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Edvard Munch oltre l’iconico Urlo, IL FUOCO INTERIORE

“Non credo ad un’arte che non sia dettata dal bisogno dell’uomo di aprire il suo cuore”

“Io che conoscevo ciò che esisteva sotto la superficie lucente, non potevo unirmi a chi viveva tra le illusioni – sulla superficie lucente che rifletteva i puri colori dell’atmosfera”

“Attraverso la mia arte ho cercato di spiegare a me stesso la vita e il suo significato, ma anche aiutare gli altri a comprendere la propria” Edvard Munch (E.M.)

Dopo Milano, è finalmente a Roma la mostra dedicata a Edvard Munch (Norvegia, 1863 -1944).
Palazzo Bonaparte ospita un’ampia retrospettiva che indaga sull’universo dell’artista norvegese attraverso 100 opere prestate eccezionalmente dal Munch Museum di Oslo, tra cui una delle versioni litografiche custodite a Oslo de L’Urlo (1895).
L’esposizione presenta Munch non solo come eclettico artista (pittore, incisore e fotografo), ma anche come uomo che si racconta (attraverso lettere, note di viaggio, diari, fino ai pensieri sparsi sul suo lavoro) comunicando riflessioni, emozioni e la sua visione del mondo.
La perdita prematura della madre a soli cinque anni e della sorella, i ricoveri di un’altra sorella in una clinica psichiatrica, lo stato mentale del padre “ipereccitabile pietista religioso fino alla pazzia” (E.M.), lo conducono precocemente ad acquisire una particolare sensibilità verso ciò che lo circonda che marcherà il suo vissuto e la sua potenza espressiva.
Attraverso il suo microcosmo filtra e interpreta la sua epoca.
A partire dalla fine dell’Ottocento, infatti, la cultura europea attraversa profondi sconvolgimenti; si avverte quell’agitazione sociale in cui le norme culturali, i paradigmi scientifici e le ideologie politiche vengono messe in discussione e sono in costante mutamento.
Precoce nel cogliere alcuni aspetti della vita e di sé stesso, Munch, si esprime facendo percepire, oltre che vedere, emozioni esistenziali come la sofferenza, l’angoscia, ma anche l’amore e la rinascita. Per questo forse, la sua pittura trova affinità elettiva, nell’immaginario teatrale nordico di Ibsen e Strindberg.
Artista prolifico, Edvard Munch si esprime liberamente sperimentando fino a individuare un linguaggio proprio.
Le scene appaiono in spazi costituiti da blocchi di colore uniformi dove l’artista spesso deforma le linee prospettiche per rappresentare l’impressione, la sensazione che gli spazi trasmettono allo stato d’animo; i personaggi presentano a volte fissità negli sguardi o incompletezza nei volti per esprimere nella scena l’angoscia o il dramma. Il processo creativo sintetizza ciò che l’artista ha osservato e quello che ricorda emozionalmente. Inoltre, “luce e colori non sono accessori secondari ma esuberanti co-protagonisti di quella percezione di sé e della propria essenza interiore da rovesciare sul palcoscenico del mondo.” (E.M.)
Nella sua tavolozza, il blu è usato principalmente per le atmosfere mistiche e introspettive; il nero per i suoi significati simbolici universali che evocano la morte e la rinascita; “il giallo è la guancia dell’ inganno, infedele e astuto per natura, l’appiccicoso colore giallo” (E.M.); il bianco è usato per rappresentare la purezza e l’innocenza ma anche l’assenza di vita (come le maschere dei suoi spettri); rosso per la passione o il desiderio che diventano tentazione, seduzione e peccato; “marrone è la fermezza – che fugge la sua pace mentale – paziente e forte” (E.M.);
Incurante dello scandalo suscitato dalle sue opere per temi e tecniche utilizzate, seguendo suo fuoco interiore, crea La bambina malata (1885-86), Sul letto di morte. La febbre (1893), Malinconia (1900), Madonna (1895-1902), Vampiro (1895), Autoritratto all’inferno (1903), La morte di Marat (1907) che ora possiamo ammirare nell’esposizione romana.
Per tutta la sua carriera artistica, critici conservatori hanno denigrato le sue opere definendole incomplete o mancanti di finitura; ciò nonostante, è diventato protagonista indiscusso nella storia dell’arte moderna.
Oggi Munch è considerato un precursore dell’Espressionismo e uno dei più grandi esponenti simbolisti dell’Ottocento.


Munch
Il grido interiore

Dall’11 febbraio al 2 giugno 2025

Palazzo Bonaparte
piazza Venezia, 5
Roma

A cura di Patricia G. Berman con la collaborazione scientifica di Costantino D’Orazio e del museo di Oslo

Produzione Arthemisia