Si usa nella scrittura o nel parlato vocaboli che dovrebbero dare del disagio, come stigmatizzare un essere umano morto come cadavere, invece diventano consueti nella quotidiana informazione.
“Sono stati recuperati 24 cadaveri” è una formula cruda e distaccata, dalla quale non trapela alcuna compassione, un giornalista che si trasforma in contabile, mescolando la cronaca con un serial alla CSI.
Nessuna misericordia per chi è vittima della vita e della violenza. Numeri per una statistica sotto la voce cadaveri recuperati. Perché non utilizzare un vocabolo come salma o corpo? Forse perché quel morto lo rende troppo simile a noi?
Vocaboli che marcano le distanze, come usare diverso al posto di differente, perché si è differenti nel parlare o mangiare, ma non si è diversi sino a quando una persona non viene privata di una mano o di una gamba da un suo simile. Allora si che c’è una diversità tra la vittima e il suo carnefice, tra lo sfruttato e il suo sfruttatore.
Shakespeare, nel Mercante di Venezia, semplifica l’evidenza che l’umanità è simile comunque e ovunque a stessa: «Se ci ferite noi non sanguiniamo? Se ci solleticate, noi non ridiamo? Se ci avvelenate noi non moriamo?» dal monologo di Shylock
Si abusa anche del termine di clandestino, solo perché non utilizza i mezzi convenzionali per viaggiare, evitando aeroporti e ogni “non luogo” dove si richiedono dei documenti, ma per chi fugge non è consigliabile farsi riconoscere da chi lo bracca.
Per anni si è ipotizzato di aprire degli uffici per accogliere le richieste di asilo nei luoghi dai quali si fugge, ma solo ora sembrano concretizzarsi, finanziati dalla Comunità di sant’Egidio e alle Chiese evangeliche, la realizzazione dei desk umanitari da dislocare nei paesi limitrofi alla Libia. Punti di accoglienza dei migranti che, in collegamento con le ambasciate europee, consentano ai richiedenti asilo per ottenere un visto umanitario per l’Europa. Un’eventualità, quella dei corridoi umanitari, prevista dall’Accordo di Schengen per evitare interventi militari e blocchi navali, ma che non garantiscono comunque il non ripetersi delle sciagure.
I richiedenti dei visti umanitari dovranno comunque affrontare un periglioso viaggio per giungere in Marocco o in Libano, ma poi come reagirebbero le autorità nel vedere i loro sudditi intenzionati a fuggire da una dittatura o da un conflitto? Braccia che non combatteranno le loro guerre. Un’umanità perseguitata e discriminata che si mette in fila davanti allo sportello per presentare la domanda di richiesta di aiuto.
Si pensa di bloccarli sul loro bagnasciuga, utilizzando droni che distruggano barche e barconi prima che prendano il mare, e poi stiamo li a guardare che vengono uccisi dalle armi invece che affogati?
Potrebbe essere una soluzione per acquietare la nostra coscienza anche pagare le tribù libiche perché ostacolino il traffico di esseri umani. Magari c’è anche chi pensa di retribuire gli scafisti per non trasportare l’umanità disperata. Sembrerebbe meno costoso del mantenere uno schieramento di navi nel Mediterraneo.
Pagare i delinquenti per non delinquere. Perché non è stato proposto alle organizzazioni criminali di casa nostra?
Malta come anche Cipro offrono la loro rispettiva cittadinanza a persone abbienti, in cambio di un investimento dai € 650mila agli oltre € 5milioni. La Grecia si accontenta dell’acquisizione di una proprietà immobiliare del valore minimo di €250mila, mentre la cittadinanza ungherese è più a buon mercato, basta pagare una quota di € 300mila per vedersi restituiti dopo 5 anni € 250mila.
Un bazar dei diritti che potrebbe essere ampliato alle persone non proprio benestanti.
Non può essere un marchio indelebile quello di aver avuto la disgrazia di nascere poveri nel luogo sbagliato, inospitale e in perenne conflitto.
Nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, si sancisce che: Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
L’autoritario primo ministro del governo italiano potrebbe alzare la voce con l’Ue per superare il Trattato di Dublino, per non vincolare i richiedenti asilo al luogo di sbarco, e essere meno accondiscendenti nella collaborazione con la polizia austriaca nell’identificare eventuali migranti tra i passeggeri dei treni italiani, in territorio italiano dell’Alto Adige, “respingendo” prima del confine le persone che non hanno i requisiti per poter entrare in Austria.
L’Austria è una dimostrazione di quanta immaginazione autoritaria e selettiva si può avere nell’interpretare, di volta in volta e secondo le varie necessità, la formulazione di libera circolazione delle persone e delle merci, sul territorio europeo, degli accordi firmati anche dall’Austria a Schengen (1995).