Qui a Roma, per trovare una segnaletica razionale bisogna andare all’Ikea. Almeno questa è l’opinione di chi guida. Ormai se non mi perdo più o non imbocco l’uscita sbagliata della tangenziale, del raccordo anulare, della galleria Giovanni XXIII o del sottopasso di piazza Fiume, è solo perché alla fine ti fai le ossa con le stesse strade. Non importa che i cartelli stradali siano messi nei punti sbagliati o non ci siano dove servono, né è considerato criminale mettere in galleria cartelli leggibili solo a due metri dal bivio, sempre che tu riesca a scalare le marce: alla fine conta solo l’esperienza. Ma torniamo all’Ikea. Prima ne ho lodato la segnaletica, ma parlavo di quella interna, realmente da manuale. All’esterno è diverso: i parcheggi del centro commerciale di Porta di Roma sono degni di Doom, quel videogioco pieno di passaggi.
Uscire dai parcheggi per tornare verso il centro significa poi quasi sempre ritrovarsi a Settebagni. E soprattutto, bisogna ricordarsi di dove abbiamo parcheggiato la macchina. Per farla breve, ho comprato da Ikea della merce voluminosa (scatole di cartone per imballaggio, codice Jaettene (jatevenne? Sui codici Ikea c’è da scriverci un libro, anzi l’hanno già fatto: si chiama La casa di cartone, di Alberto Moliterni) e mi sono ritrovato a duecento metri dalla macchina, da solo, senza possibilità di portare il carrello fuori della zona di scarico merce. Che fare? Come nella Roma antica, subito appare il “cliens” nella figura di un giovane immigrato.
Mi chiede dove ho la macchina. K12 rosso. La sua mente ormai ha la mappatura completa della zona e va sicuro della sua strada. Mi aiuta anche a caricare e ovviamente si merita una mancia. Come ti chiami? “Esperanza”. Bene, la prossima volta ti cerco io.