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Alla ricerca di un personale museo

Pensando a luoghi e opere d’arte che possano rappresentare l’Italia nel Mondo, nell’anno dell’Expo milanese, che ha fatto uscire dal cappello delle illuminanti iniziative VeryBello.it, ribolle un pentolone con più di 1000 eventi culturali che mette insieme la Biennale d’Arte di Venezia con Umbria Jazz, il Teatro Greco di Siracusa con il festival degli artisti di strada di Ferrara, passando per il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle, viaggiando sul web attraverso l’offerta culturale che potrebbe avere un seguito anche dopo l’Esposizione Universale, con una continuità nel proporre itinerari turistici sulla presenza non solo stabile, ma anche temporanea di cultura e spettacolo.

Meno ambizioso e più di nicchia sono la serie di incontri che offre Rai 5 con programma Museo Italia di Antonio Paolucci per illustrare le bellezze italiane racchiuse negli edifici o visibili per le strade il più coinvolgente Museo Nazionale Radio3, in onda il sabato e la domenica dalle ore 13, composto da 100 opere scelte per raccontare l’arte della storia d’Italia. Un’iniziativa nata non solo alla radio ma anche sui social come Instagram, dove gli ascoltatori potranno condividere le foto delle opere preferite.

Infatti per creare il Museo Nazionale di Radio 3 ha bisogno anche della partecipazione degli ascoltatori che potranno partecipare alla raccolta delle foto anche attraverso i social network come Facebook, Twitter e, ovviamente, Instagram.

La fotografia, abbinata all’esaltazione della Bell’Italia, è protagonista anche dell’#empty italiano, basato sulla perpetuazione degli spazi, non solo museali, nelle ore di chiusura. L’iniziativa, nata a New York e poi a Londra, è promossa da alcuni instagrammers nel persuadere musei e teatri di tutto il mondo a far entrare i “visitatori” dopo l’orario di chiusura per fotografare gli spazi nella loro essenzialità architettonica ed espositiva con il solo uso di uno smartphone. Musei fotografati senza la folla era un privilegio riservato a pochi fotografi professionisti, ma ora si aprono nuovi orizzonti alla condivisione di massa.

Un’esperienza vissuta anche in Italia, quella di raccontare attraverso le immagini il fascino dei luoghi negli orari di chiusura al pubblico, che ha portato otto instagrammers, più amichevolmente igers, alla Reggia di Venaria Reale, Torino, tra la fine della mostra e in attesa di un nuovo allestimento.

Anche con le iniziative del Fai si realizza un elenco preferenziale dei nostri beni culturali come I Luoghi del Cuore, una sorta di referendum di quale luogo avrà la priorità ad essere recuperato dal degrado e dall’abbandono, o Giornate FAI di Primavera, un occasione di visitare dei luoghi che solitamente sono preclusi allo sguardo dei molti.

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I soldati austriaci di lingua italiana, 1914-1919

Che l’Italia non sia un paese ancora unito lo dimostrano le iniziative prese dalla provincia autonoma del Trentino/Alto-Adige e dal comune di Trieste: partono treni pieni di studenti, studiosi e cittadini verso i campi di Galizia e nessuno nel resto d’Italia ne sa niente; magari si confonde pure la regione oggi parte della Polonia con l’omonima provincia di Spagna. In realtà per molti italiani la Guerra Mondiale è cominciata nell’agosto del 1914. Sono le storie di tutti quei soldati trentini, ampezzani, veneti, friulani, triestini e istriani arruolati nell’Imperial-Regio Esercito Austro-ungarico e mandati a combattere sul fronte orientale. Tutti parlavano l’italiano o un dialetto italofono, molti sono morti e le loro vedove non hanno mai ricevuto una pensione. Chi è tornato a casa non poteva fare altro che chiudersi nel silenzio: per gli irredentisti chi aveva combattuto per gli Austriaci era un traditore, anche se molti non avevano avuto la possibilità di scegliere, soprattutto i contadini e i montanari dell’arco alpino. Ed è impressionante leggere che l’iniziativa di recuperare questa memoria è – testuale – “un contributo alla storia dell’Euregio Trentino/Alto.Adige/Tirolo”, come si legge nei notiziari ufficiali della provincia autonoma di Bolzano. Dunque non abbiamo più una memoria condivisa e le nostalgie asburgiche triestine sono in sintonia con gli umori del Tirolo storico. Tutto questo nel silenzio assoluto – dovuto a ignoranza – del resto dell’Italia.

Che esistesse un reggimento austro-ungarico formato da italiani a dire il vero l’ho appreso solo nel 2008, quando Trieste celebrava i cent’anni di annessione all’Italia e riteneva giusto documentare la situazione anteriore al 1918. Fu così che mi incuriosì un distintivo reggimentale con un numero : 97. Era il reggimento triestino, reclutato tra gli italiani e gli sloveni del litorale. Dal canto loro le comunità trentine e ampezzane non avevano perso tempo. Sappiamo tutto degli alpini in Russia perché le comunità montane mantengono viva la memoria di chi vive da sempre nelle stesse zone e ha scarsa mobilità sociale. Ed è così che sono uscite fuori le storie di 20.000 tra alpini austriaci e milizie tirolesi, di cui almeno un quinto di loro non è tornato a casa. Ma forse è il caso di dare qualche informazione storica, magari aprendo la pagina di un buon atlante d’Europa.

Intanto, l’esercito austro-ungarico era diverso dagli altri : più che alla nazione, i soldati erano fedeli all’Imperatore Francesco Giuseppe, che nelle nostre cartoline viene invece visto come un vecchio rimbambito. Struttura e armi erano in linea con gli standard europei, ma la truppa era reclutata fra quindici etnìe diverse e le lingue usate erano nove. Anche se gli ufficiali erano tenuti a conoscere un paio di lingue, il reclutamento regionale era una necessità, pena il caos. Dunque gli italiani e sloveni del litorale giuliano e istriano furono inquadrati nel 97° reggimento, mentre le comunità dal Trentino al Friuli vennero assegnate ai reggimenti alpini, i Kaiserjaeger, oppure alla milizia tirolese, gli Schutzen. Questi ultimi dovevano difendere il Tirolo, mentre tutti gli altri furono spediti nella Polonia austriaca contro i Russi. La zona chiamata Galizia è compresa oggi fra Polonia e Ucraina ed era una landa bassa e sottosviluppata, né ora ha fatto molti progressi, e l’asse ferroviario rimane lo stesso: da Cracovia a Leopoli, dove abbiamo combattuto anche nella guerra mondiale successiva. In mezzo, una città-fortezza dal nome impronunciabile: Przemysl. I reggimenti di montagna invece erano più sul crinale dei Carpazi – i monti sotto la Galizia – e dovevano coprire la sella fra la pianura polacca e quella ungherese. Riassumendo molto, diremo che il primo anno di guerra vide austriaci e russi perdere ognuno quasi un milione di soldati tra battaglie e assedi. Solo che i Russi avevano più spazio e avevano mobilitato dodici milioni di soldati, quindi possiamo dire che l’Impero Austro-ungarico aveva perso la guerra già nel 1915. Se ha resistito fino al 1918 è perché il fronte italiano era favorevole alla difensiva assai più che la pianura polacca. Ho visto all’istituto Austriaco di Roma le loro immagini di propaganda: si vedono i loro soldati che dall’alto delle vette alpine scrutano olimpicamente la vallata in attesa che gli italiani traditori scalino la montagna.

Ma torniamo in Galizia. Il reggimento italiano fu poco efficiente e dopo aver perso la metà degli effettivi davanti a Leopoli (Lemberg per gli austriaci) fu assegnato alle brigate ungheresi, più forti, e in parte mandato nel 1917 sull’Isonzo, uno dei pochi posti dopo Cortina dove gli italiani combatterono contro altri italiani. Ma sui motivi dello scarso rendimento degli italiani c’è da metter ordine. La propaganda irredentista ce l’aveva con loro, mentre quella austriaca li disprezzava. Nella realtà quel reparto era poco coeso perché non difendeva casa propria e perché formato da cittadini, laddove i migliori reggimenti erano quelli dove si ripeteva sul campo la struttura semifeudale della società (come nei reggimenti tirolesi) o addirittura una cultura tribale, come in quelli bosniaci. E va anche detto che sia gli Austriaci che i Russi usavano tattiche superate. Nelle immagini d’epoca che ho comprato sul mercato antiquario è impressionante l’ammassamento della truppa. Ormai c’erano le mitragliatrici e i fucili a ripetizione e i cannoni a tiro rapido, ma i reggimenti si muovevano ancora come ai tempi di Napoleone. Niente di strano che morissero tutti come mosche.

Ma la storia non finisce qui. Finita la guerra, i prigionieri dei Russi si trovarono isolati dalla Rivoluzione e dovettero valersi della ferrovia Transiberiana per arrivare prima o poi a Vladivostok, dove i Cechi e gli Slovacchi furono imbarcati su mercantili americani. Gli italiani invece furono dirottati in Manciuria e acquartierati nella concessione cinese internazionale del Tien-Tsin, presidiata dal Battaglione San Marco. Lì chi voleva si arruolò nella Legione Dalmata Irredenta , che fu mandata a combattere i Bolscevichi. Infatti fino al 1919 le potenze europee si schierarono con i Bianchi, fin quando tutti si ritirarono da una guerra che non li riguardava e che ormai era persa a favore delle nuove forze rivoluzionarie. Ma anche questo è un capitolo di storia ancora da studiare.

 

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L’Italia Europea

Alla vigilia del Semestre europeo a guida italiana

lunedì 30 giugno il palcoscenico del Teatro Argentina dedica alla Città e all’Europa il

Prologo d’amore e d’arte per l’Italia Europea

un omaggio di arte e di pensieri attraverso la voce di grandi protagonisti della scena e

della società civile, da Giorgio Albertazzi a Valentina Cortese,

ed ancora Maddalena Crippa, Lorenzo Lavia e Livia Pomodoro,

insieme per raccontare la storia, le radici, i valori dell’identità europea,

ma anche la ricchezza culturale che l’Italia continua ad offrire alle ragioni dello stare insieme.

Tanti saranno ancora gli appuntamenti con la cultura, le arti, il pensiero e l’economia, che

il Teatro di Roma proporrà nel corso dei sei mesi del semestre a guida italiana.

L’iniziativa si avvale del patrocinio della Rappresentanza in Italia della Commissione europea.

Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili

A pochi giorni dall’avvio ufficiale del semestre italiano di Presidenza dell’Unione Europea, il nostro Paese si troverà a ricoprire un ruolo da protagonista e da garante nell’agenda politica sui temi della crescita e dell’equità. Fermenti creativi e suggestioni artistiche, ma anche pensieri e riflessioni sulle ragioni e sul valore dell’identità europea, come catalizzatore e collante culturale, trovano approdo sul palcoscenico del Teatro Argentina di Roma che, il 30 giugno a partire dalle ore 21 ad ingresso gratuito, dedicherà alla città e all’Europa il Prologo d’amore e d’arte per l’Italia Europea.

Un mosaico di parole, versi, musica, immagini, visioni, per un omaggio d’arte e di pensieri affidatoa grandi artisti del panorama culturale italiano che, insieme ad illustri rappresentanti della società civile, celebreranno il passaggio di testimone dalla Grecia all’Italia, impegnata alla guida del semestre europeo a partire dal prossimo primo luglio. Giorgio Albertazzi e Valentina Cortese, ed ancora Maddalena Crippa, Lorenzo Lavia e Livia Pomodoro, sono i protagonisti di una staffetta fra mito e attualità, presente e passato, per offrire al pubblico la ricchezza del messaggio culturale che lega in modo indissolubile Italia e Grecia, le due civiltà classiche che hanno plasmato le origini e il volto dell’Europa, e che oggi si ritrovano ad alternarsi alla sua guida con l’ambizione di avviare una fase di rinascimento economico e sociale. Dunque, il semestre italiano passa per la cultura. Ed è questo il primo atto del nuovo ciclo che il Teatro di Roma ha avviato con la direzione di Antonio Calbi che commenta: «questa nostra serata vuole essere un omaggio all’Europa Unita, in un momento così critico, nel quale la crisi economica, i nuovi rigori, la disoccupazione dilagante stanno mettendo a dura prova le arti e le diverse forme dell’ingegno e della creatività, che invece rappresentano il cuore palpitante del nostro continente, e che debbono tornare a essere le nuove basi di civiltà, etica, rispetto, impegno sulle quali costruire un futuro diverso, nella consapevolezza che la “bellezza continuerà a salvare il mondo”, per dirla con Fëdor M. Dostoewskij». L’iniziativa si avvale del patrocinio della Rappresentanza in Italia della Commissione europea.

 

La serata si apre con l’esecuzione dell’Inno alla gioia, dalla Sinfonia n. 9 di Ludwig van Beethoven, proposto in un adattamento per fisarmonica interpretato da Olimpia Greco. Si prosegue con Livia Pomodoro, presidente del Tribunale di Milano e direttrice dello Spazio Teatro Nohma di Milano, che interpreterà Incontro immaginario fra Melina Mercouri e Angela Merkel, scritto da Alberto Meomartini, già presidente di Assolombarda e oggi vicepresidente della Camera di Commercio di Milano. Il breve racconto trasformato in monologo, mette in scena il confronto fra due visoni del mondo e dell’Europa attraverso l’incontro immaginario con Melina Mercouri, la prima ministra della cultura nella Grecia liberata dal regime fascista dei colonnelli, e che nel 1985 lanciò l’idea delle Capitali Europee della Cultura, divenute poi dal 2000 Capitali europee della cultura. Alla donna di potere che ha fatto del rigore economico la propria imprescindibile filosofia politica, Mercouri ricorda il contributo fondamentale che la Grecia ha dato alla costruzione di una identità europea: le arti, la politica, la democrazia, il teatro, la filosofia.

Dal presente al Risorgimento con Lorenzo Lavia che ci riporta alla memoria le parole di Giuseppe Garibaldi, l’Eroe dei Due Mondi, che già nel 1860 immaginava gli Stati Uniti d’Europa. Dopo questi primi due brani, di cui sono protagonisti rappresentanti della società civile di oggi e uno dei padri fondatori dell’Italia, l’evento vira verso le arti: Maddalena Crippa interpreta All’Italia, invettiva in versi di rabbia e amore scritta da Giacomo Leopardi nel 1818. A seguire due grandi maestri del teatro e del cinema italiano, Giorgio Albertazzi legge Dante, pensando alla Grecia con il canto XXVI dell’Inferno della Divina Commedia dedicato a Ulisse. A seguire Valentina Cortese, la grande attrice milanese amata da Strehler, Fellini, Truffaut, torna a Roma dopo aver calcato il palcoscenico del Teatro Argentina l’ultima volta nel 1975, per regalarci pagine dall’Amore, il poemetto di Giovanni Testori. La serata si conclude con le pagine finali di Memorie di Adriano della scrittrice francese Marguerite Yourcenar attraverso la grande forza evocatrice della voce di Albertazzi. Un autore, Testori, e un’autrice, Yourcenar, impegnati a scandagliare con la scrittura il senso e i sussulti del sentimento più aulico e grande, l’amore.

Il sipario sonoro della serata è l’esibizione del coro Querce del Tasso con una versione per voci dell’Inno alla gioia di Beethoven. Per l’occasione, verrà riproposto il Sipario d’attesa che Mimmo Paladino realizzò nel 2009, ancora un omaggio alla Grecia, al tempo antico, alle redici mediterranee dell’Unione Europea da un altro protagonista della nostra arte.

 

Nel corso dei sei mesi del semestre a guida italiana, il Teatro di Roma proporrà diversi appuntamenti con la cultura, le arti, il pensiero, l’economia. In settembre il palcoscenico dell’Argentina apre le sue porte al Romaeuropa Festival con le coproduzione degli spettacoli Tandy di Angélica Liddell (10 ed 11 ottobre) e Coup fatal di Alain Platel (14 e 15 ottobre). Ed ancora a settembre il teatro invita le città italiane candidate ad essere Capitale Europea della Cultura nel 2019 a presentare le loro filosofie e i loro programmi. La scelta finale avverrà nel prossimo mese di ottobre da parte di una commissione europea-italiana. Inoltre, nell’ambito della rassegna Short Theatre, il Teatro di Roma ospiterà nei propri spazi il nuovo progetto europeo Fabulamundi, con protagonisti Francia, Germania, Italia, Romania e Spagna; e ancora l’Ecole des Maîtres 2014diretta dai ricci/forte, l’atelier internazionale itinerante di perfezionamento teatrale fra Italia, Portogallo, Belgio, Francia e Croazia.

A corollario dell’arrivo nella Capitale dei sindaci delle altre 27 capitali europee, il Teatro Argentina si trasforma nella “casa” di 28 artisti, di tutte le arti e discipline creative, in rappresentanza delle 28 nazioni dell’Unione: un evento multidisciplinare realizzato in collaborazione con le ambasciate europee a Roma. In novembre, il cinema d’autore approda sul palcoscenico capitolino con l’ultima conturbante opera di Peter Greenaway, rifiutata da distributori e sale cinematografiche, Goltzius and the Pelican Company (2012), dedicato al pittore e incisore Henrick Goltzius, uno dei maggiori esponenti del barocco olandese, e con la quale il regista britannico continua la sua personale rilettura dell’arte fiamminga (che culminerà nel 2016 con un film dedicato a Hieronymus Bosch). Sempre in novembre, in collaborazione con AcomeA, si avvierà un ciclo di quattro incontri dal titolo La verità vi prego sul denaro; quattro storie sul denaro e sulla finanza etica.

 

INFO BIGLIETTERIA

Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili

Si consiglia la prenotazione al numero 06.684000346

Ufficio promozione Teatro di Roma:

tel. 06.684.000.346 – Fax 06.684000.360

http://www.teatrodiroma.net

Durata evento: 1 ora e 30 minuti

 

INFO STAMPA

Per l’Ufficio Stampa Teatro di Roma:

Amelia Realino tel. 06.684.000.308 I 345.4465117

email: ufficiostampa@teatrodiroma.net

 

 

 

Quando si scoprirono renziani

È ormai una certezza: l’Italia è una realtà strillata, dove hanno posto quelli che in doppio petto o in maniche di camicia fanno roboanti annunci, mentre non vi è posto per chi silenziosamente opera per risanare una nazione martoriata dal populismo che traccia la strada verso il suo futuro sotto suggerimento di un popolo emozionalmente turbato dalle quotidiane difficoltà e dalla sempre più crescente distanza tra il Paese politico e quello reale.

Ma non è certo che le indicazioni di rotta desunte dai malumori di un’Italia insofferente siano quelle che potranno condurre ad un approdo sicuro o, come è già stato sperimentato, piuttosto ad un’ulteriore aggravio della situazione.

Il togliere una tassa o gridare di levarsi dalla palude può essere una bella immagine da vendere all’elettorato ormai deluso da tutto, che si affida sempre più a personaggi caciaroni, tronfi di ambizione che è buona cosa in politica se non si coinvolgessero le vite di milioni d’italiani, ma tutto ciò non ne fa di diritto uno statista.

Dopo due tentativi di introdurre della sobrietà nella politica, sino ha toccare l’austerità, si ritorna alla goliardia di: È qui la Festa? Di uno che nella stampa estera, ad esempio sul Guardian, s’interroga se potrà essere un giovane Blair, un Berlusconi o un vecchio Fonzie.

Come si comporterà un personaggio telegenico e suadente, pronto a diventare il più giovane premier del Bel Paese dei giorni nostri, con le promesse disattese che l’Italia ha contratto nei confronti delle Ong impegnate in progetti di cooperazione per lo sviluppo dei paesi afflitti dai conflitti e dalle carestie?

L’Italia impegnata a organizzare l’Expo del 2015 incentrato sul Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita, firmataria di un accordo con l’Onu per portare alla ribalta mondiale la sfida per sconfiggere fame e povertà con End poverty 2015 millennium campaign, come si comporterà per dare uno stimolo a produrre cibo sufficiente per una popolazione mondiale che entro il 2050 raggiungerà i nove miliardi di abitanti?

Rimarrà a organizzare vetrine e convegni, ignorando i progetti come Bits of Future: Food For All promosso dall’associazione Scienza per Amore e dalla società BioHyst applicando la tecnologia Hyst (Hypercritical Separation Technology) che si appresta a trasferirsi nella Confederazione svizzera o farà qualcosa di più per promuovere il Made in Italy?

L’ambiziosa ottusità di pensarsi un leader unto dal destino per delle facezie sarà capace di consolidare la credibilità italiana nel panorama internazionale o sarà il mattacchione del Cucu settete?

Sarà capace di affrontare le elezioni europee e la crescente avanzata degli euroscettici? Sarà capace di offrire nuove prospettive all’Europa nella cooperazione tra gli stati membri e in una politica estera unica nel semestre a guida italiana?

Il bulletto che ha scansato il colto sobrio è solo un ambizioso fanfarone o il salvatore della Patria che tutti aspettano?

Tante domande, troppe, e per qualcuno sono anche di più i dubbi che l’Italia non aveva bisogno di sciogliere in questo momento. Stabilità era l’unica priorità.

Questo cambio di personalità al volante di un’Italia confusa non doveva avvenire ora e in queste condizioni dove si sono scoperti tutti renziani, trasformando un partito di centro-sinistra in un’ameba in cerca di un’identità.

È così disperata questa Italia di affidare il futuro a un’incognita?

Non è uno strafottente ambizioso, è un cavallo di troia per completare la dismissione che si sta perpetrando delle ultime tracce di un partito popolare.

Grazie Enrico. Stai sereno Matteo, demolitore più che rottamatore, è sempre facile dare i consigli stando in tribuna, ma è un’altra cosa quando si scende in campo e si deve giocare con continui cambi di fronte. Dovresti saperne qualcosa con le tue rassicurazioni a Enrico, comunque o la va o la spacca.

Italia il Nuovo primo ministro ​​Renzi è Blair Berlusconi o Fonzie 1898171_629421110458391_822288112_n