico, durata 94 min. – Italia 2013.

 

 

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06 Cinema La grande bellezza locandinaLa grande bellezza

Un film di Paolo Sorrentino

Con Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Iaia Forte, Pamela Villoresi, Galatea Ranzi, Anna Della Rosa, Giovanna Vignola, Roberto Herlitzka, Massimo De Francovich, Giusi Merli, Giorgio Pasotti, Massimo Popolizio, Isabella Ferrari, Franco Graziosi, Sonia Gessner, Luca Marinelli, Dario Cantarelli, Ivan Franek, Anita Kravos, Luciano Virgilio, Giulio Brogi, Vernon Dobtcheff, Serena Grandi, Lillo Petrolo, Giorgia Ferrero

 

Drammatico, durata 150 min. – Italia, Francia 2013