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Fogli su Fogli

200 sono gli alberi che Michiel Blumenthal e Graziella Reggio hanno disegnato, schizzato e acquerellato su carta, creando una novella foresta che invita a riflettere su questi nostri “antenati”, immagine sensibile della forza della vita generata dalla terra.
La loro installazione è un invito a tornare a radicarci nei valori naturali ed a rispettarli.
L’olandese Blumenthal e l’italiana Reggio non sono nuovi ad installazioni comuni, già in passato con “Trans/umanze 2013”, una installazione di 100 uomini e 100 asini in camino, hanno invitato a riflettere tra coscienza e corporeità.
Scrive Luigi M. Bruno nella sua presentazione a 200 Alberi: «L’albero visto, capito, amato come la quintessenza della radicata e felice “terrestrità”, radici, tronco, foglie, rami, frutti, l’emblema stesso del pianeta che nella terra e alla terra si artiglia nella necessità, gioia e pena, dell’esistere».
I grafici alberi della Reggio ed i colorati alberi di Blumenthal hanno preso vita nell’atelier di Susanna Vincis e Sabrina Baldoni, Kado creazioni floreali.
Si tratta in realtà di un negozio di fiori nel cuore di Monteverde Vecchio, ma preferisco usare il termine atelier perché si tratta di un vero laboratorio d’arte dove la materia prima, costituita da fiori, piante, radici, pigne secche, tuberi e quant’altro, prende vita in composizioni di rara raffinatezza con accostamenti di materiali inediti ed una scelta cromatica assolutamente originale.
Si può sicuramente affermare che in questa installazione foglie e fogli costituiscono un tutt’uno magico, con la complicità di profumi densi di sottobosco.

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200 ALBERI
di Michiel Blumenthal e Graziella Reggio
Dal 20 dicembre 2014 al 15 febbraio 2015

Kado creazioni floreali
via Alessandro Poerio 22 a/b (Roma)

Tel. 06/5815392

La mostra è a cura di Gianleonardo Latini
con testo di Luigi M. Bruno

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L’arte di un impegno sociale

La mostra offre per la prima volta in Europa un ampio panorama delle opere di , conosciuta come uno degli autori che fin dai primi anni Settanta, nella West Coast, hanno compiuto un lavoro cruciale mescolando l’arte emergente con l’impegno sociale.
La sua attività spazia dalle esplorazioni del corpo alle riflessioni intime, fino alla strutturazione di grandi manifestazioni pubbliche che coinvolgono decine di artisti e migliaia di spettatori.

Un percorso espositivo in gran parte focalizzato sui temi cruciali della condizione femminile: lo sfruttamento sessuale e la violenza, l’invecchiamento e la considerazione che i media hanno della donna anziana, le questioni sociali che vanno dal razzismo alle condizioni di lavoro e di classe.

Temi che, se negli anni Settanta e Ottanta erano provocatori e avanguardisti, oggi sono ancora all’ordine del giorno. L’arte diviene così uno strumento utile, da una parte per scavare più profondamente i significati e le aspirazioni personali di tutte le centinaia di anonime performer che altrimenti non avrebbero accesso ai sistemi di comunicazione, dall’altra per mettere in evidenza, attraverso l’amplificazione dei media, le tematiche dei movimenti di liberazione femminile.

L’arte come strumento di lotta e di promozione di idee libertarie e progressiste, è il messaggio dell’artista californiana, amplificandone il suo potere politico e civile.

La mostra raccoglie i riadattamenti di alcuni tra i lavori più importanti di Suzanne Lacy. Tra questi Prostitution Notes, (1974) , un’indagine sulle prostitute e sul loro sfruttamento in alcune aree di Los Angeles, basata su interviste nei bar e nei locali da loro frequentati.

In Mourning and In Rage (1977) è un’opera creata quando a Los Angeles ci fu il brutale strangolamento di dieci donne per opera di un serial killer. Suzanne Lacy, insieme ad altre attiviste, si presentò davanti al municipio della città con dieci figure femminili, coperte dalla testa ai piedi con tuniche nere, ciascuna a denunciare tutti i tipi di violenza sulle donne, oltre all’omicidio, spostando l’attenzione dei mass media dalle storie specifiche delle vittime, alla cultura generale della violenza.

Non mancano poi lavori più recenti, come Full Circle (1994) , una serie di monumenti in pietra dedicati a donne importanti di Chicago e Storying Rape (2012) , una discussione svoltasi nella City Hall della città di Los Angeles tra importanti personalità dei media, dell’associazionismo e della politica, incentrata sulla necessità di individuare forme più efficaci di comunicazione per descrivere la violenza sessuale e porre la società di fronte al problema con uno sguardo più urgente.

La mostra è arricchita da una sezione di archivio, video e cartaceo, che racconta la multiforme personalità dell’artista, attraverso i molti lavori, compresi quelli iniziali legati alle tematiche del corpo e della carne.

L’iniziativa espositiva milanese è un’anticipazione della riapertura della rinnovata sede di Prato, prevista per la primavera 2015, il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci.

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SUZANNE LACY
Gender Agendas
Dal 14 novembre 2014 al 6 gennaio 2015

Milano
Ripa di Porta Ticinese, 113
Museo Pecci Milano

 

Ingresso:
gratuito

Orari:
da martedì a domenica
dalle 12.00 alle 19.00
lunedì chiuso

Informazioni:
tel. 02/36695249 – 40

Sito web

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L’arte della narrazione

Light Time Tales è la prima grande mostra personale di Joan Jonas (New York, 1936) ospitata presso un’istituzione italiana, che riunisce, tra opere storiche e più recenti, dieci installazioni e dieci video monocanale, tra cui un nuovo video concepito appositamente per Pirelli HangarBicocca.
Tra le opere in mostra Reanimation http://www.youtube.com/watch?v=U6PiKPJM-pE, simbolo dell’evoluzione delle sperimentazioni di Joan Jonas, è punto di partenza dell’omonima performance in collaborazione con il musicista e compositore jazz Jason Moran.
Joan Jonas è una delle più rispettate e riconosciute artiste viventi. Considerata la massima autorità in campo di storia e teoria della performance, si è affermata negli anni 60 e 70 grazie alla sua pionieristica pratica performativa e video.
Il suo lavoro ha reinterpretato in modo assolutamente originale la relazione tra l’arte e le forme della narrazione, includendo nelle sue opere, accanto all’immagine video, alla scultura e alla performance, la presenza della parola come motore di immaginario.

Joan Jonas rappresenterà gli Stati Uniti alla 56° edizione della Biennale di Venezia, in apertura a maggio 2015, con una mostra presentata dal MIT List of Visual Arts Center. Attualmente è Professor Emerita presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) Program in Art, Culture and Technology di Boston, ed è autrice di testi di riferimento sul tema delle performing arts. Ha partecipato alle più importanti mostre collettive degli ultimi trent’anni, fra cui la Biennale di Venezia nel 2009 e varie edizioni di documenta di Kassel (1972, 1977, 1982, 1987, 2002, 2012).

 

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JOAN JONAS
Light Time Tales
Dal 2 ottobre 2014 al 1 febbraio 2015

Milano
Fondazione HangarBicocca
via Chiese, 2

Informazioni:
tel. 02/66111573
Sito web

Ingresso:
libero

Orari:
giovedì – venerdì – sabato – domenica
dalle 11.00 alle 23.00
lunedì – martedì – mercoledì chiuso

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Approfondimenti

Guida alla mostra Light Time Tales

Video

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Fra i vincitori e vinti cè sempre chi fa la fame

L’esposizione, attraverso lo sviluppo di contributi complementari fra loro, si allontana dalla semplice riflessione sulla storia e offre uno sguardo più complesso sull’attualità del conflitto, ancora oggi al centro del dibattito contemporaneo. La Prima guerra mondiale, di cui ricorre il Centenario, tra gli eventi più drammatici e significativi della storia, rappresenta dunque il punto di partenza di un’indagine più ampia che attraversa il XX secolo e arriva ai conflitti dei nostri giorni. Il Mart si misura con il più difficile, travagliato e scabroso dei temi, facendosi carico non solo del racconto della storia, ma anche dell’esposizione articolata di alcune delle verità che lo contraddistinguono. Questo progetto ha richiesto e richiede non solo oggettività e distanza ma partecipazione e chiarezza. Non basta non volere la guerra e desiderare la pace. Muovendo dalla celebre poesia di Bertolt Brecht, “La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente”, il Museo costruisce una narrazione dalla quale scaturisce un intenso viaggio che affonda le sue radici nelle guerre di un secolo, ritrovandosi nella più tragica storia recente. La mostra sviluppa il tema adottando molteplici punti di vista e toccandone anche gli aspetti più sensibili, delicati e talvolta controversi. Il percorso espositivo lascia emergere l’evento come risultato di una composizione in cui l’arte si confronta con la storia, la politica e l’antropologia. Ricorrendo a una sorta di complesso montaggio tematico e temporale, l’esposizione evita di seguire un preciso filo cronologico, dimostrando – tramite inediti accostamenti e cortocircuiti semantici – come tutte le guerre siano uguali e, allo stesso tempo, come ogni guerra sia diversa. L’intento non è quello di inventariare i conflitti di ieri e di oggi, né quello di misconoscere le irriducibili differenze storiche, ma la volontà di mantenere aperta la ricerca e la riflessione in un luogo in cui ricordare non significhi ridurre un evento a qualcosa di pietrificato, archiviato e definitivamente sigillato in se stesso ma, all’opposto, riveli interpretazioni e riletture capaci di esprimerne tutta la complessità.

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LA GUERRA CHE VERRÀ NON È LA PRIMA 1914 – 2014
Dal 4 ottobre 2014 al 20 settembre 2015

Mostre 06 Rovereto Mart La guerra che verrà 9.Fortunato Depero, Guerra-festa, 1925Rovereto (Trento)
Mart

Info e prenotazioni:
tel. 0464/438887
Numero verde: 800 397760

http://www.mart.trento.it/guerra

http://www.mart.trento.it

Orari:
martedì – domenica 10:00 – 18:00
venerdì 10:00 – 21:00
lunedì chiuso

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Mostre 06 Rovereto Mart La guerra che verrà 14.Gino Severini, Cannoni in azione, 1915

 

L’arte della Terra

A 125 anni dalla morte è in corso a Milano presso Palazzo Reale, una particolare mostra dedicata a Van Gogh connessa al tema della prossima esposizione universale, a cui la mostra fa quasi da presentazione artistica.
L’esposizione, che all’inaugurazione ha visto la presenza di due membri della famiglia Van Vogh, ha come curatrice Kathleen Adler, uno dei più noti esperti di Van Gogh al mondo, e conta circa una cinquantina di opere. Di queste una quarantina proviene dal Kröller-Müller Museum, che ospita la seconda collezione al mondo di opere di Van Gogh, e che per diposizione della fondatrice Ellen Kröller-Müller (e per fortuna nostra) si propone di far girare nel mondo le opere del grande artista olandese che perciò vengono volentieri prestate ad altri musei.
Il tema della mostra, Van Gogh L’Uomo e la Terra, è strettamente legato alle tematiche di Expo 2015, la terra , i suoi frutti, la vita rurale e le sue fatiche, temi cari a Van Gogh, perlomeno al Van Gogh del primo periodo, le cui opere sono in prevalenza esposte nella mostra milanese.
Esaminare e disegnare tutto ciò che appartiene alla vita contadina: questo è il proponimento di Van Gogh all’inizio della sua attività artistica, e nella mostra di Milano ritroviamo i suoi primi disegni, troviamo i segni della matita incisivi come le rughe profonde dei volti di contadini, di zappatori, di mietitori, di pastori col gregge. La terra, il lavoro, la fatica emergono nelle opere delle prime due sezioni in cui è articolata la mostra che prosegue con la sezione dedicata ai ritratti (troviamo qua il ritratto di Joseph-Michel Ginoux, e dell’affezionato postino Roulin) e quella dedicata alle nature morte, sempre coi prodotti della terra come soggetti principali (Natura morta con patate, Natura morta con cipolle).
Una sezione è riservata all’esposizione delle lettere, queste ultime provenienti dal Van Gogh Museum di Amsterdam.
Il carteggio tra Vincent e il fratello Theo fu fittissimo, e Theo raccolse con cura tutte le lettere che il fratello gli scriveva, e non è senza emozione che ci si avvicina nel tentativo di decifrare la scrittura nervosa e fitta con cui Vincent scriveva all’amato fratello
L’ultima sezione è infine dedicata all’esplosione del colore, che caratterizza l’ultima parte della vita artistica dell’artista: il Paesaggio con covoni e luna che sorge, La vigna verde, il Sottobosco, l’Uliveto con due raccoglitori di olive (di nuovo il lavoro dei campi…).
Una particolare nota merita l’allestimento,che si discosta dai consueti allestimenti per mostre a sfondo neutro, e che inaugura il nuovo indirizzo di palazzo Reale che vuole allestimento e mostra profondamente compenetrati. Affidato all’archistar giapponese Kengo Kuma, utilizza materiali naturali come stuoia e iuta che avvolgono il visitatore come in una stretta relazione con la terra, tema della mostra.
Anche l’illuminazione proveniente dal basso ad illuminare sale piuttosto buie contribuisce a stabilire questo rapporto.
Il risultato però, nonostante le ottime intenzioni, non convince del tutto; le forti ombre che sfiorano i dipinti a volte infastidiscono il visitatore nella fruizione dell’opera d’arte.
Per concludere la mostra ha il merito di porre l’accento sull’evoluzione della parabola artistica di Van Gogh, partendo dal suo forte interesse per la vita rurale, più che sulle opere più note dell’ultima fase della sua vita. Un Van Gogh forse meno noto al grande pubblico, ma indispensabile per conoscere a fondo la sua evoluzione personale ed artistica.

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VAN GOGH
L’Uomo e la Terra
Dal 18 ottobre 2014 all’8 marzo 2015

Milano
Palazzo Reale
In collaborazione con il Kröller-Müller Museum

Informazioni:
tel. 02/54913
http://www.vangoghmilano.it/

Orari
lunedì 14.30 – 19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30
giovedì e sabato 9.30 – 22.30

Ingresso:
intero € 12
ridotto € 10
audioguida compresa nel prezzo del biglietto

Catalogo:
VAN GOGH. L’UOMO E LA TERRA
a cura di Katleen Adler
152 pagine
€ 39,00
24 ORE Cultura

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