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L’ultimo Faraone

La stirpe regale dei Faraoni è stata la più duratura nella storia dell’umanità, dal 3.000 a.C. con i mitici Menes e Nermer che unificarono l’Egitto fino a Cleopatra che morì nel 30 a.C. e con cui si chiuse un’era. Per XXXII Dinastie, pur appartenenti a diverse famiglie e talvolta diverse etnie, i Faraoni, nome che significa “Grande Casa”, regnarono con alterne vicende sull’Alto e Basso Egitto quali rappresentanti in terra del dio Horo, il Sole. Per tre millenni si alternarono periodi di gloria e di decadenza fino alla conquista di Alessandro Magno a cui successe il suo generale Tolomeo che dette origine all’ultima dinastia che regnò sull’Egitto per tre secoli raggiungendo vertici di potenza politica, di prosperità economica e di grande sviluppo culturale accentrato nella nuova città di Alessandria con la sua celebre Biblioteca e i suoi dotti frequentatori. Verso la metà del I secolo a.C. regnarono in Egitto due giovani fratelli, anche coniugi secondo usanze mutuate dall’epoca faraonica, Tolomeo e Cleopatra VII Thea Philopatore che ben presto entrarono in conflitto tra loro. Mentre i due si scontravano giunse Pompeo, vinto a Farsalo, fuggiasco ed inseguito da Cesare; cercava asilo ma fu fatto uccidere dai consiglieri di Tolomeo. L’evento turbò Cesare che non lo apprezzò e lo spinse ad appoggiare Cleopatra nella sua lotta contro il fratello. Gli storici dicono che Cleopatra sedusse il maturo condottiero balzando seminuda da un grande tappeto che era stato portato alla presenza di Cesare; questi perse la testa per la giovanissima regina, vinse Tolomeo e lo fece uccidere incoronando Cleopatra come unica sovrana. La portò anche con sé a Roma assieme con un figlio, Cesarione, nato dalla loro relazione. Dopo l’uccisione di Cesare Cleopatra tornò in Egitto dove ricevette la visita di Marco Antonio, triumviro ed associato con Ottaviano e Lepido nella guerra vittoriosa contro gli uccisori di Cesare. Antonio andò per domare Cleopatra ma fu da lei domato; secondo quanto si racconta gli apparve su un fastoso vascello, seminuda come Venere con un equipaggio di ancelle poco vestite da ninfe. Il prode generale dimenticò la moglie, sorella di Ottaviano, i figli, i suoi doveri verso lo stato; si stabilì in Egitto, sposò Cleopatra da cui ebbe tre figli, Tolomeo Filadelfo e i gemelli Cleopatra Selene e Alessandro Helios, e meditò di creare in Oriente un grande regno in competizione con Roma. Ma l’astuto Ottaviano aizzò l’odio dei Romani contro il traditore, asservito ad una donna dissoluta, schiavo delle mollezze orientali; scoppiò la guerra, Antonio fu vinto e si uccise con la spada ai piedi dell’amata Cleopatra, quest’ultima tentò di sedurre il vincitore ma il freddo Ottaviano non fu attratto dai vezzi, forse un po’ avvizziti, della regina. Temendo di dover seguire in catene il trionfo del vincitore Cleopatra preferì morire, secondo gli storici facendosi mordere al seno da un serpente velenoso portatole in un cesto di frutta; ma forse morì di veleno. Era il 12 agosto del 30 a.C.; Cleopatra uscì dalla storia per entrare nella leggenda, fu l’ultima di una serie di Faraoni che avevano regnato sull’Egitto per millenni. Etnicamente non era Egizia ma Macedone, seducente, coltissima, conoscitrice di varie lingue fu una celebre esponente di quel fenomeno culturale noto come “ ellenismo “ che fece di Alessandria il centro economico e  culturale del Mediterraneo. Alle tumultuose vicende dell’ultima regina d’Egitto è dedicata, presso il Chiostro del Bramante, una grande mostra promossa da Arthemisia Group e da DART con il patrocinio del Ministero degli Esteri. Provenienti da numerosi musei italiani ed esteri sono esposti circa centottanta reperti che ripercorrono sia la vita di Cleopatra che gli eventi dell’Egitto Tolemaico. Sono anche esaminati i rapporti tra Roma e l’Egitto, grande fornitore di grano, di beni di lusso e di cultura con particolare accento sul periodo trascorso a Roma da Cleopatra tra il 46 e il 44 a.C. che molto influì sul costume e la moda nell’Urbe. Sono esposti numerosi reperti, in bronzo, oro, marmi di varie qualità, terracotte, argenti, avori, gemme che mostrano quanta influenza egiziana si ebbe presso le classi superiori a Roma paragonabile a quanto avvenne in Francia a  fine ‘700 a seguito della campagna Napoleonica in Egitto.  Numerose opere d’arte di grande qualità si alternano nelle nove sezioni in cui è divisa la mostra; tra loro spiccano alcuni busti in marmo che gli studiosi ritengono rappresentino la regina: una Cleopatra giovane, l’inedita Cleopatra “Nhaman” e un bustino di neanche 10 cm. raffigurante la regina .Numerosi i gioielli in oro o paste vitree di tipo egittizzante secondo la moda dell’epoca. Una sezione esamina la religiosità con le divinità sincretiche derivanti dalla fusione del pantheon egizio con quello greco, in particolare il culto di Serapide ed Arpocrate e la grande diffusione di quello di Iside. L’ultima sezione mostra le immagini di vari imperatori Romani,  Augusto, Tiberio, Domiziano, che sotto le sembianze di Faraoni offrono doni alle divinità egizie, segno di una compiuta osmosi tra le due culture. Nelle sale scorrono le vicende del periodo tormentato della metà del I° secolo a.C. con i suoi protagonisti Cesare, Pompeo, Marco Antonio, Ottaviano, Cleopatra e i tanti comprimari che pian pano sparirono dalla scena lasciando un solo vincitore: Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto che forse ritenne di aver trionfato sull’Egitto ma che in realtà come tutti i suoi concittadini subì il fascino della terra del Nilo fino ad esserne conquistato. Presso le Scuderie del Quirinale è contemporaneamente in corso una mostra su Augusto che permette di ampliare e completare la visione dell’importantissimo periodo storico tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero. La mostra è completata da laboratori didattici differenziati per bambini dai 4 agli 11 anni.

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Mostre CleopatraCLEOPATRA

Roma e l’incantesimo d’Egitto

Dal 12 ottobre 2013 al 2 febbraio 2014

 Roma

Chiostro del Bramante

via della Pace

 Orario:

tutti giorni dalle 10.00 alle 20.00

sabato e domenica sino alle 21.00

 Informazioni:

tel. 06/916508451

Sito web

Catalogo:

Skira

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Mostre Cleopatra cleopatra_web_31

Il primo Imperatore Romano

Il 23 settembre del 63 a.C. nacque a Roma, in una località nota come Capita Bubula, dove ora è l’Arco di Costantino, Gaio Ottavio figlio di Ottavio e di Azia, figlia di Giulia sorella di Cesare, e di Azio Balbo. A pochi anni il giovane perdette il padre, la madre si risposò e fu adottato dal celebre prozio divenendo Gaio Giulio Cesare Ottaviano. Dopo l’uccisione di Cesare si unì a due generali, Marco Antonio ed Emilio Lepido, costituendo nel 43 a. C. il Secondo Triumvirato che si scontrò con gli uccisori di Cesare, capitanati da Bruto e Cassio, sconfiggendoli nella battaglia di Filippi nel 42 a.C. I triumviri vincitori cominciarono a guardarsi con diffidenza cercando ognuno di guadagnare maggior potere; accantonato Lepido rimasero a fronteggiarsi Antonio ed Ottaviano. Il primo si recò in Oriente per organizzare le provincie da poco sottomesse ed in Egitto rivide Cleopatra che aveva conosciuto a Roma qualche anno prima quando la regina era l’amante di Cesare a cui aveva dato un figlio, Cesarione. La regina riuscì ad attrarre il generale che, sedotto dalla bellezza, dalle qualità intellettuali di Cleopatra e dal fascino dell’Egitto, dimenticò i suoi doveri, ripudiò la moglie Ottavia, sorella di Ottaviano, ignorò i figli e meditò, su influsso della regina, di farsi re dell’Oriente in concorrenza a Roma. Lo scaltro Ottaviano eccitò il nazionalismo dei Romani contro il traditore Antonio schiavo dei vezzi di Cleopatra, da cui aveva avuto tre figli, e della magia dell’Egitto. Si giunse alla guerra e il 2 settembre del 31 a.C. ad Azio, in Grecia, la flotta orientale fu sconfitta e l’esercito si sbandò, Antonio fuggì in Egitto e si suicidò ai piedi di Cleopatra che a sua volta si uccise per non essere esibita in catene nel trionfo del vincitore. Ottaviano tornò trionfatore a Roma divenendo padrone assoluto dello Stato ma con finta modestia e rispetto delle istituzioni rinunciò a tutte le cariche straordinarie che aveva rimettendo i suoi poteri al Senato e al Popolo Romano. Fu “regolarmente” eletto a vari incarichi, nel 27 a.C. ebbe l’imperium proconsulare maius, cioè il comando di tutte le truppe stanziate nelle provincie, nel 23 a.C. la tribunicia potestas, uno stato di inviolabilità concesso da secoli ai tribuni plebis, alla morte di Lepido divenne anche pontifex maximus cioè capo della religione di stato romana, infine il Senato gli attribuì il titolo di Augusto. Dove non giunse lui pose i suoi fidi tra cui spiccò Agrippa suo generale ed amico; a lui fece sposare la sua unica figlia Giulia preparando la successione per i suoi nipoti Gaio e Lucio figli della coppia. Ma dopo le gioie vennero i dolori: morì Agrippa, morirono i nipoti, con sospetti secondo alcuni storici verso Livia seconda moglie di Augusto, Giulia vedova dovette sposare Tiberio, figlio con Druso di prime nozze di Livia con Claudio Nerone.

Il matrimonio fallì e la troppo vivace Giulia fu esiliata a Ventotene, morì anche il prode Druso e l’unico rimasto vicino ad Augusto fu il non amato Tiberio che però alla fine fu adottato e destinato alla successione. Ottaviano Augusto si impegnò in campo amministrativo, riorganizzò le provincie, l’esercito, il fisco, fondendo in un’unica compagine statale una serie disomogenea di territori occupati dai Romani in varie epoche e a vario titolo. Non fu un guerriero ma fece condurre alcune campagne per occupare zone che si frapponevano fra le varie provincie quali settori alpini, luoghi remoti dell’ Hispania e dell’Asia Minore e del nord della Grecia. Andò male invece in Germania il tentativo di espansione fino al fiume Elba; nel 9 d.C. una grande colonna composta di tre legioni con bagagli e civili al seguito sotto la inetta guida del proconsole Varo si inoltrò in terreni boscosi e acquitrinosi; attaccati, i Romani non poterono disporsi in ordine di battaglia e furono coinvolti in una serie di imboscate che portarono alla distruzione delle legioni, alla perdita delle insegne, al suicidio di Varo. Solo l’intervento di rinforzi guidati da Tiberio permise di stabilizzare il confine sul Reno che li rimase per secoli. Più fortunata la politica di Augusto in Oriente dove riuscì a far pace con i Parti e farsi restituire le insegne delle legioni guidate da Crasso e sconfitte decenni prima. Il 19 agosto del 14 d.C. Augusto morì a Nola in una casa paterna e nella stessa stanza in cui era morto, tanti anni prima, il padre. Fu sepolto a Roma nel grande mausoleo tuttora esistente. La sua, per l’epoca, lunghissima vita fu la base della fortuna dell’Impero Romano e forse della successiva affermazione del Cristianesimo.

Gli oltre quaranta anni di dominio assoluto, sia pure mantenendo formalmente in vita le magistrature repubblicane, consentirono il consolidamento di una nuova idea di stato centralizzato e moderno gettando le basi per un sistema che tra alti e bassi durò mezzo millennio e permise il successivo sviluppo della attuale società occidentale. Una precoce morte di Augusto avrebbe probabilmente scatenato nuove guerre civili con esiti imprevedibili. Fu inoltre un consumato manipolatore di quelli che allora erano i mezzi di informazione riuscendo ad apparire, per mezzo di letterati e artisti a lui legati, il miglior “padre della patria” possibile.

Nel 1937 il Regime Fascista celebrò con fastose cerimonie il bimillenario della nascita di Augusto e fu aperta una grandiosa mostra, spettacolare ma di grande spessore scientifico, con il contributo di musei e di istituzioni di tutto il mondo. Quest’anno in prossimità del bimillenario della morte del primo Imperatore le Scuderie del Quirinale hanno organizzato una mostra forse più ridotta ma di altrettanto valore scientifico. Sono presenti circa 200 opere provenienti da musei italiani e stranieri e, attraverso esse, si può ricostruire l’età d’oro del principatus di Augusto; di lui sono esposte numerose statue e, accanto ad alcune già note, quali l’Augusto di Prima Porta e quello in veste di Pontifex Maximus, appaiono una parte di statua equestre in bronzo recuperata nel Mar Egeo ed un busto in bronzo di fattura egizia. In occasione della mostra sono stati riuniti i Rilievi Grimani sparsi per più musei ed il gruppo dei Niobidi già proveniente dagli Horti Sallustiani. Fanno bella mostra gli oggetti preziosi come gli Argenti di Boscoreale e diversi raffinati cammei attualmente presso musei di Londra, Vienna e New York.

Chiude l’esposizione una ricostruzione con undici pannelli marmorei, ora divisi tra Spagna ed Ungheria, già appartenenti ad un monumento eretto in onore di Augusto in Campania e celebrante la battaglia di Azio che segnò il trionfo ed il culmine della sua lunga lotta per il potere. Per una singolare coincidenza a poche centinaia di metri dalle Scuderie del Quirinale si tiene, presso il Chiostro del Bramante, una mostra sulla grande nemica di Augusto, Cleopatra.

È un’ottima occasione per rivisitare un importante periodo storico considerandolo dai diversi punti di vista dei due avversari. E’ una mostra splendida, degna del primo imperatore, con un piccolo neo; le didascalie al piano terreno sono malamente leggibili in quanto illuminate da luce diretta, il visitatore per leggerle si interpone e con la sua ombra oscura la scritta.

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Mostre augusto_scuderie_thumbAUGUSTO

Dal 18 ottobre 2013 al 9 febbraio 2014

Roma

Scuderie del Quirinale

via XXIV Maggio 16

Orario:

da domenica a giovedì

dalle 10.00 alle 20.00

venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30

Catalogo:

Electa

Informazioni:

tel. 06/39967500

http://www.scuderiequirinale.it

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Quando si trasforma una città

Può una città cambiare drasticamente fisionomia per volontà di un’amministrazione? Sì, è successo a Milano nel periodo tra le due guerre mondiali.

E grazie ad un fotografo deciso a immortalare e ricordare la città che stava inesorabilmente cambiando la sua natura davanti ai suoi occhi, ci è rimasta la preziosa testimonianza di come era , e non sarà più.

“Milano tra le due guerre” è il titolo della mostra dedicata ad Arnaldo Chierichetti in corso a Milano.

In ideale continuità con gli omaggi alla poetessa dei Navigli, Alda Merini, il Comune ora giustamente ricorda con questa bella mostra, il fotografo dei Navigli.

Chierichetti ha fermato nel suoi scatti le vedute di una città profondamente diversa, dal punto di vista urbanistico, rispetto a quella che ci appare adesso, e che è il prodotto una decisione presa nel 1929 da un amministratore locale: nella indifferenza generale, si arrivò alla trasformazione – caso praticamente unico in Europa – di una città che aveva nella rete delle vie d’acqua e dei numerosi navigli la sua principale caratteristica, in una città dove l’asfalto ha ingoiato di tutto ciò che incontrava sul suo cammino.

Arnaldo Chierichetti non è interessato a fotografare i cambiamenti in atto, non gli interessano le nuove architetture; intuisce che si sta perdendo per sempre un patrimonio unico, e con struggente nostalgia ferma nei suoi scatti vedute, canali, interi quartieri distrutti dalla voracità di una città proiettata nel futuro, che nell’affanno del cambiamento ha divorato se stessa, perdendo per sempre la sua natura originaria.

Per questo le 140 stampe in esposizione (tutte ricavate dalle lastre originali) sono un prezioso documento , in cui anche chi è milanese fatica a riconoscere scorci e luoghi noti, tanto il mutamento è stato radicale.

La mostra si è realizzata anche grazie alla preziosa collaborazione della figlia di Chierichetti, la signora Elda, (la quale, per sua stessa ammissione, incarna l’altra anima milanese: la capacità cioè di guardare avanti senza rimpianti) che con questo gesto ha inteso sia fare un regalo alla città, sia celebrare i 100 anni della ditta fondata dal padre (che è stato presidente degli Ottici di Milano) e che esiste tuttora.

La mostra è tanto più di attualità in questo momento in cui a Milano si progetta di riaprire la darsena ed una parte delle vie d’acqua, progetto titanico nel contesto attuale in cui alla dinamicità di un tempo si contrappone un immobilismo cronico. Ma le sorprese, in vista dell’Expo, potrebbero non mancare.

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MILANO TRA LE DUE GUERRE

Alla scoperta dei navigli attraverso le fotografie di Arnaldo Chierichetti

Dal 13 dicembre 2013 al 13 febbraio 2014

Milano

Palazzo Morando

via S.Andrea, 6

Ingresso:

gratuito

Catalogo:

Silvana Editoriale, € 34,00

Informazioni:

Tel. 02/884 65735 / 64532

http://www.mostramilanotraledueguerre.com

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 06 Mostre Milano Tra le due guerre 03_Chierichetti 06 Mostre Milano Tra le due guerre 05_Chierichetti 06 Mostre Milano Tra le due guerre 15_Chierichetti

Un Gusto davvero particolare

La mostra che sono andato a vedere, è particolare perché particolare è il posto nella quale è stata allestita. Mi riferisco a quel gioiellino romano del Museo Praz. In questo luogo, nelle cui sale sono raccolte oltre mille opere, tra sculture, dipinti, arredi e oggettistica varia, vengono esposte una selezione di arredi e di dipinti raccolti da Alessandro Marabottini (1926 – 2012) nel corso della sua vita, spesso acquistati presso gli stessi antiquari che era solito frequentare con l’amico Praz (1896 – 1982).

Vedute e paesaggi, ritratti d’interni e di personaggi, miniature riportate anche nelle pagine del catalogo.

Questa mostra è stata possibile grazie alla disponibilità della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, affidataria della proprietà, della gestione e della valorizzazione da parte dello stesso Marabottini attraverso lascito testamentario. Il catalogo della De Luca editori Gusto Romantico rende bene quello che si andrà a vedere o quello che si è appena visto non solo attraverso l’impianto iconografico, ma anche attraverso gli scritti riportando quel ‘gusto’ e la visione estetica che accompagnarono Praz e Marabottini nel loro lavoro di storici dell’arte e della cultura.

L’intelligente titolo della mostra Gusto romantico dato dalla responsabile del Museo Praz nonché curatrice dell’esposizione, Patrizia Rosazza Ferraris, fa da contraltare a quel Gusto Neoclassico di praziana memoria.

La collezione del Marabottini, accumulata negli anni, fece parte del palazzetto di famiglia a Firenze. Una collezione che emanava un’aura e un clima di natura romantica. In realtà la collezione va da opere del Duecento fino al secolo scorso.

Le scelte della Rosazza Ferraris si attestano soprattutto in quelle opere databili nell’ambito del XIX secolo. L’intera collezione comprende, infatti, poco più di novecento dipinti che dall’appartamento romano all’Aventino, il Marabottini aveva trasferito nelle sale al piano nobile del palazzetto di famiglia in Firenze. È interessante leggere, nel catalogo la storia, ad opera di Caterina Zappia, di come questa collezione si sia andata formando.

Il Marabottini soleva spesso dire: “Compro la pittura non i nomi o le storie”. Nel catalogo c’è anche il dotto intervento di Tomaso Montanari, con riferimenti a Leon Battista Alberti, Lanfranco, Pietro da Cortona, Claude Lorrain.

In mostra vengono esposte alcune miniature in avorio, bisquit, alcuni paesaggi e interni di studio dell’artista come quello di Anonimo francese Interno di studio con modello e pittore al cavalletto, o anche Interno di un grande atelier con due pittori al cavalletto.

Una mostra che consiglio, anche per chi non conosce il Museo Praz, museo da vedere assolutamente.

Romantica visione.

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06 Mostre Gusto Romantico Anonimo Artista Francese GUSTO ROMANTICO

Opere del XIX secolo dalla Collezione di Alessandro Marabottini

Dal 23 novembre al 21 aprile 2014

Roma

Museo Mario Praz

via Zanardelli, 1

Curatore: Patrizia Rosazza – Ferraris

Orario:

dal martedì alla domenica

dalle 9.00 alle 14.00 e dalle 14.30 alle 19.30

lunedì chiuso

Ingresso:

libero

Informazioni:

tel. 06/6861089

Sito web

http://www.museopraz.beniculturali.it

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 06 Mostre Gusto Romantico Catalogo G.Romantico

Un caraveggesco veneto

Con questa convenzionale denominazione è chiamato un valente pittore dei primi due decenni del ‘600 che probabilmente avrebbe raggiunto i massimi vertici della sua arte se non fosse morto in ancor giovane età: Carlo Saraceni.

A lui è dedicata una mostra che si tiene a Palazzo Venezia e che ripercorre la sua vita attraverso l’esame delle sue opere, si tratta della prima monografica sinora dedicata all’artista ed esamina la sua evoluzione stilistica; viene anche descritto il mondo culturale ed artistico del primo ‘600 diviso tra le due tendenze del naturalismo caravaggesco e del classicismo carraccesco.

Il Saraceni nacque a Venezia intorno al 1579 e si sa che si trasferì a Roma nel 1598 lavorando con Camillo Mariani e poi con Adam Esheimer, un ottimo pittore tedesco specializzato in paesaggi, soprattutto notturni, mediatore tra gli stili di Caravaggio, Domenichino e Annibale Carracci.

A Roma il Saraceni si affermò subito ricevendo prestigiose committenze pubbliche e private, dipinse piccoli e raffinati rami e grandi pale d ‘altare. A Trastevere, nella Chiesa di Santa Maria della Scala, fornì la grande tela rappresentante il “Transito della Vergine” in sostituzione dell’analogo quadro del Caravaggio rifiutato dai committenti per il troppo crudo verismo. Tra il 1616 e il 1617 lavorò alla decorazione della Sala Regia del Quirinale, sue opere sono nelle chiese di Santa Maria dell’Anima e di San Lorenzo in Lucina; una grande tela con il “Martirio di Sant’Agapito” si trova da secoli nel Duomo di Palestrina. Tornato a Venezia gli fu commissionato un telero per la Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale ma nel 1620 morì improvvisamente e l’opera fu terminata dal suo socio e allievo Leclerc. Fu un artista sensibile alla lezione caravaggesca ma interpretata in maniera personale, il realismo è attenuato dal gusto per un maggior intimismo e da un tipo di colore e luce di chiara origine veneta, è un caravaggismo reso con  differente tonalità e addolcimento del verismo.

La mostra è stata ideata dalla precedente Soprintendente Rossella Vodret e curata da Maria Giulia Aurigemma con il coordinamento di Civita ed espone numerose opere del Saraceni, alcune inedite ed altre recentemente restaurate, fornendo una esauriente carrellata sulla vita e le opere del pittore veneziano partendo dagli esordi legati al naturalismo nordico fino a giungere al caravaggismo rivisitato.

Le opere esposte, suddivise in varie sale, sono oltre sessanta e provengono da chiese, musei e collezioni italiane ed estere, tra loro spiccano un piccolo quadro in rame (39 x 54) di soggetto erotico-mitologico rappresentante gli amori di Venere e Marte, proveniente da Madrid, una Giuditta, in collezione privata, esposta per la prima volta e rifacentesi ad analogo dipinto del Lotto ed un Diluvio Universale recentemente identificato come opera dell’artista e ritrovato in un convento di clausura dei dintorni di Sorrento, in origine in collezione Orsini. Una sala raccoglie dipinti di scolari e imitatori ed alcuni dipinti da attribuire dubitativamente al Saraceni o ad un altro misterioso ed ignoto artista noto come “pensionante del Saraceni”. Un accurato catalogo ed una guida breve contribuiscono ad una completa comprensione dell’arte del pittore veneziano.

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06 Mostre Roma SaraceniCARLO SARACENI

Un veneziano tra Roma e l’Europa

Dal 29 novembre 2013 al 2 marzo 2014

Roma

Museo Nazionale – Palazzo di Venezia

via del Plebiscito

Ingresso:

10.00 euro

Orario:

dalle 9.00 alle 19.00

chiuso il lunedì

Informazioni:

06/699941 – 32810

Sito web: http://museopalazzovenezia.beniculturali.it/

Catalogo

De Luca

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