L’amico Fritz vuole il mio aiuto e non posso dirgli di no: deve sistemarmi il computer e caricarci una copia pirata di un software e io poco ne capisco. Abita a poche centinaia di metri da me, in uno dei vicoli attorno a piazza Farnese, quindi è comodo. Conosco anche sua moglie: è facile incontrarla mentre a piazza Farnese passeggia e prende il sole con il figlio in carrozzina. E’ giovane, come lo è il mio amico informatico: entrambi sono fra i venti e i trenta e la casa dove abitano forse apparteneva a una nonna. Non è grande, ma in quella posizione va bene tutto; una sera mi hanno anche invitato a cena e ho dato anche un’occhiata ai loro libri: alcuni erano anche in francese e in olandese, ma da queste parti c’è veramente di tutto.
L’amico però mi chiede qualcosa di cui non può parlare con sua moglie: per motivi di lavoro ha conosciuto una ragazza albanese e mi spiega la storia: lei viveva in Olanda ma è stata espulsa e ora vive a Roma e lui vorrebbe aiutarla a uscire dal suo ambiente. Così come la racconta, la storia non regge, ne manca la metà. Per fortuna abbiamo tempo, siamo seduti a un tavolino della latteria di vicolo del Gallo e il caffè me lo faccio durare tanto. Fuori piove, quindi non c’è nessuna ragione per uscire fuori, e lentamente saltano fuori altri dettagli della storia: lei faceva spesso la spola tra Roma e l’Olanda, guadagnando da alcune commissioni, ma solo per vivere e pagarsi le spese. Intuisco che forse era roba di droga (leggera?), ma l’amico Fritz resta sul vago. In ogni caso è stata espulsa dall’Olanda perché irregolare. E adesso a Roma che fa? Vuole uscire da un certo giro. Giro di che? Prostituzione o che altro? L’amico o fa il finto tonto o è un ingenuo. Prendo comunque tempo; ci si rivedrà non appena avrò preso alcune informazioni. Certo, così com’è raffazzonata la storia non regge e se ne potrebbe ricavare la sceneggiatura per un film poliziesco, con tanto di inseguimenti, ricatti e altro. Un minimo di curiosità comunque rimane e per questo mi muoverò. Le informazioni le prendo, ma non sulla ragazza; del resto non lavoro in polizia. Telefono a un centro di ascolto per ragazze di strada e spiego più o meno la storia come mei è stata raccontata. Mi risponde una voce femminile, non credo italiana, la quale mi consiglia di far mettere in contatto la ragazza direttamente con loro. La questione è delicata ed è meglio non esporsi in prima persona. Ma a questo punto richiamo l’amico Fritz e fisso di nuovo un appuntamento in latteria, solo che stavolta voglio che sia presente anche la ragazza. La voglio conoscere e spiegarle quanto consigliato dalla voce amica, dove casi come questo sono all’ordine del giorno. Non so neanche com’è fatta, questa ragazza, ma lo saprò presto.
Quando entro in latteria, i due sono già dentro seduti al solito tavolino di marmo. Visto che paga l’amico, chiedo un caffellatte e la signora mi serve subito: mi conosce da anni e ancora ho il ricordo di sua madre, tanto simile alla sorella di mio nonno. La ragazza è un po’ come me l’aspettavo: giovane, biondina, truccata con discrezione, vestita sexy ma non troppo. Parla un italiano decente e si direbbe voglia farsi passare per brava ragazza. Ascolta tutto ma parla poco, né faccio domande. Capisco che si fida di me e questo mi basta. Dagli sguardi che i due si scambiano ho capito però che il mio amico ci è già andato a letto e che questa è una paracula, altro termine non mi viene in mente. Recita molto bene la parte della ragazza che vorrebbe avere un futuro ma scopre troppo poco le carte e questo non mi piace. In tasca poi da questa storia non me ne viene niente, quindi le passo le informazioni ma le faccio capire che io da questa storia voglio rimanere fuori. Il fatto poi che lei si possa muovere liberamente non quadra con la storia del giro di sfruttamento. Più facile che stesse insieme a un mezzo spacciatore che ora vuole scaricare, sempre che non lo abbia già fatto. Di ragazze straniere venute a compromessi con Roma ne ho conosciute tante: chi ha fatto la babysitter, chi ha posato per PlayBoy una volta finiti i soldi, chi si mette con chi la può ospitare, oppure i solti giri di droga e adesso anche i servizi fotografici per le riviste porno. Non so poi in che rapporti stia con altri albanesi, visto che quella è gente dura e non guarda in faccia nessuno. Devo dire che il suo corpo è attraente e il suo sguardo buca lo schermo, ma io a Campo di Fiori eviterei di mettermi con una ragazza di cui so ancora poco niente. L’atteggiamento del mio amico poi è strano: non si capisce se è il classico pollo o sa e non dice. E’ sposato e ha un figlio piccolo, ma questo sembra secondario. Sua madre poi l’ho anche conosciuta: una mezza olandese o francese che traffica con mobili indonesiani per l’esportazione. In effetti mi riviene in mente lo scaffale con i libri in olandese che avevo visto quella sera. Mi ricordo anche della bellezza di alcune ragazze olandesi figlie di coppie miste, come ho visto ad Amsterdam. L’Indonesia era infatti una colonia olandese e in viaggio ritenevo la cucina indonesiana preferibile a quella cinese.
Finale della storia? Una schifezza. Lei è ripartita e l’amico mi ha chiesto di cercarla, manco fossi un detective. Mi ha dato nome e cognome dei genitori e un indirizzo, ma a me sembrava tutto molto aleatorio: i dati non sono verificabili non essendo registrati nella nostra Anagrafe; del resto il mio amico forse neanche sa bene qual è il vero nome e cognome della ragazza. Anche se all’epoca non c’erano ancora i cellulari, non avere un telefono di riferimento di un amico a me sembra strano. Non lo so, ma la cosa mi puzza e consiglio al mio amico di lasciar perdere le ricerche. In fondo, se quella ha deciso di sparire è perché avrà pensato che non le conveniva legarsi a un giovane professionista sposato; meglio un singolo con cui convivere lontano dall’ambiente di partenza. Quanto al mio amico, l’ho rincontrato un paio di mesi dopo. Nel frattempo la moglie era tornata dalla madre e si era portata appresso il figlio. E’ l’ultima volta che l’ho visto: semplicemente, non l’ho più cercato, né si è fatto vedere più in giro.