Archivi tag: Europa

Europa: Fortezza d’argilla senza diplomazia

Continua ad allungarsi l’elenco degli insuccessi della diplomazia europea, mostrando tutta l’incapacità di far dialogare i religiosi con i laici egiziani, dopo aver visto fallito un tentativo dopo l’altro dedicato a fermare il massacro siriano.

Non dovrebbe meravigliare tale fallimento dell’Unione europea se non riesce a disinnescare una polveriera come quella nordirlandese che ha dentro casa, oltre all’ancor più complicata situazione nei Balcani con la convivenza difficile nel Kosovo tra le comunità d’origine albanese e quelle serbe, la difficile disintossicazione del Montenegro dal malaffare e la controversia tra Macedonia e Grecia per il copyright del nome, come di nome si tratta tra Italia e Ungheria per l’uso della denominazione Tokai e con la Croazia per la dicitura Prosecco sulle bottiglie di tante bollicine.

Tra Turchia e la Grecia continua a scorrere acrimonia non solo per la questione cipriota o per la fuga dei greci da Istanbul con la caduta dell’Impero ottomano, ma anche per i continui tentativi dei turchi di acquistare porzioni della grecità economica. C’è anche dell’invidia per la situazione esuberante turca e la crisi dilagante greca.

L’Europa non è riuscita neanche a suggerire l’importanza del dissenso in una democrazia al governo d’Ankara per le manifestazioni per la salvaguardia di una testimonianza di verde ad Istanbul e dell’identità laicista della Turchia.

Le sconfitte diplomatiche europee nel bacino del Mediterraneo le deve condividere anche con gli statunitensi anche se ultimamente sembra siano riusciti a far nuovamente sedere gli israeliani e i palestinesi allo stesso tavolo della pace.

Come la Diplomazia così anche delle Forze armate europee non si riesce neanche a parlarne, continuando ad intervenire in ordine sparso in alcune zone di crisi dimenticandone altre, ma quando si parla di migrazione le nazioni dell’Unione si sono trovate “unite” nel far nascere Frontex ufficialmente è un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea, in realtà è il bastone per fronteggiare la migrazione sgradita che riesce a scavalcare la burocrazia.

L’Europa non riesce a trovare una politica estera concordata e non trova una metodologia per aiutare la Spagna, l’Italia e la Grecia a far fronte all’assistenza dei profughi in cerca di pace, ma sa come dissuadere chi cerca di entrare in Europa senza essere invitato.

È necessario modificare la clausola che impone al richiedente asilo di presentare la domanda solo nel paese dove poggia il piede.

La politica migratoria non può basarsi solo sui Centri identificazione espulsione (Cie), che si discostano dai veri e propri carceri solo per un’eccezione semantica, ma guardare oltre il Mediterraneo per la creazione di vere partnership, senza cercare di fruttare le posizioni egemoniche di Occidente industrializzato e “progredito”, ma una paritaria collaborazione dalle solide basi, senza comportamenti neocoloniali.

L’Europa si trova davanti ad un’ennesima crisi nell’area mediterranea con la situazione egiziana, alla quale non riesce a dare un contributo e i suoi tentennamenti non gli permette di fronteggiare. Non ha alcun argomento di pressione sull’attuale leadership per convincerla a ripristinare le fondamentali basi della Democrazia. Non può sopperire alla sua debolezza minacciando di tagliare i finanziamenti, perché l’Arabia saudita, già contribuente con 12 miliardi di dollari, insieme ad alcuni paesi del Golfo si sono offerti nel sopperire la revoca, ma non potranno garantire la manutenzione degli armamenti e l’occupazione che ne deriva da tali finanziamenti.

L’Europa come tutto l’Occidente si trova in una posizione debole per condizionare il corso degli eventi e negare i finanziamenti, senza che tale scelta non comporti un ulteriore spostamento dell’Egitto verso altre aree d’influenza, causando anche un’ulteriore instabilità del Medio oriente e far accrescere il senso di insicurezza d’Israele.

Sulla spiaggia di Pachino, in Sicilia, gli abitanti e i turisti hanno letteralmente dato una mano ad aiutare decine di persone, con la loro catena umana tra il fatiscente barcone e la terra, a porsi in salvo senza chiedere loro i documenti, evitando che i loro nomi siano inseriti nell’elenco del cimitero virtuale di Fortress Europe.

I grattacieli davanti Greenwich

Recarsi in un luogo a distanza di una trentina di anni significa riscoprirlo, suscitando l’emozione che si potrebbe vivere nel passare da un’immagine in bianco e nero ad una versione a colori. In entrambi i casi qualcosa si perde e qualcos’altro si acquista.

La Londra di tre decadi or sono era certamente grigia, uscendo dai soliti percorsi turistici, oppressa da un velario di polvere, dove le case a schiera del proletariato urbano erano in attesa di un restyling strutturale e sociale, zone dickensiane immutate, distante dalla Swinging London di quegli anni eppure inseparabili dal cambiamento che era in pieno fermento.

Oggi è un continuo recuperare zone abbandonate o dimesse, una riqualificazione urbana e culturale che l’offerta gratuita di musei e la diversa esperienza di pubblica lettura hanno reso la capitale britannica una metropoli vicina ad una visione umana che spinge all’esterno degli itinerari turistici i senza fissa dimora.

Le “oscillazioni” della vita londinese degli anni ‘70 si sono trasformate in “attraversamenti” culturali. Alcune periferie rimangono lontane dal concetto di vivibilità, ma l’appuntamento con il secondo millennio è stato ben fruttato dalle amministrazioni.

Le varie realizzazioni con il prefisso “millennium” hanno marcato il panorama londinese, come il ponte di Norman Foster che collega la riva del Tamigi della cattedrale di St Paul con quello della Tate Modern o la deludente sala espositiva del Millennium Dome, sino alla spettacolare ruota panoramica.

Foster ha ridisegnato il profilo di Londra anche con il St Mary Axe, soprannominato “Il Cetriolino”, con una cuspide verticalità premiata nel 2004 per il suo design, nonostante l’estrema goffaggine della forma, stimola più di una perplessità vederlo dal ponte, spuntare oltre il complesso fortificato della Torre di Londra. Mentre sull’altra riva del Tamigi, a destra del ponte, sono ben visibili una serie di edifici che tagliano il panorama, come City Hall London City Hall o National Film Theatre. Il primo è un esempio estremo di architettura ideologica dell’onnipresente Norman Foster che riprende le curve del “cetriolino” per offrire una versione translucida di una grossa zucca per la sede alla Greater London Authority (ente amministrativo della Grande Londra), oltre che residenza del Sindaco della città, un tripudio di vetrate protese verso il fiume, mentre il secondo è la glorificazione della fortezza come tipologia architettonica. Mentre nelle vicinanze del Millennium Bridge, a Victoria Street, non passa inosservato il “cubo” di vetro della nuova sede della Salvation Army (Esercito della Salvezza), realizzato nel 2004 dallo studio Sheppard Robson. Una Londra pervasa da un’architettura autoctona, poco propensa ad aprirsi all’esperienza degli architetti europei, e tanto meno all’esperienza di quelli di altri continenti.

Attraversare Londra in lungo e in largo significa giungere anche nell’East End, nell’area conosciuta come Docklands e teatro delle imprese di Jack lo Squartatore. Un’ampia zona recuperata al degrado negli anni ottanta, con l’istituzione della London Docklands Development Corporation (LDDC).

Una “penisola” a ferro di cavallo, erroneamente definita Isle of Dogs (isola dei cani), disegnata dal Tamigi, di fronte a Greenwich, il cui nome, probabilmente, lo deve al ricovero per i cani da caccia di Enrico VIII o alla storpiatura dell’originale “Isle of the Docks” (Isola dei bacini).

L’ex area portuale dell’Isle of Dogs, ormai conosciuta come Canary Wharf, era nell’800 anche una zona ad alta densità popolare, ora zona residenziale, con la linea ferroviaria che si insinua tra e sotto gli edifici – la Docklands Light Railway (DLR) e l’estensione della Jubilee Line con la monumentale stazione di Norman Foster – dalle eclettiche architetture.

Una sorte di parco tematico della finanza, con la presenza della Credit Suisse, HSBC, Citigroup, JPMorgan che subentra nella vecchia sede della Lehman Brothers, Morgan Stanley, Bank of America e Barclays, un ampio catalogo di chi ha soppiantato l’economia produttiva, quella reale, con quella virtuale, oltre a grandi firme dell’informazione, tra cui The Telegraph, The Independent, Reuters, e il Daily Mirror, conquistando l’appellativo di piccola Manhattan, con abitazioni e uffici di prestigio. In questo dinamico quartiere sorgono i tre edifici più alti del Regno Unito, come il Canary Wharf Tower (244 m di altezza) con la caratteristica copertura a piramide, ma si vivono anche le contraddizioni di una grande metropoli. Spazi sottratti alla destinazione abitativa, favorendo l’incremento degli uffici di prestigio, costose abitazioni che schiacciano le vecchie case popolari sopravvissute al risanamento e alla speculazione di una delle zone che erano ritenute tra le più depresse della Gran Bretagna.

Un’area opulenta che convive con il disagio dell’emarginazione di immigrati e minoranze etniche delle zone limitrofe, rivaleggiando con il tradizionale distretto finanziario londinese della City, ma anche una meta per lo shopping, grazie anche all’apertura del centro commerciale Jubilee Place, che prima di inserirsi nella graduatoria delle zone ambite di Londra, ha dovuto superare i momenti difficili del collasso del mercato immobiliare e i ritardi sull’ampliamento della rete dei trasporti, soprattutto della Jubilee Line e del servizio di traghetto fluviale.

Un’area con sculture antropomorfe e scalinate che scivolano verso le immobili acque dei canali sui quali si specchiano i caffè e le architetture neo rinascimentale che si incrocia con un neo barocco per omaggiare un razionalismo aulico, su tutto echeggia il silenzio delle composizioni di Ralph Vaughan Williams e di William Walton. Banchine dove fanno bella presenza barche d’altri tempi e barconi utilizzati come abitazione, ormeggiati ai moli che erano funzionanti sino al 1961 e servivano le zone industriali nella parte orientale della città.

Canary Wharf salì alla ribalta delle cronache il 10 febbraio 1996, quando l’IRA fece esplodere una bomba nella South Quay DLR station, oltre l’omonima soap opera che ebbe breve durata, trasmessa da L!VE TV, una televisione britannica via cavo, che usava come set gli spazi in loco di proprietà dell’emittente.

Ai margini dell’area, a un chilometro e mezzo da Canary Wharf, nelle vicinanze della stazione East India della linea DLR, è possibile vedere il Trinità Bouy Wharf, l’unico faro di Londra costruito da Michael Faraday nel 1863.

Docklands, con Canary Wharf, troverà la sua compiutezza con i lavori che coinvolgono Londra per le Olimpiadi del 2012. Un cambiamento che non si limiterà ad adeguare la cartellonistica stradale o a convertire le miglia in km, ma potenziando la rete dei trasporti su rotaia, con ulteriori miglioramenti della Metropolitana di Londra Est, riqualificando la Docklands Light Railway, oltre alla nuova linea “Javelin Olimpico”.

Dello stesso argomento:

successivo

Parigi: La frenesia delle luci
ottobre 2013

successivo
Roma Parigi: Andata e Ritorno
settembre 2013

02 PE I grattacieli davanti Greenwich 1 Londra Canary Wharf Docklands Greenwich 1a 04 36a02 PE I grattacieli davanti Greenwich 2 Londra Canary Wharf Docklands Greenwich 1a 04 3402 PE I grattacieli davanti Greenwich 6 Londra Canary Wharf Docklands 7 cor02 PE I grattacieli davanti Greenwich 5 Londra Canary Wharf Docklands 502 PE I grattacieli davanti Greenwich 4 Londra Canary Wharf Docklands 6a02 PE I grattacieli davanti Greenwich 7 Londra Canary Wharf Docklands 10 cor

La barca è piena

In Europa, modificando l’antico adagio, si può affermare che nessuna notizia è una cattiva notizia per la sempre più incipiente mancanza di unità. Sull’Economist di fine maggio svettava il titolo The sleepwalkers (I sonnambuli) riferito all’incapacità di reagire nella zona euro. Questa apatia non ha solo attecchito nei 17 paesi che adottano la stessa moneta, ma ha contagiato anche gli altri dieci non solo per una energica ripresa economica, ma anche per la sempre più evidente incapacità di avere una comune posizione in politica estera, come dimostra la recente non decisione rispetto all’embargo per le armi all’Opposizione siriana, alla quale l’Europa sembra alquanto simile per la sua frammentazione e la sua incapacità di trovare una leadership. La crisi dell’Europa non è solo dell’euro, ma della comunione di intenti: assodato che tutti vogliono stare bene, non si comprende come e a spese di chi.

La Commissione europea ha aperto con cautela una discussioni sull’immigrazione e le possibili correlazioni con la povertà. Bruxelles vuole prove concrete di fatti e cifre prima di addossare tutta la colpa della crisi sulle spalle di chi attraversa deserti e mari in cerca di un luogo dove poter vivere. Il legame più evidente tra immigrazione e povertà è che chi fugge dai propri luoghi nativi per poter continuare a vivere non ha la possibilità di portarsi dietro il poco che possiede. Lascia tutto e diventa un indigente in un paese libero che vuol chiudergli le porte in faccia solo perché vuol usufruire fraudolentemente degli stessi benefici del cittadino legalmente riconosciuto in quel paese.

In Gran Bretagna aumenta l’indigenza con oltre 500mila persone costrette a utilizzare banche alimentari e il governo limita l’accesso ai servizi sociali ai soli possessori del passaporto britannico.

La Germania accusa l’Italia di distribuire permessi di soggiorno e denaro ai profughi africani perché scelgano di vivere altrove. Migranti che poi vengono respinti e condannati a vagare.

La libera circolazione di persone e merci sarà rivista e corretta per limitare la circolazione anche degli stessi cittadini europei, sulla cui testa incombe la spada di Damocle di un foglio di via per il proprio luogo d’origine. Se questo è il possibile futuro che si prospetta per gli europei meno abbienti, si può immaginare quale destino aspetterà a chi proviene dall’altra parte del Mediterraneo. Più che sonnambuli appaiono sempre più simili a degli zombi affamati del loro individualismo, gridando sempre più veementemente “IO” e utilizzando il “noi” solo quando c’è da spartire i resti della dignità.

 

Un Nobel in conflitto d’affari

Mai un riconoscimento come quello del Nobel, per l’impegno a favore della Pace, è stato tanto spudoratamente disatteso come sta avvenendo con il comportamento dell’Unione europea per la sua non decisione sull’embargo di armamenti verso la Siria. Qualche dubbio sull’opportunità di conferire quel riconoscimento all’Ue, motivato per il contribuito che aveva dato alla riconciliazione, alla democrazia e ai diritti umani in Europa, era stato comunque in precedenza sollevato, vista l’incapacità di fermare prontamente il massacro nei Balcani e l’aver ripetutamente taciuto sulle tragedie del Mediterraneo, oltre ad operare con una forza militare quale è Frontex per dissuadere l’umanità disperata di trovare in Europa un luogo dove vivere.

E’ con questi precedenti che la Ue ha dunque affrontato lo scorso 27 maggio a Bruxelles il nodo siriano, con i ministri degli esteri dei diversi stati, e ha pensato di risolverlo togliendo l’embargo sulle armi alla Siria. In prima fila a sollecitare le forniture militari all’Opposizione siriana ci sono la Gran Bretagna e la Francia che, constatando l’incapacità dell’Occidente a fermare il quotidiano massacro di civili che dura da due anni, hanno pensato di trarne profitto – come sta facendo la Russia – smerciando armi proprio ora che si entra nel vivo della preparazione per la Conferenza di Pace di metà giugno a Ginevra, l’appuntamento sembra slittare a luglio. Nel frattempo l’Opposizione siriana continua a discutere in riunioni interminabili, l’ultima delle quali si è protratta a Istanbul per giorni e giorni senza alcun risultato, per marcare la divisione tra posizioni laiche e islamiste.

Si continua a parlare di pace, ma tutti sembrano soffiare sul fuoco, trasformando la Siria autoritaria, con un’economia turistica stabile e una posizione geopolitica di garanzia nell’area mediorientale, in terreno di scontro tra sunniti e sciiti, tra Russia ed Europa, tra Cina e Stati uniti, tra laicità musulmana e islamismo. Creando sodalizi pericolosi come tra Iran e Iraq in una sorta di alleanza sciita per emarginare le altre componenti dell’Islam.

Per ora il campo di battaglia tra le due componenti islamiche si svolge cruentamente nel territorio siriano, con mercenari e fanatici che arricchiscono uno scenario circoscritto, ma la situazione ribolle in Iraq con la silenziosa mattanza quotidiana e nell’attiguo Libano con una complesso alternarsi di alleanze variabili. In più, combattenti stranieri in ambo gli schieramenti, fondamentalisti con Bashar al-Assad e con chi gli si oppone, mercenari e idealisti che si fronteggiano. In occasioni simili mai è risultato saggio affidarsi a mercenari per conservare il potere. Ma il fronteggiarsi di sunniti e sciiti (difficilmente comprensibile fuori dell’Islam) pervade gran parte del mondo islamico. In Iraq, al tempo di Saddam Hussein, era la minoranza sunnita a detenere il potere, ora i ruoli sono invertiti, con i sunniti a trovarsi limitati nei diritti e organizzare attentati. Nel Bahrein la minoranza sunnita controlla invece con autorità gli sciiti. E in Pakistan sono frequenti gli attentati nei confronti della comunità sciita.

Più semplicemente la Russia gongola, guardando la Ue che si divide, ambendo ad essere egemone nell’emisfero settentrionale, mentre la Cina scansa gli Stati uniti da quello meridionale. E dopo che il regime di Bashar al-Assad è stato continuamente foraggiato in armamenti da Russia e Iran, ora è la volta che l’Europa procuri armamenti adeguati a rendere più equilibrato lo scontro e accrescere le file di vedove e orfani. I contrasti religiosi e culturali sono un lucroso affare per i mercanti d’armi e un modo per risollevare dalla crisi l’Occidente che detiene la maggioranza della produzione bellica.

L’Europa nel suo non decidere unitariamente si dimostra incapace di mostrarsi come degli stati con un unico futuro. Non è la zona euro a essere in crisi, è l’idea complessiva dell’Europa, con rappresentanti succubi dei governi nazionali e una leadership opaca.

Siria OsservatoriInternazionaliSiria_500 Vignetta l’Onu gioca a nascondino in SiriaSiria STEPHFF_syria Vignetta

Europa e i suoi aspetti

Testare l’europeismo dei cittadini dei diversi stati presenti nel Continente non solo al livello comunitario o nel circuito dell’Euro, ma anche di quelli che si pongono in una situazione di attesa o di completa neutralità, è l’intento del Goethe-Institut, insieme all’emittente radiofonica Deutschlandradio Kultur e al quotidiano Die Welt come media partner, con il sondaggio online EUROPA-LISTE.

Tra i monumenti si può pensare al Muro di Berlino come monito perché non possa accadere più o la Sagrada Familia di Barcellona come simbolo di un’Europa incompiuta e che si sta formando.

La Porta di Brandeburgo o la Torre Eiffel sono scelte scontate come il Colosseo o la Westminster Abbey. Il Partenone può essere scelto come simbolo della democrazia, ma anche come la vittima delle bramosie britanniche nel saccheggiare i tesori altrui, con la rimozione di alcune delle sculture ora in mostra al British Museum. Un destino simile a quello della maggior parte delle opere dell’antica città di Pergamo in Anatolia (oggi in Turchia) che oggi arricchiscono il Museo di Pergamo a Berlino.

Forse non è necessaria la monumentalità dell’opera per essere scelta come rappresentativa dell’Europa. Ci sono tanti “piccoli” monumenti, come quello custodito nella cappella Portinari nella chiesa di sant’Eustorgio a Milano, sparsi per l’Europa realizzati nel secolo gotico dove la raffigurazione e la decorazione si mostra simile in gran parte del Continente. Un esempio di monumento che l’Europa mostra come scultura narrativa.

Un’iniziativa per far vivere l’Europa, permettendo alle persone di esprimere le proprie aspettative per andare oltre la crisi economica attuale e la propria idea di un’Europa che sia anche culturale.

Inventariare l’Europa e l’idea che hanno gli “europei”, oltre ai nostri vicini del Mediterraneo e dell’est di questa timida realtà in divenire.

Inventariare l’Europa nelle sue eccellenze, attraverso l’immaginario europeo, per trovare il monumento simbolo o la cucina più apprezzata.

L’Europa è il tema anche dell’iniziativa promossa dalla Rai dedicata ai Nuovi Talenti per l’Europa 2013, per avere l’occasione di vincere una videocamera Hd.

Come fare è esplicato nella pagina dei link alla sezione “Cittadini Europei”, oppure puoi giocare con Mario e il suo Test interattivo, imparando divertendoti. L’importante, però, è non perdere l’occasione, il tempo a disposizione è tanto ma il 3 giugno scadrà il termone d’iscrizione per Nuovi Talenti per l’Europa 2013.

 

***************************************

Ue Europe Alla Ricerca di una nuova Europa Rai Riparte Nuovi Talenti per l'Europa

 Ue Europe Alla Ricerca di una nuova Europa Liste Europe Liste