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IL CONSENSO

Vanessa Springora non credo fosse nota in Italia prima del suo libro pubblicato nel 2020, Le Consentement (Il Consenso, edito per noi da La Nave di Teseo). La Springora è una scrittrice ed editrice francese e oggi, a 47 anni, narra della sua relazione avuta dai 14 ai 16 anni con uno scrittore e intellettuale francese oggi anziano (83 anni) ma all’epoca cinquantenne. Qualcosa forse in linea con L’amante di Marguerite Duras (1984), ma senza esotismi e aggiornato ai tempi del MeToo. Viene subito in mente uno scandalo simile: l’avvocato e giurista Camille Kouchner (45 anni, figlia del primo matrimonio dell’ex ministro socialista, Bernard Kouchner, fondatore di Medici senza Frontiere) nel libro La Familia grande (2021), denuncia che suo fratello gemello da adolescente fu vittima di incesto da parte del patrigno, il celebre politologo e costituzionalista Olivier Duhamel, che ha subito annunciato le proprie dimissioni dalla carica di direttore della Fondazione nazionale di scienze politiche. E non so quanti si ricordano che il noto fotografo David Hamilton (inglese ma naturalizzato francese) nel 2016 si è suicidato dopo che Flavie Flament (42 anni), nota presentatrice della radio e tv francese, nel suo libro  La Consolation (2017) ha narrato dello stupro subìto a 13 anni da parte di “un famoso fotografo specializzato in raffinati nudi di ballerine e ragazze adolescenti”. Al che una ventina di donne ha confermato la stessa cosa, identificando senza mezzi termini il responsabile e facendo capire che era uno stupratore seriale di ragazzine. Sono tre storie esemplari, ma differenti da quanto avviene ora negli Stati Uniti: le vittime francesi non sono attricette sfruttate sessualmente da produttori cinematografici e imprenditori arricchiti, ma professioniste affermate che scrivono a trent’anni di distanza dal trauma, facendo nomi e cognomi di uomini di potere e di cultura. In Francia il libro ha sicuramente ancora un prestigio e la cultura pure, ma qui sono proprio gli intellettuali a farci brutta figura. Olivier Duhamel è un politologo e costituzionalista, amico influente di François Hollande e di Emmanuel Macron, mentre lo scrittore attaccato da Vanessa Springora è lo scrittore Gabriel Matzneff, un nobile russo naturalizzato francese, autore (oltre che di un’ampia serie di saggi) de L’Amante de l’Arsenal, pubblicato lo scorso novembre, e di cinque volumi di diari dal 1979 al 1992, che ora Gallimard sta cercando di ritirare dalla circolazione. Mazneff in realtà non ha mai nascosto le sue inclinazioni: in Italia nel 1994 fu pubblicato da ES I minori di sedici anni (orig.: Les Moins de seize ans, 1974), dove – a metà tra la narrazione e il trattato – l’autore afferma con veemenza il diritto di avere rapporti sessuali con ragazzi e ragazze minori di sedici anni. A suo tempo quel libro l’ho anche letto ed era sorprendente il tono esplicito e assertivo con cui veniva trattata una materia diciamo delicata. E se qualcuno ancora avesse dubbi, sappia che Mazneff  il 26 gennaio 1977 aveva promosso una petizione di firme per la depenalizzazione del reato di pedofilia dal codice penale francese. L’appello era stato sottoscritto da vari intellettuali vicini al Sessantotto francese, quali: Simone de Beauvoir, Roland Barthes, Gilles Deleuze, Michel Foucault, André Glucksmann, Felix Guattari, Jack Lang, Bernard Kouchner, Jean-Paul Sartre e Philippe Sollers; come si vede, praticamente l’aristocrazia della Cultura francese al completo. Sicuramente all’epoca certe posizioni venivano viste come il superamento della morale borghese, ma la controparte – all’epoca minorenne –  oggi non è di questo avviso e neanche il legislatore: in Francia sarà considerata violenza qualsiasi rapporto con chi ha meno di quindici anni. Maturità sessuale e psicologica ormai si è capito che non sono la stessa cosa, e soprattutto “consenziente” non significa “consapevole”: le vittime per rielaborare la propria esperienza e narrarla ci hanno messo trent’anni. Anche se la storia della ragazzina precoce vende sempre (ricordate i Cento colpi di spazzola di Melissa P. ?), il successo immediato di questi libri s’inquadra in un momento di elaborazione culturale e di reazione a quanto avveniva da anni sottotraccia e persino con la complicità della famiglia. A leggere tutte queste testimonianze – comprese quelle di Matzneff – salta sempre fuori l’immagine negativa di un padre assente e di una madre troppo debole perché divorziata e depressa o perché ammaliata dal prestigio e il potere riflesso offerto dal legame con un uomo famoso. Nella famiglia incestuosa si è spesso notata l’inversione dei ruoli fra madre e figlia, e Matzieff stesso afferma che le sue prede migliori erano i figli delle famiglie labili, il che la dice lunga sul rapporto di dipendenza psicologica ed economica che si forma all’interno di una relazione squilibrata. Unica consolazione è che qualcosa ora sta cambiando sul serio.


Il consenso
Vanessa Springora
La nave di Teseo, pp. 224, 2020
Prezzo: € 17.00

ISBN: 88-346-0327-3 – EAN13: 9788834603277


La sicurezza dello Stato nella gestione dell’informazioni

Scritto da due specialisti, entrambi docenti universitari ma di estrazione diversa (il primo un ufficiale di S.M., un giurista l’altro), il libro è un originale contributo alla conoscenza di un settore delicato ma vitale per la sicurezza dello Stato, ristrutturato nel 2007 sia per venire incontro a nuove esigenze, sia per coordinare sotto una direzione unica funzioni assegnate prima a singoli ministeri, con conseguenze negative per l’efficienza e la trasparenza dei servizi stessi.

Dopo unaprefazione diVittorfranco Pisano, uno specialista nel campo, il primo capitolo descrive appunto la strutturazione attuale del Servizio, complessa ma funzionale. La direzione politica è affidata al Presidente del Consiglio dei Ministri §1.1), responsabile istituzionale unico, da cui deriva un’autorità delegata (§1.2), ove istituita: sono recenti le polemiche sorte durante il governo Conte. Il Presidente del Consiglio dei Ministri è assistito in questo dal CISR, Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (§1.3), pari del Presidente, mentre invece  ne dipende  gerarchicamente il DIS (Dipartimento Informazioni per la Sicurezza) (§ 1.4), che deve assicurare il livello tecnico – amministrativo del servizio. Dunque, al vertice della struttura c’è un responsabile unico, ma assistito da un organismo di indirizzo politico collegiale e da una struttura istituzionale di supporto. A caduta, seguono AISE e AISI (§ 1.5), rispettivamente i Servizi di Informazione per la Sicurezza esterna e interna, secondo uno schema ormai diffuso in tutti i paesi moderni ma da noi recepito in ritardo. All’interno del DIS il Presidente del Consiglio ha competenza assoluta di apporre il segreto di Stato, di nominare o rimuovere i direttori amministrativi e di stabilire il bilancio assegnato, come pure  delega i Direttori di AISE e AISI a richiedere all’Autorità giudiziaria l’autorizzazione a poter svolgere specifiche attività di raccolta informazioni, Dopo la riforma della Legge n. 124 del 3 agosto 2007 nessuno può esercitare in modo autonomo le funzioni assegnate, come facevano prima i singoli ministri, vigendo ora la centralità del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Altro aspetto innovativo della legge (artt. 30-38) è il controllo parlamentare tramite il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (COPASIR), che ridefinisce i poteri del vecchio COPACO (Comitato Parlamentare di Controllo, Legge 801 del 1977) (§ 1.6). Il Comitato è ora formato da cinque deputati e cinque senatori bilanciati fra maggioranza e opposizione, Il Comitato verifica, in modo sistematico e continuativo, che l’attività del Sistema di Informazione per la Sicurezza si svolga nel rispetto della Costituzione, delle leggi, nell’esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni (comma 2).  Il potere di controllo del Comitato (art. 31) si esplica nella convocazione, per lo svolgimento periodico di audizioni, del Presidente del Consiglio, dei membri del Comitato interministeriale (CISR), del direttore generale del Dipartimento (DIS), dei direttori dei servizi (AISE ed AISI). Il Comitato è, in sintesi, l’organo di controllo parlamentare della legittimità e della correttezza costituzionale dell’attività degli organismi informativi, e può persino richiedere l’accesso ad atti giudiziari in deroga al segreto delle indagini preliminari, e allo stesso modo può richiedere atti riservati prodotti dai Servizi, ovviamente a precise condizioni che non mettano in pericolo gli interessi dello Stato e gli uomini. Di tutto questo deve esser sempre preventivamente informato il Presidente del Consiglio, che è tenuto a consegnare al COPASIR una relazione semestrale riservata, mentre il Comitato è tenuto a presentare una relazione annuale davanti al Parlamento. Neanche a dirlo, l’arti. 36 della Legge 124/2007 vieta la divulgazione di atti riservati, estesa a tutti i componenti dei vari rami dei Servizi e ai membri del COPASIR.

Questo per la parte strettamente legislativa. Il secondo capitolo invece analizza le Risorse Umane e il rapporto di lavoro nel settore della Sicurezza Nazionale. La legge 124 del 2007 introduce molte novità (§2.1): il “dualismo razionalizzato” fra agenzie con ruoli diversi sotto una guida unica (al posto dei servizi dipendenti da Difesa e Interni) ; precise garanzie funzionali nei riguardi degli addetti ; infine, la selezione per concorso pubblico (tranne casi particolari) e l’inquadramento in un ruolo unico SIS e DIS;  la creazione di una scuola specifica per la formazione, aperta anche all’università e ai centri di ricerca. Questo garantisce una migliore preparazione professionale, una maggiore omogeneità e un migliore coordinamento operativo, tenendo presente la complessità della situazione mondiale. Materia delicata, sottoposta a segreto di Stato, opponibile all’autorità giudiziaria, la quale può però chiedere verifica dell’autorizzazione al Presidente del Consiglio. Anche qui vige un sistema di garanzie e controlli reciproci.

Il terzo capitolo intriga anche il lettore comune: la gestione delle Risorse umane nella Human Intelligence (HUMINT).  In sostanza, quanto si usava al tempo della Guerra Fredda sembrava superato dallo sviluppo e l’uso dei nuovi mezzi tecnologici, salvo poi accorgersi delle loro limitazioni in un ambiente – come quello del terrorismo internazionale o del narcotraffico – politicamente frazionato, privo di una vera struttura centralizzata, caratterizzato da attori che agiscono per gruppi autonomi, caratterizzati da strutture clanico-mafiose, localizzate in zone circoscritte ma difficilmente penetrabili, e magari anche poco avvezze all’uso di mezzi di comunicazione tecnologici. In sostanza, fino alla caduta del Muro di Berlino (1989) i due blocchi contrapposti sapevano cosa cercare e dove: in genere le informazioni riguardavano centri militari e industriali, impianti nucleari e catene di comando. Il Corpo Diplomatico si dava da fare, si faceva certamente  uso della tecnologia, ma più spesso ci si valeva di collaboratori e infiltrati; tutte cose che abbiamo visto nei film di spionaggio o imparato dai libri di Le Carré. Ora il terrorismo internazionale del nuovo secolo ha scompaginato le carte. Proteggere una centrale elettrica da un attacco di cyberwar, sventare il furto di codici di carte di credito, proteggere un brevetto, identificare una cellula terroristica o infiltrarsi tra i mafiosi, è tutto nuovo L’ELINT (Electronic Intelligence) poco ne ricava, ma anche l’HUMINT ha le sue difficoltà, non essendo facile infiltrarsi o reclutare collaboratori nelle strutture chiuse sopra descritte. A questo punto, con la globalizzazione, più che di Secret Service potremmo parlare di Security Service. A maggior ragione l’operatore HUMINT, sia esso un ufficiale reclutatore, un informatore o un analista di dati, deve avere – ferma restando la preparazione tecnica e culturale – qualità e attitudini particolari, alcune delle quali, come l’OSINT (Open Source Intelligence, la capacità di rielaborare dati dalle fonti aperte, soprattutto in web) dovrebbe far parte anche oggi della formazione civile, in ogni caso tutto è lontano dallo spionaggio classico. Un paragrafo interessante (3.1.1) riguarda la differenza fra notizia, informazione e rumor. L’informazione è attendibile e comprovata, il resto va confrontato e valutato. Da parte mia osservo che certi metodi dovrebbero essere patrimonio anche dei comuni giornalisti, che possono anche permettersi tempi meno stretti di un “Case officer”, l’ufficiale di riferimento nelle operazioni di Intelligence. Nel testo c’è comunque un paragrafo importante (§ 3.4) sul processo di ricerca informativa HUMINT: la ricerca, la selezione e la valutazione delle fonti; il reclutamento delle fonti; la loro gestione (nota: alcune tabelle aiutano l’analisi). Ciò non toglie che una delle maggiori criticità resta la valutazione della fonte e delle notizie fornite, pur ben sapendo che disinformazione e/o doppiogioco sono frequenti. Viene anzi riportato a titolo esemplificativo (§ 3.5.1) un caso di studio di disinformazione.

Il quarto e ultimo capitolo pone a confronto due interviste, ovviamente anonime. La prima con un agente HUMINT, l’altra con un analista operatore sistemi tecnologici DISCIPLINA IMINT (Fotointerprete/Analista di immagini digitali). Da non perdere.

Infine, interessanti e aggiornate sia la bibliografia che la sitografia (elenco strutturato di siti web in argomento).


Il sistema di informazioni per la sicurezza della Repubblica e la gestione delle risorse umane
di Renato Caputo, Antonello Vitale
Prefazione di Vittorfranco Pisano
Editore: ilmiolibro self publishing, pp, 128, 2020

Collana: La community di ilmiolibro.it
C&IS, (Collana Intelligence e Sicurezza)
Prezzo: 22,00 euro

EAN: 9788892373242
ISBN: 8892373242


Revisionismo Animato

La Disney ha messo le mani avanti, sconsigliando ai minori di sette anni alcune sue pellicole: Dumbo, gli Aristogatti e Peter Pan; contengono alcuni stereotipi sbagliati. Negli Aristogatti è il perfido, ambiguo gatto siamese, sugli altri non mi sono informato. La Disney ora non rimuove i contenuti, ma ne riconosce l’impatto dannoso, e vuole stimolare il dibattito “per creare insieme un futuro più inclusivo”. E perché non sostenibile? La Disney si è parato il sottoschiena evitando un pericoloso boicottaggio commerciale. Certo si ricordava di Aladdin (1992), quando per le proteste dell’American-Arab Anti-Discrimination Committee (ADC) cambiò in fretta le parole di una canzone dove gli Arabi non ci facevano bella figura:

“Where they cut off your ear if they don’t like your face / It’s barbaric, but, hey, it’s home”

“E ti trovi in galera anche senza un perché / che barbarie, ma è la mia tribù”

Notare che nella versione originale ti tagliano un orecchio. Di seguito ecco la versione riveduta e corretta. Notare che in italiano “barbaric” diventa “non è facile”

 “Where it’s flat and immense and the heat is intense / It’s barbaric, but, hey, it’s home”

“C’è un deserto immenso e un calore intenso / Non è facile, ma io ci vivo laggiù”

Come si vede, Disney all’epoca l’aveva fatta proprio grossa e neanche era di moda la parola islamofobia, termine che io rimando sempre al mittente, non essendo lecito bollare un atteggiamento di opposizione ideologica usando le categorie della psichiatria clinica. Il dissenso non è una malattia mentale.

Ma torniamo al revisionismo estremo e trionfante dei nostri giorni. Che un’opera d’arte sia figlia del suo tempo è un optional. Si è visto di tutto: Dante censurato perché scortese con gay e musulmani, il Vangelo perché chiama Farisei gli ebrei ortodossi, Via col vento perché esalta i Sudisti schiavisti, e persino i classici latini e greci per intero perché basi fondanti del suprematismo bianco coloniale (1). Inutile dire che la civiltà europea ha dato al mondo anche la democrazia, il diritto romano, il pensiero laico, i diritti umani, il voto alle donne, la divisione dei poteri costituzionali: da quell’orecchio non ti sentono, preoccupati di azzerare la storia, la cultura e la memoria, possibilmente la propria. A questo punto ben vengano il Giorno della Memoria e i suoi derivati, a patto che diventino momenti di riflessione e di ricerca storica e non cerimonie retoriche. Il giorno della Memoria dell’esodo istriano e dalmata non è stato p.es. l’occasione di rinfocolare vecchi nazionalismi, ma anche di stimolare una ricerca storica seria, che ora ha rivelato anche la parte avuta dalle nostre forze armate nella dura repressione delle bande partigiane jugoslave. Un giudizio storico e politico si può dare soltanto cercando e rendendo pubblici i documenti storici. Memoria quindi come archivio della realtà fattuale, e non a caso il revisionismo per prima cosa si premura di riscrivere la storia e alterare i documenti, seguendo un preciso progetto di controllo politico. E qui gli esempi anche attuali non mancano, al punto di non dover neanche annoiare il lettore con le citazioni d’uso. Mi preme però far notare alcune novità.

La prima è che viviamo in un’epoca che ama poco la storia; basta vedere i programmi scolastici italiani attuali, parlare coi giovani o seguire le risposte ai quiz televisivi. Se non c’è interesse dal basso perché si vive nel presente e allo stesso tempo lo Stato non si preoccupa di insegnare storia e geografia aggiornando i programmi, il danno è completo. Notavo anni fa la mancanza di senso storico degli studenti americani con cui lavoravo: per loro l’Impero romano, l’antico Egitto, i Maya, i Ming o Guerre Stellari erano strutture complesse, strutturate ma praticamente sincroniche e parallele. Ma in fondo – si dirà – gli Stati Uniti esistono da due secoli e mezzo, quindi non hanno avuto tempo di stratificare la conoscenza. Già, ma noi? Perché buttare nel cesso la nostra cultura, come il Vaticano ha fatto con il latino e il canto gregoriano?

Seconda osservazione: se la storia non ha valore, ben vengano le contaminazioni. E qui diventa quasi un allegro gioco di società: nella serie Netflix inglese Bridgerton, dramma in costume che si ispira ai libri di Julia Quinn, vediamo attori di colore che interpretano aristocratici e dame di corte (la regina d’Inghilterra compresa) nella Londra di fine Ottocento. È il blind casting, cioè scegliere senza curarsi della coerenza. E’ antistorico, ma in fondo è finzione. Il pubblico sta al gioco: è gratificante e strizza l’occhio al politically correct. Già si era visto Achille nero in Iliad, come se la storia fosse uno spot pubblicitario dove secondo il mercato oggi è opportuno mostrare i vispi figli degli immigrati invece dei soliti pargoli biondi con gli occhi azzurri. Ricordo un film con Bud Spencer e Terence Hill ambientato in Africa: quando in un esclusivo club cittadino un bianco si scandalizza per l’ingresso di soci neri, la pronta risposta è: “per me non esistono bianchi e neri, ma solo clienti”.

Terza osservazione: il relativismo, da cui metteva in guardia papa Ratzinger. Se metti tutto sullo stesso piano, alla fine è il caos della conoscenza. E qui dilagano complotti, false verità, balle spaziali e quant’altro, amplificati se non legittimati dai social. L’Internet non era nata per diffondere odio, veleno e menzogna, ma la realtà attuale ci pone di fronte a una doverosa presa d’atto. E quando un falso ideologico o la distruzione morale di un dissidente dal pensiero corrente passano per la rete, si è visto che sono più micidiali dei mezzi di comunicazione precedenti. Si può davvero credere al delirio di QAnon? Eppure migliaia di persone ci credono o fanno finta di crederci per esaltare il proprio Ego frustrato e trovare conferma presso gli altri.

Quarta e ultima osservazione: parliamo di una censura che non viene imposta da governi autoritari e antidemocratici: quella in fondo neanche pone troppi problemi di analisi, essendo palese quanto rozza. Il problema è quando parte – come ora – da minoranze organizzate o addirittura docenti universitari che vivono in società libere e democratiche, quindi realtà apparentemente esterne al potere politico. L’unico precedente che mi sovviene è il codice Hays, censura cinematografica esterna allo Stato ma non per questo meno efficace (2) e non per niente nata negli Stati Uniti. Oggi il problema è che non solo accettiamo la censura, ma la introiettiamo per paura delle conseguenze. Censura sottovalutata solo perché non è imposta da una polizia segreta, ma da uno strisciante condizionamento mentale gestito da minoranze “social”. Ricordo una frase della regista ungherese Marta Meszàros: la vera censura è quella che hai dentro.

Note:

  1. https://www.linkiesta.it/2021/02/professore-cultura-classica/
  2. https://it.wikipedia.org/wiki/Codice_Hays

IL COMPLOTTO, ovvero bufale e bisonti

Il Complotto è di moda: il Covid-19, i Vaccini, il Nuovo Ordine Mondiale, la Cabala… inutile dirlo: in fondo ci attira e ci gratifica l’idea che dietro ai rapidi cambiamenti sociali e politici ci sia un’organizzazione segreta che tutto manovra e si pone al di sopra delle nostre possibilità di gestione e comprensione. E’ uno dei tanti modi di metter ordine nel Caos, solo che questo sistema invece crea solo confusione e l’amplifica. E una volta inserita nel web, a quel punto l’idea di partenza diventa un monstrum ingestibile e fa danni planetari. Mentre scrivo ho naturalmente impressa l’immagine dell’armata Brancaleone versione Marvel che ha invaso il Campidoglio. E qui s’inserisce QAnon, misteriosa entità esoterica a metà fra il gioco di società per complottisti e una setta di fanatici, ma oggi organizzazione terroristica riconosciuta dall’FBI. Recente la decisione di chiudere circa 70.000 siti e/o pagine legate a QAnon, un movimento nato in rete che alimenta teorie del complotto oltre il limite del distopico, in cui crede il 17% degli americani. Ma intanto c’è una sorpresa: l’insieme dei post di QAnon –  4952 testi per l’esattezza – è stato scritto praticamente da due persone sole, le quali hanno gestito l’insieme in periodi diversi e potrebbero esser presto identificate. Lo ha stabilito una ditta svizzera specializzata in perizie di documenti per i tribunali, la OrphAnalytics (1). In sé niente di strano; il Libro di Mormon, testo sacro dei Mormoni, è stato scritto da una persona sola, il predicatore Joseph Smith, anche se ufficialmente sarebbe la traduzione di un antico testo, inciso su delle tavole d’oro, che egli avrebbe rinvenuto in seguito all’apparizione di un angelo nel 1823. E come vedremo, le chiese cristiane riformate nordamericane non sono estranee al clima alimentato da QAnon. Nel XIX secolo, p.es. presso certi ambienti evangelici era luogo comune pensare che l’immigrazione cattolica irlandese fosse parte di un piano del Papa per sostituire nel Nuovo Mondo i protestanti con i cattolici, mentre sappiamo che storicamente gli irlandesi emigravano per fame, né più o meno come gli africani che oggi sbarcano a Lampedusa. Ma rifugiarsi nel Mito è comodo: è rassicurante, anche se “significa” (si esprime cioè mediante simboli) ma non spiega, anzi cela il suo significato profondo. Da qui il suo fascino.

Ma torniamo a QAnon. I siti americani e le pagine Facebook sono state chiuse, come prima 8Chan e 8Kun (nate dallo stesso ambiente), ma in rete non è difficile ritrovare tutto, anzi esistono siti italiani affiliati con buone traduzioni, da cui viene fuori che “QAnon è una sofisticata operazione militare mirata ad aggirare i mezzi di informazioni convenzionali”. Tale operazione militare è condotta da «soldati digitali,  attraverso piattaforme non censurabili». Si parla del Grande Risveglio, che ha preso corpo con l’elezione di Donald Trump, il quale spiegava dal primo giorno che le elezioni sono sempre truccate da macchine per il voto elettronico utilizzate in diversi Stati e fornite da una società di proprietà di George Soros, “che in gioventù ha collaborato con i nazisti” (in realtà è sfuggito ai nazisti, nascosto dai rom,  ndr.). Il programma di Trump mira alla «distruzione della borghesia finanziaria», parassitaria Hper colpa di Soros. Peccato che Trump di quella classe sociale  ne faccia parte. Soros in ogni caso è dappertutto: ordisce congiure, finanzia le ONG (vero, ndr.) e mira alla sostituzione di una razza con l’altra; in più gestisce una serie di spregiudicate operazioni finanziarie segrete. Bill Gates col vaccino vuol inserirci sottopelle un chip per controllare il mondo, idea copiata di peso da un film di spionaggio, La lunga ombra gialla (1969) con Gregory Peck

Julian Assange ha scoperchiato documenti riservati (vero), ma Kennedy è stato ucciso perché voleva smantellare la CIA e le società segrete, punta di diamante del Deep State che ci governa coi suoi poteri occulti grazie alla Cabala (sic), un’organizzazione segreta guidata da miliardari e parlamentari democratici, amministrazione parallela che – udite, udite – nasconde una rete nascosta e perversa che pratica pedofilia e riti satanisti. Inutile dire che a un occhio neanche tanto esperto la Cabala rimanda al Protocollo dei Sette Savi di Sion – un falso storico da manuale –  e al noto film nazista  Suss l’Ebreo (1940). La congiura demo – pluto – giudaica dunque funziona sempre, poco importa se ormai la finanza internazionale non è più monopolio degli ebrei, il cui potere palese e/o occulto è sempre sovradimensionato. Quel che è bizzarro è che le perversioni sessuali e/o sataniste invece qui non sono legate agli ebrei, ma a categorie che vanno dai politici democratici a note star di Hollywood.  Quest’ultime avranno pure i loro vizietti (Hollywood Babilonia, un classico), ma non lo fanno certo per nutrirsi di un liquido biologico, l’Adrenocromo, rarissima droga estratta dal cervello di bambini terrorizzati. L’Adrenocromo in realtà è una componente dei medicinali usati per la cura di epilessia ed emorroidi, ma i perversi settari amano riunirsi in apposite pizzerie sataniche per mangiare pizze alla carne di infante bevendo Adrenocromo alla canna. La bufala originaria diventa man mano una carica di bisonti che tutto travolge, ma sembra davvero che tutto si origini da quel gioco che facevamo da ragazzini, il “telefono senza fili”, dove col passaparola il messaggio originario diventa sempre qualcos’altro: chi non capisce, chi aggiunge un pezzo, chi ci scherza sopra… solo che ora quello che sembra un surreale gioco letterario di società viene preso sul serio. Trump stava per mobilitare l’Esercito e imporre lo stato d’assedio… perché a sua insaputa i Cinesi avevano infiltrato dal Canada 50.000 soldati in borghese, e naturalmente Biden l’usurpatore glielo ha impedito. Nella realtà l’unica cosa vera è che il Pentagono ha fatto sempre capire di aver giurato sulla Costituzione e che quindi non avrebbe mai obbedito agli ordini di un uomo solo contro i propri cittadini.

Si dirà: anche in altri tempi si attribuiva la peste a ebrei e untori e si bruciavano le streghe; ma prima la gente era analfabeta e la cultura riservata a un pugno di élites, mentre oggi queste teorie si diffondono fra comunità scolarizzate e addirittura fra professionisti laureati. Ora, come è possibile credere anche in parte a teorie e documenti cui presterebbe fede solo un individuo mentalmente disturbato? Per una persona normale quel delirio suggerisce l’intervento di uno psichiatra. Perché di delirio si tratta: la minaccia è documentata in modo disorganico, accostando spezzoni di realtà a balle a cui non crederebbe un ragazzino e suggerendo accostamenti fra documenti diversi, con forti suggestioni visive e interpretazioni a dir poco arbitrarie. Per darne un’idea, ho qui davanti un’immagine della nota mostra “Carthago”, inaugurata nel settembre del 2019 al Colosseo. Fa bella mostra all’ingresso la riproduzione della statua del dio Moloch pensata per il film Cabiria (un kolossal del 1914). Ebbene, ecco che diventa nell’interpretazione di Lifesite,  con un evidente riferimento al sinodo amazzonico (2): “Statue of ancient god of child sacrifice put on display in Rome … The statue of Moloch was erected seven days prior to an event in the Vatican Gardens where the pagan goddess ‘Pachamama’ was worshipped”. (Statua dell’antico dio del sacrificio di bambini in mostra a Roma … La statua di Moloch è stata eretta sette giorni prima della cerimonia nei Giardini Vaticani, nella quale è stata adorata la divinità pagana Pachamama), L’articolo continua descrivendo lo sconcerto dei cattolici di fronte a Moloch che occupa lo spazio dove i cristiani venivano martirizzati. Ma di questo sgomento non c’è traccia alcuna su Avvenire e dimostra piuttosto la chiusura mentale di una parte del mondo cristiano.

E qui veniamo al nodo centrale. Il complotto e lo stato autoritario sono entrambi figli della religione. E’ di origine religiosa il potere assoluto che da Dio viene in seguito trasferito al Re e con la modernità si laicizza incarnandosi nello Stato (Carl Schmitt); ma è anche di origine religiosa l’idea che esiste un Potere assoluto e inconoscibile, gestito da pochi eletti (Karl Popper). E’ sempre di origine religiosa l’idea di un Popolo Eletto che parte da un concetto di superiorità, è detentore della Verità e ha la missione di distruggere i Cananei, identificati ogni volta in modo diverso (nativi americani in Virginia, Zulu e Bantu in Sudafrica), E’ altrettanto di origine religiosa l’attesa per il Messia, laicizzato in seguito nell’Uomo del Destino incarnato ora nel Duce, ora in Trump. Questa laicizzazione del pensiero politico presenta almeno un vantaggio: una costruzione ideologica scritta da uomini può essere legalmente discussa da altri uomini, mentre la volontà di Dio non si discute, come illustrano ampiamente Bibbia e Corano.

Ora, un sito di cattolici tradizionalisti italiani (3) si chiede perché le teorie complottiste vengono attribuite solo alle destre e mai alle sinistre. La domanda è un’altra: ma perché solo lo destre sentono il bisogno di evocare complotti e demonizzare il nemico? Non che alcuni comunisti non l’abbiano fatto durante la Guerra fredda, ma almeno portavano argomenti razionali. I democratici non hanno bisogno di gestire società segrete e riti esoterici, la loro etica essendo basata sulla partecipazione palese alla gestione della società. Esiste un Nazismo esoterico, ma parlare di democrazia esoterica sarebbe un controsenso. Che poi negli ultimi vent’anni la democrazia abbia governato al ribasso è un altro discorso: è in effetti cresciuta la distanza tra eletti ed elettori; alcune fasce sociali non hanno più trovato la loro rappresentanza e la globalizzazione è stata gestita male dalle élites. Ma altro è dire che i liberali e i democratici hanno ordito tutto questo ai danni della popolazione: piuttosto, hanno fatto grossi errori politici e di comunicazione e adesso ne stanno pagando il conto. Il materialismo storico e il pensiero laico non vedono complotti dietro i movimenti sociali, ma forze dinamiche che interagiscono e si confrontano quando cambiano gli assetti sociali, economici e demografici. La migrazione verso l’Europa vede la convergenza di interessi fra capitalismo in cerca di manodopera a basso costo e masse di profughi affamati, ma non ci sono prove documentate di un complotto fra Africani, Sinistra, Islam e Vaticano, anche se possono non piacere le aperture di papa Francesco. L’Europa ha visto a suo tempo le invasioni barbariche, ma gli Unni non erano parte di un complotto guidato da Attila: cercavano terre migliori, spinti a ovest dai cambiamenti climatici che limitavano il pascolo delle loro migliaia di cavalli. Perché dunque non accettare l’idea che, cambiando i rapporti economici fra le classi sociali, la base e la distribuzione della ricchezza, o se cambia l’atteggiamento della gente comune verso l’aborto o i gay, questo non sia l’esito di un progressivo movimento culturale e politico, nato magari in ambienti colti ma diffuso per lenta osmosi fra le masse? Se Barack Obama è diventato presidente degli Stati Uniti è perché da Martin Luther King in poi gli afroamericani hanno chiesto di partecipare alla vita politica americana. Nessun complotto, solo democrazia.

Un’ultima osservazione. Nella nostra società esiste la libertà di espressione e ognuno può esprimere le proprie opinioni. Il problema – ma questo Umberto Eco lo diceva molti anni fa – è che se un’idea viene diffusa attraverso i mass-media, non è più un’opinione: può influenzare migliaia se non milioni di persone. In più, alcune non sono opinioni – penso ai negazionisti – ma falsi storici e ideologici. E qui si pone un altro problema: l’accoglienza delle idee. Quanto è enunciato in Mein Kampf – il testo teorico scritto da Hitler – può essere discutibile sotto il profilo ideologico, ma è molto più preoccupante il fatto che milioni di Tedeschi ne abbiano condiviso il messaggio. A questo punto il problema non è chi scrive, ma chi legge.

  1. https://www.linkiesta.it/2020/12/qanon-post-due-persone/
  2. https://www.lifesitenews.com/news/statue-of-ancient-god-of-child-sacrifice-put-on-display-in-rome-days-before-amazon-synod
  3. https://www.paginecattoliche.it/campagna-contro-fake-news-pretesto-per-soffocare-la-liberta-del-mondialismo/

L’ALBERO degli ZECCHINI

Immagino che, incuriositi da un annuncio pubblicitario che prometteva di guadagnare soldi extra da casa, abbiate almeno una volta risposto all’inserzione dando la vostra mail, o che siate stati contattati sul cellulare da una voce dall’accento straniero non ben definito ma comunque riconoscibile come tale. A quel punto, per educazione o curiosità non avete interrotto la comunicazione e vi siete sentiti sciorinare una serie di concetti pieni di anglicismi, tutti riferiti al mondo della finanza, del trading on line e delle operazioni sui titoli di Borsa. Nel web, ancora meglio: vi propongono subito manuali da scaricare (a pagamento o meno), inviti a conferenze in linea, corsi di autoapprendimento, oppure semplicemente un telefono di riferimento. L’insieme è in genere presentato in maniera anche un po’ ingenua: il video che spiega in breve la procedura, una serie di elaborazioni statistiche dove il titolo sale sempre e viene venduto al momento giusto, oppure la promessa di affidare tutto a un algoritmo che ti esenta dall’applicarti ogni giorno a studiare e seguire i mercati finanziari. Quanto si guadagna? 3500 euro a settimana senza far niente. Ancora più bella l’immagine di un marito che vede i bigliettoni e dice : “mia moglie mi aveva nascosto un reddito di 3000 euro al mese”. Beh, forse è meglio che chiedi a tua moglie che mestiere fa.

Ora, non ho mai messo una lira sui siti che vendono azioni Amazon, né credo alle simulazioni statistiche basate su dati reali ma ottimali, quindi non posso giudicare il grado di onestà e attendibilità di certi operatori di cui non so nulla, né sono andato mai a controllare se abbiano realmente la licenza per operare sui mercati finanziari (ma un vero professionista dovrebbe esporre in chiaro la propria patente). Ma una cosa la do per certa: mai investire i propri soldi in operazioni di cui poco capisci e di cui non conosci gli intermediari, meno che mai se ti promettono soldi facili. Se devo investire in titoli vado a parlare con un funzionario della mia banca, il quale si appoggia a un gruppo di professionisti che dalla mattina alla sera stanno davanti a un computer collegato con le Borse europee, altro che algoritmi che ti esentano dal lavoro! Quando poi per telefono cercano di spiegarmi che i titoli si devono comprare quando costano poco e rivendere al momento giusto, quando hanno raggiunto il loro valore massimo prima del calo… beh, fin qui ci eravamo già arrivati leggendo i fumetti di zio Paperone.