Dare la medaglia in guerra a un obiettore di coscienza è un paradosso, eppure è successo: nel 1945 il soldato Desmond T. Doss fu decorato con la medaglia d’onore per aver salvato 75 commilitoni durante la guerra del Pacifico senza sparare un colpo. Doss proveniva infatti dalla Virginia rurale ed era devoto di una delle tante bizzarre chiese cristiane riformate americane. Figlio di un agricoltore ubriacone e manesco, rifugge dalla violenza e interpreta la Bibbia alla lettera, ma come il fratello si arruola volontario per combattere i Giapponesi, disobbedendo al padre, un veterano decorato ma rimasto traumatizzato. Ma quando in caserma si rifiuta di prendere in mano il fucile, viene naturalmente preso di punta dal sergente e dai camerati: siamo in guerra e il suo gesto viene interpretato come vigliaccheria. Deferito alla giustizia militare, riesce però a spuntarla grazie all’interessamento di un alto ufficiale amico del padre, col quale aveva combattuto in Francia nel 1918. Andrà dunque in guerra, ma come aiutante di sanità (1). Nel frattempo si era anche fidanzato con una graziosa infermiera locale.
Dopo l’amena Virginia e la dura caserma, il film si sposta dunque nell’isola di Okinawa, dove si combatte da due mesi una serie di scontri sanguinosi con un nemico asserragliato nelle sue posizioni e quanto mai determinato. I nuovi arrivati dovranno attaccare di nuovo le posizioni giapponesi, incavernate in un altopiano roccioso raggiungibile solo dopo aver scalato con le corde un costone a picco sul mare. Non è impresa facile e già un reparto è stato annientato durante il primo attacco. Non va bene neanche ai nostri, che subiscono forti perdite, si trincerano per la notte ma saranno ricacciati indietro da un contrattacco all’alba. I nostri si ritirano, ma sul campo lasciano molti morti e feriti. Sarà il nostro Doss a recuperarne quanti può, uno per uno, calandoli con le corde dal costone roccioso verso le retrovie. Deve anche far presto, perché i giapponesi rastrellano e non fanno prigionieri. Ma una voce interiore gli dice “ Signore, fammene salvare ancora un altro” e lui continua sino allo sfinimento. Nel finale del film i nostri, galvanizzati, conquisteranno finalmente le posizioni dopo durissimi combattimenti. Chiude il film una serie di brevi interviste al vero soldato Doss, al sergente e a chi l’ha conosciuto. Doss è morto pochi anni fa.
Cinematograficamente parlando, il film è molto originale, nonostante sia ormai difficile dire qualcosa di nuovo sulla guerra. Anche se le scene di caserma le abbiamo viste tante volte, l’idea di partenza è unica e dimostra la vitalità di un genere ormai gestito solo dagli americani, visti i costi di produzione. Sono ormai remoti tempi in cui il soldato morente riusciva a dire tutto prima di spirare e i commandos giravano per la giungla senza graffiarsi la divisa: in questo come in altri recenti film di guerra il realismo della battaglia raggiunge livelli impensabili finanche vent’anni fa. Quello che in questo film poi sorprende non è solo la violenza dello scontro, ma il terreno: senza conoscere Okinawa, sembra di stare piuttosto dentro la prima Guerra Mondiale: attacchi a bunker e trincee, combattimenti corpo a corpo, contrattacchi feroci, fragore e confusione ovunque. I Giapponesi non arretrano di un passo e la loro sorte è segnata, ma la vittoria ha un duro prezzo. Furono proprio i combattimenti così sanguinosi ad accelerare la costruzione e il lancio della bomba atomica sul Giappone.
- Nella versione italiana, erroneamente definito “medico”. Altra perla del doppiaggio, il solito “Esci fuori dalla mia vista!” ( = get off my sight). Ma è davvero tanto difficile dire “Soldato, levati dalle palle” ?******************************
La battaglia di Hacksaw Ridge
(Hacksaw Ridge)
Anno 2016
Durata 139 min
Colore colore
Regia Mel Gibson
Sceneggiatura Andrew Knight, Robert Schenkkan
Distribuzione (Italia) Eagle Pictures
Fotografia Simon Duggan
Montaggio John Gilbert
Musiche Rupert Gregson-Williams
Scenografia Barry Robison******************************