A Parigi le donne appaiono sempre impegnate a raggiungere un luogo. Sono spedite nel loro incedere sicure sia che calzino scarpe con tacchi da 10 cm. che con le ballerine. Anche nei bistrot parlano e gesticolano frettolose. Affascinanti con la loro R o con gli idiomi italiani o anglosassoni, sono sempre indaffarate quando sono per le strade, ma più flemmatiche dietro una cassa o uno sportello.
L’andare di fretta non si attenua nei fine settimana. Le donne, e non solo loro, corrono da sole o in compagnia, lungo i canali, per i boulevard o intorno al loro palazzo.
I divieti di fumare nei luoghi pubblici non hanno scoraggiato gli abitanti di Parigi a tenere perennemente una sigaretta tra le dita, ma ligi, borbottando, nel rispettare le limitazioni.
Parigi è un bengodi per l’industria del tabacco. Non è necessario aspirare, basta tenere la sigarette tra le dita, per lasciarle formare copiose nuvole di fumo. È probabile che l’inquinamento che viene registrato sia dovuto al tabagismo più che al traffico, comunque immancabile per una metropoli, visto che sono presenti quasi un terzo delle auto di Roma per ogni 1000 abitanti.
Si fuma mentre si pedala, forse perché trovano più comodo utilizzare la bicicletta al posto delle auto o magari il trasporto pubblico, dove la mitica Metro è un fiore all’occhiello per una città europea come Parigi per la sua frequenza nelle corse.
È una città, Parigi, che ha potenziato anche il trasporto sharing sia con le auto – Autolib’ -, che delle biciclette – Velib -, non limitandosi a riservare aree di scambio nelle zone centrali, ma in una sorta di parcheggio diffuso, con le colonnine per la ricarica elettrica delle auto ibride, in ognuno dei 20 arrondissement (municipi).
Un’umanità multiculturale che popola le vie della città, senza rinunciare ai propri abbigliamenti sgargianti o immacolatamente bianchi, dimessi o di completi scuri, che si accompagnano con sporte e bastoni o con valigette.
È facile trovare a Parigi dei negozi di abbigliamento tradizionale come quello indiano che offre dei sari per cerimonie e per il corredo di nozze o parrucchieri per fantasiose acconciature.
Ma un’altra umanità abita le strade di Parigi nelle ore notturne e che in gran parte scompare con le prime luci del giorno. Sono i clochard, i senza fissa dimora che nella città delle mille luci, vivono ai margini, buttati sul marciapiede o sotto un cespuglio, che prendono possesso per qualche ora dei campi di bocce o i passaggi coperti nei pressi del Centre Pompidou.
Una crisi, quella odierna, che fa sentire agli indigenti tutta la sua drammaticità, quando alla chiusura dei marchè, i supermercati, si assiepano intorno ai cassonetti per recuperare qualcosa di commestibile.
In gran parte sono anziani che nonostante la vita cara di Parigi, che non rappresenta tutta la Francia, non hanno alcuna possibilità o voglia di allontanarsi dalla città nella quale hanno vissuto per decenni.
Una Parigi che rappresenta per molti altri un rifugio dopo aver perso il lavoro che avevano magari in Italia o in Grecia, come il “lucchettaro” di origine africana che su Pont Beaux Arts offre un servizio completo, insieme al suo socio, di lucchetti e pennarelli agli innamorati proseliti della moda propagandata da Federico Moccia nel suo libro Tre metri sopra il cielo. Pont Beaux Arts come ponte Milvio, ma anche come le passerelle sui canali di Milano e Parigi, sono uno dei tanti aspetti della globalizzazione o della facilità con la quale oggi si viaggia.
Nelle vie laterali ai boulevard si può incontrare ancora qualche originale organetto e non i marchingegni automatici.
I barbieri sono veramente in concorrenza tra di loro con prezzi anche di 7,50 che comprende non solo il taglio, ma anche lo shampoo e il massaggio.
L’intreccio culturale parigino propone un ristorante turco non lontano dal centro di cultura del Kurdistan, con stazioni radio espressione di alcune di queste presenze e famiglie di religione ebraica che abitano in quartieri con locali adibiti a moschea. Una polveriera di condivisioni religiose delle tre famiglie abramitiche.
La presenza, anche se è inquietante, di ronde di militari impegnati a pattugliare le strade per vegliare sulla sicurezza delle persone, proponendosi come una forza di dissuasione attiva e non passiva come il personale in divisa che staziona davanti agli ingressi degli edifici romani.
Per chi vuole scoprire un’altra Parigi può contattare i volontari del Greeters per un giro gratis in piccoli gruppi di 6 persone e calarsi nella vita quotidiana di un parigino, per coniugare la cultura con il turismo.
Anche sfogliare il giornale gratuito Direct Matin in distribuzione nelle stazioni del Metrò può essere l’occasione per capire Parigi e i suoi mutamenti.
A Parigi la Giornata Europea del Patrimonio si è svolta nel weekend del 14 settembre, due settimane prima di quella romana, ed è stata l’occasione non solo per visitare luoghi solitamente preclusi al pubblico come il Palais de l’Élysée, residenza ufficiale del Presidente della Repubblica Francese, ma anche coinvolgere il Metrò che RATP, la società che gestisce il trasporto pubblico, ha scelto per onorare il cinema con una caccia alle bobine di un misterioso cortometraggio. Una lunga storia d’amore quella tra il Metro e la settima arte che si è dipanata, in una giornata uggiosa, nei sotterranei con l’ausilio degli indizi elargiti da un storyboard di quel misterioso cortometraggio e dal personale nelle stazioni.
Come si può pensare ad un’Unione europea se non si riesce a concordare una data per un’iniziativa altamente istruttiva, oltre che simbolica, unica per ogni stato membro?
Questa è la fisionomia di una città duttilmente protesa verso il futuro, con dismissioni e recuperi del patrimonio edilizio, capace di ampliare le zone pedonali come place de la Republique e le mutazioni architettoniche renderle delle attrazioni turistiche oltre che crescita culturale.
(2 – continua)
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