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Michelangelo e i suoi seguaci

Michelangelo si considerava in primo luogo architetto e scultore e solo secondariamente pittore e spesso si divertiva a prodursi in piccoli disegni, per lo più di soggetto sacro, che non erano bozzetti per dipinti in scala più grande ma omaggi per i suoi amici ed estimatori. Questi disegni, definiti dagli storici dell’arte “cartonetti”, incontrarono fama e successo e spesso vi furono committenti che richiesero a pittori della metà del ‘500 di trasformare i disegni in quadri di maggiori dimensioni.

Presso la Galleria Nazionale di Arte Antica i curatori Francesca Parrilla e Massimo Pirondini hanno presentato una mostra, frutto dei loro studi e ricerche, dal titolo “ Michelangelo a colori. Marcello Venusti, Lelio Orsi, Marco Pino, Jacopino del Conte”, tutti artisti di buona fama appartenenti alla corrente nota come “ manierista”.

I curatori espongono le copie di cinque cartonetti, gli originali sono molto usurati e non è opportuno spostarli, e nove dipinti che si ispirano ai disegni michelangioleschi. Due piccoli quadri fiancheggiano un disegno con “L’Annunciazione”, uno è opera di Marcello Venusti ed è una copia in formato ridotto di analoga pala d’altare della Chiesa di Santa Maria della Pace, ora perduta, l’altro di Lelio Orsi, leggermente variato rispetto al disegno, ha avuto una storia interessantissima. Dipinto per un nobile di Novellara è stato a Roma, in Inghilterra, in Argentina per tornare finalmente in Italia attribuito prima al Correggio come risulta da una perizia firmata, nella seconda metà del ‘600, da molti pittori presenti all’epoca a Roma quali Ferri, Ghezzi, Maratti e poi al Venusti.

Solo nel 1950 Federico Zeri lo riconobbe come opera di Orsi; attualmente si trova nel Museo Gonzaga di Novellara. Anche il disegno rappresentante “L’Orazione nell’Orto” è affiancato da due quadri, di misura leggermente superiore, ambedue opera del Venusti, dipinti in epoca diversa e con differente uso del colore. La “Deposizione dalla Croce”, ispirata alle varie omonime opere di Michelangelo, si presenta con un quadro di Jacopino del Conte e con un altro del Venusti ritrovato nei depositi dell’Accademia di San Luca e restaurato per l’occasione. Il “Cristo Vivo sulla Croce”, che si rifà al Cristo Triunphans medioevale, è interpretato in maniera differente dal Venusti che popolò il dipinto con altre figure e da Marco Pino che lasciò l’immagine di Cristo isolata su uno sfondo molto scuro. Il disegno noto come “Madonna del Silenzio”, conservato in una collezione privata inglese, ha ispirato un piccolo quadro, attribuito dubitativamente al Venusti, divenuto una sorta di icona della Sacra Famiglia.

La mostra è di modeste dimensioni ma interessante per la qualità dei dipinti esposti e per le vicende storiche ad essi collegate ben chiarite nel catalogo.


Michelangelo a colori
Marcello Venusti, Lelio Orsi, Marco Pino, Jacopino dal Conte

Dal 10 ottobre al 6 gennaio 2020

Palazzo Barberini
via Quattro Fontane 13
Roma

Orario:
mertedì/domenica
8,30- 19,00


L’enigma del reale

Un titolo “enigmatico” per una mostra che si tiene a Palazzo Corsini ma che si svela subito leggendo il sottotitolo “Ritratti e nature morte dalla Collezione Poletti e dalle Gallerie Nazionali Barberini e Corsini”. Si tratta dell’esposizione di alcuni dipinti della collezione di Geo Paoletti messi a confronto con qualche quadro delle Gallerie. Ruggero Poletti, detto Geo, nato nel 1926 è stato pittore di un qualche spessore ma soprattutto un grande collezionista volto per lo più verso alcuni esempi di pittura barocca in particolare caravaggesca, italiana e spagnola. Collabora con Longhi, Testori, Zeri e Mina Gregori che lo consigliano negli acquisti e contribuiscono ad affinarne la sensibilità artistica. Acquista, studia, dona alcuni capolavori come la “Carità romana” di Bartolomeo Manfredi regalato alla Galleria degli Uffizi dopo gli attentati del 1993 ed altre opere al Museo di Breda e a quello del Castello Sforzesco. È morto nel 2012.

La mostra costituita da 28 dipinti espone all’inizio un confronto tra due quadri, attribuiti alla bottega di Bartolomeo Manfredi e rappresentanti dei Fauni, uno della collezione Poletti e l’altro delle Gallerie Nazionali. A fianco una “Maddalena penitente” di anonimo rappresentante una singolare Maddalena, gli elementi ci sono: Crocefisso, teschio, libro per le meditazioni. Ma la penitente, abbondantemente svestita, non sembra meditare, ha la guancia destra pesantemente appoggiata al pugno chiuso del braccio destro, l’impressione è che sonnecchi e il libro non è tenuto saldamente ma scivolato verso il basso.

Una sala ospita una ventina di nature morte tutte, tranne una, della collezione Poletti; sono opere gradevolissime, alcune di anonimi altre attribuite a Bernardo Strozzi, Giacomo Ceruti, Evaristo Baschenis. I quadri sono senza cornice secondo l’opinione del Poletti il quale riteneva che cornici dorate e lussuose distraessero dalla visione del dipinto. In fondo alla galleria del Cardinale campeggia un grande quadro, il “Democrito” di Ribera con forti chiaroscuri e grande naturalismo, è datato a metà del primo decennio del ‘600 durante un soggiorno romano dell’artista. In una saletta sono esposte tre versioni, di tre diverse mani, dello stesso soggetto “Pescivendolo che sventra una rana pescatrice” appartenenti rispettivamente alle Gallerie, alla Collezione Poletti e al Museo nazionale di Varsavia.

Il dipinto delle Gallerie, a detta degli esperti, sarebbe il prototipo e nel tempo è stato attribuito a Guido Cagnacci o a Orazio Fidani mentre ora si tende ad assegnarlo ad un anonimo pittore napoletano di metà ‘600.

È previsto un ciclo di visite per bambini il primo e il terzo sabato del mese alle 15,00; per gli adulti visite guidate ogni giovedì alle 16,00.


L’enigma del reale
Ritratti e nature morte dalla Collezione Poletti e dalle Gallerie Nzionali Barberini e Corsini

Dal 24 ottobre 2019 al 2 febbraio 2020

Galleria Corsini
via della Lungara 10
Roma

Orario:
mercoledì/lunedì
8,30/19,00


Catastrofi

Intorno alla metà degli anni ’70 del secolo scorso avevano grande successo i film che presentavano catastrofi immani da cui i protagonisti uscivano incolumi dopo incredibili vicende, ora presso le Scuderie del Quirinale viene proposta una mostra che ha per oggetto due catastrofi, più precisamente due eruzioni vulcaniche, che ebbero grandissima risonanza in epoche antiche. Il titolo è “ Pompei e Santorini. L’eternità in un giorno”; si tratta di due eventi molto distanti fra loro e ancora più distanti da noi. Pompei fu sepolta insieme ad Ercolano, Stabia, Oplontis ed altre località minori della Campania da una improvvisa eruzione del Vesuvio nell’anno 79 d.C., Santorini, isola greca appartenente all’arcipelago delle Cicladi, fu devastata da terremoti ed eruzioni in epoca imprecisata che gli archeologi collocano tra il 1600 e il 1650 a. C. in piena età del Bronzo mentre nella vicina Creta fioriva la civiltà minoica.

La mostra vuole evidenziare i tratti comuni tra i due eventi quali la improvvisa scomparsa di due città prospere, vivaci, abitate da popolazioni culturalmente avanzate e le grandi differenze dovute ad un intervallo di circa 1700 anni tra le due civiltà, i due diversi sistemi di governo, di religione, di economia. Su Pompei abbiamo molte notizie riportate da autori di epoca classica uno dei quali, Plinio il Giovane, fu addirittura testimone degli eventi e della morte a causa di vapori venefici dello zio Plinio il Vecchio. Di Santorini abbiamo scarsissime notizie per la mancanza di fonti scritte dell’epoca e gli storici procedono esaminando documentazioni presso altre civiltà contemporanee quali l’egizia e la minoica.

Ambedue i siti hanno restituito migliaia di reperti in quanto la subitaneità dell’eruzione sigillò sotto strati di cenere, lapilli e pomici edifici pubblici, abitazioni e magazzini. Scavi eseguiti a Pompei dalla metà del ‘700, purtroppo per più di un secolo con scarsi criteri scientifici, hanno fornito una notevole quantità di oggetti che ci hanno permesso di ricostruire la vita di una cittadina romana del 1° secolo d.C. abitata da una popolazione con un tenore medio-alto; numerose lapidi ci hanno restituito molti nomi di magistrati, dediche e iscrizioni funerarie nonché scritte sui muri di writers dell’epoca. Di Santorini nulla sappiamo se non in via indiretta facendo riferimento alla contemporanea civiltà della vicina Creta, mancano esempi di scrittura e quindi non sappiamo quale fosse il sistema di governo, quale la religione praticata. Si è appurato che la città principale, Akrotiri, è stata per secoli un fiorentissimo centro commerciale ove si scambiavano merci provenienti da vari siti del Mediterraneo orientale mentre fiorivano l’agricoltura e l’allevamento.

Le rovine della città furono oggetto dei primi scavi nel tardo ‘800 ma grandi interventi risalgono agli anni ’60 del ‘900 con restauri e allestimenti che rendono Santorini meta di turismo internazionale. Tra i reperti di Pompei e Santorini sono situate opere di artisti moderni e contemporanei idealmente collegate con le antiche, la mostra si apre con una grande statua prona, il “Bevitore” di Arturo Martini assai simile ai calchi in gesso dei Pompeiani morti durante l’eruzione, segue per tutto il piano terreno l’esposizione di un campionario di quanto trovato nella città vesuviana; gioielli, monete, oggetti in bronzo, un servizio da tavola in argento, statue ed una bellissima serie di affreschi parietali compresi alcuni splendidi larari, chiude la sezione Pompei un grande dipinto di Andy Warhol che rappresenta il Vesuvio in eruzione.

Al primo piano sono collocati i reperti di Santorini estremamenti interessanti in quanto meno noti ed esposti per la prima volta fuori della Grecia; una grande quantità di vasellame di svariate dimensioni e per lo più dipinto con colori vivaci e soprattutto molti affreschi parietali che rappresentano giovani e donne riprese sempre di profilo con grandi occhi e lunghi capelli neri. In uno degli affreschi giovani donne, insieme ad una scimmia blu, raccolgono erbe e le offrono ad una figura femminile che forse è una divinità, il tutto è molto simile a quanto conosciuto a Cnosso nell’isola di Creta. In un altro appaiono dei giovani nudi con un fascio di pesci; purtroppo i reperti di Santorini sono muti e ci lasciano con molti interrogativi. Terremoto ed eruzione del 1600 circa a.C. nell’isola non provocarono vittime, al contrario di Pompei dove sono stati trovati molti cadaveri ed una gran quantità di oggetti di valore, a Santorini la popolazione riuscì ad allontanarsi portando con se gli oggetti preziosi. I due siti per secoli rimasero disabitati.

Secondo alcune teorie la catastrofe dell’isola delle Cicladi sarebbe la stessa di cui parla Platone e che riguarderebbe la mitica Atlantide identificata o con Santorini distrutta o con Creta gravemente danneggiata dallo tsunami seguito all’eruzione. Le ultime due sale espongono numerose opere d’arte di artisti del 7/800 e contemporanei che fanno riferimento a vulcani ed eruzioni.

A corredo della mostra si terranno due conferenze, il 19 ottobre e il 17 novembre, alle ore 11, presso il Teatro di Roma-Teatro Nazionale ad ingresso libero, ed anche numerosi laboratori per scuole e famiglie.


Pompei e Santorini:
l’eternità in un giorno

Dal 11 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020

Scuderie del Quirinale
Roma



Un nuovo sito svela piacevoli novità

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Titolo criptico ed intrigante, in realtà si tratta di un antico palazzo nobiliare restaurato e destinato ad ospitare mostre temporanee e della prima esposizione in esso presentata. Il sito è Palazzo Bonaparte che si trova all’angolo tra via del Corso e Piazza Venezia; fu costruito al posto di precedenti modesti edifici tra il 1667 e il 1677 a cura dell’architetto Giovanni Antonio De Rossi per conto della famiglia D’Aste, successivamente passò ai Rinuccini che nei primi decenni dell’800 lo vendettero a Letizia Ramolino Bonaparte, madre di Napoleone, allora in esilio a Roma. Madame Mère vi abitò per molti anni, vi fece orgogliosamente apporre la scritta Bonaparte sull’altana, lo fece decorare in stile classicistico ed adornò un salone con il modello in gesso della statua bronzea di Napoleone che Canova eresse nel cortile dell’Accademia di Brera a Milano.

La famiglia Bonaparte vendette il palazzo ai primi del ‘900 ai Misciattelli che a loro volta cedettero l’immobile alle Assicurazioni Generali. L’interno del piano nobile è stato recentemente restaurato dalla proprietà e affidato a Generali Valore Cultura in sinergia con Arthemisia per ricavarne prestigiosi locali destinati ad ospitare mostre temporanee. La prima è quella sugli “Impressionisti Segreti” tali non perché sconosciuti ma perché le loro opere sono conservate in collezioni private e quasi mai esposti in mostre, questo è il primo caso di esposizione di oltre cinquanta quadri provenienti da venticinque raccolte private.

Gli artisti appartengono al movimento degli “impressionisti”, così chiamato da qualche critico dell’epoca; si era nella Francia della metà ‘800 durante il Secondo Impero di Napoleone III, Parigi si apprestava a diventare la regina della cultura e delle arti ed in pittura dominava lo stile accademico perfetto e glaciale che prosperava in grandi ateliers popolati di modelli e modelle.

Un gruppo di giovani iniziò a dipingere in maniera completamente diversa producendo opere di media o piccola dimensione in cui è protagonista la luce che diventa per alcuni di loro una vera ossessione, dipingono soprattutto paesaggi, talvolta gli stessi ripresi in orari diversi, fiori, ritratti in cui cercano di esprimere la personalità del soggetto non curandosi della bella posa e dei bei lineamenti. Nel movimento sono raggruppati per comodità molti artisti che presentano alcuni tratti comuni ma molti differenti: Sisley, Renoir, Pissarro, Monet, Berthe Morisot, Gauguin. Manet, Van Gogh, Cezanne, Degas, Caillebotte.

Inizialmente contrastati dai critici e rifiutati dall’opinione pubblica, grazie all’opera di alcuni mecenati e mercanti d’arte il movimento riuscì pian piano ad affermarsi estinguendosi fisicamente verso la fine del XIX secolo ma acquistando fama imperitura nella storia dell’arte. La mostra è organizzata da Arthemisia e gode del patrocinio e della collaborazione di numerosi soggetti pubblici e privati e si articola nelle sale di quello che fu l’appartamento di Madama Letizia comprendendo nel suo percorso anche il caratteristico balcone coperto, decorato da grottesche, dal quale la vecchia signora osservava il traffico di carrozze e passanti tra il Corso e Piazza Venezia.

I quadri, di dimensioni generalmente modeste, nelle prime sale sono per lo più bei paesaggi dominati da vari toni di verde, seguono poi immagini cittadine che rappresentano la vita vivace in un periodo di floridezza economica; seguono alcuni ritratti di Renoir ed uno dell’italiano Zandomeneghi stabile frequentatore del mondo artistico parigino. Chiude la mostra una sala con opere di artisti della generazione successiva definiti post impressionisti quali Seurat e Signac che non usano le larghe e mescolate pennellate dei loro predecessori ma piccoli tocchi di colore puro che ricostituiscono l’immagine osservandola più a distanza; la tecnica fu anche definita puntinismo e fu in seguito adottata anche da pittori italiani che ingrandirono la dimensione delle pennellate e furono definiti divisionisti.

Un interessante sito, una piacevole mostra.


Impressionisti Segreti
Dal 6 ottobre 2019 all’8 marzo 2020

Palazzo Bonaparte
Piazza Venezia, 5
Roma

Informazioni:
tel. 06/8715111

Orario:
da lunedì a venerdì 9/10
sabato e domenica 9/21

Catalogo:
Arthemisia Books

La mostra vede il patrocinio dell’Ambasciata di Francia in Italia e della Regione Lazio.


Maria Lai: Stoffe per altri Mondi

Tenendo per mano il sole è il titolo della mostra e della prima Fiaba cucita realizzata. Sia nel titolo che nell’opera sono presenti molti degli elementi tipici della ricerca di Lai: il suo interesse per la poesia, il linguaggio e la parola; la cosmogonia delle sue geografie evocata dal sole; la vocazione pedagogica del “tenere per mano”. Non una classica retrospettiva, ma piuttosto un racconto che non si attiene a vincoli puramente cronologici e asseconda un percorso biografico e artistico peculiare, caratterizzato da discorsi e intuizioni apparentemente lasciati in sospeso per poi essere ripresi molti anni più tardi.

Attraverso un’ampia selezione di opere, in buona parte inedite, la mostra presenta il poliedrico mondo di Maria Lai e la fitta stratificazione di idee e suggestioni che ha caratterizzato il suo immaginario. Il percorso si snoda attraverso cinque sezioni, che prendono il nome da citazioni o titoli di opere di Lai, mentre nel sottotitolo vengono descritte modalità tipiche della sua ricerca; ogni sezione è accompagnata dalla voce di Maria Lai attraverso un montaggio di materiali inediti realizzati dal regista Francesco Casu. C’è anche un’ultima, ideale, sezione, che documenta le opere di arte ambientale realizzate nel territorio e in particolare in Ogliastra. La sezione Essere è tessere. Cucire e ricucire documenta le prime prove realizzate negli anni Sessanta, un decennio in cui decide di abbandonare la tecnica grafica e pittorica per dedicarsi alla sperimentazione con i materiali. Nascono così i primi Telai e le Tele cucite: oggetti funzionali del quotidiano, legati all’artigianato sardo, vengono privati della loro funzione pratica per essere trasformati in opere che dimostrano una fervida ricerca espressiva. Il filo rappresenta anche un’idea di trasmissione e comunicazione, Lai vede l’arte come strumento e linguaggio capace di modificare la nostra lettura del mondo, un’attitudine che le deriva dalla sua storia personale di insegnante e che si manifesterà in seguito nei Libri e nelle Fiabe cucite. L’arte è il gioco degli adulti. Giocare e Raccontare raccoglie i giochi dell’arte creati da Lai, riletture di giochi tradizionali con cui ribadisce il ruolo fondante della creazione nella società. Gioco come mezzo per conoscere se stessi e per imparare a relazionarsi con l’altro, un’attività da non relegare al mondo dell’infanzia, ma da continuare a coltivare in età adulta. La sezione Oggetto paesaggio. Disseminare e condividere, racconta l’aspetto relazionale della pratica di Lai attraverso un ampio corpus di oggetti legati a un suo universo affettivo, tra cui sculture che simulano l’aspetto di un libro o di singole pagine, forme che richiamano manufatti del quotidiano, rivendicando però una propria inedita individualità.  Il viaggiatore astrale. Immaginare l’altrove raccoglie la serie delle Geografie, mappe astrali visionarie e fantastiche che delineano costellazioni, chimere e infiniti universi immaginari. La felice stagione delle opere partecipative è infine protagonista della sezione L’arte ci prende per mano. Incontrare e Partecipare. Come Legarsi alla montagna (1981), considerato il primo episodio di Arte relazionale in Italia, un intervento ispirato a un’antica leggenda, con cui Maria Lai riesce a coinvolgere tutta la popolazione del paese di Ulassai.

La profonda convinzione del potere salvifico dell’arte, il tema del gioco ritenuto fondante per la crescita di ideali per la collettività, l’arte come strumento, capace di far incontrare, immaginare, mettere in relazione: questo, e altro ancora, rende Maria Lai un’artista tra le più innovative della sua generazione, che ha saputo intercettare e interpretare agli albori meccanismi culturali alla base della società di oggi.

Come nei Telai e nelle tessiture a lei così care, i suoi fili idealmente tesi fra tradizione e contemporaneità hanno tracciato una fitta trama di relazioni tra le persone, contribuendo a un profondo cambiamento delle storie e delle identità personali, sociali e collettive.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da 5 Continents, con testi di Maria Alicata, Antonella Anedda, Franco Farinelli, Luigia Lonardelli, Davide Mariani, Bartolomeo Pietromarchi e Elena Pontiggia. 


MARIA LAI
Tenendo per mano il sole
Dal 19 giugno 2019 al 12 gennaio 2020


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