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La pigrizia critica

Una polemica quella sulla fecondità editoriale italiana che ritorna periodicamente sulle pagine dei giornali e del web, per giustificare l’impossibilità dei critici a tener dietro a tutte le nuove uscite, ma tutto è dovuto alla pigrizia di andare a sperimentare la lettura di nuovi autori, scegliendo di seguire i nomi noti e accodarsi al sentimento comune.

Per fortuna dei critici non tutte le case editrici promuovono  tutti i “loro” libri, ma bisogna fare i conti con la tenacia delle scrittrici più che degli scrittori.

Ci sono tante persone che scrivono e tante che lavorano con l’immagine o il suono, ma questo non deve andare a discapito della qualità e soprattutto lasciare in “clandestinità” i vari artisti.

Imputare all’editoria la colpa di sfornare troppi libri all’anno e la conseguente impossibilità dei critici di recensirli è una futile scusa, è come lamentarsi della proliferazione di critici in carta copiativa.

È vero che ci sono molti scrittori in erba e che alcune società editrici vivono grazie alla stampa su compenso di libri difficilmente annoverabili tra i fondamentali per la letteratura, ma è altrettanto indiscutibile che i recensori della parola sono pigri quanto i critici d’arte o della musica.

Dopo gli anni ‘80 e ‘90 è scomparsa la critica militante, quella che andava a scovare i nuovi talenti o almeno quelli che potevano dire qualcosa nell’ambito culturale. Quel tipo di critica è scomparsa perché si è creata una propria scuderia da seguire e i critici in erba hanno scelto di accodarsi alla recensione di autori non più esordienti.

È più facile recensire autori come Antonio Scurati, Michela Murgia, Giulia Caminito, sino a Paolo Bonolis o Andrea Volo, che sfogliare un esordiente con la pretesa di contattare il critico di persona, quando il critico predilige un rapporto diretto con gli editori, ma certi editori scelgono di promuovere solo una parte delle loro edizioni; è un circolo chiuso e non è un libro di Jonathan Coe, dove chi è sconosciuta/o rimarrà tale se non sarà caparbia, ostinata nel trovare un recensore curioso, di buona volontà.

Anche loro sono stati degli esordienti di talento, ma hanno incontrato un critico mentalmente aperto oltre ad essere dei bravi scrittori

Non può essere una scusa il soprannumero degli autori dell’immagine, della parola o del suono, per non avere un’attenzione sulle nuove proposte, a meno che qualcuno sponsorizza qualcun altro, preferendo andare sul sicuro e scrivere sempre degli stessi, senza avere il coraggio di affermare che alcuni nomi hanno una sopravvalutazione del loro lavoro e una sovraesposizione mediatica del loro essere.

Esordienti intenti a promuoversi, ma vengono snobbati, se non godono di una “sponsorizzazione” e la loro ostinazione non sempre riesce ad attirare l’attenzione di chi sentenzia sulla riuscita di una prova letteraria.

In un prossimo futuro l’intelligenza artificiale, tanto lodata o temuta, potrebbe sostituire la critica fatta dai pigri umani, non avendo problemi con il surplus di produzione artistica. L’IA divorerà e-book notte e giorno e non ci sarà un logaritmo capace di simulare le emozioni di una frase o di una pennellata, per apprezzare un’imperfezione.

Lamentarsi della creatività italiana è come lagnarsi della prolificazione di testate informative. Brutte o belle, obbiettive e faziose, cartacee o digitali che siano, sono voci che arricchiscono il panorama editoriale, perché esorcizzare un “esordiente” scrittore o pittore?

Marino Sinibaldi, dopo la lunga e proficua esperienza nei file della Rai Radio 3 Fahrenheit (3 ore radiofoniche dedicate ai libri dal lunedì al venerdì), si è dedicato alla promozione della lettura e alla realizzazione della rivista cartacea “Sotto il vulcano”, ora Nicola Lagioia, anche lui con un esperienza anche se minore in Fahrenheit, promuove la rivista digitale “Lucy”, dopo aver lasciato la guida del Salone del Libro di Torino, e poi nel web troviamo le già affermate: “DoppioZero”, “Nazione Indiana”, “Jodiaries” e altre ancora oltre alle pagine su FaceBook, come “Libri, Chiacchiere, Caffè e Tè” o “Un libro tira l’altro”, ovvero un passaparola dei libri dedicato all’argomento, senza dimenticare i blog e il Tam Tam per i libri dei vari cosiddetti “influencer”.

La Rai dedica alle novità editoriali degli spazi settimanali ai libri con “Billy” (Tg1), “Achab Libri” (Tg2), anche su Rai3 ad esempio con la trasmissione di Giorgio Zanchini con “Quante Storie”, così come RaiNews24 e altre emittenti televisive, arricchiscono il panorama delle opportunità di citare, segnalare o approfondire una nuova pubblicazione..

Divertente è l’iniziativa de L’Indiscreto con la sua “Classifica di qualità – letteratura in traduzione stilata da un pool di grandi lettori composto da critici/e, librerie, riviste letterarie, editor, tradutt/ori/rici, giornalist/i/e culturali, scritt/rici/ori…” come viene specificato nella pagina web. Per quanto si vuol essere “democratici” si è sempre carenti, visto l’inflazione non solo di autori, ma anche di critica e critici.

Poi ci sono le classifiche dei 100 libri che, come la prima, dimentica sempre qualche testo fondamentale nel panorama editoriale internazionale.

Un’inflazione di creatività o solo una grande voglia di ribadire la propria esistenza su questa Terra che accomuna i produttori e i consumatori.

Non viene smentita la pigrizia, forse, ma tutto si può ridurre, come in ogni ambito, in figli e figliastri o è meno faticoso seguire la corrente e solo quando qualche critico d’oltralpe porta all’attenzione di molti un autore fino ad allora snobbato.

La critica letteraria può essere svolta anche senza uscire di casa, se si soffre di agorafobia, non è certo come quella delle arti visive che è consigliabile far visita agli studi dove si crea, ma sarebbe educato, se non gentile, offrire un po’ di attenzione anche ai figliastri della parola.