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L’Europa e la russomania

Russian President Vladimir Putin speaks during a media conference after a G-8 summit at the Lough Erne golf resort in Enniskillen, Northern Ireland, on Tuesday, June 18, 2013. The final day of the G-8 summit of wealthy nations is ending with discussions on globe-trotting corporate tax dodgers, a lunch with leaders from Africa, and suspense over whether Russia and Western leaders can avoid diplomatic fireworks over their deadlock on Syria’s civil war. (AP Photo/Matt Dunham, Pool)

I primi varchi alla russomania nell’Unione europea si sono aperti alcuni anni fa con Malta che si sostituisce, dopo la crisi finanziaria, a Cipro come paradiso fiscale per i russi.

È facilmente prevedibile scegliere per un rapporto preferenziale la Russia, quando offre, per salvare il sistema bancario cipriota, aiuti “senza condizioni”, ciò che non si può dire della severa troika Ue-Bce-Fmi. Una magnanimità russa che Cipro ricambia schierandosi con Mosca nel conflitto russo-georgiano e con una posizione critica rispetto allo scudo spaziale statunitense.

Un’amicizia di cui ne beneficiano entrambi, con le pretese turche sui giacimenti d’idrocarburi scoperti al largo di Cipro e con Israele che vuol diventare il leader regionale nella produzione energetica, oltre al fatto che la Russia è in cerca, con il conflitto siriano, di un’altra base navale, in alternativa a quella siriana di Tartus o solo per rafforzare la presenza russa nel Mediterraneo.

Anche la crisi economica greca ha facilitato Atene nel vedere Mosca con molta simpatia, senza limitarsi al ruolo di ponte fra l’Unione europea e la Russia. Il gasdotto e forse aiuti economici potrebbero essere dei buoni motivi per la Grecia per spostare il suo baricentro verso la Russia.

L’Ungheria di Orvan guarda a Putin come un modello nel governare con mano autoritaria, capace di ridurre l’opposizione a una flebile voce, un paese fortemente nazionalista, sentendosi sotto pressione dalla Ue per la situazione migratoria che preme ai confini, ma non del tutto xenofobo.

Lo schieramento filorusso, con le recenti elezioni, si arricchisce con la Bulgaria di un altro paese della Ue e con la Moldavia, un candidato ad entrare nell’Unione.

La Germania ha sempre fatto lucrosi affari con la Russia, ma continua a tenere una posizione critica sul continuo disprezzo di Putin verso i Diritti umani, mentre la Francia potrebbe eleggere nel 2017, con François Fillon, un presidente che guarderà alla Russia con meno severità della Ue, ma anche Marine Le Pen, la sua avversaria razzista, ha espresso posizioni russofilie.

La Russia non ha solo scardinato il monolite europeo conquistando le simpatie di alcuni governi, ma concedendo anche finanziamenti bancari non solo a gruppi euroscettici, ma anche populisti e xenofobi, fomentando una situazione d’incertezza che vorrebbe far sfociare, grazie alle formazioni di estrema destra, nel caos per indebolire l’Unione.

I vari governi, in tutto questo riorientarsi verso Mosca, sembrano non aver preso in considerazione i nuovi rapporti russo-turchi. Governi che hanno espresso tutte le loro differenti animosità per il governo di Erdogan e le formazioni nazionaliste verso i turchi in generale, ma c’è da dire che quando si possono fare buoni affari il denaro non puzza.

La messa in discussione dei Diritti umani in Turchia ha partorito un timido altolà alla presa in considerazione di far aderire la Turchia alla Ue che si va scontrare con il ruolo di sentinella dei confini europei affidatogli.

Sono alcune delle contraddizioni di un nuovo assetto geopolitico, dove ci si confonde nel distinguere tra chi corteggia chi è in fuga, in un rincorrersi in cerchio, dove i vari invitati ad una cena a un tavolo rotondo vivono nell’ignorare di chi siede subito dopo il commensale alla propria destra e a quello di sinistra, avendo un panorama limitato, potendo essere un suo amico o anche no.

In Russia i Diritti vengono messi in discussione e in Siria l’aviazione di Putin sembra impegnata a radere al suolo, senza alcuna pietà per gli abitanti, case e ospedali, edifici di culto e scuole, impegnata in una sorta di gara su chi meriterà il trofeo di criminale di guerra con al-Assad e tutte gli altri contendenti di entrambi gli schieramenti.

Mai cosi tanti medici e bambini, perfino i clown, sono le vittime civili di questa mattanza per una inconsulta protezione di Damasco che Putin giustifica con il non voler far diventare la Siria come la Libia.

Un cerchio dove tutto sembra ormai girare intorno a Mosca, come dimostrano le continue affermazioni del nuovo presidente statunitense, dove Putin è ammirato e Castro è bollato come un brutale dittatore, nell’ora della sua scomparsa, a dispetto di quanto il leader russo afferma “Castro è stato un amico sincero e affidabile della Russia”.

Quanto ancora potranno rimanere in vigore le sanzioni che l’Occidente ha varato contro la Russia, in occasione dell’annessione della Crimea, visto il pronunciamento di alcuni leader europei per una loro “rimodulazione”?

E soprattutto come la prenderanno i paesi Baltici, pervasi dalla paura di un’imminente invasione russa, verso questa russomania dei paesi balcanici?

Una paura quella baltica che ha suggerito alla Lettonia e alla Lituania di realizzare un vademecum con le cose da fare in caso d’invasione russa, mentre in Estonia, da novembre, il suo nuovo premier è il filorusso, del partito di Centro, Jüri Ratas.

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Quando l’improbabile è prevedibile

trump-cw0lrc9xuaaokwiI media si sono sbizzarriti con l’elezione del 45° presidente statunitense, passando da una Trumpvata a Sotto un Trump, senza dimenticare la più banale: SuperTrump, ma un personaggio come Trump, che sembra uscito dal baraccone di Mangiafuoco, permetterà al Mondo di dimenticare la comparsa nel panorama politico italiano di Berlusconi e far intraprendere agli Stati uniti una strada inesplorata.

Alle hobby del cibo spazzatura e delle armi, delle camice di flanella a scacchi e delle chiacchiere da spogliatoi che Trump deve la sua elezione, perché la provincia americana, rurale e mineraria, si identifica con chi è sovrappeso e porta cravatte sgargianti, addenta hamburger e polli fritti, più che con delle belle ed eleganti persone che amano nutrirsi con sobria qualità.

Il modello di vita perseguito da Trump è di eccesso, con lo sfarzo illimitato e l’esorbitante quantità di lusso, declassa la Casa Bianca a dependance della sua Tower, dando un’immagine di se più simile ad un cafone arricchito che a uno statista che dovrà non solo sorreggere le sorti del Mondo, a dare concretezza alle valanga di parole per risollevare il ceto medio bianco, non istruito e gran lavoratore, magari anche sostenitori dei suprematisti bianchi, limitando tutti gli altri veementi sproloqui razziali a deportare non più di 11milioni di“clandestini”, ma soli 3milioni e solo per non lasciare le promesse delle parole da politico navigato.

Anche se dalle prime interviste che Trump ha rilasciano appare trump-cwzp4z4xuaqhcphaccomodante, la sua vittoria sta spingendo centinaia di statunitensi a prendere in considerazione l’emigrare in Canada, come l’attore e rapper Snoop Dogg, ma altri meno famosi di Barbra Streisand o Robert De Niro pensano all’Europa ed ecco la Svezia che la Great Trump Escape raccoglie domande per trovare un lavoro in Europa e lasciare gli Usa per allontanarsi dall’arroganza e dall’intolleranza di un imprenditore e personaggio televisivo statunitense, convertito alla politica per occupare la poltrona di  presidente degli Stati Uniti d’America.

Qualche governante ed esponente politico esulta, altri rimangono perplessi, se non addirittura sgomenti, ma per ora è certo che l’elettorato statunitense ha posto in vetta al Mondo un presidente che ha sconquassato l’establishment ed ora destabilizzerà gli equilibri geopolitici e la risposta fluttuante dei mercati finanziari ne è stato il primo sintomo, non solo mettendo di fronte alla vulnerabilità dell’Unione europea e al dilemma di frantumarsi o fare un vero e proprio passo in avanti verso la Federazione degli stati europei, ma soprattutto cambiando atteggiamento verso la Russia, più che verso la Corea del nord, per una cooperazione nella lotta al terrorismo.

trump-cw5jwgbwgaakfewTrump ha ventilato, durante la campagna elettorale, un disimpegno statunitense dal ruolo di poliziotto dell’ordine mondiale e dalla Nato come sua emanazione, mettendo l’Europa davanti alla prospettiva di maturare, lasciando da parte i nazionalismi, per pensare seriamente a una difesa integrata europea.

La questione ucraina non sembra essere fra le priorità della nuova presidenza statunitense, come il non condividere la posizione provocatoriamente muscolare dei paesi baltici verso la Russia, per non irritare ulteriormente Putin.

Solo pochi giorni dopo la vittoria di Donald Trump ecco le elezioni in Bulgaria e Moldavia che svelano un crescente spirito filorusso tra i membri e gli aspiranti all’Unione europea, forse per invocare governi forti e autoritari o solo per convenienze economiche. In entrambi i casi non riescono a trovare nell’Europa delle risposte per un futuro rivolto ai cittadini europei, più che alle banche e ai poteri finanziari, sposando gli equilibri nei Balcani tra l’Occidente e la Russia.

Con il suo primo discorso come neo eletto è sembrato meno esagitato, promettendo di essere il presidente di tutti, ma riuscirà a superare la sua misoginia, per esserlo di tutte quelle persone che ha deriso e umiliato durante tutta la campagna elettorale?

Trump continua a dare “Un colpo al cerchio e uno alla botte”, ammettendo al circolo trumphiano il moderato Reince Priebus come capo dello staff, mentre tra i consiglieri trova posto un personaggio conosciuto per le sue posizioni di destra, ben espresse dalla sua vicinanza al sito Breitbart News noto per diffondere notizie false e razziste, qual è Steve Bannon.

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Europa: I nemici dell’Unione

L’Europa ha dei nemici nel suo essere un’unione di stati, ma quelli che dimostrano la loro pericolosità non sono i dichiaratamente euroscettici e gli schiamazzi populisti, ma la schiera di personaggi che operano in silenzio per sfaldare l’Unione europea come eurozona e come identità dalle stesse origini.

Sono più interessati gli Stati uniti e la Cina a salvaguardare la Ue che i 28 paesi che la compongono ad avere una visone lungimirante sulle sorti di ciò che doveva essere non solo un trattato che potesse offrire vantaggi a tutti i firmatari, ma anche una possibilità di scongiurare conflitti e salvaguardare il benessere di tutti gli europei.

Per quanto riguarda l’intento di salvaguardare il vecchio continente dai conflitti, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il risultato negativo lo troviamo nelle guerre balcaniche dei fine anni ’90, nella dissoluzione della Jugoslavia, nelle varie Srebrenica e Vukovar annientate con i loro abitanti dall’incapacità dei governi europei di evitare massacri e genocidi incrociati, nell’aver permesso lo smembramento della Bosnia e avallare indipendenze e scissioni fittizie, per poi inveire contro la Russia e l’annessione della Crimea.

Gli Stati europei non appaiono uniti nella Ue, non solo per la difesa degli interessi nazionali, ma anche per la “cogestione” decisionale delle due strutture politiche: Consiglio dell’Unione europea e Parlamento.

Il primo è espressione dei governi nazionali, mentre il secondo è dal 1979 che viene eletto dai cittadini dei differenti paesi, con la possibilità che i due organi si potrebbero trovare in competizione.

È in questo gioco che l’Europa come Unione continua a deludere con la sua sempre più evidente subitanza ai voleri tedeschi e per la Merkel sarà sempre più imbarazzante sentirsi ostaggio di “quattro” estremisti capeggiati dal ministro delle Finanze.

Un’intransigenza che sta esacerbando gli animi, ma cosa nasconde veramente il voler far rispettare ad ogni costo le regole? Più commercialisti che politici, si dimostrano interessati a far quadrare i conti a tutti i costi e non pensano alle conseguenze diplomatiche o forse è proprio l’esasperare le pretese di fermezza nel rispettare i rapporti di entrate e uscite che voglio porta l’Europa a una specie di selezione naturale.

Questi sono i veri nemici dell’Europa unita, quelli che vogliono basare tutto sui dogmi e il negoziare è solo un gioco estenuante che non contempla varianti geopolitiche, ma solo l’umiliazione della parte debole.

Si accettano governi xenofobi, ma non quelli “troppo” di sinistra. L’adesione dei paesi dell’est, rendendo sempre più ininfluente la presenza mediterranea, è gradita e serve a focalizzare l’attenzione di molti sul pericolo di una Russia irritabile, per distrarre dalla serpe in seno. Una serpe intenta nell’accrescere il suo ruolo guida con una politica sconsiderata incentrata sul rigore.

Un rigore che potrebbe prevedere un’emarginazione progressiva dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, a meno ché non siano utili come colonie estive per gli obesi nordici.

Un nord che vuol colonizzare e mettere sotto tutela tutto ciò che esula da ogni suo schema mentale, ma con questa rigidità non ci saranno dei vincitori. Una rigidità che non penalizza solo i paesi più deboli, ma l’intera Europa, come è successo con i 100 miliardi bruciati con le sanzioni applicate alla Russia (fonte Wifo) e quello che potrebbe costare cacciare la Grecia dall’eurozona.

Una Grecia umiliata al punto che Tsipras ha offerto anche la propria giacca come garanzia agli usurai europei per arrivare ai 50 miliardi di beni da privatizzare come cauzione per il prestito. Il “droghiere” tedesco e il “contabile” finlandese non vogliono solo far tornare i conti, ma anche guadagnarci con una Grecia in svendita.

Forse è ora di cominciare a diffidare di tutte quelle nazioni che non hanno l’immaginazione per vedere i possibili scenari futuri: di una Germania con i suoi fiancheggiatori protesi a distruggere più che costruire.

Sono passati una quarantina d’anni e non dei secoli dal pragmatismo dell’Ostpolitik di Willy Brandt che non avrebbe mai permesso che la Grecia venisse umiliata e la Russia emarginata nel momento che il ministro francese Valls avverte, con il rapporto redatto dal deputato socialista di origine algerina Malek Boutih «Generazione radicale», che l’Europa è seriamente minacciata dal fanatismo e solo la cooperazione e la lotta alla disoccupazione può essere un efficace viatico contro il terrorismo.

La partita che la Ue sta giocando con la Grecia non è circoscritta al futuro della culla della Democrazia, ma è globale e Nash, con la sua Teoria dei giochi, ci suggerirebbe di collaborare per garantire ai giocatori un guadagno superiore a quello che otterrebbero giocando in competizione.Europa I nemici dell'Unione 1 Grecia a nuova resistenza 000ad3ab-642

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Zeus ha detto OXI – NO

Un tempo,
un tempo immemorabile è passato da quando i nostri corrierini titolavano:
“Poche migliaia di voti separano il si dal no”.

Forse per questo Atena ha sentenziato:
“Guardatevi dai corrierini e dai fasulli sondaggini”.

Come non credere ad Atena e quanto sono privi di ogni credibilità i presunti organi d’informazione, in realtà di disinformazione.

E i corrierini aggiungevano “Tsipras è un dilettante”.
Bon.
E che dire dei professionisti della Troika che hanno somministrato alla Grecia il rimedio che ha portato al crollo dell’economia greca.
Tanto per ricordare 25,5% disoccupati, 10 mila suicidi.
Eppure anche il più deficiente degli economisti sa che se crolla la domanda interna di un paese, la sua economia va in crisi irreversibile.
Eppure neppure il più deficiente degli economisti sostiene che alle condizioni attuali la Grecia è in grado di restituire il debito.
E allora?
Forse qualcuno ha chiesto le dimissioni della professionista Lagarde che si è assunta il ruolo di liquidatrice della Grecia?

Alla fine della prima guerra mondiale i vincitori pretesero che la Germania pagasse il mostruoso debito di guerra, ma i tedeschi i soldi non li avevano.
Quel pericoloso estremista di sinistra a nome Winston Churchill, ricorda che fu escogitata questa brillante soluzione: prestare ai tedeschi più soldi di quanti non ne dovessero restituire.

E fu nazismo.

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Russia: Dalle sanzioni al tintinnar di sciabole

Mosca ha perso in pochi decenni l’impero sovietico, le nazioni satelliti, gli stati cuscinetto e il Patto di Varsavia ed è difficile abituarsi ad avere al di la dei propri confini delle nazioni che prima erano degli alleati se non addirittura dei sudditi ed ora sono degli antagonisti.
È difficile da digerire per una potenza che non aveva bisogno di democrazia per gridare il riscatto del proletariato, offrendo un socialismo per pochi, dover rinunciare al ruolo di protettore della gran parte delle nazioni africane e latinoamericane.
Una potenza militare sorretta da un’economia di Stato dopata e che improvvisamente si è trovata davanti alle proprie debolezze e dover competere con l’economia capitalista e arginare la selvaggia monopolizzazione dei nuovi ricchi che con i rubli degli affari dubbi e convertiti in dollari, si sono aggiudicati fabbriche e società sovietiche messe in vendita dallo Stato in cerca di soldi.
Ora la Russia ha superato ogni “trasparenza”, con una democrazia estremamente autoritaria, e un leader che riesce a consolidare la sua popolarità con giochi d’illusione.
Un Putin che è riuscito ha catturare l’attenzione dei russi sulla necessità di fare soldi e sul nazionalismo più sfrenato, rafforza il suo elogio della Nazione forte, facendo dichiarazioni in difesa delle popolazioni russofone nei paesi baltici e nell’Ucraina, annettendo la Crimea.

Un’apologia che necessita di nemici interni ed esterni da combattere ed ecco che si distrae il popolo nei suoi disagi, con nuovi armamenti e dichiarazioni altisonanti sulla difesa dei confini. Se l’Occidente ha un certo islam come avversario, la Russia ha l’Occidente che mostra ostilità con le sanzioni economiche per la crisi ucraina.

Una crisi quella ucraina nella quale l’Occidente è intervenuto impulsivamente, mentre Putin ha dimostrato di apparire un pacato diplomatico che fa vedere i muscoli, ma sa usare le parole, operando dietro le quinte, riuscendo a “vendere” l’immagine di Russia vittima e non aggressore – è la Nato che si allarga ad Est, avvicinandosi alle nostre frontiere mentre noi non ci muoviamo da nessuna parte -, una capacità di illusione trasformistica che il leader russo deve alla sua capacità “diplomatica e al suo passato di agente del Kgb.

Se gli Stati uniti collaborano con la Russia non solo sul programma nucleare iraniano, ma anche sul controllo sulla-proliferazione delle armi di distruzione di massa e nella lotta contro il terrorismo, perché non cooperare in altri campi, trovando una soluzione alle sanzioni?

Sanzioni che hanno messo in difficoltà la Russia, ma in Europa, insieme alla Svizzera, sono a rischio due milioni di posti di lavoro e circa 100 miliardi di euro in valore aggiunto nell’export di beni e servizi, è ciò che si evince dallo studio condotto in esclusiva per il Lena (Leading European Newspaper Alliance) dal Wifo (Osterreichisches Institutfur Wirtschaftsforschung, Istituto austriaco per la ricerca economica), è l’inchiesta che ha coinvolto i giornalisti del Lena (La Repubblica, Die Welt, El Pais, Le Figaro, Le Soir, Tages-Anzeiger e Tribune de Genève).

Se dal 2013 sono in corso dei negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, per un accordo commerciale di libero scambio Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), con l’obiettivo di ridurre i dazi doganali e omologare le norme sul cibo, perché non discutere la proposta russa sulla creazione di uno spazio economico unico da Lisbona a Vladivostok?

È facile e opportuno dedurre che ogni conflitto viene tenuto lontano dove le nazioni sono legate da accordi economici reciprocamente convenienti.

Le limitazioni agli scambi economici non fanno altro che acutizzare i già difficili rapporti con Putin. Dopo e continue provocazioni aeree dei russi in prossimità di aerei e navi dell’Occidente, i russi hanno sfoggiato i nuovi carri amati T-14, dal designer molto accattivante, durante la parata per le celebrazioni della vittoria russo-sovietica nella Seconda Guerra Mondiale, mentre la Nato annuncia un rafforzamento dello schieramento militare nel Baltico.

La mossa successiva è quella russa con il potenziamento del suo arsenale nucleare con 40 nuovi missili balistici intercontinentali, ammonendo la Svezia a non aderire alla Nato, altrimenti i missili saranno puntati su Stoccolma, oltre a chi osa “minacciare” Putin.

Dai tronfi annunci allo sferragliare di sciabole, così prende l’avvio una grave escalation modello guerra fredda che farà la felicità delle industrie belliche di entrambi gli schieramenti, oltre ai gruppi e gruppuscoli che guerreggiano in Medio oriente e in Africa.

È sconsigliabile ritornare alla Guerra Fredda ed è impensabile isolare la Russia, anche se non può contare più sul Patto di Varsavia, impegnata a intrecciare nuove alleanze con gli aderenti del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), dando vita a una propria strutturazione finanziaria autonoma (New Development Bank), con sede a Shangai, e alternativa al Fondo monetario internazionale (FMI).

Una Banca questa contro le sanzioni e gli embarghi imposti ai paesi che non si attengono alle direttive occidentali nel governo del Mondo.

Una rigidità quella dell’Ue incomprensibile che non lascia spazio al dialogo, alla possibilità di trovare un compromesso di pacifica convivenza, senza precipitare in una costosa e pericolosa escalation, perché quello di Putin è un nazionalismo più economico che una conquista russofona.

Un’escalation da far pagare agli europei e che ha facilitato l’intesa russo-greca sul gasdotto che aggira l’Ucraina e continuerà ha punire più l’Occidente nella mancata esportazione di beni e tecnologie che la Russia ricca di materie prime.

Non si può lasciare Putin nella convinzione che «la Russia ha due soli alleati: il suo esercito e la sua flotta», come affermava lo zar Alessandro III.00 OlO Nato Russia Il tintinnar di sciabole europe-lose-100-billion 00 OlO Nato Russia Il tintinnar di sciabole Parata Seconda Guerra Mondiale parata-mosca-670x274