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Tra faggeti e grotte la natura dell’arte

A partire dai caratteri fondamentali della storia e della morfologia dei luoghi – che ne fanno un “bene culturale” specifico, sia dal punto di vista territoriale, in tutte le sue articolazioni, che da quello memoriale – il Progetto “SIMBIOSI” – OpenArt tra natura e storia, si configura come un progetto che intende intervenire sugli spazi esterni del Rifugio di Pietraporciana per realizzare, nel corso di alcuni anni, la costituzione di un Parco d’arte ambientale in progress, aperto alla libera fruizione dei visitatori.

Peculiarità del progetto e della sua realizzazione è il rapporto di collaborazione degli artisti con i gestori della Riserva di Pietraporciana, finalizzato alla progettazione e installazione di lavori in situ, realizzati con materiali naturali e ispirati ad uno dei temi che alimentano il genius loci, che vanno dalla persistenza di ere geologiche remote (come nella faggeta) alle vicende storiche più recenti (la proprietà Origo, la guerra partigiana), passando, attraverso la storia del paesaggio agrario, fino al tema attuale dell’accoglienza e dell’educazione ambientale ed ecosostenibile, che è al tempo stesso, educazione alla cittadinanza, attraverso la bellezza e la libertà.

Accanto agli interventi d’arte ambientale, il Progetto si avvarrà, per ogni edizione, dell’apporto di opere – dipinti, disegni, fotografie, video, sculture, installazioni – da collocare temporaneamente negli spazi chiusi e aperti del Rifugio Pietraporciana, nonché di performance di artisti attinenti il tema.

Interventi di:
Archidoro (Fausto Ottolini e Tazio Angelini); Artivatore Francesco Saverio Teruzzi.

Sabrina Baldoni; Claudia Bellocchi; Carlotta Bertelli; Alessio Biagiotti; Michiel Blumenthal; Alessandra Bonoli; “Bâtons sacrés”, in collaborazione e a cura di Studio A87: Marcello Baraghini, Mario Consiglio, Emanuele De Donno, Danilo Fiorucci, Benedetta Galli, Jeffrey Isaac, Karpuseeler & Roberta Meccoli, Robert Lang, Barbara & Luigi Novelli, Luca Pucci, Umberto Raponi, Franco Troiani; Paola Caso; Francesco Chiantese; Davor Ciglar; Luce Delhove; Manfredo Deva; Paolo Fabiani; Pino Genovese; Silvana Leonardi; Laura Leone; Francesco Melone; Massimo Napoli; Elsa Paglietti; Graziella Reggio; Giuseppe Rellini; Sandford&Gosti; Alberto Timossi; “Terzo Paradiso” progetto artistico di Michelangelo Pistoletto / Cittadellarte-Fondazione Pistoletto

Il Catalogo sarà presentato Domenica 27 Settembre 2015, in occasione della chiusura della Prima Edizione.

Promosso dal Circolo Legambiente Chianciano in collaborazione con la Coop. “ALMA GEA”, il Progetto denominato “Simbiosi” – OpenArt tra natura e storia” intende contribuire a diffondere – attraverso la costituzione di uno “spazio aperto d’arte ambientale”, sul modello di altre esperienze già avviate in Italia e all’estero – la conoscenza e la frequentazione della Riserva Naturale di Pietraporciana presso un destinatario, italiano e straniero, attento ai valori naturalistici, paesaggistici e storici di un contesto ambientale speciale, qual è quello costituito dalla Riserva Naturale.

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Mostre Simbiosi Riserva naturale di Pietraporciana grotta

SIMBIOSI:
OpenArt tra natura e storia
Dal 19 luglio al 27 settembre 2015

Riserva naturale di Pietraporciana a Sarteano (Siena)

da un’idea di Ivan Russo
a cura di Anna Cochetti e Linda Coppi
con un testo di Rita Olivieri

Informazioni:
334/8161795

pietraporciana@gmail.com

http://www.abiesalba.com/podere-di-pietraporciana-2/

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Mostre Simbiosi CB 11224763_965539430134444_3788887113827360793_n Mostre Simbiosi CB 11709513_965539506801103_8888836105788757515_n Mostre Simbiosi CB 11693880_965539566801097_944149415189021808_nMostre Simbiosi Riserva naturale di Pietraporciana faggeta2-1140x450

 

Quando gli artisti sopperiscono al peggio

Accade raramente, ma accade, che il lavoro di eterogenei operatori del visivo vengono raccolti per stimolare l’invisibile in uno spazio misteriosamente claustrofobico di un rifugio antiaereo, coinvolgendo il visitatore nell’atmosfera che devastava la mente non tanto per il susseguirsi delle esplosioni ma per lo spasmodico attenderne l’arrivo e la inevitabile conclusione.

Diciannove artisti che si propongono, con tanti monologhi, per dar vita a una corale di tormenti in cerca di salvezza nel sottosuolo di dostoevskiana memoria, superando l’arroganza di essere unici, per trasformarsi in un malessere collettivo. Quello che era per Dostoevskij una critica all’ottimismo della ragione, perché umano desiderio anelare alla sofferenza, si trasforma in un’eterna espiazione. Racconti, con emozioni e sentimenti di oggi, di un passato che fu, proprio in quei luoghi tragici.

Non si può considerare una presunzione designare un rifugio antiaereo come spazio dell’arte, ma un’occasione per riflettere sul contemporaneo attraverso le immagini e i suoni, allontanati dalla luce del sole e della luna. Un’arte esiliata in un contesto di meditazione per effettuare una sorta di archeologia dei sentimenti, evitando prevaricazioni passionali, per dare spazio all’umanità nei suoi momenti più difficili, estromettendo l’esagitazione brutale della sopravvivenza.

Pitture, volumi e immagini per evocare la memoria di un luogo, ma anche quello che potrebbero essere oggi i rifugi nei paesi che godono della Pace, come per i migranti che cercano un posto dove sottrarsi allo sguardo delle autorità. Un luogo che in alcune realtà sono stati trasformati in attrazioni turistiche e in altri lasciati nel buio del degrado, ma che può diventare un’occasione per i numerosi artisti che non hanno un pieno riconoscimento del loro prezioso lavoro.

Un buio che esalta i sensi incorporei, rendendo timido il tatto, perché troppo legato alla realtà, e dare sfogo all’immaginazione. L’oscurità che esalta la “virtualità” dell’arte, offrendo l’occasione di essere risucchiati in un buco nero e poi emergere dal buio del pavimento, tra suoni evocativi di un’epoca, una serie di facce invocanti al cielo e dalle pareti emergono volti come ectoplasmi, come in una tantum, dell’intervento Parlami d’amore Mariù di KalhyBelloxi.

Immagini in trasparenza, fluttuanti come fantasmi, sono le presenze che avvolgono il visitatore proposte da Giorgio Fiume con Una Sola Moltitudine nell’interpretare il passare del tempo attraverso una folla vagante. Venera Finocchiaro testimonia con Senza Passi il transito di un’umanità sofferente, costretta a intraprendere strade diverse da quelle che avrebbe voluto, attraverso la definizione di una serie di “calzature”, modello gambaletto di gesso, per coniugare il cammino dolorante e la mancanza di orme caratteristiche dei singoli passi. Due rappresentazioni sul tema passaggio di una moltitudine anonima su questa Terra, costretta a migrare per guerra, persecuzione, carestia.

L’artista genovese Virginia Monteverde pone la donna al centro della sua opera Catarsi: un’istallazione di 5 pannelli in plexiglass, collocati in modo da ricomporre la Pietà di Michelangelo, restituendogli un’esistenza “liquida”. Alla base dei pannelli il visitatore potrà prendere delle cartoline speciali, raffiguranti la criptografia QR-CODE. Dei “francobolli” capaci di tramutarsi in suoni e immagini, attraverso la lettura di smartphone e iPad, che il visitatore potrà portare via con sé, per ascoltare e vedere l’opera anche fuori dal contesto espositivo. Crittogrammi che racchiudono non solo le immagini dell’opera, ma anche la voce di cinque donne che leggono delle frasi scelte da vari libri per rappresentare le proprie paure (autoidentificazione) e affermare la propria liberazione (affermazione). Un processo di liberazione che Catarsi riesce ad amplificare maggiormente se perseguito in luogo ossessivo e claustrofobico come il sotterraneo ad oltre 40 metri di profondità nella terra, un generatore di paure ancestrali e l’occasione di rinascita al tempo stesso, ma anche un luogo, per la sua valenza storica, di rifugio e di speranza, in cui può compiersi perfettamente il processo catartico insito nell’operazione artistica.

Giancarlo Cecchetti non si limita a essere il promotore dell’iniziativa, ma presenta l’installazione Pensierino della sera: quando tornerò a giocare in giardino? Un’opera che enuncia tutte le speranze dei bambini di ogni parte del Mondo ad avere un’infanzia lontano dagli orrori della guerra e il pensiero va ai conflitti balcani e al più recente siriano con le immagini di ragazzi che giocano tra le macerie

Emarginare la realtà in un’atmosfera onirica, farsi avvolgere dalla penombra, non avere paura dell’incognito nascosto dietro l’angolo, andargli incontro, affogare i propri tormenti nell’oscurità, allontanare i rumori esplosivi della malvagia realtà che vuole vinti e vincitori, carnefici e vittime.

Un luogo per salvaguardare l’umanità dalla brutalità dei quotidiani conflitti, affidando le proprie speranze ad una realtà che sia evoluzione dei propri sogni e non l’imposizione delle altrui volontà.

Sfumature di colore che si trasformano in tonalità di grigio per perdersi in un viaggio mentale nelle sensazioni degli autori delle opere nel momento della loro realizzazione.

I rifugi dagli eventi bellici dovrebbero essere salvaguardati non solo come testimonianza di un passato, ma anche come possibilità di spazi culturali isolati dal contesto per rileggerne la quotidianità.

Si può avere delle antipatie per uno o più artisti, ma i politici e gli amministratori dovrebbero andare di là del loro naso, superando i limiti di un’ottusa banalità e dare la giusta rilevanza a un evento ben più importante di una qualsiasi Arte Fiera, e non segregarlo a due misere settimane di “vita”, perché la mostra va oltre il trionfo dell’ovvietà del testo di presentazione, mostrando un panorama eclettico dell’arte.

L’iniziativa di Giancarlo Cecchetti offre ai visitatori delle opere di artisti (Antonella Aversa, Claudia Bellocchi e Carlos Mendes – in questa occasione in collaborazione con il nome KalhyBelloxi -, Cati Briganti, Marina Buening, Giancarlo Cecchetti, Venera Finocchiaro, Giorgio Fiume, Fabio Fontana, Ester Hueting, Pina Inferrera, Luisa Mazza, Debora Mondovì, Virginia Monteverde, Isabella Nurigiani, Alessio Paolone, Pasquale Pazzaglia, Valter Vari, Marilena Vita) che danno il meglio, per sopperire al peggio del quotidiano, e non propone delle parole di buoni propositi.

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06 Mostre Colleferro Rifugi Giancarlo Cecchetti pensierino della sera 1IMMAGINAZIONI DAL SOTTOSUOLO

Luci e ombre della memoria

Collettiva d’Arte Contemporanea

Dal 25 gennaio al 9 febbraio 2014

Colleferro (Roma)

Rifugi di via Roma

Informazioni:

Tel. 06/97203204

Orario:

dal lunedì al venerdì

dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19

il sabato e domenica

dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19

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 06 Mostre Colleferro Rifugi Immaginazioni dal sottosuolo Luci e ombre della memoria Venera Finocchiaro-SENZA PASSI- 06 Mostre Colleferro Rifugi Immaginazioni dal sottosuolo Luci e ombre della memoria GF-Install-Colleferro-Allestim 06 Mostre Colleferro Rifugi Immaginazioni dal sottosuolo Luci e ombre della memoria KalhyBelloxi panor

Urla nel Buio

Claudia Bellocchi artista già nota, oltre che per la sua ricerca pittorica, per il suo impegno umano e civile, produce e allestisce nei locali de “Il moto della mente” un percorso che si snoda sia attraverso una serie di elaborazioni cromatiche splendide e disarmanti ispirate alla gestualità infantile, sia attraverso una scenografia cupa e inquietante dove balenano al buio strisce di luce come piccole urla: una specie di tunnel degli orrori. Tutto ciò lungo una sequenza di animali fantastici, orchi e ombre che vogliono dar lettura e denuncia degli abusi (in tutti i sensi) e della violenza sui bambini.

E meglio di qualsiasi invettiva o proclama qui grida, nell’immedesimarsi pittorico e poetico, l’orrore stesso del piccolo abbandonato all’incubo dei tormenti subiti. Nel brillare sanguigno dei rossi come fiori carnali, nel pallore improvviso che saetta nell’oscurità, sono le lacrime soffocate di chi rifugiatosi ingenuamente sotto un letto tenta di fuggire alle lunghe ombre di fantasmi crudeli.

Poi, nel buio fattosi totale, imbuto di angosce e orrori, l’attrice Luisa Stagni interpreta, dirò meglio vive e soffre un lungo straziante monologo—confessione (il testo è dell’artista Bellocchi) in cui come ferite aperte e dolenti si ravviva la pena di chi ha vissuto e vive con la carne e lo spirito segnato per sempre dalla violenza subita.

“Volevo solo amore!” esclama e ripete l’attrice—vittima, come lacerazione irrimediabile di chi testimonia su di sé l’indegna persecuzione dell’innocente.

La Chiesa Avventista che da anni combatte contro l’abuso sui minori con la campagna “Sette” è in concreto presente nel promuovere e coadiuvare attivamente la manifestazione, così come ognuno di noi se vuol chiamarsi individuo civile degno di appartenere all’umanità è impegnato sempre e dovunque nel combattere questa macchia oscura che ci degrada tutti.

 

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OLYMPUS DIGITAL CAMERATANALIBERATUTTI

Dal 27 settembre al 12 ottobre 2013

Roma

Moto della Mente

via Monte Giordano, 43

 

Informazioni;

Tel. 06/6869974

http://www.motodellamente.eu

Orario:

lunedì al venerdì dalle ore 15.00 alle 19.00

Claudia Bellocchi

Chiesa Avventista

Video

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Mostre URLA NEL BUIO Sotto al LettoMostre URLA NEL BUIO Luisa Stagni OLYMPUS DIGITAL CAMERAMostre URLA NEL BUIO Luisa Stagni

Ritrarre l’anima

“Fotografava solo “il meglio”: aristocratiche con figli e cani aristocratici, poeti, scrittrici, dive intellettuali, generali, gerarchi, membri di case regnanti. Fotografava solo gente bellissima o che lei riusciva a rendere bellissima: le sue donne sembravano sempre regine inavvicinabili eppure dolcissime, i suoi uomini forti intelligenti, dominatori. È naturale che Ghitta Carell fosse soprattutto negli anni Trenta italiani, la fotografa di moda più ricercata”.

Il giudizio autorevole espresso da Natalia Aspesi sulla Carell (1899 – 1972) è attuale ancora oggi, e la mostra retrospettiva ospitata presso la Fondazione Pastificio Cerere, lo dimostra in pieno, indagando su fronti diversi. Da una parte si affronta il tema del ritratto come questione fondamentale nella storia della rappresentazione visiva e come punto nodale dell’arte moderna; dall’altra, viene valutata la produzione dell’artista all’interno degli sviluppi socio-antropologici dell’Italia nel periodo in cui ha operato.

La Carell apprende i segreti della tecnica fotografica a Budapest e prosegue la sua formazione fotografica a Vienna e Lipsia, per approdare nel 1924 a Firenze, dove frequenta l’ambiente mitteleuropeo che si ritrovava a Fiesole in casa dello scultore Mark Vedres e della di lui moglie Matild, storica dell’arte. In seguito si trasferisce a Milano, dove diventa una fotografa molto apprezzata, soprattutto dai personaggi dell’alta finanza. La sua fama raggiunge facilmente la media borghesia, che comincia a considerare le fotografie di Ghitta Carell come una prova di affermazione sociale. Si trasferisce nella Capitale, vicino a Piazza del Popolo, dove riesce a conquistare la gente che conta. Famose ed epocali le foto che ritraggono Edda e Galeazzo Ciano, Mussolini, Albero Savino, Pio XII o i rampolli della nobiltà romana.

Dopo il secondo conflitto mondiale torna l’antica fama e tutto il gotha democristiano (De Gasperi, Gronchi, Andreotti ecc.), posa sotto le lampade di questa fotografa come le attrici, scrittori e giornalisti di vaglia (Cesare Pavese, Valentina Cortese, Camilla Cederna). Si allontana dall’Italia sul finire degli anni Sessanta per trasferirsi in Israele, ad Haifa, dove muore nel 1972.

 

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Mostre Ghitta Carell e il potere del ritratto 3215_4GHITTA CARELL

e il potere del ritratto

Fondazione Pastificio Cerere

via degli Ausoni, 7

Dal 18 aprile al 17 maggio 2013

Tel. 06/45422960 – 335 5771737

http://www.pastificiocerere.it/

Orario:

dal lunedì al venerdì

dalle 15.00 alle 19.00

Mostre Ghitta Carell e il potere del ritratto 20132-633x337 Mostre Ghitta Carell e il potere del ritratto 15290Mostre Ghitta Carell e il potere del ritratto Lo scrittore Cesare Pavese, 1948, stampa gelatina sali d'argento, 18 x 24 cm, Copyright Archivio storico Fondazione 3M 3c

In hoc signo vinces

Questa frase non si sa se sia stata pronunciata, come, dove e quando anche se a tutti è nota la leggenda riferita da Eusebio da Cesarea, è rimasta appiccicata a Costantino da 1.700 anni e ha fatto assumere alla figura dell’imperatore caratteristiche particolari; santo per la Chiesa Ortodossa, quasi santo per quella Cattolica, fu in realtà una personalità controversa. Pio e devoto, costruttore di grandi chiese, amico di papi e vescovi, cooperò all’organizzazione della Chiesa indicendo il Concilio di Nicea, nel 325 d.C., che ne tracciò i tratti essenziali, nello stesso tempo fu un autocrate durissimo, spietato con i nemici esterni e gli avversari interni, fece giustiziare per accusa di adulterio il figlio di prime nozze Crispo e la seconda moglie Fausta, fu un vincitore poco cavalleresco di Massenzio la cui testa fu spedita in giro per l’impero, ne spostò la capitale da Roma a Costantinopoli, città da lui fondata, riempì l’esercito di ausiliari barbari, divise infine l’impero tra i suoi figli come fosse una proprietà privata e non uno stato. Flavio Valerio Costantino nacque forse nel 274 d.C. nella fortezza legionaria di Naissus, nell’odierna Serbia, figlio di Flavio Valerio Costanzo detto Cloro, il pallido, alto comandante imperiale e di Elena definita dalla fonti “stabularia” cioè proprietaria di una locanda con cambio cavalli oppure lavorante in essa; il nome Flavio era una autonobilitazione in quanto padre e figlio ci tenevano a farsi riconoscere quali discendenti della famiglia Flavia che aveva gestito l’impero nella seconda metà del I° secolo d.C. Il giovane militò nell’esercito pervenendo a gradi elevati e all’inizio del IV secolo raggiunse il padre che governava la Gallia e la Britannia con il titolo di Cesare.

Alcuni anni prima l’imperatore Diocleziano per dare una maggiore efficienza all’impero lo suddivise in quattro parti, due affidate ad imperatori di prima classe, gli Augusti Diocleziano e Massimiano, e due di seconda classe, i Cesari Costanzo e Galerio; il sistema prevedeva che in caso di morte o di abdicazione degli Augusti subentrassero i Cesari che a loro volta sceglievano i successori ma con il ritiro volontario di Diocleziano e quello forzato di Massimiano si scatenarono altri pretendenti: Flavio Severo, Massimino Daia, Massenzio e Costantino con una serie di guerre, tregue, alleanze, accordi matrimoniali. Costantino, alla morte del padre, fu acclamato imperatore dalle sue truppe, scese in Italia, proclamò a Milano il famoso sopravvalutato Editto del 313 con cui il Cristianesimo veniva riconosciuto come “religio licita”, sconfisse Massenzio a Ponte Milvio ed entrò vincitore a Roma; nel 324 rimase unico imperatore sino al 337 quando morì a Nicomedia.

Dal punto di vista di vista politico, militare ed amministrativo fu un grande imperatore, riunificò e riorganizzò l’impero, sconfisse i barbari, previde una riforma della monetazione basata sui solidus d’oro e sulla siliqua d’argento, fondò la sua nuova capitale in una città greca sulle rive dell’Elllesponto, chiamata Bisanzio, che assunse il nome di Costantinopoli, abbellendola con sontuose chiese ed imponenti edifici pubblici. Fu in ottimi rapporti con la Chiesa e da ciò forse nacque la leggenda della visione della Croce prima della battaglia di Ponte Milvio e della voce ultraterrena che avrebbe detto “ in hoc signo vinces”. Anche per influenza della sua devotissima madre Elena fece costruire a Roma le grandi Basiliche di San Pietro sulla tomba dell’Apostolo, di San Paolo anch’essa sul sepolcro del Santo e la Basilica del Laterano sede del Vescovo di Roma. La madre Elena invece fondò la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme utilizzando parte del Palazzo imperiale Sessorium vicino a Porta Maggiore; in tutti i casi furono costruzioni site in zone periferiche per non urtare la suscettibilità della popolazione pagana e dei senatori in gran parte tradizionalisti. Si dice che si facesse battezzare solo in punto di morte ma si fece seppellire a Costantinopoli nella Chiesa dei Santi Apostoli da lui fondata e contenente i cenotafi dei 12 Apostoli che circondavano il sepolcro dell’imperatore che amava essere considerato il “tredicesimo Apostolo”.

Quest’anno ricorre il diciassettesimo centenario dell’editto di Milano e della battaglia di Ponte Milvio e la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma ha accolto al Colosseo una mostra su Costantino che si è tenuta a Milano, al Palazzo Reale, con grande successo di visitatori e di critica. Si tratta di 160 reperti provenienti da diversi musei e che costituiscono un affascinante percorso storico-archeologico tra la fine del III° e la metà del IV° secolo d.C..

Accolgono il visitatore molti busti in marmo, maschili e femminili, riproducenti le fattezze di personaggi legati alle varie famiglie imperiali; tra loro spicca il calco di una gigantesca testa bronzea dell’imperatore ed una mano con un globo, attualmente ai Musei Capitolini, facenti parte di una colossale statua. Seguono sezioni che esaminano la religiosità nel Tardo Impero con lo sviluppo delle religioni orientali, vengono esposte immagini di Mitra, Serapide, Iside.

Molto interessante una vetrina contenente il corredo funebre con monili d’oro e pietre preziose di una donna sepolta nella Basilica di Papa Marco costruita sull’Appia nel 330 e rinvenuto in scavi della scorsa estate. Si passa poi ad esaminare il famoso Editto di Milano in realtà una lettera inviata da Costantino e Licinio, allora alleati, in cui si accorda la libertà di culto ai cristiani e a coloro che vogliono “seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e ai nostri sudditi dia pace e prosperità”.

Queste frasi sono considerate un grande segno di tolleranza e rispetto ma forse Costantino voleva solo attirarsi l’aiuto dei Cristiani sempre più influenti. Del resto a fine secolo l’imperatore Teodosio dichiarò la religione cristiana quale religione di stato vietando i culti pagani. Una sezione si interessa del “crismon” ossia il simbolo costituito dalle lettere greche XP iniziali della parola Cristos e che Costantino volle sui vessilli delle sue truppe, in più sono esposti numerosi anelli di vario materiale con il monogramma nel castone. Testimone delle guerre dell’epoca è un tesoretto ritrovato nei resti di una locanda contenente fra l’altro una cinquantina di monete, le più recenti datate al 313 d.C..

Una sezione illustra il palazzo imperiale del Sessorium abitato da Elena, unica della famiglia residente a Roma e dimora che Costantino non prediligeva, oltre alla sua tomba, tutt’ora esistente a Torpignattara, mentre il sarcofago in porfido si conserva ai Musei Vaticani insieme a quello, analogo, di Costanza figlia dell’imperatore. Sarcofago che proviene dalla sua tomba sita nel complesso si Sant’Agnese a via Nomentana comprendente anche i resti di una imponente basilica fatta costruire dalla famiglia imperiale.

Conclude la mostra un’animazione in computer grafica che permette di esaminare da vicino la decorazione dell’Arco di Costantino fatto erigere in suo onore dal Senato utilizzando per buona parte decorazioni marmoree prelevate da monumenti del II° secolo.

I cataloghi, editi da Electa, sono due, il primo illustra la mostra di Milano, il secondo i reperti esposti a Roma; ambedue contengono saggi di illustri studiosi. L’esposizione è stata sponsorizzata da Credito Valtellinese e Intesa San Paolo, da Fondazione Bracco e Poste Italiane.

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Costantino Roma Colosseo Costantino amenormal_Opera_n_225B_-_BelgradoCOSTANTINO 313 d.C.

Roma

Colosseo

Dal 11 aprile al 15 settembre 2013

 Orario:

da lunedì a domenica

ore 8.30 /19.15 fino al 31 agosto

8.30 / 19.00 fino al 15 settembre

 http://www.mostracostantino.it/index.html

http://www.mostracostantino.it/

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