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Dunkirk, il primo film della Brexit

Dunkirk (Dunkerque per i francesi) è il luogo dove nell’estate del 1940 i 400.000 soldati del corpo di spedizione inglese si ritirarono in massa in attesa dell’imbarco, dopo essere stati tagliati fuori dall’offensiva tedesca in Francia. Avevano ormai solo i fucili, avendo perso tutto il materiale pesante nella ritirata. Dal canto loro i Tedeschi incalzarono gli Inglesi senza usare Panzerdivisioni o artiglieria, ma limitandosi a martellare uomini e navi con Stukas e bombardieri Heinkel. Potevano far di peggio, ma Hitler nel 1940 sperava in una pace separata con gli Inglesi, a cui si oppose fermamente Churchill. Ma il grosso dei soldati inglesi fu recuperato non tanto dalle navi della Marina, ma da una miriade di pescherecci e imbarcazioni private mobilitate in fretta e condotte da comuni cittadini britannici che accolsero l’appello. Il pescaggio delle coste era infatti troppo basso per le grandi navi, le quali – lo dice un ammiraglio nel film – avrebbero poi difeso l’Inghilterra dall’invasione.

Come suggerito dal regista stesso, il film si espande in tre elementi: Terra, Mare, Aria. Nel primo elemento sopravvive la fanteria in attesa d’imbarco, inquadrata in ordinate file lungo chilometriche spiagge sabbiose ma tormentata dagli Stukas. In mare fanno invece la spola le navi che cercano di imbarcare più gente possibile, colpite dai siluri degli U-Boot e martellate quanto i soldati a terra dai bombardieri Heinkel. E qui entriamo nel terzo elemento, l’Aria, spazio per spettacolari duelli tra i mitici Spitfire (originali, ndr.) e i loro degni rivali, i Messerschmit della Luftwaffe. Il film è girato con lo stile del documentario, quindi nessun personaggio sovrasta l’altro e molti attori, pur famosi, recitano sottotono. In questo grande affresco alla fine il protagonista è il soldato semplice con l’elmo a padella, il marinaio comune, il pilota dell’aereo, il privato cittadino britannico che fa vela verso Dunkerque con la sua barchetta. In fondo non c’è neanche una vera trama, risultando il film una serie di episodi collettivi o individuali orchestrati con la classica tecnica del montaggio alternato. Certo, alla fine i fanti bagnati fradici si somigliano tutti e lo spettatore finisce per confondere le linee narrative, ma è ben resa la paura del soldato davanti agli attacchi dal cielo e dal mare, quando a farti resistere è il puro istinto alla sopravvivenza. Belle le scene di duello aereo, condotte con grande professionalità e sicuramente più spettacolari delle claustrofobiche scene girate dentro le navi, dove troppe volte si rischia di fare la fine del topo. Eroici nella loro semplicità i cittadini britannici che per puro amor di patria misero a disposizione le loro barche e barchette, yacht compresi, per accogliere a bordo i soldati rimasti a terra. In questo modo si salvarono più di 300.000 uomini, pronti per le successive battaglie.

Un’impressione però ci è rimasta: questo film è figlio primogenito della Brexit. Anche se all’epoca gli inglesi uscirono dall’Europa perché espulsi, il messaggio profondo è: noi inglesi ce l’abbiamo fatta da soli nel 1940 e possiamo dunque farcela da soli anche ora.

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Dunkirk
di Christopher Nolan
con: Tom Hardy, Cillian Murphy, Mark Rylance, Kenneth Branagh, James D’Arcy, Harry Styles, Aneurin Barnard, Jack Lowden, Barry Keoghan, Fionn Whitehead, Charley Palmer Rothwell, Elliott Tittensor, Brian Vernel, Kevin Guthrie
USA, Gran Bretagna, Francia
2017, 106 min
Distribuzione: Warner Bros.

http://www.warnerbros.it/speciali/dunkirk/sito/

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