Fare della spianata di Efeso un’oasi archeologica collegata al Mar Egeo è uno dei sogni da Terzo Millennio della cangiante Turchia di Erdoğan. Il governo del premier Yıldırım, tramite l’apposito ministero che cura acque e foreste, ha lanciato un concorso per la realizzazione di un canale che porti direttamente dalla costa il turismo in visita allo storico sito. E’ previsto lo scavo di poco più di sei chilometri di canale e un’apposita commissione dovrà scegliere fra 35 progetti. Afferma un comunicato ufficiale: “Un ingresso della lunghezza di seicento metri, in struttura di pietra locale, permetterà l’accesso di yacht e imbarcazioni con una zona di ancoraggio. Accanto sorgerà un ponte per veicoli e pedoni, e mentre le perforazioni geologiche sono terminate ci si appresta a decidere chi eseguirà i lavori”. L’idea non è nuova, circolava sin dagli anni Novanta, lanciata dal partito repubblicano della municipalità di Selçuk, cui appartiene il distretto. E’ stata rispolverata e inserita nei mega progetti di modernizzazione che hanno caratterizzato i governi dell’Akp da quando Erdoğan, da sindaco di Istanbul è diventato primo ministro, quindi presidente di una nazione che, sulla sua spinta, ha trasformato la Costituzione in un presidenzialismo fortemente accentratore. Secondo i sostenitori un innovatore, restauratore invece – e non in senso architettonico – per i detrattori Erdoğan si è speso moltissimo per trasformare il volto del Paese anche attraverso grandi opere. Tutto è partito da Istanbul, metropoli-simbolo della rinnovata Turchia, cui il presidente tiene in particolar modo, considerandola naturale proscenio della sua ascesa al potere.
Dal 2007 sono sorti: il secondo aeroporto (Sabiha-Gökçen nella Istanbul asiatica), ulteriori ponti sul Bosforo e il tunnel sotterraneo, il secondo canale che smaltisce il traffico navale da e verso il Mar Nero. La smania di cambiamenti che lasciano il segno ha rappresentato la delizia e la croce per il suo propugnatore. Le accuse di tangenti che hanno seguìto certi lavori rappresentano uno dei problemi politici con cui Erdoğan s’è scontrato negli ultimi anni. Ne è coinvolto il clan familiare, col figlio, fratello e cognato dello statista nel sospettato ruolo di collettori dei guadagni straordinari, e depositi bancari ben celati nel paradiso fiscale dell’isola Man. Solo i gravosi problemi che il coriaceo politico turco ha dovuto affrontare nelle crisi internazionali (guerra in Siria) e interne (ripresa dello scontro coi kurdi, tentato golpe contro di lui, attacchi terroristici) hanno messo in secondo piano la vicenda della presunta corruzione, che egli taccia di congiura politica. Attualmente il progetto del canale verso Efeso non è implicato in nessuno scandalo, però trova perplessità in alcuni studiosi che temono lo squilibrio di un sottosuolo che si è conservato per millenni. Geologi fanno notare come l’intera regione su cui insiste il sito archeologico sia un terreno di riporto. E c’è chi lancia quest’allarme: con la creazione del naviglio i tratti più invasivi del traffico turistico, che ora si svolgono a Kuşadası (dal controllo passaporti alla presenza di botteghe di souvenir) si riverserebbe sulle banchine dell’area archeologica, facendo perdere al luogo la magìa di un’estatica apparizione. Eppure non contenti, sfrenati sostenitori dell’innovazione sotto braccio a focosi impresari prevedono un ulteriore “servizio”: l’aeroporto di Efeso. Rombante, presso le colonne della mitica Biblioteca.
Enrico Campofreda
Pubblicato 1 dicembre 2017
Articolo originale
dal blog Incertomondo
nel settimanale Libreriamo
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