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QUANDO L’ARTE VA A RUBA

Esattamente. Fabio Isman, noto giornalista, non è nuovo all’rgomento (1) e qui fa un’impietosa storia dei furti d’arte nei secoli e attuali. E’ un libro pieno di immagini e si legge come un poliziesco: la repressione del traffico di opere d’arte e il recupero richiedono specialisti e noi abbiamo il Nucleo patrimonio artistico dei Carabinieri. Il problema è che l’Italia ha un patrimonio artistico e archeologico immenso, distribuito in tutto il territorio nazionale fra musei, collezioni private, chiese, aree archeologiche e quant’altro. L’autore però fa una doverosa distinzione tra saccheggio e furto: le opere d’arte di una cultura superiore sono spesso state distrutte da un invasore meno colto, oppure saccheggiate per arricchire le collezioni nazionali. Conservo il catalogo del Museo di Mosul, le cui statue sono state distrutte dall’ISIS o rivendute sul mercato nero via Siria o Libano. Ma già Cicerone difese i siciliani nel processo contro Verre, un rapace governatore che aveva spogliato la ricca provincia da tutte le opere d’arte – statue e altro, in quello pari a Napoleone o al gerarca nazista Hermann Goering. Non che i Romani non riportassero dalla Grecia statue di marmo e di bronzo: le tante copie nei nostri musei suggeriscono una grande disponibilità di opere originali. Ma c’è differenza tra l’uso pubblico del maltolto, che va ad arricchire musei e opere pubbliche stranieri, e invece l’arricchimento personale, spesso maniacale. In più un mercato alla ricerca continua di opere d’arte su cui speculare sviluppa da sempre l’ingegno e l’abilità dei falsari, alcuni dei quali si sono dimostrati veri artisti. Come è oggi più difficile aggirare i sistemi di allarme di un grande museo, è ancora più difficile spacciare un falso: la tecnologia fornisce strumenti che prima non esistevano (raggi X, termoluminescenza, microscopio a scansione). Eppure qualcuno ci casca sempre, complice l’avidità, la segretezza delle trattative e l’intermediario consapevole dell’ignoranza del cliente. E parliamo anche di grandi musei!

Detto questo, i capitoli si dipanano secondo temi emblematici: il senatore giamaicano e le copie del marmista, le conquiste militari e l’antico, i feticci: la Gioconda e Caravaggio, all’estero: da Oslo a Dresda, il diario di un tombarolo… ogni pagina narra di ruberie, alcune facili – le opere nelle chiese, le necropoli etrusche – e altre dovute a chi doveva invece proteggere il patrimonio affidato. E qui basta citare la Biblioteca dei Gerolimini a Napoli, il più sfacciato dei furti di libri antichi. Ma spesso la motivazione non è economica: l’italiano che rubò la Gioconda (ne fecero anche un film) lo fece per riportarla in Italia, ignorando persino che Leonardo stesso la portò con sé in Francia. C’è verso alcuni autori un vero e proprio feticismo di massa (pensiamo a Picasso o a Bansky) e naturalmente salgono quotazioni, falsi e furti. Alcuni mercanti d’arte sono se non ricettatori, perlomeno ambigui: penso a Hildebrand e Cornelius Gurlitt (padre e figlio), i quali comprarono in svendita sia opere di ricchi ebrei “spariti” che opere di “arte degenerata”, come veniva definita dai Nazisti l’Avanguardia (2), forse anche per rivenderle all’estero per conto di Goering. Il gran finale? La collezione di Gurlitt figlio (morto nel 2014) fu scoperta quasi per caso – 1700 opere, alcune inedite – e il proprietario alla sua morte le ha donate al museo di Berna, con la clausola di restituire le opere ai legittimi proprietari o discendenti, sempre che ve ne fossero ancora. E qui va eretto un monumento a tutti quelli che – storici dell’arte, direttori di museo, collezionisti onesti, Carabinieri e Finanzieri – silenziosamente fanno ogni giorno indagini e mantengono discreti contatti con intermediari, mercanti d’arte e polizie locali, pronti pazientemente a chiudere le maglie delle loro reti al momento opportuno. Purtroppo ci vuole invece un esercito di funzionari e avvocati per farsi restituire le opere di provenienza non registrata presenti p.es. nel Museo Getty, anche se abbiamo avuto funzionari del calibro di Rodolfo Siviero e del colonnello Conforti. Purtroppo per anni le leggi di Svizzera e Regno Unito erano molto generose con il traffico di opere d’arte (da noi il principio della tutela risale al 1939) e le vie del contrabbando sono infinite, senza parlare dello strano interesse delle mafie per alcuni capolavori (un Caravaggio rubato in Sicilia potrebbe non aver mai lasciato l’isola). Quadri ritrovati magari in Ucraina, dove erano stati spediti per posta (!) prima di essere acquistati dai mafiosi russi. Si scopre magari che i ladri non erano professionisti, come sicuramente non erano quelli che rubarono anni fa il Bambinello dalla basilica romana dell’Ara Coeli; un vero peccato, perché per paura l’hanno sicuramente distrutto. Ma se si pensa alla facilità di uno scavo clandestino e alla mancanza di buoni allarmi fino a pochi decenni fa, si capisce che spesso non serviva grande professionalità criminale. Alcuni musei (Oslo, p.es.) sono stati depredati a mano armata, tecnica insolita nel mondo dell’arte. In più abbiamo le new entries: i cinesi sembrano interessati a riprendersi (illegalmente) le opere d’arte che appartengono alla loro cultura; lo suggerisce l’aumento di furti di arte orientale in tutta Europa. Ma il vero problema è che molte opere sono immesse nel mercato nero prima di essere registrate, o perché frutto di scavi clandestini (sui tombaroli c’è un intero capitolo), come la Triade Capitolina, o perché molti musei hanno nei depositi molto materiale (magari frutto di donazioni private) non ancora catalogato, quindi più facile da rivendere. E se un quadro viene schedato in modo sommario come “Madonna con bambino” , il rischio aumenta. Ricordiamocelo: in Italia vengono rubate ogni giorno opere d’arte, un’emorragia continua. Il libro di Fabio Isman – ripeto – si legge d’un fiato come un libro di investigazione. Ma purtroppo è tutto vero.

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Note:

  1. https://it.wikipedia.org/wiki/Fabio_Isman , vedi Opere

Quando l’arte va a ruba.
Furti e saccheggi, nel mondo e nei secoli
Fabio Isman
Editore:Giunti, 2021, pp. 224 p.

EAN: 9788809958746

Prezzo: € 29,00


Il Tempo vola (e non solo per i protagonisti)

Correva l’anno duemilasei e un giovane ragazzo di ventun anni alla ricerca di una lettura avvincente chiedeva consiglio alla commessa della libreria, che prontamente gli metteva tra le mani un romanzo dal titolo piuttosto particolare: Hyperversum.

Scritto dall’autrice italiana esordiente Cecilia Randall, il romanzo conteneva gli ingredienti preferiti dal giovane ragazzo: fantascienza, storia, passione e avventura; la commessa ci aveva preso in pieno.

La lettura si rivelò più che mai coinvolgente, mentre la fantascienza si limitava ad un “semplice”, anche se imprevisto, viaggio nel tempo; tutto il resto occupava abbondantemente le numerose pagine del libro.

La trama vedeva un gruppo di ragazzi che, alle prese con un videogioco di ruolo, si ritrovavano catapultati anima e corpo nel medioevo francese dove, fino ad un attimo prima, erano semplici avatar. E’ il 1214 e la Francia è guidata dal re Filippo II, noto agli amanti della storia per il suo lungo regno, nonché per il suo operato.

Tredici anni dopo, cioè oggi, si conclude con il sesto libro della serie una saga che ha appassionato quel ragazzo ormai quasi trentacinquenne e che ancora non smette di sognare quando si immerge in quel mondo.

L’ultimo romanzo si intitola Hyperversum Unknown e narra le vicende finali dei protagonisti dei primi tre romanzi, Ian e Daniel, e dei loro figli, Marc e Alexandra, protagonisti invece degli ultimi tre libri.

La storia in breve vede i personaggi principali coinvolti nelle trame della vita di corte, a stretto contatto con il re e con i suoi luogotenenti, a suon di cavalieri, castelli, battaglie e tradimenti, oltreché di madame e messeri con le loro storie d’amore.

Non entrerò nello specifico della trama per non spoilerare tutta l’opera così ben articolata dall’autrice, ma vi dirò che, da amante della storia quale sono, questa saga partita come una lettura per ragazzi, o così almeno pensavo, si è rivelata una lettura perfetta per coloro che amano sognare ad occhi aperti e che ancora non sono sazi del medioevo e delle sue storie viste e rivisitate in mille modi diversi.

Il ritmo è sostenuto fin dalle prime pagine di ogni romanzo e come è prevedibile, visto il viaggio nel tempo, non mancano misteri e sotterfugi per nascondere verità scomode ad alcuni. I personaggi sono tutti dotati del carisma necessario per farsi amare o odiare a seconda del loro ruolo e le ambientazioni sono degne delle più belle ricostruzioni delle corti medievali.

Conscio di non essere l’unico ad apprezzare questo tipo di romanzi, mi permetto di consigliare queste letture agli amanti delle trilogie, delle saghe e più in generale a tutti coloro a cui piacciono i romanzi di fantasia, conditi con elementi reali che rendono la storia credibile e coinvolgente pur senza essere particolarmente innovativa.

Cecilia Randall, l’autrice, dal duemilasei ad oggi ha creato senza dubbio un seguito di lettori appassionati alle sue storie, che non si limitano a questa saga, ma che l’hanno vista anche spaziare nel fantasy e nel mistico con le altre opere da lei scritte. La sua dote più grande è probabilmente quella di saper creare delle letture avvincenti, povere di punti morti, dove ciò che si dà per scontato non sempre è ovvio e quando lo è, riesce comunque a sorprendere.

Ventuno, trentacinque e anche più, gli anni non contano quando esistono opere in grado di cancellare la tua età per lasciarti solo la libertà di sognare e di vivere nel mondo a te più congegnale, anche solo per pochi minuti al giorno.

Hyperversum è questo, è un romanzo, è una serie, è un videogioco, è un viaggio ed è storia.


Titolo: Hyperversum Unknown
Autrice: Cecilia Randall
Anno: 2019
Editore: Giunti (Collana Waves)
P. 480
Disponibile anche in ebook