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Verità e Giustizia per Giulio Regeni, una battaglia europea!

  • di EuropaNow!

Sono passati quattro anni da quando il giovane ricercatore Giulio Regeni è stato rapito al Cairo, atrocemente torturato e ammazzato, il corpo lasciato in un fossato lungo un’autostrada. Da allora, malgrado il loro impegno costante, i magistrati italiani che indagano sull’accaduto si sono scontrati con un muro di gomma politico, eretto dal regime egiziano di al-Sissi, che ha cercato in mille modi di depistare le inchieste (compresa l’uccisione di cinque innocenti, falsamente accusati di essere gli autori dell’omicidio) per impedire l’accertamento della verità e l’affermarsi della giustizia.

Con intensità alterna, le autorità italiane hanno chiesto conto al Cairo della vicenda, ma fino a oggi senza esito. Ogni mese che passa allontana la speranza di identificare e condannare i responsabili. La magistratura italiana alla fine dello scorso anno ha presentato al parlamento le conclusioni dell’inchiesta, in cui afferma in sostanza che quello di Regeni fu un omicidio di Stato. In questa vicenda, l’Italia è stata gravemente e ciecamente lasciata sola. Nel maggio 2016, Il governo britannico aveva chiesto “un’inchiesta trasparente per rispondere alle preoccupazioni della comunità internazionale sulla sicurezza degli stranieri in Egitto”. Ma niente di più. Poche settimane prima il presidente francese François Hollande, durante un viaggio ufficiale al Cairo, aveva evocato la questione dei diritti umani in Egitto, il caso Regeni e quello di Eric Lang, un insegnante francese picchiato a morte in un commissariato di polizia. Ma il numero uno francese dell’epoca aveva anche subito rassicurato che la “relazione speciale”, economica e militare, con il presidente Abdel Fattah al-Sisi non era in discussione. Da allora, la questione è scomparsa delle agende politiche e diplomatiche dei dirigenti europei, sacrificata sull’altare dei rapporti commerciali e della “stabilità” dell’Egitto, proclamata dal regime.

In realtà è dal 2016 che i Partners europei avrebbero dovuto accompagnare gli sforzi italiani, come anche i genitori di Giulio Regeni avevano chiesto davanti al parlamento europeo. Avrebbero dovuto richiamare anche loro gli ambasciatori in Egitto, per lanciare il messaggio che il caso Regeni riguarda tutta l’Unione europea, e non solo l’Italia, perché Giulio Regeni era prima di tutto un cittadino europeo. Non è difficile immaginare che in un simile scenario le autorità egiziane avrebbero avuto un atteggiamento diverso e, incalzate dalla richiesta di verità congiunta e determinata dei 28 paesi europei, senz’altro più collaborativo. Invece sappiamo che è andata diversamente. Non avendo ricevuto il sostegno delle altre capitali dell’Unione, il governo Gentiloni nell’agosto 2017 ha rimandato il proprio ambasciatore, insieme all’implicito e inevitabile messaggio al Cairo che il rapporto bilaterale non poteva più essere condizionato dal caso Regeni.

L’Europa ha cosi perso un’occasione di mostrare solidarietà verso l’Italia, ma ha anche intaccato la sua stessa ragione d’essere. Perché chiedere giustizia per il giovane ricercatore friulano avrebbe significato affermare che l’Unione europea non si fonda solo sulla convenienza di stare insieme per affrontare le sfide del XXIesimo secolo e le nuove grandi potenze mondiali, ma che si basa prima di tutto su principi comuni di libertà e di rispetto dei diritti umani. L’Ue non è un patto di azionisti. È un unione politica che fonda le sue radici nel ricordo delle tragedie del Novecento (le due guerre mondiali e la lotta contro tutti i totalitarismi) e la volontà di superarle. Per questo, oggi, tocca a tutti i cittadini e tutte le cittadine europei mobilitarsi per esigere che i loro rappresentanti nazionali e europei facciano sentire un voce coesa, costante e determinata in direzione dal Cairo. Ogni capo di Stato o di governo, ministro o delegato dell’Ue, andando in Egitto o ricevendo un esponente egiziano, dovrebbe essere spronato dall’opinione pubblica e dai media europei a chiedere instancabilmente e con fermezza, verità per Giulio Regeni. La mobilitazione sarà lunga e difficile ma è l’impegno che i cittadini europei sono chiamati a prendersi per Giulio Regeni e per loro stessi.

Accanto a Amnesty, è un compito che anche l’associazione EuropaNow! cerca di assumersi. Nella consapevolezza che voler fare luce sulla scomparsa di Giulio Regeni significa anche riaffermare il nostro sostegno di cittadini europei a tutti cittadini egiziani che lavorano con coraggio per la verità e che sono regolarmente minacciati dalle autorità. E più in generale, lanciare un messaggio di attenzione, solidarietà e fratellanza con i democratici egiziani che credono fermamente che il rispetto dei diritti umani sia un diritto universale, che non ci sono regioni del mondo dove le libertà fondamentali possano essere messe in secondo piano e dove il rapimento, la tortura e l’uccisione di un ricercatore, perché avvenuti in Egitto, possano rimanere impuniti.

Il 25 gennaio, giorno del rapimento di Giulio Regeni, invitiamo quindi le cittadine e i cittadini europei ad appendere alla finestra striscioni, cartelli, qualsiasi supporto in qualsiasi lingua per chiedere “Verità e Giustizia per Giulio Regeni”.

Pubblicato 2020
Articolo originale
dal blog EuropaNow!

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Europa: Una speranza di Unione

Sono un monito per tutta Europa le traversie che sta affrontando il governo britannico per esaudire il risultato del referendum consultivo indetto da Cameron nel 2016,  del quale non si è mai pentito, per allontanarsi dall’Unione europea. I britannici stanno scoprendo di avere una economia debole, con dei politici incerti che rendono l’uscita dalla Ue un percorso ad ostacoli, tra hard e soft, che li sta portando ad eleggere, tra il 23 a il 26 maggio  insieme ad altri 27 paesi, i suoi parlamentari a Strasburgo.

Quello che la premier britannica si è trovata ad affrontare è un percorso accidentato, dove nessuno voleva arrivare ad un compromesso, con il risultato di una polarizzazione degli schieramenti che ha fatto crescere, nelle elezioni locali e parziali del 2 maggio, i partiti europeisti “minori” ed il rinato euroscetticismo di Nigel Farage con il suo Brexit Party, ex Ukip, punendo i Conservatori della May e i Laburisti di Corbyn, con un complessivo 30%, per i loro tentennamenti.

I risultati delle elezioni amministrative britanniche, quelle politiche spagnole, quelle presidenziali in Slovacchia con l’elezione di Zuzana Čaputová ed anche il vigore dell’opposizione in Polonia, fanno ben sperare in un nuovo spirito europeista.

Un europeismo da riscoprire anche grazie alla campagna antiastensionista Stavolta voto https://www.stavoltavoto.eu/, varata dal Parlamento europeo, per riflettere sul futuro dell’UE e su quale Europa volere, come suggeriva Vaclav Havel “Se non saremo capaci di sognare una Europa migliore, non costruiremo mai una Europa migliore”.

Un voto che potrà evitare il futuro apocalittico disegnato nel videogame sulla post Brexit Not Tonight http://nottonightgame.com/, Regno Unito autoritario che costringe ai lavori forzati i cittadini europei e l’economia britannica a rischio game over.

Anche l’iniziativa Bandiere al Balcone #unabandieraueinognibalcone, promossa da EuropaNow! http://www.europanow.eu/, vuol far uscire dall’anonimato i cittadini che credono che l’Unione permetterà di confrontarsi alla pari con la Russia, la Cina e gli Stati uniti, evitando di essere a rimorchio dei capricci di Trump o di Putin e non trovarsi manipolati dal premier cinese Xi Jinping con la sua via della seta.

Scegliere un futuro ripiegato su se stessi o aperto, sovranista e individualista, perché i cultori del proprio giardino non possono fare l’interesse di una comunità o di quello europeista per non essere obbligati a scegliere partner scomodi e trovare delle politiche comuni per un benessere condiviso.

Gli europeisti potranno fare, se uniti, gli interesse degli europei, salvaguardare i diritti e i doveri di tutti, mentre i sovranisti-nazionalisti hanno solo un comune obbiettivo: depotenziare l’Unione europea per disgregarla e dissolverla negli egoismi.

Sovranisti in ordine sparso, senza avere altro interesse che instillare paura nei singoli elettori e non lavorare insieme, come ha dimostrato il disinteressamento di Viktor Orban e Marine Le Pen nell’incontro milanese promosso da Salvini, ma un coro di applausi e lodi quando si tratta di chiudere porti, innalzare muri e inneggiare a blocchi navali per rendere l’Europa una fortezza inaccessibile alle persone in fuga da conflitti e carestie.

Una fortezza, quella europea, che sarà espugnata se non aiuterà le persone che cercano un luogo dove vivere senza paura e dal 23 al 26 maggio i 400 milioni di cittadini europei voteranno per eleggere non solo il nuovo Parlamento europeo, ma anche quale futuro vorranno dare alle prossime generazioni, magari riflettendo ai moniti dei giovani sui cambiamenti climatici e su una Europa del libero scambio di idee e di merci.

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Europa: Il clima delle nuove generazioni
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Un’altra primavera in Europa

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