Archivi tag: Roma

Immaginando Verdi

Arte contemporanea e Verdi, un modo per mostrare cosa si cela dietro l’evento corale visivo “amor Verdi pensiero” ideato dall’artista Alessandro Piccinini e curato anche dagli artisti del presenteismo Carlo Vigevani, Ugo Bongarzoni, Marina Visvi. Il progetto si pone su un filo conduttore che sta dietro le suggestioni e gli spunti emozionali provenienti dal variegato, immenso universo verdiano. Le opere di 220 artisti, tra cui Luigi Massimo Bruno, Ugo Bongarzoni, Francesco Filincieri, Antonella Catini, Franco Ferrari, Nino La Barbera, Gianleonardo Latini, Luciano Lombardi, Lillo Messina, Savatore Provino ecc. filtrate in una sfolgorante messa in scena dell’arte come strumento di seduzione, come genesi e viatico di una contemporaneità segmentata in tutte le minime pieghe della sua essenza, si manifestano in una sorta di teatro di massa per aprirsi alle più diverse espressività tecniche, ma soprattutto per portare sempre più l’arte verso la vita. In “amor Verdi pensiero” vediamo sorgere tra colori e metamorfosi comparative una versione corposa e modulata, in particolare sulla dicotomia tra interiorità ed esteriorità.

****************************

AMOR VERDI PENSIERO
Dal 15 dicembre 2017 al 31 gennaio 2018

Biblioteca Comunale “Aldo Fabrizi”
via Treia, 14
Roma

Tel. 0645460730

****************************

Arazzi di carta

In mostra tre cartoni preparatori, ciascuno appartenente a uno dei cicli che ritraggono le Storie di Costantino, la Vita di Cristo e le Storie di Urbano VIII.

Le serie prescelte sono le più importanti delle sette volute dal cardinal Francesco e prodotte dall’arazzeria Barberini, lungo un arco di circa cinquant’anni di attività.

I cartoni, che escono per la prima volta dai depositi dopo vent’anni, costituiscono un’occasione irripetibile per conoscere una delle più fastose committenze della famiglia, ancora poco nota al grande pubblico.

Sebbene la tecnica della tessitura ad arazzo abbia origini antichissime, nel Seicento divenne strumento di ostentazione dello status sociale delle famiglie altolocate: possedere un’arazzeria era segnale di grande prestigio e ricchezza.

Grandi pittori e artisti dell’epoca erano chiamati a dipingere il disegno preparatorio dell’arazzo: è il caso del ciclo con le Storie di Costantino, alla cui intera ideazione sovrintese Pietro da Cortona. La serie della Vita di Cristo (composta di 12 grandiosi arazzi, di cui le Gallerie Nazionali Barberini Corsini posseggono 8 cartoni) è opera di Giovan Francesco Romanelli, e viene rappresentata in mostra dalla Natività, mai esposta al pubblico fino ad ora. Il ciclo di arazzi con la Vita di Urbano VIII, progettato dalla scuola di Pietro da Cortona, era destinato a decorare il grande salone di Palazzo Barberini.

In mostra anche il Ritratto di Urbano VIII di Pietro da Cortona, in prestito dai Musei Capitolini, e la Visita di Urbano VIII al Gesù (1642-1643) di Andrea Sacchi, Jan Miel e Antonio Gherardi, esposta l’ultima volta negli anni Ottanta del Novecento.

****************************

Glorie di carta
Il disegno degli arazzi Barberini
Dal 20 dicembre 2017 al 22 aprile 2018

Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini
via delle Quattro Fontane, 13
Roma

Orario:
martedì domenica
8.30 – 19.00
la biglietteria chiude alle 18.00

chiuso il lunedì, 25 dicembre, 1° gennaio

Ingresso:
Intero 12 € – Ridotto 6 €
(fino al 22 gennaio, compreso l’esposizione di Parade di Pablo Picasso)

Intero 10 € – Ridotto 5 € (da martedì 24 gennaio)

Informazioni:
tel. 06-4824184 | email: Gan-aar@beniculturali.it

Home

la mostra a cura di Maurizia Cicconi e Michele Di Monte

****************************

 

Migrazione: L’ipocrisia sovranazionali

L’Onu rimprovera l’Unione europea, giudicando “disumana” la cooperazione con la Libia per la gestione dei flussi dei migranti. Precedentemente era il Consiglio d’Europa a chiedere chiarimenti a Roma sugli accordi con la Libia nella gestione dei flussi migratori, il ministro dell’Interno Marco Minniti cerca di rassicurare il Commissario europeo per i diritti umani Nils Muiznieks, affermando di vigilare sul reale rischio di tortura o trattamenti inumani, mentre l’inesistente responsabile della Farnesina Alfano che cerca di tranquillizzare l’Onu volando a New York e il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani risponde indirettamente all’Onu programmando l’invio di una delegazione per verificare cosa sta accadendo.

Critiche all’Italia dopo aver lodato il suo impegno nel Mediterraneo e nell’accoglienza, nonostante la latitanza dell’Ue, oltre ad segnare il progetto dei corridoi umanitari, gestiti da comunità cristiane, come soluzione per la regolamentazione dei flussi migratori, ma ancora nessuno ha sviluppato un’iniziativa finanziata totalmente dalle associazioni, soprattutto con i fondi dell’8%, che li hanno promossi.

Le “scandenti” condizioni nei campi di “raccolta” dei profughi in Libia erano già note tanto da spingere l’Onu ad aprire un centro di transito per i profughi mentre da più parti si era chiesto l’intervento delle Ong, precedentemente accusate di essere in combutta con i trafficanti di esseri umani, nella gestione dei centri.

La confusione è tanta e pensare che solo poco tempo fa l’Onu aveva offerto ai sauditi un posto nella difesa dei Diritti umani! Precedentemente anche la Libia di Gheddafi aveva avuto l’onore di fregiarsi del titolo di difensore dell’umanità, ma d’altronde nel club di Diritti umani sono presenti anche gli Stati Uniti che della pena di morte sono grandi fautori.

Istituzioni sovranazionali che si mostrano, nel migliore delle ipotesi, confuse, appannate nel giudizio, senza una deontologia aperta al Mondo e non ostaggio degli equilibri variabili di un edificio di vetro che simula la trasparenza delle scelte.

Affidare, in piena solitudine, ad una nazione di rapportarsi con un paese senza un unico governo riconosciuto con il quale trattare è da folli o forse da saltimbanchi della diplomazia, con un ministro degli Affari Esteri latitante, specialmente quando appaiono e scompaiono altri “giocatori” per minare gli sforzi italiani e fare i propri interessi, senza guardare in faccia che siano alleati, amici o cugini.

L’accordo italo-libico si è sviluppato in mille rivoli, quante sono le realtà governative “nazionali” e locali della Libia, non sempre cristalline: un po’ come la strategia diplomatica francese che non si allinea alle posizioni dell’Unione europea e agli sforzi italiani.

Gli interessi francesi vanno ben oltre ai Diritti quando c’è fare business, come la Ue, giustificando le chiusure delle frontiere ai profughi con lo sbandierare l’intento di perseguire una politica europea sui flussi migratori.

Una Francia più propensa a concorrere solitaria che a concordare con la Ue un dialogo con l’Africa, come dimostra il viaggio di Macron e Gentiloni si adegua per non trovarsi impreparato al summit Africa Europa.

Un vertice, quello Africa-EU Summit 2017, che ha affrontato, tra il 28-29 novembre ad Abidjan (Costa d’Avorio), vari i temi: commerci, cooperazione allo sviluppo, alla sicurezza, ambiente, relazioni diplomatiche, ma soprattutto la gestione delle migrazioni, oltre che il terrorismo, definendo i ruoli per salvare, così afferma Federica Mogherini, Alto Rappresentante Ue per la politica estera, dall’infero libico tutte quelle persone bloccate nei centri di detenzione: i paesi africani si dovranno impegnare ad accogliere i concittadini e l’Europa a finanziare i rimpatri.

L’Alto Rappresentante Ue per la politica estera ha anche affermato che la tragica situazione dei profughi in Libia era precedente agli accordi che la Ue e l’Italia hanno stipulato con le diverse situazioni politiche libiche.

Flussi migratori che sono anche nei pensieri del governo della Costa d’Avorio che ha “arruolato” rockstar e calciatori per dissuadere i giovani ivoriani, i Millennials che vanno di fretta, la cosiddetta «Génération pressée pressée», a non migrare e soprattutto a non utilizzare i barconi della morte. Non è solo un suicidio, ma si rischia di «fare gli schiavi a Tripoli».

L’Unione europea, oltre alla migrazione, dovrà, prima o poi, affrontare anche l’espansione cinese nel continente africano e il proselitismo turco.

Immediatamente dopo il summit euro-africano ecco il Rome MED – Mediterranean Dialogues (30 novembre al 2 dicembre 2017), con la partecipazione di esponenti di governo e rappresentanti di organismi internazionali, oltre che di società, ad essere un’altra occasione per confrontarsi sui temi della sicurezza e della migrazione.

Il Dialogo mediterraneo è servito al vicepremier libico Ahmed Maitig a minimizzare le polemiche sull’accordo firmato con l’Italia sulla migrazione e rilanciandolo come modello per altri paesi europei, perché la Libia cerca altri partner, scherza sula competitività italo-francese nel tessere duraturi rapporti economici, ma guardando il filmato della Cnn sulla compravendita delle persone non si può dimenticare che la Libia non ha firmato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del ’51.

D’altronde quanti altri paesi dell’area MENA (Middle East and North Africa – Medio Oriente e Nord Africa)? Certamente non i paesi della penisola arabica o gli iracheni, iraniani e siriani.

****************************

Qualcosa di più:

Africa: una scaltra “Democrazia”
Africa: attaccati al Potere
Africa: le Donne del quotidiano
Le loro Afriche: un progetto contro la mortalità materno-infantile
Africa: i sensi di colpa del nostro consumismo
Solidarietà: il lato nascosto delle banche
I sensi di colpa del nostro consumismo
Le scelte africane

**************************

Migrazione | Conflitti e insicurezza alimentare
Migrazione in Ue: il balzello pagato dall’Occidente
Migrazione: Un monopolio libico
Migrazione: non bastano le pacche sulle spalle
Migrazione: umanità sofferente tra due fuochi
Migrazione: Orban ha una ricetta per l’accoglienza
Aleppo peggio di Sarajevo
Migrazione: La sentinella turca
Migrazione: Punto e a capo
Migrazione: Il rincaro turco e la vergognosa resa della Eu
Europa: la confusione e l’inganno della Ue
Europa e Migrazione: un mini-Schengen tedesco
Migrazione: Quando l’Europa è latitante
Un Mondo iniquo
Rifugiati: Pochi Euro per una Tenda come Casa
Siria: Vittime Minori
Europa: Fortezza d’argilla senza diplomazia
La barca è piena
Il bastone e la carota, la questione migratoria

****************************

Traiano: Optimus Princeps

Marco Ulpio Traiano nacque nel 53 d.C. ad Italica in Spagna da famiglia umbra, con cittadinanza romana, trasferitasi forse per motivi di commercio o di servizio. Il padre fu alto ufficiale dell’esercito romano ed anche Marco scelse la carriera militare giungendo a grado elevato anche se non abbiamo notizia delle campagne a cui avrebbe partecipato.
Nel 96 d.C. fu adottato dal vecchio senatore Cocceio Nerva, appena eletto imperatore dopo l’uccisione di Domiziano, che lo scelse come successore inaugurando la serie degli imperatori adottivi che fecero di gran parte del II° secolo d.C. il periodo più prospero della lunga storia dell’Impero Romano. Divenne a sua volta imperatore nell’anno 98 ed iniziò una frenetica attività in vari campi: fu grande costruttore ed a lui sono attribuiti i porti di Fiumicino, Ancona, Civitavecchia, Terracina, una sostanziale variante della via Appia, l’Arco di Benevento, l’acquedotto proveniente da Bracciano e riattivato 1500 anni dopo da Papa Paolo V Borghese.
Altre opere furono realizzate nelle province ma la sua massima fu fatta a Roma, il Foro, la Basilica Ulpia e la Colonna, completata dal suo successore e destinata alla sepoltura sua e della moglie, con la storia scolpita delle sue guerre vittoriose. Fu amorevole benefattore fondando “l’istitutio alimentaria” a favore di bambini e giovani bisognosi e curando mantenimento e istruzione degli orfani dei soldati. Ma la sua fama maggiore viene dalla sua vittoriosa attività militare; all’epoca l’impero, a parte piccole rivolte e razzie ai confini, subiva due aggressioni, da una parte i Daci premevano sul limes del Danubio, dall’altra, in Oriente, i Parti tentavano di invadere le province asiatiche.
Contro i Daci Traiano condusse due lunghe e difficili campagne che portarono alla conquista della regione e alla morte del re Decebalo; i Parti furono più volte sconfitti e Traiano occupò i territori corrispondenti all’odierno Iraq. Le conquiste orientali furono poi abbandonate dal successore Adriano che le giudicò difficilmente difendibili. Durante il viaggio di ritorno a Roma per celebrare il suo trionfo Traiano morì in Cilicia nel 117 d.C.; il trionfo fu fatto comunque celebrare in effige da Adriano. L’Optimus Princeps godette di grandissima fama sia ai suoi tempi che successivamente, nel Medioevo si disse che Papa Gregorio avesse ottenuto una sua temporanea resurrezione per battezzarlo in modo che potesse accedere al Paradiso, anche Dante lo cita nella Divina Commedia rifacendosi alla leggenda secondo la quale l’imperatore avrebbe interrotto la partenza per una impresa militare per rendere giustizia ad una vedova che l’aveva richiesta.
Per ricordare i 1900 anni trascorsi dalla morte dell’imperatore Roma Capitale e Zetema Progetto Cultura con l’intervento di numerosi e qualificati sponsor hanno organizzato, presso i Mercati Traianei, la mostra “Traiano. Costruire l’impero, creare l’Europa” che con l’ausilio di numerosi reperti provenienti da sedi della Sovrintendenza Capitolina e da musei italiani e stranieri esamina la vita e le opere dell’imperatore da più punti di vista. Nei suggestivi ambienti dei Mercati sono ospitati statue, busti, stucchi, monete e gioielli, modelli in scala, filmati ed alcuni calchi, provenienti dal Museo della Civiltà Romana, di parti della Colonna Traiana.
La mostra si articola su varie sezioni che ripercorrono gli aspetti dell’opera dell’imperatore; si comincia, stranamente, dalla sua morte entrando in una riproduzione del basamento della Colonna che ospita un filmato sulla sua vita, si prosegue con la sua carriera militare culminante con l’apoteosi delle guerre Daciche per giungere alla organizzazione dell’impero dal punto di vista amministrativo e assistenziale. In questa sezione viene anche esaminata l’attività benefica e commerciale delle donne che gravitavano nella corte imperiale, in particolare la moglie Plotina e la nipote Matidia che fu poi suocera di Adriano; le due donne molto si spesero per agevolarne la successione riuscendo ad imporne la nomina al Senato e alle Legioni. La quarta sezione espone reperti provenienti dalla grande villa imperiale recentemente sistemata ed aperta al pubblico ad Arcinazzo. Seguono sezioni che esaminano la fortuna dell’imperatore nei secoli e la sua grande attività di costruttore attraverso numerosi plastici e filmati che illustrano luoghi traianei inaccessibili al pubblico come l’interno dell’acquedotto dell’Acqua Traiana, i sotterranei delle Terme sul Colle Oppio le stanze affrescate della Privata Traiani sull’Aventino.
La mostra è ricchissima di reperti ed ha caratteri di grandiosità ben confacenti alla fama dell’Imperatore. Una avvertenza tecnica, le opere esposte sono spesso frammiste con quelle della dotazione abituale del museo dei Mercati ed è necessario distinguerle dal colore del cartellino esplicativo che è nero per i reperti della mostra e bianco per gli altri. La mostra è arricchita da istallazioni multimediali e iniziative sul Foro di Traiano.

****************************

Traiano.
Costruire l’Impero – Creare l’Europa
Dal 29 novembre 2017 al 16 settembre 2018

Mercati di Traiano. Museo dei Fori Imperiali
Roma

Orario:
tutti i giorni 9,30- 19,30
chiuso 1 gennaio, 1 maggio, 25 dicembre

Informazioni:
tel. 060608
(tutti i giorni ore 9.00 – 19.00)

Catalogo:
De Luca Editori d’Arte

****************************

 

 

Campo de’ Fiori: La Movida (2)

Una sera a casa di amici, ormai quasi tutti in età di pensione. Ognuno di noi abita all’altro capo di Roma – ma è ancora Roma? – e ogni tanto si organizza una rimpatriata; ormai i figli son grandi e vanno per conto loro. Stasera anche gente nuova, un paio di amiche di un’amica di mia moglie. Si chiacchiera, si commenta la cronaca. Si parla anche dei due carabinieri coglioni che a Firenze si sono approfittati delle due studentesse americane ubriache. Questa signora si ricorda pure di aver sentito da un’amica la storia di due ragazze canadesi che trent’anni anni prima si erano fatte sbattere a una festa da qualche parte a Campo de’ Fiori. E qui drizzo le orecchie: al Campo ci ho vissuto per anni prima di sposarmi. In più, sapendo bene l’inglese, ho spesso lavorato proprio con studenti americani. Brutta storia: le avevano fatte bere o molto probabilmente quelle avevano alzato il gomito da sole, ma c’era pure qualche canna di mezzo. La voce narrante quella serata se la ricordava benissimo: sul tardi era sconfinata in un “mezzo” stupro. Anche lei aveva bevuto, ma certo meno delle due straniere. Tanto per capirci, in genere sono brave ragazze, spesso figlie di professionisti, ma quando arrivano in Italia scoprono che possono bere tutto l’alcool che vogliono a qualsiasi ora e in qualsiasi quantità, col risultato di mettersi spesso nei guai.

E quella sera da Jane si era bevuto: sangrìa per la precisione, ma fatta in casa sul momento, quindi mescolando senza controllo. Jane era una brava giornalista inglese che viveva dietro ai Giubbonari, in un appartamento a stanzoni dove transitava di tutto: ospiti, amanti, più i colleghi della stampa estera. Di quella sera ricordo anche un paio di canne: se le passava un gruppo sbracato sul divano, mentre uno di noi cambiava i dischi. Quanto alle due canadesi, una delle due di certo si era già appartata con il fico di turno, li avevamo visti andare verso un’altra stanza. Ma l’amico non aveva perso tempo: afferrata per un braccio l’altra ragazza mentre era seduta a chiacchierare con uno studente italiano, la invitava a seguirlo. Quella non oppose resistenza, sia perché mezza ubriaca, sia per non lasciare l’amica da sola. Sparirono quindi nella stanza di cui sopra e chiusero la porta. Si sentivano voci e rumori, ma nessuno ci badava, complice anche un disco dei Led Zeppelin a volume alto. Chi raccontava questa storia ancora ricordava la faccia dell’italiano rimasto di merda quando gli avevano soffiato la “sua” canadese. Si ricordava persino i nomi. Anne era quella salita per prima, Juliette era invece quella sfilata sotto il naso allo studente. I due compari erano rimorchiatori navigati, lui sapeva parlar francese ma era troppo timido per farcela. Ovvero, forse gli poteva pure andar bene se non fosse salita altra gente, il che era improbabile: all’epoca gli stranieri residenti al Campo e a Trastevere – soprattutto americani, inglesi e australiani – il dollaro era alto – ma anche tedeschi, olandesi e qualche sudamericano – avevano casa sempre aperta, era normale sentir suonare alla porta alle ore più disparate: amici di passaggio, italiani in caccia, cinematografari, mezzi giornalisti e scrittori, gente che andava a cena con gli amici o ne ritornava. A questa fauna si aggiungevano mezzi artisti e morti di fame vari, spesso fidanzati con straniere, chi per un mese, chi da anni. Quelli che avevano suonato alla porta erano i classici italiani che piacciono alle straniere: belli (per loro), simpatici e un po’ mascalzoni. Né sfuggiva a un osservatore esterno la profonda attrazione che certe ragazze provavano per quel tipo di uomini.

Quella storia e soprattutto i dettagli non li avevo mai raccontati a nessuno: il timido studente rimasto in bianco ovviamente ero io. Ormai non lego più con le americane, forse proprio perché ci ho lavorato per anni: sono superficiali e trovo insopportabile il loro modo di parlare sguaiato e tanto simile ai cartoni animati. Ma all’epoca stavo dietro alle straniere mie coetanee, senza badare al passaporto: erano più libere delle compagne di scuola, non è come adesso. Ma torniamo indietro: una volta sentite le urla al piano di sopra e il trambusto che ne seguiva – più che altro una gran piazzata – me la filai all’inglese, temendo che un vicino chiamasse la polizia o che le due ragazze denunciassero tutti quanti. Ricordo ancora la frase idiota di una che stava in salotto: “che vai via?”. Che se la vedessero tra di loro: ero più deluso che incazzato e ormai la cosa non mi riguardava. La mia uscita di scena non la notò nessuno: nel frattempo chi si era accoppiato, chi sentiva la musica, chi fumava. Del resto a quei tempi era normale che i gruppi fossero molto mobili, stavo per dire liquidi, anche se poi qualcuno metteva pure su famiglia, come un calabrese che tenacemente otteneva dal governo danese l’ennesima borsa di studio. Era regolarmente fidanzato con una ragazzona bionda e anche simpatica e so che in seguito hanno avuto due figli. Ma da quel giorno divenni prudente: evitai per qualche tempo quella casa né parlai mai con alcuno di quella serata. Juliette poi che andasse aff.. : con me faceva la sostenuta e poi si era fatta sbattere da un altro. Neanche mi venne in mente che quella sera era stata violentata. Per tanti anni ho anche cercato di immaginare il giorno in cui qualcuno avrebbe rievocato quella storia, e quella persona ora stava davanti a me. Quella notte dunque era presente pure lei ma ora non mi aveva riconosciuto: col tempo un uomo perde i capelli e si veste in modo diverso. Ma neanche lei era riconoscibile, salvo far caso al tono della voce e a certe sue movenze ormai fuori moda, ma tipiche dei nostri bei tempi. Delle due canadesi aveva perso anche lei le tracce: erano poi ripartite, si erano scritte un paio di lettere e poi basta, nessun contatto.

A questo punto incrocio lo sguardo di mia moglie: capisce che le avevo nascosto qualcosa. A casa faremo i conti, anzi già in macchina.