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Acqua benevola di vita o malevola matrigna

Il sesto Obiettivo del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo è dedicato all’Acqua pulita e ai servizi igienico-sanitari, affinché non ci sia più una persona su tre senza servizi igienici, perché le popolazioni senza Acqua pulita e servizi igienico-sanitari sono maggiormente vulnerabili ad ammalarsi e a morire.

Nelle baraccopoli africane come in quelle sudamericane, nei campi profughi come a Gaza, i bambini giocano tra acque stagnanti e senza Acqua potabile e servizi igienici.

Si muore sia per mancanza di Acqua che per la sua eccessiva presenza, ma non tutti sono consapevoli di cosa vuol significare avere o non avere l’Acqua.

Una mostra dedicata all’Acqua come elemento di vita, ma anche come motivo di conflitto, non ad un l’utilizzo metaforico come strumento per lavare la propria immagine incrinata da qualche discutibile precedente comportamento, ma come momento di riflessione di quanto una minoritaria parte dell’umanità ha tanta acqua da potersi permettere di sprecarla e quante persone ne soffrono per sua mancanza.

L’Acqua attraverso le opere di una ventina di artisti, dal figurativo all’astratto, che hanno usato la pittura, la terracotta, la fotografia, l’assemblage, le performance e il video, per rappresentarla benevola come fonte di vita o una malevola matrigna come causa di alluvioni e conflitti.

Artisti come Carlo Ambrosoli, Elisabetta Bertulli, Gregorio Gumina e Tiziana Morganti, in un alternarsi di drammaticità e di mito, propongono l’Acqua come ostacolo per raggiungere un luogo ideale, come un’isola, per ricostruirsi una vita.

Claudia Bellocchi, il binomio DESART2 (Alessandra Degni – Simona Sarti), Ada Impallara, Giacomo La Commare e Bianca Lami, propongono una narrazione astratta, per offrire una visione di un’Acqua tumultuosa o placida, attraversata dalla luce o dalla tenebre che rasentano impressionismo.

Luigi M. Bruno, con segni fluidi, offre una lettura dell’Acqua sia di vita che di conflitto e secondo la sponda da cui si guarda, mentre l’acquerello di Alessandra Parisi, da una visuale aerea, propone un fiume che scorre tra piante, la cui tranquillità viene interrotta dalla bellicosa opera dell’uomo.

Bruno Menissale e Cosetta Mastragostino, sembrano affrontare l’apparente immobilità dell’Acqua di una laguna, il primo con plumbee atmosfere, mentre la seconda, con le cromaticità del verde, sono delle piante ad uscire dallo spazio del racconto.

Eclario Barone propone le luci e le ombre, con la cripticità dell’Acqua e si contrappone alla narrazione del fiume conteso nell’opera descrittiva di Massimo Napoli, mentre Tania Kalimerova, delicatamente, affronta la tematica della siccità.

La morbidezza della ceramica di Elizabeth Frolet dialoga a distanza con il lavoro di Daniela Passi, non tanto perché sembra scaturire da reminiscenze Dadaiste, ma per la capacità onirica di rimaneggiare e assemblare oggetti del quotidiano, come nella fluidità delle forme nel narrare.

Le fotografie di Toni Garbasso e di Graziella Reggio sono delle testimonianze immaginative dell’Acqua, la prima nel suo fluire in un’ambientazione crepuscolare, mentre la seconda è avvolta in un’atmosfera melanconica, con la nebbia che avvolge il ponte e la natura e sembra presagire alla siccità.

I video di Eleonora Del Brocco, Daria Lior-Shoshani e Chantal Spapens, passano dal documentario-reportage alla fiction, sino alla testimonianza poetica e performativa.


ACQUA
di vita – di conflitto
Dal 12 ottobre 2024 al 10 gennaio 2025

Con le opere degli artisti:

Carlo Ambrosoli, Eclario Barone, Claudia Bellocchi, Elisabetta Bertulli, Luigi M. Bruno, Eleonora Del Brocco, DESART2 (Alessandra Degni – Simona Sarti), Elizabeth Frolet, Toni Garbasso, Gregorio Gumina, Ada Impallara, Tania Kalimerova, Giacomo La Commare, Bianca Lami, Gianleonardo Latini, Cosetta Mastragostino, Bruno Menissale, Tiziana Morganti, Massimo Napoli, Alessandra Parisi, Daniela Passi, Graziella Reggio, Daria Lior-Shoshani, Chantal Spapens

Inaugurazione il 12 ottobre 2024 alle ore 10.00
Presso la Fondazione MAGIS ETS in via degli Astalli, 16 a Roma

Orario: dal lunedì al venerdì dalle 15.00 alle 17.00
Per informazioni e su appuntamento:
tel. + 39 06 69 700 32
michisanti.p@fondazionemagis.org

Nell’ambito di Arte solidale e in collaborazione con il collettivo Artisti Oltre i Confini
a cura di Gianleonardo Latini


Immagini di corpi che danno voce ai borsisti

L’esposizione è caratterizzata dalla diversità delle pratiche artistiche rappresentate, dalla letteratura alla creazione sonora, alla scultura, al restauro del patrimonio, all’architettura, alla fotografia e al video. Dall’ampia gamma di progetti emergono alcuni temi ricorrenti: il mondo vegetale, il corpo e le sue trasformazioni, le forme di resistenza, la dialettica tra esterno e interno, senza dimenticare la figura di Roma, città reale e fantastica.

Durante il loro anno nella capitale, i borsisti sono incoraggiati a vivere la residenza come un laboratorio di sperimentazione, che offre l’opportunità di condurre una ricerca a lungo termine, di esplorare nuove strade e di lasciarsi sorprendere e coinvolgere dai risultati degli incontri con altre pratiche artistiche e altre geografie. La mostra è un’estensione di questa esperienza, nonché un’opportunità per mettere in discussione il modo in cui vengono presentati i progetti che non rientrano nelle categorie espositive convenzionali.

Dalle oscurità sotterranee ai gorgoglii dell’acqua, dalle interpretazioni architettoniche dell’Antica Roma, con un’installazione di pietre, alle riflessioni sull’esilio di Hamedine Kane, (nato in Mauritania, vive tra Dakar, Bruxelles e Parigi,) propone un intervento sulla post-indipendenza di alcuni Paesi africani, con afro-nostalgia e afro-utopia, recuperando dall’Archivio Luce la testimonianza sul “Congresso mondiale degli scrittori” tenutosi a Roma nel 1959, portando avanti un progetto di ricerca su tre grandi scrittori afroamericani esiliati a Parigi nella seconda metà degli anni Quaranta e un sogno di libertà che stava per avverarsi.

Kapwani Kiwanga è un’artista franco-canadese che ha studiato antropologia e religione, con un progetto performativo “Remédiations” per affrontare il tema delle terre tossiche o contaminate e la possibilità di poterle curare, così come le nostre abitudini tossiche possono essere modificate per essere più sane.

Il mondo vegetale è al centro dei racconti raccolti dalla scrittrice Céline Curiol, che presenta, attraverso una postazione di ascolto, il racconto di storie d’amore aventi come pretesto, o oggetto, piante e fiori, raccontate delle voci di chi voleva offrirgliele. Anche il corpo, nei suoi diversi aspetti, rientra tra i temi affrontati da diversi residenti.

Il corpo visto da Jean-Charles de Quillacq attraverso i manichini mutilati, tra desiderio, allucinazioni, sdoppiamento, scomparsa, frammentazione, mimetismo sono alcune delle tecniche con cui il corpo supera i suoi limiti e si fonde come forma tra le forme. tre le sculture presentate sono state progettate per la mostra: organismi desideranti ed erotici che trasformano con la loro presenza lo spazio che occupano. Come spesso accade, una volta ricollocati nel laboratorio assumono una funzione scenografica per una performance dell’artista filmata da Ismaïl Bahri.

Séverine Ballon, musicista e compositrice, ha frequentato negli ultimi mesi il mercato di Piazza Vittorio, registrando le voci di chi lo anima e restituendo la loro presenza sotto forma di installazioni sonore e performance. Suoni casuali che incontrato i suoi per essere raccolti in una sorta di diario di voci canti parole che le ha raccolto durante un anno di frequentazione del mercato, incontrando la vivacità di un’ora prima del momento della chiusura, quando le associazioni di volontariato si occupano della distribuire il cibo e rimasto invenduto.

Laure Cadot presenta un calco in 3D del proprio cranio, per una sorta di test effettuato sulla propria persona, mettendo in discussione l’opportunità di presentare dei resti umani in un contesto espositivo, grazie anche a una serie di materiali di studio sul dibattito.

Il percorso si completa con le riflessioni di due scrittori. Justinien Tribillon con la sua riflessione sul rimpossessarsi del tempo nel ritagliarsi dei frammenti di pausa, all’interno dell’orario lavorativo, e dei materiali che trovano attorno a loro per dare forma alla propria creatività.

Mentre Pierre Adrian intervista Julie Hascoët, autrice delle fotografe capaci di raccontare i cambiamenti del paesaggio delle cave di marmo di Carrara: i luoghi raccontano la storia, l’economia, la politica di un paese; e, oggi, queste montagne rappresentano, più che un ricordo della Resistenza, il simbolo di un’abdicazione alle multinazionali straniere che acquistano terreni fino ad allora considerati bene pubblico e patrimonio dell’umanità.


A più voci
Mostra dei borsisti di Villa Medici
Dall’8 giugno all’8 settembre 2024

Accademia di Francia (Villa Medici)
viale della Trinità dei Monti, 1
Roma

A cura di: Cecilia Canziani e Ilaria Gianni, con Giulia Gaibisso (collettivo IUNO)

Con i 16 borsisti in residenza a Villa Medici:
Pierre Adrian, Mali Arun, Ismaïl Bahri, Séverine Ballon, Hélène Bertin, Alix Boillot, Madison Bycroft, Laure Cadot, Céline Curiol, Ophélie Dozat, Hamedine Kane, Kapwani Kiwanga, Laure Limongi, Morad Montazami, Jean-Charles de Quillacq, Justinien Tribillon

Informazioni:
tel. +39 06 67611


Saverio Ungheri: Il pulsante respiro dell’Arte

Non esiste solo la militanza politica o la critica militante modello anni ‘70 – ‘90, ma anche la militanza artistica, non solo basata su di un messaggio sociale o politico, ma quella aperta ad altri artisti, capace di andare oltre una individuale elaborazione, per una discussione comunitaria, rimanendo sospettosa verso gli altri artisti.

La militanza artistica vera, quella aperta agli altri, è quella che Saverio Ungheri ha portato avanti per anni, offrendo il suo spazio, il suo “Polmone Pulsante”, ad altri artisti la possibilità di mostrare i propri lavori in uno spazio espositivo avulso da burocratismi.

Il “Polmone Pulsante” era l’antro dell’artista-archimista Saverio Ungheri, salotto per disquisire di arte e di altro, passando dal tenebroso luogo dell’inventore di macchine, alla luminosità del palazzo per acquisire una nuova visione delle opere, non tanto di quelle pittoriche, ma soprattutto quelle robatiche.

Uno spazio, quello di via Merulana, dove la selezione di opere pittoriche, con una frammentazione a bande orizzontali o verticali per un’idea di finestre, si aprono a nuova vita e possono godere di un ampio confronto con i marchingegni robotici, con la sensibilità verso l’ambiente, individuando molti anni orsono la plastica come un pericolo, con la pittura Metapsitica e l’Astralismo di forme e colori.

Il “Polmone Pulsante”, grazie al figlio Andrea, ritornerà ad essere luogo di confronto artistico, dove ammirare le opere nello strano mondo del “protoscienziato” Saverio Ungheri e scoprire la Roma antica della salita del Grillo, dove un tempo sorgeva la chiesa di San Salvatore delle Milizie.


Saverio Ungheri
Visioni Metapsichiche
Dal 12 giugno al 25 agosto 2024

Palazzo Merulana
Roma

A cura di Andrea Romoli Barberini
In sinergia con Fondazione Elena e Claudio Cerasi e CoopCulture


Julie Polidoro: dipingendo lo smarrimento

Quella di Julie Polidoro si può definire “una pittura anche senza pittura”, nel suo lasciare alcuni spazi della superficie pittorica senza pigmento, per evidenziare le luminosità dell’opera e per raccontare le differenti realtà.

Realtà di una Terra vista da un oblò, con le cromachie che fanno risaltare i momenti e le condizioni dello “scatto”, una diversificazione dei colori per i cambiamenti atmosferici, in una geografia geopolitica in continuo cambiamento, con nazioni che scompaiono e altre che si formano, in un continuo scindersi di stati liquidi dove l’unico elemento stabile è il cielo.

Poi le tele che catturano le immagini filtrate dallo schermo del pc, per una riflessione sulla condizione umana, sia di profughi che di lavoratori in condizioni di sfruttamento, ma in entrambi i casi viene raffigurata un’umanità sradicata dal suo abituale contesto per essere in ampi open space, dove ognuno cerca il suo angolo di quotidianità.

Le opere di Julie Polidoro, oltre ad essere caratterizzate da tele con dei “vuoti” di pigmento, portano in evidenza le pieghe del tessuto, come dei punti di riferimento, come delimitazioni, come delle coordinate geografiche che non esaltano solo i lavori cartografici, per ritrovare il luogo, ma anche per uscire dallo smarrimento dei continui cambiamenti distruttivi del clima, della disumanizzazione dei centri di detenzione.

Tele che si piegano per essere trasportate ovunque e poi srotolate, una sorta di moderna versione del cantastorie, aggiornato ai giorni nostri, accantonando le storie di paladini e nobili traditi, per illustrare ciò che l umanità riesce a fare ai propri simili e all’ambiente nel quale vive.


Julie Polidoro
Today is Yesterday’s Tomorrow
Dal 24 maggio al 20 settembre 2024

Dicastero per la Cultura e l’Educazione
piazza Pio XII 3
Città del Vaticano

Le visite alla mostra, tutte su prenotazione, potranno essere riservate scrivendo all’email eventi@dce.va


Da una Segregazione ad un’altra

Sarebbero degne di una pièces di Feydeau le contraddizioni di questo secolo, dopo quelle del precedente, se non avessero dei risvolti tragici.

Sorvolando sui “conservatori riformisti” e sulle alleanze di alcuni paesi islamici con la Russia e la Cina, che poi non trattano tanto bene i mussulmani, quello che riesce difficile vedere dagli estremismi di destra è che si fanno paladini (del governo autoritario israeliano e che la sinistra o tace o vuol metter al bando la cultura ebraica, sino ad impedire l’accesso all’università statunitensi degli studenti di origine ebraica. Manifestare il proprio sdegno contro un governo e sostenere un popolo è cosa buona e giusta, ma discriminare un altro popolo è antipatico, dopo aver sventolato la bandiera della Democrazia e dei Diritti.

La polarizzazione tra fazioni non tutti sono tutto, per non punire tutti come fa l’esercito israeliano a Gaza, portando avanti il massacro di un popolo, ma si può penalizzare gli estremisti fanatici, come tenta di fare timidamente il presidente statunitense, e non solo con i coloni ingordi del poco che hanno gli altri e non colpire nel “mucchio”.

I cosiddetti “liberal” statunitensi che ne gli anni ’60 si sono mobilitati contro la segregazione degli afroamericani ora potrebbero dire la loro sulla nuova segregazione, dopo aver sconfitto quella in Sud Africa.

Segregare un popolo perché lo si percepisce  “disuguale” o perché hanno dei governanti e dei leader differentemente “umanitari” è sbagliato. I Diritti sono per tutti o per nessuno, non solo per chi ci è simpatico..

Le tensioni tra i pro-Israele e i pro-Palestina si sono intensificate nelle ultime settimane, c’è chi da uno schiaffo e chi risponde con un pugno, per poi passare ai coltelli, sino ad arrivare ai missili, le persone ignorano  che ogni azione ha una conseguenza?.

Non può essere giustificabile reprimere le manifestazioni di dissenso per il comportamento violento di un governo verso un popolo, chiedendo di non collaborare nell’ambito militare, e di solidarietà per le decine di migliaia di vittime indifese.

Solitamente la Cultura, quella con la C maiuscola, è una voce critica verso i poteri deviati e devianti, certo troviamo alcuni esempi di personaggi buoni per tutte le stagioni, ma dove sono i difensori dei Diritti e gli accusatori delle cattive persone?

Sono gli estremismi i nemici dei popoli e della Pace, della convivenza e della cooperazione per un benessere comune, sono in molti che guardano il dito e non la Luna che viene indicata.

Sono gli Artisti e gli Scrittori a dover aprire il dialogo con le varie posizioni, per non configgere.

In questo panorama di confusione si inserisce la considerazione ottimistica di Luciana Castellina “Il mondo cambiato dai ragazzi” sul manifesto riguardo la festosità della gioventù nei cortei del 25 aprile, tralasciando i rigurgiti intolleranti dettati più da una emulazione di branco che da una ponderata riflessione di testa, trovando nell’editoria “Il 25 Aprile è attuale ma noi siamo costretti a sognare all’indietro” di Paolo Giordano sul Corriere della Sera un controcanto pessimistico nel guardare indietro.