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Bosch il surreale

Ultimi giorni per ammirare l’omaggio al genio fiammingo Jheronimus Bosch e alla sua fortuna nell’Europa meridionale con un progetto espositivo inedito che presenta una tesi affascinante: Bosch, secondo i curatori, rappresenta l’emblema di un Rinascimento “alternativo”, lontano dal Rinascimento governato dal mito della classicità, è la prova dell’esistenza di una pluralità di Rinascimenti, con centri artistici diffusi.

Il percorso espositivo presenta un centinaio di opere d’arte tra dipinti, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti e volumi antichi, inclusi una trentina di oggetti rari e preziosi provenienti da wünderkammern.

In questo ricchissimo corpus spiccano alcuni dei più celebri capolavori di Bosch e opere derivate da soggetti del Maestro – mai presentate insieme prima d’ora in un’unica mostra. Bosch è infatti autore di pochissime opere universalmente a lui attribuite e conservate nei musei di tutto il mondo, proprio perché cosi rari e preziosi, difficilmente i capolavori di questo artista lasciano i musei cui appartengono, e ancora più raramente si ha la possibilità di vederli riuniti in un’unica esposizione.

L’esposizione non è una monografica convenzionale, ma mette in dialogo capolavori tradizionalmente attribuiti al Maestro con importanti opere di altri maestri fiamminghi, italiani e spagnoli, in un confronto che ha l’intento di spiegare al visitatore quanto l’altro’ Rinascimento non solo italiano e non solo boschiano negli anni coevi o immediatamente-successivi influenzerà grandi artisti come Tiziano, Raffaello, Gerolamo Savoldo, Dosso Dossi, El Greco e molti altri.


Bosch
e un altro Rinascimento

Dal 9 novembre 2022 al 12 marzo 2023

Milano
Palazzo Reale e Castello Sforzesco

Curatori: Bernard Aikema, Fernando Checa Cremades, Claudio Salsi

Enti promotori:
Comune di Milano-Cultura
Palazzo Reale
Castello Sforzesco

Informazioni:
tel. +39 02 54912


Bill Viola: Racconti in video arte

Finalmente Milano ci offre una mostra su Bill Viola, il visionario artista americano tra i primi a dare dignità artistica alle video-istallazioni, forse il più grande artista al mondo nella videoarte, inspiegabilmente assente fino a questo momento dai luoghi più importanti dello scenario espositivo milanese.
La mostra è prodotta da Arthemisia che per la seconda volta si cimenta nell’organizzare una rassegna dedicata ad un artista vivente (dopo quella di Zerocalcare alla Fabbrica del Vapore).
In esposizione sedici lavori, anzi sedici capolavori che riassumono circa trent’anni del percorso artistico e poetico di Bill Viola.
Troviamo esposte opere che testimoniano il forte influsso che l’arte rinascimentale italiana ha avuto su Viola, assorbita durante la sua permanenza a Firenze negli anni ’70, quando rimase particolarmente impressionato dal fatto di trovarsi letteralmente immerso tra opere d’arte “vive”, abituato com’era ad ammirarle nei musei, fuori dal contesto per cui erano state create.
In mostra troviamo Greeting del 1995, che si ispira alla Visitazione del Pontormo, con uno slow motion talmente coinvolgente da far sentire sulla pelle del visitatore la brezza che agita gli indumenti e i capelli delle donne; Emergence del 2002 ispirato al Cristo in Pietà di Masolino da Panicale, che propone in schemi classici, ma drammaticamente rivisitati, i temi cari a Viola, la morte, la vita e di nuovo la morte, come se vita morte e rinascita fossero talmente compenetrate le une nell’altre, da non poterle definire in maniera assoluta.
Elementi naturali simbolici del passaggio dalla vita alla morte sono l’acqua e il fuoco, che caratterizzano la maggior parte delle video istallazioni di Viola, particolarmente nel trittico Ocean without a shore del 2007, in cui ogni parte di esso, utilizzando l’elemento fuoco o l’elemento acqua, si trasforma in un passaggio dalla vita alla morte e viceversa. O nel travolgente Tristan’s ascension (the sound of a mountain under a waterfall) del 2005, di grande impatto sonoro oltre che visivo, una cascata d’acqua ascendente che riporta in vita un corpo che sale al cielo.
L’acqua è ancora elemento fondamentale in The raft del 2004, uno dei video più lunghi, in cui una folla di persone di ogni genere, etnia, colore, ceto sociale, ricchi, poveri, indifferenti l’uno all’altro, si trova improvvisamente abbattuta da una gigantesca ondata d’acqua che la travolge lasciando tutti a terra bagnati, tramortiti, increduli, doloranti, come naufraghi su una zattera dopo una tempesta, che forse ha il merito di avere instillato la consapevolezza della necessità della solidarietà per la sopravvivenza del genere umano.
La scelta della sede a Palazzo Reale che, come fa notare il direttore Domenico Piraina, non frequentemente ospita esposizioni di videoarte, o di arte contemporanea, si è rivelata invece particolarmente appropriata anche per una mostra così tecnologicamente avanzata, forse per i legami che uniscono Viola all’arte antica, che si scoprono spesso anche nei formati quali trittici, predelle, altari. A questo proposito non possiamo non ricordare che nella basilica milanese di San Marco tra i tanti tesori di arte medievale e gli affreschi di Bernardino Luini, in una cappella del transetto è collocata in permanenza la video istallazione del trittico dei pellegrini, donazione dello stesso Viola alla chiesa, a rimarcare la continuità della sua arte con quella del passato (il legame dell’artista con l’arte antica è dato da un’altra curiosa circostanza: la sua famiglia è originaria di Dumenza, borgo in provincia di provincia di Varese che diede i natali a Bernardino Luini).

L’architettura della sede espositiva è un elemento non secondario in una mostra così coinvolgente dal punto di vista emotivo come questa. A questo riguardo si ricorda come una mostra di Viola era stata perfettamente inserita negli spazi del Palazzo delle esposizioni nel 2008 a Roma, ma non altrettanto qualche anno dopo a Villa Panza a Varese.
Gli ambienti solenni e bui di Palazzo Reale, che hanno subito distruzioni e ricostruzioni, sembrano invece, a parere di Kira Perov, moglie di Viola e curatrice dell’esposizione, la sede ideale per l’allestimento della mostra di un artista che pone la transizione al centro della sua poetica .
Ricordiamo che la visita richiede tempo, ogni video dura diversa minuti, lo slow motion è talvolta talmente estremo da svelare ogni minimo impercettibile movimento dei volti, degli occhi, delle mani, da lasciare il visitatore in uno stato quasi meditativo che a volte genera angoscia: l’impatto emotivo è molto forte. Ma resta comunque, a parere di chi scrive, una mostra imperdibile.


Bill Viola
Dal 24 febbraio al 25 giugno 2023

Palazzo Reale
Milano

Catalogo Skirà


L’immagine da :
Bill Viola
The Raft, May 2004
Video/sound installation
Color high-definition video projection on wall in a
darkened space; 5.1 channels of surround sound,
3,96×2,23 m
10:33 minutes
Performers: Sheryl Arenson, Robin Bonaccorsi, Rocky
Capella, Cathy Chang, Liisa Cohen, Tad Coughenour,
James Ford, Michael Irby, Simon Karimian, John Kim,
Tanya Little, Mike Martinez, Petro Martirosian, Jeff
Mosley, Gladys Peters, Maria Victoria, Kaye Wade,
Kim Weild, Ellis Williams
Photo: Kira Perov © Bill Viola Studio


L’Ambrosiana napoleonica

L’esposizione presenta incisioni, disegni, relazioni, scritti satirici, libretti, periodici e opere teoriche a stampa provenienti dal patrimonio della Biblioteca Ambrosiana nonché beni dalle collezioni di dipinti e cimeli della Pinacoteca.

Il variegato materiale consente un approfondimento sulla rappresentazione che, nella sua più vasta accezione antropologica, costituisce un osservatorio privilegiato sulle trasformazioni culturali che la città di Milano vive in epoca napoleonica. Come si presenta, o meglio ‘rappresenta’, il nuovo potere? Come è percepito e a sua volta rappresentato?

La rassegna analizza diversi campi d’indagine, come lo sviluppo della festa e delle altre forme celebrative dalla Repubblica Cisalpina sino al Regno d’Italia, o l’organizzazione dello spazio urbano che rivela, tra strutture effimere e permanenti, un assetto frutto di un profondo ripensamento. Gli spettacoli teatrali, inoltre, con il loro fermento creativo, si pongono in dialogo con i grandi eventi del tempo e partecipano alla costruzione del nuovo cittadino.

La rappresentazione investe infine anche gli aspetti più quotidiani della vita, dalle nuove allegorie che compaiono in ambito burocratico sino alla moda per il vestiario e l’acconciatura.

Il percorso espositivo segue la successione cronologica degli eventi dalla Repubblica Cisalpina fino al Regno d’Italia e alla caduta di Napoleone, e si snoda tra i diversi campi di studio, che sono proposti parallelamente, con accostamenti tra modalità di rappresentazione anche molto diverse.

Gli apparati per le feste, gli spettacoli teatrali, i nuovi spazi urbani mostrano richiami di forme e temi ricorrenti che si ripropongono nel tempo, tra cambiamenti e continuità. Nella burocrazia napoleonica persino le allegorie presenti nella modulistica appaiono strettamente legate alle strategie di rappresentazione del potere. Non mancano tuttavia le voci fuori dal coro: incisioni e scritti satirici percorrono tutte le fasi dell’epoca napoleonica, mostrando gli aspetti meno graditi del nuovo governo.

Propaganda, burocrazia, retorica, satira, moda e qualsiasi altra modalità di espressione condividono tuttavia una sorta di teatralizzazione che pervade ogni ambito: la forma dialogica, la declamazione, il gusto per il costume e la scenografia sono il trait d’union che accomuna gli eterogenei materiali esposti.


NAPOLEONE ALL’AMBROSIANA
PERCORSI DELLA RAPPRESENTAZIONE
Prorogata fino al 3 aprile 2022
Pinacoteca Ambrosiana
Milano

Informazioni:
tel. 02/806921
contatti@ambrosiana.it

Curata da Francesca Barbieri e Alessandra Mignatti, con Annamaria Cascetta


Milano anni ‘60

Continua a Palazzo Morando a Milano la serie delle mostre che riguardano la storia recente della città, iniziata nel 2013 con la mostra “Milano tra le due guerre” e le fotografie di Arnaldo Chierichetti.
E’ in corso attualmente la bella mostra “Milano anni ’60, storia di un decennio irripetibile”: l’esposizione ripercorre un periodo straordinario in cui Milano diventa il motore non solo economico ma anche culturale dell’intera nazione.
Tutto ciò che era in Italia innovazione nei vari campi, dall’architettura, all’arte, alla musica alla produzione industriale trovava il punto di riferimento in Milano.
La mostra ripercorre con una serie di fotografie e con la ricostruzione di ambienti il fermento che per un decennio “irripetibile”, come evidenzia il sottotitolo della mostra, ha pervaso una città che a pochi anni dalla fine della guerra è riuscita a diventare tra le prime quaranta città più influenti al mondo.
Il percorso si apre con le immagini della nuova Milano che sta sorgendo, i grattacieli in costruzione: la torre Galfa, il Pirelli, poi le tangenziali, i nuovi quartieri periferici, con un grande plastico del Gratosoglio, e la metropolitana, il cui allestimento degli spazi e delle banchine farà da modello per le metropolitane di mezzo mondo.
La mostra prosegue con la ricostruzione di piccoli ambienti che rievocano la nascita della grande stagione del design, rappresentata in particolar modo dai fratelli Castiglioni, Vico Magistretti, Giò Ponti, e del Salone del Mobile che nell’arco di pochi anni sarebbe diventato il più importante a livello mondiale. E gli oggetti esposti erano prodotti da piccole realtà artigianali come Artemide o Fontana che sarebbero diventate in seguito industrie tra le più importanti a livello mondiale.
Non mancano le immagini dei treni in arrivo dal sud alla stazione Centrale dove giungono 800 nuovi milanesi al giorno, in una città in cui, come scriveva Guido Gerosa, non c’è disoccupazione e il reddito pro capite è il più alto d’Italia. Ed ecco quindi oltre ai treni in arrivo pieni di immigrati, anche i treni in partenza per le vacanze, altrettanto affollati.
Ma Milano non è solo boom economico. Milano è anche musica, è arte, è cultura. Le foto ci mostrano i concerti dei mostri del jazz, Miles Davis, Dizzy Gillespie, Ella Fitzgerald, Duke Ellington, Billie Holiday che si esibiscono al teatro dell’Arte, al Lirico, al Gerolamo, allo Smerando, in una Milano dove Chet Baker aveva preso casa.
E poi le foto dei Beatles al Vigorelli e dei Rolling Stones, in un memorabile concerto al Palalido.
A Milano nasce il Cabaret e nascono nuove tendenze musicali per la presenza di cantautori ed interpreti che diverranno presto famosi, Jannacci, Paoli, Tenco, Gaber, Vanoni e che segneranno un svolta nel panorama musicale anche grazie alla lungimiranza di impresari ed editori come Nanni Ricordi.
Non mancano giornali e libri a ricordarci la grande vivacità nel campo editoriale (riviste come Linus e Panorama, e case editrici come Adelphi, nascono in questi anni) e anche nel campo artistico, con le gallerie sui navigli in cui spesso gli artisti internazionali espongono prima ancora che alla Biennale di Venezia.
Insomma Milano negli anni ’60 è diventata una città attrattiva, ma non solo verso coloro che aspirano a sfruttare le opportunità offerte da mondo dell’industria ma anche nei confronti di intellettuali, architetti, artisti.
Tutto sta ad indicare che sviluppo economico e sviluppo culturale sono strettamente connessi.
Alla fine del decennio però qualcosa si incrina, le contraddizioni finora sopite sotto l’onda dell’entusiasmo cominciano a svelarsi: le foto esposte mostrano gli scioperi dell’autunno caldo del ’69, le prime contestazioni degli studenti e la prima vittima degli anni di piombo, anche questo un primato milanese, con la morte dell’agente Antonio Annarumma.
Ma soprattutto la bomba di Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969, segna la fine di un decennio memorabile e l’inizio della strategia della tensione. Dopo questa data niente sarà più come prima. Si tratta di una vera e propria cesura nella storia di Milano e della nazione intera. Una data, di cui proprio quest’anno ricorre il cinquantenario, che sarà definita come quella della perdita dell’innocenza. Milano cambia pelle. L’insicurezza è una sensazione palpabile. Chi ha vissuto in quei tempi non può scordarlo. I luoghi che fino a poco tempo prima erano pieni di fermento e vivacità cominciano ad esserlo un po’ di meno. Le foto dei funerali delle 17 vittime mostrano una piazza del Duomo gremitissima, in un giorno di dicembre freddissimo, grigio e nebbioso, l’atmosfera è tetra e fosca, è il segno della fine di un’era.
Sembra che tutto si fermi. Ed in effetti Milano, dopo questa data, rallenta.
Non a caso a Milano per diversi non si costruirà più un grattacielo. Lo skyline rimarrà sempre lo stesso per decenni.
Fino ai giorni nostri.
Ora lo skyline è cambiato e cambia quasi di giorno in giorno. Milano è diventata di nuovo il motore che traina l’intero paese.
Un nuovo decennio irripetibile?


MILANO ANNI ‘60
Dal 6 novembre 2019 al 9 febbraio 2010

Palazzo Morando
via S. Andrea, 6
Milano

Orari
martedì – domenica
10:00 – 20:00
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Giovedì: 10:00 – 22:30
(la biglietteria chiude un’ora prima)

Informazione:
tel. +393278953761

Catalogo:
edizioni MilanoinMostra

A cura di Stefano Galli


Appunti ispirati

Una mostre itinerante da sud al nord, partendo dal centro, che Silvana Leonardi si è fatta carico di promuovere con una sessantina di Taccuini d’artista, dalle ispirazioni più diverse e dalle fogge più accattivanti.

Ora la mostra è arrivata a Milano, in occasione della manifestazione “Fiori e Sapori d’Autunno sul Naviglio Grande, con un nucleo originario integrato dall’apporto di altri artisti e la significativa presenza di opere appartenenti all’Archivio dei Libri d’Artista di Fernanda Fedi e Gino Gini.

Il taccuino è un oggetto che coniuga la creatività e la manualità con la voglia di fissare i pensieri di un racconto che si matura pagina su pagina.

Appunti d’artista o opere compiute che ne fanno dei preziosi cofanetti di immagini e scritti, oggetti della tradizione che propongono una versione attuale, in qualche modo anche autonoma e declinata in materiali diversi e con diverse modalità d’uso e destinazione, fornendone una sorta di campionario quanto mai vario e articolato di tutte le possibilità e le potenzialità espressive.

Francesco Muzzioli, nel suo testo, introduce alla mostra milanese con l’illuminante e veritiera affermazione su “Un taccuino non è altro che un portatile di prima generazione. Come dimensioni si può dire che sia tra uno smartphone e un tablet. È superato? Sì e no. La mostra dimostra che è molto più malleabile.”

Taccuini d’Artista di: Elio Alfano, Bruno Aller, Carlo Ambrosoli, Anna Maria Angelucci, Maria Cristina Antonini, Chiara Armellini, Vincenzo Aulitto, Antonio Baglivo, Antonio Barbagallo, Claudia Bellocchi, Luciano Benini Sforza, Mirella Bentivoglio, Rosetta Berardi, Tomaso Binga, Michiel Blumenthal, Anna Boschi, Carlo Bugli, Claudio Calzavacca, Antonio Carbone, Giovanni Castaldi, Andrea Cesari, Elettra Cipriani, Anna Coppola, Laura De Carli, Adriana Del Vento, Prisco De Vivo, Lucia Di Miceli, Gabriella Di Trani, Luigi Domenicucci, Giovanna Donnarumma, Fabio Fabiani, Marisa Facchinetti, Fernanda Fedi, Mavi Ferrando, Daniele Ferroni, Giovanni Fontana, Gino Gini, Salvatore Giunta, Gennaro Ippolito, Mario Lanzione, Gianleonardo Latini, Silvana Leonardi, Francesco Lucrezi, Mario Lunetta, Giorgio Moio, Mattia Morelli, Daniela Nenciulescu, Carlo Oberti, Giorgios Papaevangeliu, Peppe Pappa, Beatrice Pasquet, Lucia Pescador, Adriana Pignataro, Lamberto Pignotti, Luciano Puzzo, Antonio Raucci, Maria Teresa Romitelli, Giovanni Ruggiero, Lucia Sapienza, Eugenia Serafini, Grazia Sernia, Ilia Tufano, Vittorio Vanacore, Nanni Varale, Piero Varroni, Oriano Zampieri, Lorenzo Zangheri.


Taccuini d’Artista
Il 5 e il 6 ottobre 2019

Archivio dei Libri d’Artista
Fernanda Fedi – Gino Gini
Palazzo Galloni
Alzaia Naviglio Grande 66
Milano
+39 3480357695