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Cile: Ombre nostalgiche sulle presidenziali 2013

 

Domenica 17 novembre 2013 si terranno le elezioni presidenziali in Cile. I candidati sono nove: Michelle Bachelet della Nuova Maggioranza – Nueva Mayoría – (Partito Socialista) ed ex presidente dal 2006-2010, Marcel Claude del Partito Umanista, Marco Enríquez-Ominami del Partito Progressista, Jocelyn-Holt indipendente ed ex deputato del partito Cristiano-Democratico, Ricardo Israel del Partito Regionalista Indipendente, Roxana Miranda del Partito dell’Uguaglianza, Franco Parisi indipendente, Alfredo Sfeir del Partito Verde ed Evelyn Matthei, candidata del centro-destra in sostituzione di Pablo Longueira ritiratosi per depressione (o forse perché troppo vicino alle fila Pinochet anche per il centro-destra!), ex senatrice e ministro del Lavoro.

 

 

Come ogni Campagna Elettorale à la page, si apre il gran baraccone dove politica e show mediatico si confondono: ecco dunque, nel programma televisivo Las dos caras de La Moneda, sfilare simpaticamente tutti e nove i candidati. Tre puntate condotte dai famosi Mario Kreutzberger e Don Francisco dove tre a tre, tra il serio e il faceto si presentano, rispondendo anche a domande politiche, i papabili aspiranti alla presidenza; però così, come se fossero al bar o in casa a ricevere gli elettori tentando bellamente di mostrare in un piccolo slot temporale, il loro lato umano, quello personale diciamo. La moglie di Enríquez-Ominami commenta la dichiarazione di fidanzamento del marito, la Bachelet balla la cumbia con Don Francisco e la Matthei suona Let it be al piano mentre Marcel Claude con la chitarra sembra imitare Silvio Rodríguez.

 

 

Ma cosa succede dietro le quinte?

 

Perché gli studenti manifestano agguerriti, le madri dei desaparecidos sfilano protestando, mentre la Matthei e la Bachelet a volte sembrano affrontarsi a colpi di ascia?

 

 

Dietro le quinte scorre il passato o meglio un present continuous che parte dall’11 settembre del 1973, giorno in cui la democrazia cilena viene spazzata via con il golpe di stato di Augusto Pinochet. Appena preso il potere lo stadio di Santiago del Cile è trasformato in un maxi centro di detenzione, tortura e morte per annientare avversari, simpatizzanti e passanti. In seguito la dittatura militare continua a perseguire la politica di repressione e controllo tramite lo strumento del terrore, evitando però azioni visibili e giudicabili dall’opinione pubblica internazionale, come quella dello stadio di Santiago. Il controllo è tale che lo stesso dittatore accetta il referendum del 1988 per riconfermare la sua carica; nel 1990 (cioè solo ventitré anni fa) è costretto a lasciare il governo poiché davanti al mondo, i sostenitori del “NO” vinsero con il 55,99% dei voti.

 

 

Che c’entra questo con le elezioni di oggi? A distanza di così pochi anni, nello scenario politico e sociale sono presenti molti attori del tempo che fu, o i loro figli e parenti; nel caso specifico appunto delle elezioni presidenziali, le più probabili candidate Michelle Bachelet ed Evelyn Matthei sono entrambe figlie di quei padri, che furono coinvolti come vittime (Bachelet) e sostenitori (Matthei) nella dittatura di Pinochet.

 

 

C’entra perché quest’anno, in occasione della ricorrenza dei quarant’anni dal Golpe, l’attuale presidente in carica Sebastian Piñera (centrodestra) tentando di creare una cerimonia di “riflessione”, e invitando tutti i rappresentanti della politica nazionale presso il Palazzo della Moneda, ha reso ancor più manifesta la situazione di conflitto sociale. In tale occasione la Bachelet ha ribadito: “nessuna riconciliazione è possibile – se mancano la verità e la giustizia. Le responsabilità della dittatura e dei crimini commessi sono di chi li ha commessi e di chi li ha giustificati. Quasi nessuno ha pagato per questo e oggi in Cile c’è ancora una frattura profonda”.

 

 

Sì, è vero, quasi nessuno ha pagato! Proprio in merito alle atrocità compiute e alla violazione dei diritti umani, lo stesso Amnesty International sostiene che il Cile è ancora lontano dalla ricerca di giustizia a causa di ritardi dei procedimenti giudiziari, delle sentenze che non riflettono la gravità dei reati commessi e delle amnistie come quella prevista dal decreto legge 2191 (approvato durante il regime di Pinochet) che sono tuttora in vigore. L’ombra pericolosa su procedimenti legali continua a creare forti tensioni a livello politico e sociale.

 

 

Ben si comprende perché Osvaldo Andrade, coordinatore della coalizione di sinistra Nueva Mayoría, ha affermato: “in Cile tuttavia ci sono nostalgici di Pinochet, su questo non c’è nessun dubbio; una parte dei cileni votò per il SI (..) perché volevano che il potere del tiranno continuasse per altri otto anni. Tra questi ci fu anche la signora Matthei, e dovrebbe farsi carico della sua responsabilità storica”.

 

 

Non sono solo i distinti programmi della destra conservatrice o della sinistra più aperta a scontrarsi, sono gli stili di gestione dello stato di diritto, della democrazia dell’uguaglianza e della tutela dei diritti umani. Basti pensare che la Bachelet persegue la riforma della Costituzione, il diritto all’aborto (in caso di stupro o di rischi per la salute della madre o del bambino), le riforme fiscali e quelle del sistema d’istruzione, che attualmente favoriscono le disuguaglianze sociali.

 

 

In fondo fa sorridere la Matthei, che da un lato suona Let lt it be, mentre dall’altro, in seguito alla bocciatura in senato della legge Hinzpeter, scaglia colpi alla Bachelet, accusandola di sostenere i sovvertitori dello Stato.

 

La legge Hinzpeter secondo la destra è fondamentale per il mantenimento dell’ordine pubblico già che autorizza le forze dell’ordine, tra gli altri provvedimenti, l’arresto di chiunque vada col viso coperto.

 

E’ difficile però non essere d’accordo con la senatrice socialista Isabel Allende (figlia del presidente morto nel golpe del ’73) sul semplice fatto che questa legge è contraria alla tutela dei diritti umani e non necessaria in quanto, come afferma la senatrice stessa, il codice penale prevede il controllo d’identità per gli encapuchados.

 

E allora si può anche sospettare che “dietro la legge Hinzpeter c’è il tentativo di criminalizzare la protesta sociale, già che ci sono strumenti per combattere gli encapuchados” è dunque meglio “che il governo non si faccia complice di questa demagogia”.

 

E guardando questo ridicolo teatrino, non resta che esclamare con amara ironia: Dio Salvi il Cile!

 

 

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40esimo anniversario colpo di stato in Cile