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Finlandesi curiosi a Roma

Una mia amica finlandese mi ha chiesto di aiutarla a organizzare il soggiorno romano di un gruppo di italianisti suoi connazionali. Elina e suo marito Martti sono fondatori e titolari della casa editrice finlandese ARTEMISIA, che ha una doppia missione: tradurre autori italiani in finnico e autori finlandesi in italiano. Per fortuna entrambi i paesi prevedono modesti contributi per le traduzioni da una lingua all’altra, specie quando si tratta di lingue con diffusione limitata. I nordici in genere sono demograficamente pochi, ma lettori forti, quindi c’è mercato e dopo Pasolini e Umberto Eco ora impazza Elena Ferrante. In più, tanti adulti vogliono imparare l’italiano sia per viaggiare, sia perché amanti della letteratura, del cinema e dell’Opera. Eccomi dunque a organizzare la settimana romana di quindici attempati finlandesi, uomini e donne comunque già inseriti nell’editoria o in istituzioni culturali, tutti o quasi capaci di capire l’italiano. Avrebbero dormito dalle Brigidine a piazza Farnese, fondato da santa Brigida (Birgitte) nel 1300 e da sempre ostello riservato ai pellegrini e viaggiatori scandinavi e questo era il programma: SCRITTORI A ROMA. Un viaggio letterario nel passato e presente romano 3-9 marzo 2023. Programma ricco, visto che prevedeva la visita alle case-museo di Moravia e della Bellonci, la presenza di una scrittrice italiana, un giro alla libreria Fahrenheit di Campo di fiori, la visita a un editore romano e alla Casa delle Letterature, più un paio di serate al ristorante, uno dei quali – al Cardello – frequentato all’epoca da una poetessa finlandese.
Tutto questo non è stato facile da organizzare: poco tempo e continui cambi di programma dovuti alle diverse disponibilità dei vari attori; questo lo vedo rivedendo ora il fitto scambio di mail e telefonate. I musei Moravia e Bellonci avevano giorni di apertura programmati, Simona Cives (responsabile della Casa delle Letterature) quel giorno era impegnata in una riunione, mentre alcuni editori romani non erano disponibili: Gangemi aveva un fitto calendario di presentazioni, Palombi l’avevo avvisato troppo tardi. Alla fine ci ha ricevuto con tutti gli onori L’Erma di Bretschneider , specializzata in archeologia e arte antica. La Casa delle Letterature ci ha comunque ospitato il giorno dopo in una sala riservata ai convegni, e lì ho illustrato la struttura e le attività delle biblioteche di Roma, dove avevo comunque lavorato e che non sapevo fossero diventate un caso di studio per il comune di Helsinki. Ma l’incontro più stimolante è stato con Claudia Bellocchi, la quale ha presentato il suo libro di esordio (già recensito su queste pagine), Non chiedermi chi sono. Luogo d’elezione, un salotto Ottocento interno all’ostello-convento delle Brigidine. Un pomeriggio interessante per tutti: curiosi e ben informati i finlandesi, brillante come al solito la Bellocchi, capace di esprimersi anche in arti visive e teatrali. Spero realmente in una maggiore collaborazione fra Artemisia e RomaCultura.

Scompartimento numero 6: Sfuggenti, casuali viaggiatori

Il film è tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice finlandese Rosa Liksom, nota in Italia anche per altri suoi libri (1). Chi li ha letti ha imparato ad amare i suoi personaggi usciti dal nulla, poco comunicativi, spesso in viaggio e frequentatori dei non-luoghi tipici del road movie. Qui siamo immersi piuttosto in un “rail movie”: i protagonisti viaggiano nello stesso scompartimento ferroviario e sono fin troppo diversi: una giovane, taciturna ricercatrice finlandese di archeologia e un giovane operaio russo, bullo e mezzo delinquente. Il libro è ambientato nell’Unione Sovietica di fine anni ’80 – ma davvero la Russia è cambiata una volta usciti dalle grandi città? – e si dipana per la Transiberiana. Qui però il film per esigenze narrative si concentra sul tratto San Pietroburgo – Mosca per poi puntare a nord verso Murmansk (mare Artico). La ragazza deve vedere alcune pitture rupestri, lui è stato assunto come operaio da una compagnia mineraria. Ogni volta che scendono dal treno di decente c’è solo la vodka, ma la vita a bordo non è facile: spazi stretti, convivenza difficile e lunghe soste in stazioni inospitali di città chiuse (2). Lui è brusco, ma si rivela generoso: ospita lei da una ciarliera vecchietta mezza parente, le rimedia una macchina (rubata?) e l’aiuta a cavarsela con russi disposti a tutto purché pagati: d’inverno il luogo dove si trova la zona archeologica è impraticabile e il meteo è proibitivo. Lei ha alle spalle una dolorosa storia d’amore (sembra; in realtà il suo malessere è più profondo) e in fondo si affeziona a questo simpatico mascalzone (diciamolo: è un classico) sfuggente quanto lei, ma più onesto di quanto sembra, mentre è proprio un connazionale della ragazza a rubarle la videocamera dove c’è anche il suo archivio personale. Ma è in fondo quando perde la memoria (digitale) che la ragazza si concentra su questo scontroso e solitario giovane russo, fin troppo caratterizzato (robusto, testa rasata, una cicatrice in fronte e l’aria spavalda; sembra uscito di peso da Educazione siberiana). Lo spazio claustrofobico dello scompartimento – a una stazione sale pure una famiglia con bambini – si alterna al lusso del vagone ristorante, dove a fine viaggio però servono solo panini (3). Inospitale è invece l’esterno: quando arriveremo a Murmansk e infine all’isolotto dove si trova questa famosa zona archeologica, ci ritroviamo in capo al mondo fra relitti di navi e inquinamento industriale. Lei vorrebbe in fondo legarsi a quest’uomo, ma lui non si fa mai prendere. Alla fine inevitabilmente si separano, ma ormai sono tutti e due cambiati interiormente e la convivenza in fondo non è stata così drammatica come si pensava all’inizio. Merito del film è infatti una ripresa fatta esclusivamente con camera a mano (molto realistica) e una sceneggiatura che riesce sempre a tenere sospesa l’attenzione dello spettatore. L’idea della convivenza forzata di caratteri diversi e di incontri improbabili durante un viaggio in un piccolo spazio chiuso non è nuova: è introdotta per la prima volta in un racconto di Balzac, Palla di sego (4) e ripresa da decine di film, persino in Ombre Rosse di John Ford. Qui il regista finlandese Juho Kuosmanen sfrutta al massimo le differenze culturali e caratteriali dei due protagonisti, con effetti anche divertenti. Il film è stato presentato al Festival di Cannes quest’anno e ha conquistato il Premio Grand Prix Speciale della Giuria.


Note:

  1. Stazioni di transito (1985, ed. it. 2012) e Memorie perdute (1986, ed. it. 2003) sono raccolte di racconti, mentre sono romanzi La moglie del colonnello (2019, ed. it. 2020) e Scompartimento n. 6 (2011, ed. it. 2014). La traduttrice è Delfina Sessa.
  2. Alcune città russe sono chiuse agli stranieri o a chi non ci lavora. Vi sono concentrate le industrie militari o comunque strategiche e sono del tutto prive di interesse per un turista. Vedi: https://www.iltascabile.com/societa/citta-chiuse/
  3. In Transiberiana , di Marco Pellegrino (1992) testimonia che in molte stazioni sovietiche cuochi e i ferrovieri si rivendevano i viveri pregiati, traffico che avveniva alla luce del sole.
  4. https://www.salernoeditrice.it/prodotto/palla-di-sego/

Scompartimento n.6
(Hytti nro 6)
Regista: Juho Kuosmanen
Con: Seidi Haarla e Yuriy Borisov
Genere: Drammatico
Anno: 2021
Paese: Finlandia, Russia, Estonia, Germania
Durata: 107 min
Data di uscita: 02 dicembre 2021
Distribuzione: BIM Distribuzione