In Italia c’è un’altra crescita: quella della povertà, come evidenzia l’ultimo rapporto della Caritas e con il pamphlet dell’Istat si ha la conferma.
È una crescita endemica che coinvolge tutto il Pianeta come anche nel ben formulato rapporto Gender Development Index, stilato dall’Onu sulla graduatoria dell’Indice di Sviluppo umano, dove la Norvegia primeggia e l’Italia conferma la posizione Italia al 26esima, ma per le donne è 61esima, evidenziando il divario delle opportunità (gender gap) tra i due sessi.
Il titolo del rapporto, False partenze, della Caritas è emblematico sui temi della povertà e dell’esclusione sociale, frutto non di un asettico studio teorico, ma una finestra sul fenomeno della povertà in Italia secondo l’esperienza di ascolto e osservazione svolta dalle 220 Caritas diocesane presenti sul territorio nazionale.
Dal 2007 al 2012 il numero dei poveri in Italia è raddoppiato, passando dai 2,4 milioni ai 4,8, pari all’8% della popolazione, contaminando ambiti sociali ritenuti sino ad ora immuni.
Un Rapporto che valuta la situazione dei servizi ecclesiali come le mense, centri di ascolto, consultori e strutture residenziali/dormitori, frequentati non solo da disoccupati o pensionati, ma anche da genitori separati/divorziati e famiglie in “ristrettezze” economiche.
L’Istat rincara la dose con la sua rilevazione del 12,6% delle famiglie in condizione di povertà relativa (per un totale di 3 milioni 230 mila) e il 7,9% lo è in termini assoluti (2 milioni 28 mila). Le persone in povertà relativa sono il 16,6% della popolazione (10 milioni 48 mila persone), quelle in povertà assoluta il 9,9% (6 milioni 20 mila).
Se le famiglie e gli anziani, ancor più se residenti nel sud dell’Italia, sono una fascia sociale a rischio di povertà, i single non anziani nel Nord hanno meno occasioni di preoccupazione.
I dati non cambiano sul rapporto dell’Undp (Nazioni unite per lo sviluppo), Human Development Report, anzi si dilatano e vengono letti su scala mondiale con 2,2 miliardi di persone povere o al limite dell’indigenza, mentre sono un 1,2 miliardi gli abitanti di questa Terra che vivono con 1,25 dollari al giorno o meno.
La situazione per la popolazione si aggrava se vive in aree di conflitto non solo come la Libia e la Siria, ma anche in Nigeria e in altri paesi potenzialmente prosperi, ma con ricchezza concentrata in poche mani.
Su tanti dati sconfortanti ci potrebbe far sorridere l’affermazione di Matteo Renzi riportata da Alan Friedman nell’intervista al Corriere: «Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5%, non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone», se non fosse per il particolare che un punto di crescita vuol dire molto per l’economia italiana e per gli italiani.
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