I giornali della destra, con un acrobatico salto carpiato, hanno paragonato il cambio di casacca di alcuni onorevoli di Sel e Scelta civica con i vari Scilipoti abbindolati dalle lusinghe berlusconiane.
Se si vuol parlare di traditori semmai sono quelli che evadono le tasse, i corruttori e i corrotti, ma ancor di più chi presenta le dichiarazioni infedeli dell’ISEE (Indicatore Situazione Economica Equivalente) per salire in graduatoria e collocare i propri figli negli asili nido o non pagare per intero le tasse universitarie, mentre sono proprietari di monumentali Suv.
Furbetti sono costoro che negano l’erogazione di servizi a chi ha i giusti requisiti autopromuovendosi invece con le loro autocertificazioni manipolate. Una truffa contro la quale i cittadini dovrebbero promuovere, appena identificati i colpevoli, una “class action”, una causa comune, per chiedere i danni.
Forse Francesco Piccolo con Il desiderio di essere come tutti, nel suo ultimo libro e Premio Strega 2014, non ha fornito alla sinistra “riformista” un proprio romanzo di formazione, ma sicuramente qualche motivazione di più per stare nel gregge, sino a fare come tutti: propensi a delegare ad altri ogni decisione sino alle estreme conseguenze con il disertare gli appuntamenti elettorali. Un appiattimento del pensiero di cui ne fa le spese la Democrazia.
Trasformarsi, forse evolversi in un essere non più sapiente, ma accondiscendente, pronto a inveire contro tutti, senza possederne il diritto che ha chi esercita la sua volontà di voto.
Accondiscendere per farsi trasportare dalla corrente non è comprendere la quotidianità della globalizzazione, ma ci si rifugia nell’ovvietà dei cliché. Ben altro è se si accondiscende, condividendo, per conoscere l’evoluzione dei fatti. Avere il privilegio della pazienza nel raccogliere i dati necessari per esprimere un giudizio non traspare nel comportamento della maggioranza impegnata nella piccola contabilità privata, senza offrire una parvenza di attenzione al bene comune.
Quando il politico è pronto a sposare le misere visioni del più ottuso dei suoi elettori si impone come un populista disposto a offrire su di un vassoio un ipotetico nemico al quale imputare tutti i guai del momento, utilizzando comportamenti demagogici per focalizzare su di sè l’attenzione come “condottiero” del cambiamento.
Rimaniamo purtroppo nella demagogia quando le parole non si mutano in fatti, ma subentra il trionfante populismo se le speranze della moltitudine si trasformano in realtà.
La demagogia si può paragonare all’aria fritta e tossica, mentre il populismo ha ormai un’accezione negativa per il suo utilizzo manipolatorio nei confronti del cittadino che assume sempre più la fisionomia del suddito.
Ormai la demagogia e il populismo non sono più predominanza di uno schieramento politico, ma sono diventati atteggiamenti di pubblico dominio che accomunano la destra come la sinistra passando per tutte le gradazioni di centro e di qualunquistiche visioni.
È demagogia il reiterato annuncio del varo di una serie di riforme costituzionali, un sotterfugio per distogliere l’attenzione sui più impellenti e capitali problemi che coinvolge ben più persone che la riduzione di parlamentari e la formulazione di nuove regole elettorali, per trasformarsi in populismo a buon mercato con un’ulteriore riduzione della rappresentanza parlamentare delle minoranze culturali, mettendo in discussione la Democrazia, e rafforzando il culto della persona a discapito delle idee.
Spazi democratici che si restringono con la scelta di un Senato “sorteggiato” e non eletto direttamente dal cittadino, mentre da una parte si sposta l’asticella proponendo di passare dalla maggioranza assoluta alla quarta votazione, dopo la maggioranza qualificata dei due terzi, alla maggioranza assoluta (la metà più uno) dalla nona votazione per l’elezione parlamentare del Presidente della Repubblica, mentre ci sono altri parlamentari che propagandano la necessità di eleggere direttamente il Presidente della Repubblica da parte dell’elettorato.
Che cosa pensare dell’eventualità che dalle attuali 500 mila si passerà alle 800 mila firme necessarie per proporre un referendum abrogativo? Anche se si propone di abbassare il quorum necessario per la validità della consultazione elettorale.
Si può “sconquassare” la Costituzione e non modellare la Democrazia a proprio uso e consumo. Se questo non è autoritarismo, è sicuramente arroganza.
Il desiderio di Francesco Piccolo di essere come tutti conduce a uno svuotamento della Democrazia e alla fatale rinuncia a essere differenti dagli altri. Perché lo siamo differenti, ma possiamo ugualmente avere comprensione e rispetto, magari condividere quello che altri sostengono, non come una lezione imparata a memoria per la soddisfazione del “condottiero” di turno, ma con motivazioni articolate e convinte.
Francesco Piccolo non può liquidare la sinistra ineluttabilmente come se fosse uguale a qualsiasi altra collocazione parlamentare perché ora il berlusconismo è stato soppiantato dal renzismo. Pessimi neologismi, varianti dell’abusato cesarismo.
Tale confronto non può essere paragonabile a quello che oltre vent’anni fa vedevano fronteggiarsi Berlinguer e Craxi. L’eterea utopia di un’etica e la circolazione del denaro in veste mondana e salottiera è paragonabile più ad una decrescita felice piuttosto che ad un selvaggio consumismo di parole e di fondi schiena sulle mille poltrone delle anticamere di alcove pacchiane.
La Politica non può essere ridotta a obbrobrio solo perché molti politici fanno solo rappresentanza anche quando sembrano estremamente produttivi, sventolando vessilli di modernizzazione.
Non può essere solo la propensione a usare la doccia, piuttosto che fare il bagno, come cantava Gaber, a differenziare la Destra dalla Sinistra, ma per una diversa difesa dei Diritti, anche se spesso è la Destra a difendere la classe meno abbiente, mentre la Sinistra talvolta si concede acrobatici volteggi sui Diritti Umani, così lontani, così astratti per molti e che spesso riguardano persone che vivono dall’altra parte del mare. Non per questo meno importanti se non ci si limitasse all’annuncio di imminenti riforme, se comunque si trovassero delle soluzioni.
In conclusione si potrebbe dare una sufficienza a tanto impegno che in definitiva produce delle riforme inutili a migliorare il tenore di vita in Italia, ma facendo tanta scena senza costi e nessun risparmio.