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Da una Segregazione ad un’altra

Sarebbero degne di una pièces di Feydeau le contraddizioni di questo secolo, dopo quelle del precedente, se non avessero dei risvolti tragici.

Sorvolando sui “conservatori riformisti” e sulle alleanze di alcuni paesi islamici con la Russia e la Cina, che poi non trattano tanto bene i mussulmani, quello che riesce difficile vedere dagli estremismi di destra è che si fanno paladini (del governo autoritario israeliano e che la sinistra o tace o vuol metter al bando la cultura ebraica, sino ad impedire l’accesso all’università statunitensi degli studenti di origine ebraica. Manifestare il proprio sdegno contro un governo e sostenere un popolo è cosa buona e giusta, ma discriminare un altro popolo è antipatico, dopo aver sventolato la bandiera della Democrazia e dei Diritti.

La polarizzazione tra fazioni non tutti sono tutto, per non punire tutti come fa l’esercito israeliano a Gaza, portando avanti il massacro di un popolo, ma si può penalizzare gli estremisti fanatici, come tenta di fare timidamente il presidente statunitense, e non solo con i coloni ingordi del poco che hanno gli altri e non colpire nel “mucchio”.

I cosiddetti “liberal” statunitensi che ne gli anni ’60 si sono mobilitati contro la segregazione degli afroamericani ora potrebbero dire la loro sulla nuova segregazione, dopo aver sconfitto quella in Sud Africa.

Segregare un popolo perché lo si percepisce  “disuguale” o perché hanno dei governanti e dei leader differentemente “umanitari” è sbagliato. I Diritti sono per tutti o per nessuno, non solo per chi ci è simpatico..

Le tensioni tra i pro-Israele e i pro-Palestina si sono intensificate nelle ultime settimane, c’è chi da uno schiaffo e chi risponde con un pugno, per poi passare ai coltelli, sino ad arrivare ai missili, le persone ignorano  che ogni azione ha una conseguenza?.

Non può essere giustificabile reprimere le manifestazioni di dissenso per il comportamento violento di un governo verso un popolo, chiedendo di non collaborare nell’ambito militare, e di solidarietà per le decine di migliaia di vittime indifese.

Solitamente la Cultura, quella con la C maiuscola, è una voce critica verso i poteri deviati e devianti, certo troviamo alcuni esempi di personaggi buoni per tutte le stagioni, ma dove sono i difensori dei Diritti e gli accusatori delle cattive persone?

Sono gli estremismi i nemici dei popoli e della Pace, della convivenza e della cooperazione per un benessere comune, sono in molti che guardano il dito e non la Luna che viene indicata.

Sono gli Artisti e gli Scrittori a dover aprire il dialogo con le varie posizioni, per non configgere.

In questo panorama di confusione si inserisce la considerazione ottimistica di Luciana Castellina “Il mondo cambiato dai ragazzi” sul manifesto riguardo la festosità della gioventù nei cortei del 25 aprile, tralasciando i rigurgiti intolleranti dettati più da una emulazione di branco che da una ponderata riflessione di testa, trovando nell’editoria “Il 25 Aprile è attuale ma noi siamo costretti a sognare all’indietro” di Paolo Giordano sul Corriere della Sera un controcanto pessimistico nel guardare indietro.

Africa: un Piano Mattei decolonizzante

Il Piano Mattei, conosciuto anche come Piano Africa, è un programma di cooperazione internazionale ideato dal Governo italiano e presentato dalla presidente del Governo Italiano nel 2023. Il piano si ispira all’operato di Enrico Mattei, storico presidente dell’ENI, che tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60, si propone di promuovere lo sviluppo sostenibile e la sicurezza in Africa attraverso una serie di interventi in diversi settori, nell’ambito di dare e di avere.

L’Africa è un continente grande quanto la Cina, gli Stati Uniti, India e mezza Europa messi insieme e il Piano Mattei è l’ennesimo tentativo di alcuni politici di bloccare i flussi migratori, dopo aver cercato di “arruolare” alcuni governi come guardiani dei confini altrui.

I primi passi del Piano Mattei vennero fatti nel 2022 da Mario Draghi in Algeria con il dare ed avere idrocarburi in cambio della formazione.

Questa è una scatola che deve essere riempita, magari prendendo ispirazione da ciò che da tanti anni viene portato avanti da organizzazioni di volontariato laiche e religiose senza però chiedere niente in cambio e da imprenditori privati impegnati in un’economia solidale.

Tanti piccoli Piani Mattei negli ambiti dell’istruzione (prima gli studenti africani andavano a Mosca a studiare ora vanno a Pechino), della salute (possiamo fornire assistenza sanitaria grazie all’istituto farmaceutico militare per i vaccini antipoliomielite) e delle campagne per fermare il tracoma e impedire la cecità infantile e il morbillo, della formazione (i missionari salesiani in questo sono bravi), che nascono dalle esigenze del basso e non da ciò che si vuol vendere, ascoltando e valorizzando le esigenze e le aspirazioni dei popoli africani, evitando di imporre modelli di sviluppo preconfezionati, ma garantendo antibiotici e l’accesso all’acqua pulita.

Dopo che le nazioni coloniali hanno ridisegnato i confini degli stati africani,  tracciandoli con la riga e la squadra senza tener conto della morfologia del terreno e delle etnie, come hanno fatto in Medioriente, ora il Piano Mattei vuol anche arginare l’espansione predatoria di nuovi attori internazionali, come Cina, Russia e Turchia, che perseguendo i propri interessi in Africa si muovono con approcci differenti.

La più subdola è sicuramente la Cina con la sua trappola del debito, offrendo “cooperazione” nel realizzare infrastrutture, per poi impossessarsi delle loro ricchezze se i Governi indebitati non riescono a ripagare i prestiti, e i Russi che offrendo milizie per combattere i nemici dello Stato saccheggiano, mentre i Turchi sono più propensi ad un proselitismo religioso per infiltrarsi nel Potere.

Le intenzioni del piano italiano non puntano alla trappola del debito e alla dipendenza economica, ma favoriscono invece la cooperazione e il partenariato tra pari, intervenendo anche sull’istruzione e sulla formazione, sulla salute, sull’agricoltura, sull’acqua e sull’energia, tutti ambiti nei quali le organizzazioni missionarie e di volontariato hanno una lunga e proficua esperienza in progetti locali. Ora quell’esperienza può essere messa a frutto per una visione territoriale più ampia, superando il locale, coinvolgendo attivamente le ONG, le associazioni di volontariato e le comunità africane nella progettazione e attuazione dei progetti per garantirne l’impatto positivo e la sostenibilità.

Tutto ciò richiede un impegno finanziario significativo da parte del Governo italiano e dei potenziali partner internazionali per evitare che gli aiuti vengano deviati o utilizzati per altri scopi, per non alimentare la corruzione, assicurando una reale ricaduta positiva sulla popolazione.

Per ora la dotazione finanziaria è di 5,5 miliardi di Euro (3 miliardi dal Fondo italiano per il clima e 2,5 miliardi dalla Cooperazione), per gli 8 «progetti pilota» che prevedono, entro il 30 giugno, il loro avvio in Egitto, Kenia, Mozambico, Marocco, Tunisia, Costa d’Avorio, Congo ed Etiopia, con la presentazione al Parlamento di una relazione sullo stato di attuazione del Piano, per guardare l’Italia come un «hub» energetico fra Africa e Ue.

Un passo fondamentale per il clima e per la migrazione è dare un nuovo impulso alla “Muraglia” di alberi per frenare il deserto nel Sahel, dal Senegal al Gibuti, per garantire zone per la coltivazione autoctona e arginare l’imposizione delle multinazionali e dei “gusti” degli stati stranieri nell’acquisire terre per le loro colture.

Gli ostacoli sono diversi, come il coinvolgimento dell’Europa, che per ora sta timidamente guardando all’ambizioso Piano Mattei, come il rapporto con gli Stati africani nel non disperdere i fondi impegnati, come rafforzare le rappresentanze diplomatiche, a Gibuti c’è una base militare italiana ma non un ambasciatore, come non lasciare incompiuti i progetti, addestriamo le forze di polizia somale e poi non forniamo le attrezzature, dobbiamo garantire l’efficacia degli interventi ed evitare la dispersione dei fondi.

Garantire la trasparenza nell’utilizzo dei fondi e l’efficacia degli interventi implementando i meccanismi di monitoraggio e valutazione, è arduo essere rigorosi nel rendere conto delle spese in paesi a conduzione familiare, dove la libertà di stampa è un optional, dove i servizi di intelligence sono al servizio del governo di turno e non per la sicurezza del cittadino e dove l’uso dello smarphone è più importante della salute.

Non sarà saccheggio, ma solo un bieco interesse per bloccare i flussi migratori cercando di migliorare la loro economia, non tanto per il cibo ma fornire smartphone, e certamente senza alcun un interesse nella salvaguardia dei diritti, anzi più i governi con i quali l’Italia tratta sono autoritari più il controllo dovrebbe essere maggiore e le contraddizioni nell’Occidente democratico detonano.

Il Piano Mattei può rappresentare un’opportunità importante per rafforzare le relazioni tra Italia e Africa, cercando di farla uscire dalla trappola del debito e contribuire allo sviluppo sostenibile del continente. Il successo del piano dipenderà dalla capacità di tradurre in azioni concrete i suoi principi ispiratori, superando le sfide e coinvolgendo attivamente tutti gli attori in gioco. Il Piano Mattei, se attuato con lungimiranza, può rappresentare un modello di cooperazione internazionale virtuoso e replicabile, in grado di apportare un cambiamento positivo e duraturo in Africa: la cassaforte delle materie prime.

Adottare un approccio complessivo che affronti le sfide africane in modo interconnesso, promuovendo lo sviluppo umano, la governance democratica e la tutela dell’ambiente, investire in progetti a lungo termine che creino capacità locali e favoriscano uno sviluppo sostenibile nel tempo.

Con la collaborazione della IA di Google Gemini

FAO: L’arte come nutrimento di riflessione

La collezione d’arte contemporanea della FAO (Food and Agriculture Organization), in occasione del World Forum 2023 (dal 16 al 20 ottobre), si è arricchita di due nuove opere che rispecchiano completamente la missione dell’organizzazione dell’ONU.

Una delle opere venne realizzata dall’artista ciadiano Idriss Bakay, scomparso nel 2017, “La vie dans le potager” (La vita nell’orto) . Una tela a tempere, di cm. 80×120, come spaccato della realtà degli orti comunitari promossi nel distretto di Mongo, dove Padre Franco Martellozzo SJ opera da più di 40 anni e dove il missionario gesuita ha promosso gli orti e la banca dei cerali, per fronteggiare la povertà e le periodiche carestie.

È Padre Martellozzo che fece conoscere alla Fondazione MAGIS l’artista ciadiano e portò alcune sue opere in Italia, in occasione della mostra di Arte Solidale, alla galleria La Pigna(2015), con la partecipazione di una sessantina di artisti e con una selezione di fotografie di vita quotidiana, realizzate dal missionario gesuita.

La seconda opera è stata realizzata, nel 2016, a più mani dagli artisti del  Collettivo Artisti Oltre i Confini (Claudia Bellocchi, Elisabetta Bertulli, Luigi M. Bruno, Gianleonardo Latini, Tiziana Morganti, Alessandra Parisi, Claudia Patruno, Rocco Salvia), come omaggio all’Arte di Idriss Bakay, con una tela a tempere acriliche di cm. 80×120.

Nell’opera di Idris Bakay è la genuina raffigurazione della faticosa vita rurale in un ambiente difficile, mentre la proposta pittorica del Collettivo è ciò che potrebbe essere per ridurre le diseguaglianze di una vita in un contesto disagiato.

Due opere che entrano a far parte della Collezione della FAO grazie anche Risoluzione n. 90 che “Nel 1951, la Conferenza ha adottato la Risoluzione n. 90, che invitava i Membri della FAO a donare opere d’arte, mobili e altri esempi del proprio artigianato nazionale e rurale, da esibire nella sede della FAO per celebrare la diversità e l’unicità delle culture di tutto il mondo che fanno parte dell’Organizzazione. Alcune delle donazioni si trovano nelle sale riunioni, altre sono visibili lungo i corridoi.”

Una risoluzione che ha permesso di acquisire opere come quella dell’artista mozambicana Bertina Lopes, di Rosey Cameron Smith, donata dal governo di Saint Kitts e Nevis nel 1995, del giamaicano David Boxer e di un altro caraibico Vincent Joseph Eudovic, che ha potuto pefezionare la sua tecnica scultorea in Nigeria grazie ad una borsa di studio dell’ONU, dell’italiano Giò Pomodoro, gli africani Gebre Kristos Desta e, Álvaro Macieira, l’australiano Edward Blitner e di molti altri.

Poi c’è il lavoro di artigiani e di artisti che hanno collaborato per la realizzazione di alcune sale di rappresentanza di alcuni stati membri dell’Organizzazione.

La FAO oltre a cercare di trovare soluzioni alla povertà alimentare, promuove l’arte come nutrimento per lo spirito ma è anche un occasione di riflessione sulle diseguaglianze alimentari.

Inoltre, per chi è interessato ad approfondire la conoscenza della FAO e delle sue “ricchezze”, si può organizzare in un gruppo e richiedere una visita guidata, rivolgendosi all’indirizzo: Group-Visits@fao.org.

Conflitti Il Mondo in balia degli estremismi

Il 2023 si è concluso con numerosi conflitti attivi, un elenco preciso è difficile e varia da fonte a fonte e non ci sono solo l’aggressione russa all’Ucraina e Hamas – Israele, ma anche la guerra civile in Sudan e quella dello Yemen, solo apparentemente in standby sospesa per intrufolarsi tra quella di Hamas e Israele.

Altri conflitti, alcuni dei quali sono guerreggiati, dimenticati e a “bassa intensità”, dove si vedono non solo missili e dromi o cannoni e mitragliatori , ma anche fucili e pistole, lance e frecce, sino a machete e coltelli, circoscritti in piccole aree per il predominio sulle ricchezze naturali o per far prevalere gli interessi degli allevatori su quelli degli agricoltori, ma in ogni caso le vittime sono sempre le stesse: bambini e donne, ma anche operatori umanitari e dell’informazione.

Conflitti che possono variare da una sessantina a qualche migliaio, se si conteggiano anche eventi violenti che sporadicamente tuonano ad insanguinare le strade per motivi politici, religiosi e tribali, secondo le fonti come: ACLED (Armed Conflict Location and Event Data Project), Sipri  (Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma) e l’Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo.

L’Etiopia, la regione africana del Sahel, il Mali, la Somalia, la Repubblica Democratica del Congo, la Nigeria, il nord del Mozambico, l’Afghanistan, il Libano, Haiti, il Messico, la Colombia, lo Myanmar, tra India e Pakistan per il Kashmir, gli armeni e gli azeri, i russi e i georgiani, per non dimenticare la Siria e il governo turco contro i curdi.

Un Mondo in balia degli estremismi che si nascondono tra credi ed ideologie, ma in realtà sono solo avidi di potere e bramosi di possedere ciò che non gli appartiene, creando flussi migratori.

Ci sono migranti e migranti, come ci sono profughi e profughi, con una speranza che non trova spazio in un Mondo costruito sugli egoismi, dove quello che è mio rimane mio e quello che è tuo dovrebbe diventare mio.

Nel mondo esiste l’odio e se non c’è l’amore certamente non c’è l’empatia che può avvicinarci all’altruismo.

Usare le parole in modo inconsapevole o addirittura in mala fede possono essere un linguaggio d’odio, per questo la “Carrara di Roma”, come più recentemente Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio, indica l’uso corretto dei vocaboli e il loro contesto quando si parla di migranti.

Persone che vivevano assediate ed ora assediano, cacciati che ora praticano pulizie etniche, perché dei fanatici ritengono incompatibile la convivenza tra “differenti” culture.

Conflitti che nascono per combattere i “cattivi”, ma in realtà per nascondere che “l’erba del vicino è sempre più verde” e solo perché qualcuno vuole qualcosa che qualcun altro ha.

Sono lontani i tempi nei quali si rideva dell’esorcizzazione del possesso con il film di Stanley Donen, L’erba del vicino è sempre più verde, dove Cary Grant “ha” ciò che Robert Mitchum vuole e con il ruolo politicamente scorretto di Deborah Kerr nel ruolo dell’erba più verde.

Non possiamo soccombere alla prepotenza se non per noi almeno per chi non può difendersi creando le condizioni per scardinare l’invidia.

A molti manca quel coraggio in più dalle donazioni alle organizzazioni umanitarie che oltre a mitigare i sensi di colpa fa dispetto a quella destra incapace di empatia offrendo un impegno diretto verso gli ultimi.

L’Arte non avrà la capacità di difendere  l’umanità dalla crudeltà ma può far riflettere sulle diseguaglianze e fare da megafono ai giornalisti che fanno giungere oltre le aree di conflitto l’invocazione di un ragazzo dai fieri occhi azzurri, del suo “non ho paura, ma voglio vivere. Portatemi via di qua”.

L’Arte ha il compito di seminare dubbi e far riflettere sulle contraddizioni e le diseguaglianze che affliggono il Mondo e far dialogare le persone impegnate per la Pace.

Un’Umanità vittima della fuga dai conflitti e dalle carestie e obbligata a migrare dove la speranza di trovare un luogo per vivere per migliaia di persone naufraga in mare o nei deserti, nelle foreste o davanti al filo spinato di un confine.

Secondo il Mid-Year Trends Report dell’UNHCR (l’Alto Commissariato ONU per i diritti dei rifugiati), sono oltre 100milioni le persone che fuggono dai conflitti.

Come scriveva Italo Calvino “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.” (Le città invisibili).

È un inferno dove fanatici estremisti vengono manipolati da chi ha come unico interesse il profitto, sfruttando la Natura e le Persone. Individui in cerca di profitto ad ogni costo, spesso nascosti dietro a rassicuranti elogi della Pace.

Dovrebbe essere possibile emarginare e sconfiggere i fanatici dediti a far soffrire gli estremisti che vogliono comandare. Due entità che fanno gli interessi di chi opera scommettendo sulle disgrazie altrui.

Conflitti che si protrarranno per anni se non si troveranno soluzioni diplomatiche o “non perderà” chi resisterà di più.

L’Onu come Unione Europa, i vari stati e organizzazioni sbandierano la Carta dei Diritti Umani, ma sono diritti che non valgono per tutti. Governi che accusano altri governi di violare i Diritti e la storia si ripete con il bue che da del cornuto all’asino.

Anche la nostra Costituzione, all’Articolo 2, sancisce che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”, come ha tenuto a ricordare il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, oltre al consigliare di praticare la gentilezza, dando il buon esempio, affermando anche che “La guerra genera odio, serve cultura di pace” e ai giovani in particolare: “L’amore non è possesso” e “La democrazia è voto e non sondaggio”, è partecipazione come cantava Giorgio Gaber.

Massimo Listri e i Sovrani ospedalieri

Il Sovrano Ordine di Malta è nato per prendersi cura degli altri, come indigenti e migranti, senza escludere la possibilità di rendere le strutture sanitarie accoglienti, “rinnovando l’alleanza tra bellezza e salute”.

La bellezza nell’ambiente sanitario è rappresentata dalle fotografie di Massimo Listri, avendo come soggetto palazzi storici nel loro esterno e interno trasformando gli ospedali e gli ambulatori del Sovrano Militare Ordine di Malta in una sorta di uffici turistici o una succursale dell’ex ministero per i beni culturali, ora ministero della cultura.

La perfezione tecnica della fotografia diviene bellezza in luoghi asettici:dove viene a mancare il fascino dell’imperfezione solo un dipinto può comunicare.

Sempre meglio le fotografie del maestro Massimo Listri, raccolte in una pubblicazione, che le pareti bianche, se non addirittura scrostate; forse un dipinto comunicherebbe meglio la serenità e l’ottimismo di saloni deserti e sarebbero preferibili dei trompe-l’œil di artisti locali, piuttosto che imporre un unico fotografo per ogni luogo. Se il problema è il non pagare i diritti si può trovare una soluzione.

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“L’Arte si prende Cura. Architetture e prospettive di Massimo Listri nei luoghi di cura del S.M. Ordine di Malta”

Edizioni Allemandi

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