La mala romana è diversa dalle altre? Beh, intanto non opera una sola organizzazione criminale, come a Palermo o a Reggio Calabria: la capitale è immensa, la periferia è un’ampia zona grigia dove si può essere delinquenti e lavoratori allo stesso tempo e si direbbe che c’è posto per tutti, sia italiani e stranieri. In più, manca una vera gerarchia e la banda della Magliana sembra più un mito che una reale piramide: il malavitoso romano tende a formare bande temporanee, è un anarchico e – tenendo il conto di quanti di loro muoiono poveri dopo colpi milionari – nemmeno è un’aquila. Ma Roma è anche la capitale dei fattacci più neri e questo libro, scritto da un commissario e da un giornalista, oggi entrambi in pensione, ripercorre il peggio della Roma degli anni ’80 e ’90 e oltre. Altri tempi: poca elettronica, centraline telefoniche analogiche e intercettazioni macchinose. Le videocamere erano meno invasive di oggi e il DNA era roba per l’Università. Reperibilità – senza cellulari – significava turni di 24 ore davanti a un fisso e addio moglie. Attualmente la tecnologia è diventata quasi un feticcio e ha permesso in effetti di risolvere casi difficili o “freddi”, anche se la CIA rimpiange i cocktail party d’ambasciata; ma ancora pochi anni fa si lavorava ancora con i sistemi della vecchia scuola: pedinamenti, informatori, torchiate e minacce, ricognizioni suola e tacco e in più quella strana familiarità che c’è sempre stata tra guardie e ladri. La realtà di una questura non è come nei film e chi è stato anche una sola volta a San Vitale se ne accorge subito: si passano ore a buttar giù verbali, interrogare i sospetti, confrontare foto segnaletiche, altro che inseguimenti per strada con la pistola in pugno, che qui comunque non mancano. Un’auto civetta della Mobile viene persino fermata dai Carabinieri per quanto “barabba” sono i poliziotti a bordo. Come al solito, tra Madama e la Benemerita non c’era mai stata una vera collaborazione. Ma andiamo oltre. Montalbano si occupa di un omicidio per volta, ma Roma non è Vigata e la squadra omicidi segue invece anche quindici casi tutti insieme, né è vero che il crimine paga sempre: c’è chi se l’è squagliata col malloppo o non è mai stato identificato, come a via Poma. In più c’è una scia di morti ammazzati forse riconducibili a singoli episodi criminali, ma resta sempre una zona grigia. Infine, in questo libro la magistratura non ci fa bella figura e le polemiche non sono neanche tanto velate. Come dice la mafia cinese, “Testa di dlago e coda di selpente”.
Ma chi sono gli autori e protagonisti di questo spaccato sulla Roma criminale? Il poliziotto è Antonio Del Greco, ex dirigente della Omicidi e di altre sezioni della squadra mobile romana, 88 casi risolti e una sfilza di attestati per il suo intuito e impegno, mentre Massimo Lugli è un giornalista di ‘nera’ e scrittore. Ancora in tempi recenti i cronisti del Messaggero erano di casa in Questura, persino sulla scena del crimine era facile vedersi intorno i curiosi e tra poliziotti e stampa c’era un tacito accordo: le confidenze integravano i “mattinali” e ognuno sapeva fin dove poteva arrivare e quello che si poteva scrivere, pena lo scarico.
Ma torniamo ai fatti, anzi ai fattacci. Anche se gronda sangue e violenza, il libro è persino divertente, tra il noir e la farsa. Grotteschi i “cassettari” catturati mezzi nudi e puzzolenti mentre scappano per fogne e tombini dopo aver tentato il colpo al caveau; pasoliniano il “gattaro” che fa a pezzi il falegname; comiche le scuse dei delinquenti arrestati in flagrante, soprattutto quelli che entrano ed escono da Regina Coeli; pittoreschi da sempre i vari soprannomi dei balordi romani, puntualmente ricamati dal Messaggero. Più subdoli i truffatori, dalle mezze tacche di strada ai Madoff dei Parioli, ma è quasi noiosa la frequenza del loro giro: pezzi di vetro rifilati alle vecchiette, macchine di lusso e appartamenti in asta giudiziaria per la fascia alta. Neanche un rigo sugli zingari, ma parecchio da dire sulla mafia cinese, che aveva da poco iniziato a pelare i propri connazionali ed era quasi impenetrabile: la rete di confidenti della Questura non conosceva certo i dialetti cinesi né le modalità delle Triadi. Né erano ancora dilagati i centri di massaggi, oggi periodicamente chiusi dalla polizia per ovvi motivi.
Alcuni casi ce li ricordiamo benissimo: il Canaro, via Poma, Jonny lo Zingaro, la Banda della Magliana, qui tutti seguiti “sul campo”. E qui saltano fuori documenti inediti, foto scattate dal fotografo Mario Proto sulla scena del delitto, commenti a caldo e la soddisfazione di aver risolto la matassa. Altri casi sono meno eclatanti: l’eredità contesa, i giri di escort all’Hilton, i soldi falsi e altri “bidoni”. A Roma si sparava tanto, ora meno, visto che è più redditizio clonare carte di credito che rapinare un benzinaio o il farmacista, roba da tossici Il commissario e il giornalista sono accomunati dal fiuto e anche dalla competenza di chi vive per strada. E anche da qualche botta diciamo di fortuna.
A margine, si trova anche un utilissimo glossario “poliziese-italiano”, con la spiegazione delle espressioni gergali e giudiziarie, o anche degli “orrori grammaticali”, utilizzati per restituire una narrazione dei fatti quanto più fedele possibile alla realtà.
****************************
Città a mano armata
Massimo Lugli, Antonio Del Greco
Editore: Newton Compton, p. 319, 2017
EAN: 9788822700131
Prezzo: euro 9,90 e-book 4,99
****************************