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Ex Jugoslavia in Arte

Un mosaico composito e complesso di quasi cento opere di oltre sessanta artisti originari dei diversi paesi della ex Jugoslavia,per raccontare non solo la storia difficile di un territorio attraversato nei secoli da conflitti, tensioni, instabilità, ma anche l’utopia di un paese – la Jugoslavia socialista – costruito inizialmente su un ideale di fratellanza fra nazioni e di unità fra i lavoratori. Dal tempo della Seconda Guerra mondiale al dramma delle guerre civili, dai processi di indipendenza fino agli anni più recenti, gli artisti si confrontano con la loro storia, riletta attraverso i gesti di quegli eroi che, in modi e tempi diversi, hanno sacrificato la propria vita per gli altri o nel nome di un ideale superiore, “più grande”, come recita il titolo della mostra. In un tempo sempre più dominato dal cinismo, dalla paura dell’estraneo, dal consumismo e dalle drammatiche conseguenze di un modello di società ipercompetitiva e sempre più individualista.
La mostra è organizzata intorno a otto sezioni, non separate ma anzi interconnesse tra loro così come sono connesse le tematiche che indagano
Le prime quattro (Libertà, Uguaglianza, Fratellanza, Speranza), contraddistinte in mostra dal colore azzurro, rappresentano e raccontano gesta eroiche, rivoluzioni e valori positivi,ideali per cui in passato si era disposti a lottare e addirittura a perdere la vita, ma che per contrasto fanno affiorare la profonda crisi degli stessi nella società contemporanea.
Le altre quattro sezioni (Rischio, Individuo, Alterità, Metamorfosi) caratterizzate dal colore rosso, descrivono invece il mondo di oggi e le questioni più urgenti della contemporaneità, conseguenze della voracità dei nostri tempi, di un tempo in cui l’essere umano è sempre meno in armonia con se stesso, con gli altri e con la natura. Il cuore dell’esposizione, centro non solo ideale ma anche spaziale, è la prima sezione intitolata LIBERTÁ.


Più grande di me
Voci eroiche dalla ex Jugoslavia

Dal 5 maggio al 12 settembre 2021

MAXXI
Roma

A cura di Zdenka Badovinac, con Giulia Ferracci

https://www.maxxi.art/events/piu-grande-di-me-voci-eroiche-dalla-ex-jugoslavia/

Maria Lai: Stoffe per altri Mondi

Tenendo per mano il sole è il titolo della mostra e della prima Fiaba cucita realizzata. Sia nel titolo che nell’opera sono presenti molti degli elementi tipici della ricerca di Lai: il suo interesse per la poesia, il linguaggio e la parola; la cosmogonia delle sue geografie evocata dal sole; la vocazione pedagogica del “tenere per mano”. Non una classica retrospettiva, ma piuttosto un racconto che non si attiene a vincoli puramente cronologici e asseconda un percorso biografico e artistico peculiare, caratterizzato da discorsi e intuizioni apparentemente lasciati in sospeso per poi essere ripresi molti anni più tardi.

Attraverso un’ampia selezione di opere, in buona parte inedite, la mostra presenta il poliedrico mondo di Maria Lai e la fitta stratificazione di idee e suggestioni che ha caratterizzato il suo immaginario. Il percorso si snoda attraverso cinque sezioni, che prendono il nome da citazioni o titoli di opere di Lai, mentre nel sottotitolo vengono descritte modalità tipiche della sua ricerca; ogni sezione è accompagnata dalla voce di Maria Lai attraverso un montaggio di materiali inediti realizzati dal regista Francesco Casu. C’è anche un’ultima, ideale, sezione, che documenta le opere di arte ambientale realizzate nel territorio e in particolare in Ogliastra. La sezione Essere è tessere. Cucire e ricucire documenta le prime prove realizzate negli anni Sessanta, un decennio in cui decide di abbandonare la tecnica grafica e pittorica per dedicarsi alla sperimentazione con i materiali. Nascono così i primi Telai e le Tele cucite: oggetti funzionali del quotidiano, legati all’artigianato sardo, vengono privati della loro funzione pratica per essere trasformati in opere che dimostrano una fervida ricerca espressiva. Il filo rappresenta anche un’idea di trasmissione e comunicazione, Lai vede l’arte come strumento e linguaggio capace di modificare la nostra lettura del mondo, un’attitudine che le deriva dalla sua storia personale di insegnante e che si manifesterà in seguito nei Libri e nelle Fiabe cucite. L’arte è il gioco degli adulti. Giocare e Raccontare raccoglie i giochi dell’arte creati da Lai, riletture di giochi tradizionali con cui ribadisce il ruolo fondante della creazione nella società. Gioco come mezzo per conoscere se stessi e per imparare a relazionarsi con l’altro, un’attività da non relegare al mondo dell’infanzia, ma da continuare a coltivare in età adulta. La sezione Oggetto paesaggio. Disseminare e condividere, racconta l’aspetto relazionale della pratica di Lai attraverso un ampio corpus di oggetti legati a un suo universo affettivo, tra cui sculture che simulano l’aspetto di un libro o di singole pagine, forme che richiamano manufatti del quotidiano, rivendicando però una propria inedita individualità.  Il viaggiatore astrale. Immaginare l’altrove raccoglie la serie delle Geografie, mappe astrali visionarie e fantastiche che delineano costellazioni, chimere e infiniti universi immaginari. La felice stagione delle opere partecipative è infine protagonista della sezione L’arte ci prende per mano. Incontrare e Partecipare. Come Legarsi alla montagna (1981), considerato il primo episodio di Arte relazionale in Italia, un intervento ispirato a un’antica leggenda, con cui Maria Lai riesce a coinvolgere tutta la popolazione del paese di Ulassai.

La profonda convinzione del potere salvifico dell’arte, il tema del gioco ritenuto fondante per la crescita di ideali per la collettività, l’arte come strumento, capace di far incontrare, immaginare, mettere in relazione: questo, e altro ancora, rende Maria Lai un’artista tra le più innovative della sua generazione, che ha saputo intercettare e interpretare agli albori meccanismi culturali alla base della società di oggi.

Come nei Telai e nelle tessiture a lei così care, i suoi fili idealmente tesi fra tradizione e contemporaneità hanno tracciato una fitta trama di relazioni tra le persone, contribuendo a un profondo cambiamento delle storie e delle identità personali, sociali e collettive.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da 5 Continents, con testi di Maria Alicata, Antonella Anedda, Franco Farinelli, Luigia Lonardelli, Davide Mariani, Bartolomeo Pietromarchi e Elena Pontiggia. 


MARIA LAI
Tenendo per mano il sole
Dal 19 giugno 2019 al 12 gennaio 2020


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Frangi / Recalcati: Uno psicostendardo

Giovanni Frangi, sponsorizzato dalla galleria romana di Enrico Lombardi, presenta per pochi giorni il suo impegnativo lavoro Mollate le vele – uno stendardo per Jonas al “bunker” dell’arte contemporanea MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo).

Una proposta di arte contemporanea in concomitanza del XII Seminario nazionale dell’associazione Jonas di Massimo Recalcati che evidenzia l’interesse che Jonas ha da sempre avuto per le arti figurative.

Un incontro per promulgare una psicoterapia a cifre sostenibili, forse intesa a portata di tutti in una società piena di traumi e problemi, ben diversa da molta arte contemporanea che si vuol “spacciare” senza rendersi comprensibile.

Il singolare interesse che Massimo Recalcati e Jonas hanno dimostrato per le arti figurative è descritto nel volume Il miracolo della forma. Per un estetica psicanalitica edito da Mondadori, con l’attenzione rivolta all’opera di Frangi.

Due ambiti d’indagine quella che Frangi e Recalcati perseguono nell’operare tra immagine e l’immaginario, dove il web viene in aiuto per riflettere sul lavoro dell’immagine come della scrittura senza dover respirare le emozioni dell’opera.

Concretizzando le loro affinità elettive con due esperienze apparentemente lontane, legate non solo dalla loro biografia, ma esaltate nel compendio del dialogo per interposti interventi.

L’installazione è un grande stendardo di tre metri per sei, realizzato per essere appeso, in questo caso tra le due colonne portanti della sala Corner, e una serie di volumi in gommapiuma, sparsi qua e là come delle rocce in riva al mare, a fare da cornice.

Da un lato lo “stendardo”, ispirato a una visione della campagna marchigiana, si presenta dipinto come un disegno su una tela di materasso, nero su bianco con aree azzurre, dei rattoppi che diventano parte dell’opera, dall’altro lato un’immagine simile tracciata in bianco su fondo nero.

Due opere unite in un recto e verso “di due situazioni legate all’ultima fase del mio lavoro in cui la linea del paesaggio si muove libera senza una centralità prospettica ma come acquisizione di una linea che scorre quasi senza interruzione creando il ritmo dell’immagine”, come specifica Recalcati.

Un’unica opera che sintetizza la filosofia di Frangi sulla doppia visione del mondo e del suo doppio significato.

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Giovanni Frangi

Mollate le vele – uno stendardo per Jonas

Dal 9 al 11 maggio 2014

Roma

MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo

Informazioni:

tel. +39 06 3210181

http://www.fondazionemaxxi.it

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Ghirri: voce del verbo vedere

Ecco che la realtà si confonde con le nostre proiezioni, natura e artificio mescolandosi formano una complessità illeggibile, il nostro sguardo annega nell’indecifrabile o soggiace al luogo comune visivo. Acquisire la consapevolezza delle leggi che regolano la visione, ci permette di affrontare le immagini, l’immagine del mondo.

Nell’ottima mostra allestita al MAXXI l’opera fotografica di Ghirri ha, tra gli altri, il merito di guidarci in un’esperienza educativa del vedere. Che il vedere sia frutto di processi fisiologici e psicologici insieme, lo sappiamo dagli studi sulla percezione visiva (Kanitzsa, Gregory, tra gli altri) i quali con metodologie e sviluppi differenti dimostrano quanto l’atto del guardare sia un processo implicante fortemente la soggettività. Vedere è anche ricordare, è anche un fatto affettivo, e può certamente essere un atto conoscitivo.

Capire, leggere e interpretare le immagini è come leggere o ascoltare un discorso: se non ne conosciamo la lingua per noi è incomprensibile. Bisogna partire dall’alfabeto, dai singoli segni elementari, svelare le leggi che regolano i rapporti tra i vari elementi, svelarne il funzionamento, la sintassi.  L’opera fotografica di Ghirri ha questo forte intento metalinguistico.

Una delle principali leggi percettive riguarda ad esempio i rapporti che intercorrono tra figura e sfondo, in base alla quale su un campo visivo uno o più elementi che si distaccano da un insieme indeterminato assumono lo statuto di figure mentre il resto del campo arretra e diventa sfondo. Si tratta di un fatto complesso, qui troppo esemplificato ma sul quale è sorta la lunga diatriba tra astrazione e figurazione che ha attraversato il secolo scorso e forse mai risolta.

In molte immagini fotografiche di Ghirri l’indeterminatezza ci interroga su cosa sia sfondo e cosa figura in un’alternanza che l’occhio per ragioni fisiologiche e psicologiche accetta solo per un tempo brevissimo. Siamo costretti a scegliere cosa vedere, decidere priorità percettive. Il frequente ricorso dell’artista fotografo a tassellature spaziali o alle cosiddette immagini di controscambio, induce nell’osservatore una riflessione, un surplus di attenzione. Ghirri lavora sullo spaesamento dello sguardo permettendoci di accedere a un livello profondo dell’esperienza visiva.

Di una semplicità disarmante dal punto di vista tecnico le fotografie di Ghirri raggiungono un’altissima misura poetica funzionando come macchine di senso, e agiscono potentemente sulla memoria, sembrano reperti di un nostro mondo infantile, apparentemente semplici trasportano invece un carico di ambiguità.

Perché le immagini sono illusioni, il vero non più scindibile dal verosimile.

Un lavoro affascinante che ricorda nel metodo, nell’intento, quello impressionista. Ghirri fa con lo scatto fotografico quello che i pittori della luce e del colore hanno fatto con il pennello. Non a caso dall’operazione impressionista abbiamo tratto una prima grande lezione decostruttiva dell’immagine (e penso a Cezanne) che ha avuto le note conseguenze, passando per il cubismo, sull’arte contemporanea. Decostruire un’immagine è evidenziarne il meccanismo, trovare la struttura che regge “la rappresentazione”. C’è inoltre un armamentario di specchi vetri e riflessi nonché l’uso di reticoli grate e tassellature che ancora una volta, rendendo lo spazio rifratto e geometricamente rarefatto, infinito e bidimensionale, avvicina il fotografo ai pittori impressionisti. Naturalmente si tratta di suggestioni, l’opera di Ghirri presenta punti di tangenza con buona parte della riflessione artistica contemporanea (penso a Kosuth e ad alcune esperienze di Land Art) e a ritroso con le avanguardie storiche.

Nelle fotografie ospitate al Maxxi, divise in tre grandi filoni tematici, si snoda un percorso che partendo dall’osservazione di oggetti/soggetti artificiali in perfetta osmosi con il paesaggio urbano o naturale giunge alle fotografie di Paesaggi e alla sezione Architetture. Non c’è monumentalità, le cose umane e quelle naturali giacciono su un unico piano, in una loro sconcertante evidenza, nel silenzio, senza tempo.

Guardando queste immagini si avverte come un’assenza, un certo distacco dalla cosa osservata, lo sguardo è sempre un po’ in basso quasi dovesse passare attraverso un bagno purificante e ridiventare infantile. Messaggi di carta da un mondo illusorio colto sul punto di sparire per sempre, fragili come ricordi di cose appena intraviste e pronte a rituffarsi nell’oblio.

 

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Mostre Ghirri Ecco che la realtà si confonde con le nostre proiezioni webLUIGI GHIRRI: PENSARE PER IMMAGINI

Icone Paesaggi Architetture

Dal 24 aprile al 27 ottobre 2013

 

Roma

MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo

via Guido Reni 4/a

 

Informazioni:

Tel. 06/39967350 – 3210181

Sito web

 

Orario:

11.00 – 19.00 (martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, domenica)

11.00 – 22.00 (sabato)

lunedì chiuso

Mostre Ghirri Ecco che la realtà si confonde con le nostre proiezioni Bastia-1976

Mostre Ghirri Ecco che la realtà si confonde con le nostre proiezioni Bastia-1976