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Il castello dei servizi incrociati

L’autore vive a Roma ed è un ufficiale americano in pensione, ben noto per i suoi incarichi accademici presso università private nel campo delle scienze politiche e per gli accurati suoi studi sul terrorismo internazionale (1). Sistematico e poco ideologico, il suo stile è ben diverso da quello di tante opere italiane ideologicamente orientate ma spesso carenti nella documentazione e quindi scientificamente poco attendibili. E proprio di queste ultime parla il libro, che analizza quasi cento opere italiane che riguardano il terrorismo e la politica italiana, scritte dal 1965 a oggi. L’autore in realtà si occupa espressamente delle opere dove vengono analizzati i rapporti tra Italia e Stati Uniti, lasciando ai politici italiani il compito di fare chiarezza sui nostri servizi segreti deviati, sulle trame nere, su Gladio, sulle Brigate Rosse e via discorrendo, Il suo impegno è (testuale) “esaminare il tema dell’asserita ingerenza americana con dinamiche sovversive e terroristiche degli affari interni italiani per il tramite della NATO, dei servizi d’intelligence d’oltreoceano e di altri strumenti e collegamenti” (p.63).

Tutto comincia infatti nel 1949, quando l’Italia entra nella NATO. E qui vanno chiariti alcuni elementi storici basilari: l’ingresso nell’Alleanza Atlantica trovò nemici sia a destra che a sinistra, anche se per motivi diversi; ma fece rientrare a pieno titolo l’Italia tra i paesi europei dopo una guerra persa nel peggiore dei modi. Inoltre, il distacco di Tito dall’egemonia sovietica evitò un’altra frontiera militare col Patto di Varsavia, anche se comunque lo scontro sarebbe avvenuto nelle pianure polacche e tedesche piuttosto che a Gorizia. Infine, a differenza del Sudamerica, in Europa gli Stati Uniti hanno sempre preferito rinforzare il centro piuttosto che puntare sulla destra nazionalista (a loro ostile), tenendo anche conto che l’Italia repubblicana e democratica è stata ricostruita da partiti estranei persino all’idea di nazione – penso alla DC di De Gasperi e al PCI di Togliatti. Da approfondire casomai è il rapporto tra servizi d’informazione alleati all’interno della NATO, sicuramente squilibrato a favore degli Stati Uniti, sia perché potenza egemone, sia perché la politica estera italiana talvolta si è dimostrata relativamente indipendente da quella americana, suggerendo ai nostri alleati una certa prudenza nello scambio d’informazioni: basti pensare ai rapporti diplomatici tra Aldo Moro e i Palestinesi dell’OLP o all’equilibrismo mediterraneo di Andreotti. Dunque la corrispondenza non sempre è stata biunivoca e sarebbe anzi interessante discuterne direttamente con l’autore. Alcuni storici sono convinti, p.es., che il Patto Atlantico comprendesse anche protocolli segreti sullo scambio di informazioni tra alleati. Ma da qui affermare che i servizi segreti americani o chi per loro si sono da sempre intromessi nelle faccende italiane ce ne corre: per dimostrare una tesi occorrono infatti prove documentate, e qui entriamo nel vivo. Le opere qui analizzate una per una sono state scritte in tempi diversi da una serie di autori seri e meno seri, alcuni dei quali hanno riempito anche le cronache giudiziarie ora come terroristi o collaboratori dei servizi deviati (ma esistono forse servizi segreti normali?), militari di alto grado, millantatori, ambigui avventurieri della politica e della penna; altri sono magistrati, giornalisti, funzionari, ambasciatori come Sergio Romano e persino presidenti della Repubblica, come Francesco Cossiga. Ma anche gli editori sono i più disparati: Feltrinelli e Mondadori stanno in compagnia di strani editori e oscuri tipografi e solo aver potuto leggere tanti libri ormai introvabili è già un risultato in assoluto. L’arco di tempo copre praticamente dagli anni Cinquanta a oggi, con forti accenti su Gladio, gli Anni del Piombo, il caso Moro, mentre, finita la Guerra Fredda, sembra che l’Italia non interessi più a nessuno.

Ma torniamo al problema: chiarire se e quanto gli USA hanno interferito nella politica italiana, e non solo per evitare che i comunisti arrivassero al governo. Intanto, nel centinaio di opere che l’autore ha passato al setaccio è impressionante la quantità di inesattezze e superficialità ivi contenute. Alcuni sono strafalcioni che non farebbe neanche uno studente di scienze politiche: nomi trascritti male, comandi e reparti militari inesistenti o male identificati, gradi incompatibili con le funzioni svolte o con il periodo di servizio, poteri o deleghe impossibili da ottenere. E’ una serie di errori che dimostra da parte italiana una notevole ignoranza del funzionamento della NATO, della CIA, del Vaticano e persino delle proprie istituzioni. L’altra serie di inesattezze è piuttosto una questione di metodo: ammesso che un’informazione sia documentata, viene accostata ad altri dati – documentati o meno – per confermare la tesi del complotto di turno. Perché di complotti si parla dall’inizio alla fine, dove entrano in scena – affollatissima – la CIA, le Brigate Rosse, i NAR, la NATO, la P2, l’URSS, il SID, il SIFAR, i NAR, Gladio/Stay behind, il KGB, l’NSA, il Mossad, la Massoneria e il Vaticano, qualche volta si direbbe persino tutti insieme di concerto. Che nelle trame nostrane si siano infilati anche attori stranieri è verosimile, ma a leggere tutte le schede dei libri qui citati ne esce un delirio. C’è evidentemente nell’anima italiana il gusto per l’intrigo, come nel Rinascimento descritto da Machiavelli. Già, ma le prove? Vengono accostati continuamente elementi diversi ma le conclusioni sono deboli: si parte sempre dal teorema e le prove si cercano dopo, come in certa prassi giudiziaria nostrana. Come i pentiti di mafia, troppi testimoni non raccontano quanto hanno fatto, ma cosa hanno sentito da altri, col risultato di imbrogliare le carte già confuse in partenza, invece di far luce sugli avvenimenti con prove certe e documenti attendibili. Persino le relazioni parlamentari sono piene di verbi al condizionale, di termini come “forse”, “si suppone”, “probabilmente”, etc. E quando a scrivere in questo modo non sono solo giornalisti screditati o militanti usciti dal nulla, ma anche magistrati del calibro di Edoardo Imposimato, la cosa può anche sorprendere. Più credibile Francesco Cossiga, che perlomeno come ministro degli Interni e Presidente della Repubblica ha potuto accedere a documenti attendibili.

Ma il sottotitolo del libro recita: “disinformazione”. Si tratta di una tecnica usata da sempre dai servizi segreti o meno per screditare l’avversario, e qui l’autore lascia intendere che molte opere avevano una funzione diffamatoria. Un esempio è qui documentato: il manuale FM 30-31 B datato 1970 e concepito come strumento programmatico per interventi destabilizzanti negli affari interni di paesi dove operasse un forte partito comunista. FM sta per Field Manual, manuale da campo e non “direttiva” come è stato spesso tradotto. Aggiungo pure che, a differenza delle nostre “librette”, la serie FM è sempre stata accessibile e ora è anche sul web, altro che Top Secret!. Tornando al nostro manuale, si trattava in realtà di un apocrifo ben confezionato dal KGB, ma fu preso per buono almeno per dieci anni buoni, nonostante alcune incoerenze interne. Ma disinformazione è anche insinuare coscientemente complicità non provate, ricostruire continuamente la storia al di là di un ancor tollerabile revisionismo, con uso di metodiche espositive tendenziose. E come si fa a identificare la disinformazione? L’autore lo spiega nel paragrafo 1.4 (pagine 27-35, che dovrebbe essere preso ad esempio anche dagli archivisti.

Ma quali sono alla fine le conclusioni? Vittorfranco Pisano non ha difficoltà a dire che ogni Stato usa i propri servizi d’intelligence a proprio favore: fa parte delle prerogative delegate alla Difesa, e cita anche una serie di esempi storici recenti. Parimenti, ogni Stato cerca con la diplomazia o con mezzi economici di portare a proprio vantaggio la politica estera: fa parte del gioco politico tra nazioni. Il più delle volte queste politiche vengono espresse in modo palese e anche questo rientra nella dinamica dei rapporti internazionali. La sicurezza è una funzione primaria. Ora, è chiaro che il peso strategico degli Stati Uniti può influenzare la politica di una media potenza come l’Italia e anche condizionarne gli orientamenti politici ed economici. Come dire: gli Stati Uniti non hanno mai avuto bisogno di giocare sporco con l’Italia, visto che gli stessi risultati potevano essere ottenuti con mezzi legali. L’Italia non è mai stata una “sorvegliata speciale” o “una colonia”, come si legge in alcuni dei libri analizzati, e nella NATO ci sta dal 1949. E in ogni caso, il panorama storico e politico che quel centinaio di libri vorrebbe ricostruire è spesso basato su un castello di carte. Più che storiografia è story-telling, narrazione.

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Italia Stati Uniti. Terrorismo e disinformazione
Vittorfranco Pisano
Editore: Nuova Cultura, 2016, p. 278

Prezzo: € 25,00
EAN: 9788868127459

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Italia Stati Uniti. Terrorismo e disinformazione
Vittorfranco Pisano
Editore: Nuova Cultura, 2016, p. 278

Prezzo: € 25,00
EAN: 9788868127459

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